tortura & repressione
Il “Plan Condor” e la violenza sistemica
di Lino Rossi
Tra gli anni '70 e '80, nei paesi del Cono Sud dell'America Latina si sviluppa il Plan Condor, attività di collaborazione internazionale tra le dittature per il controllo e la repressione dei “sovversivi”. La desaparición e il rapimento dei bambini erano le pratiche utilizzate. Pubblichiamo una versione riassunta della relazione di un consulente tecnico al processo in corso a Roma.
La struttura del potere repressivo comune alle dittature latino-americane degli anni Settanta, obiettivato nel Plan Condor, ha costituito una particolare forma di dispositivo di aggressione, dal quale si è generata un'attività di violenza biopolitica diretta nei confronti di una parte del corpo sociale: una forma di “guerra” verso gli oppositori ai regimi, ma anche un'azione di controllo repressivo rivolto alla popolazione in generale.
Da questa indagine, sviluppata in massima parte attraverso lo studio dei documenti processuali e dall'ascolto diretto di alcune vittime, è possibile dedurre i profili vittimari peculiari, ovvero connessi in modo specifico al quadro storico-sociale e politico legati alle tipicità di sofferenza dovute all'esposizione nei confronti dei dispositivi attivati dal Plan Condor e non riscontrabili in altre forme di violenza sociale.
Le abbiamo raggruppate in tre categorie particolari:
a) una forma di violenza, che abbiamo definito “sistemica”, di carattere strutturale, collegabile alla natura stessa del Plan Condor, il cui obiettivo si configura nella realizzazione di una rete di collegamento internazionale in grado di operare su un'area vasta, impedendo al corpo sociale di riferimento (gli oppositori o i fiancheggiatori) di immaginare una “via di scampo”alla repressione;
b) il fenomeno della “sparizione”, ossia il ricorso a una forma di sterminio con occultamento dei cadaveri, tale da provocare uno stato di perenne incertezza nei familiari;
c) ciò che abbiamo considerato un “insulto alla generatività” e alla trasmissione generazionale, intendendo con questo una serie di pratiche violente rivolte nei confronti di tutto ciò che si riferisce al futuro e al cambiamento in nome della tradizione e dei suoi valori. Questo si è tradotto – nella fattispecie – in forme di aggressione specifiche alla procreazione, manifestate con una attività di tortura di carattere sessuale e stupri sistematici e nel fenomeno – esclusivo – del furto dei bambini e dell'adozione illegale.
Con l'allocuzione “violenza sistemica” s'intende il risultato di un dispositivo di controllo capillare e traumatico rivolto nei confronti di un gruppo di soggetti identificati come nemici da parte di un'entità politica, nel nostro caso le dittature del Cono Sud dell'America Latina, e da questa discriminati, perseguitati e in parte eliminati. Il carattere “sistemico” e pervasivo di questa particolare forma di violenza si collega alle ideologie dittatoriali che attribuivano alle potenze riunite attorno al Piano Condor il compito di produrre un argine di cristianità e di conservazione dei valori tradizionali, economici, politici, filosofici, oltreché religiosi, di fronte all'avanzata dei modelli politici rivoluzionari o riformisti in alcuni paesi del Sudamerica, fra cui il Cile di Salvador Allende.
La “violenza sistemica”
Il clima da terza guerra mondiale contro i movimenti
della sinistra marxista e anarchico-libertaria, aveva provocato
l'attivazione di un'azione repressiva nei confronti di ogni
gruppo politico con idealità progressiste e non solo
appartenenti all'area socialista o radicale, come i gruppi dei
cattolici per il dissenso o di semplice ispirazione cristiano-sociale,
come il MAPU in Cile. La meticolosità del sistema di
repressione ottiene un'efficienza formidabile mediante il ricorso
a più di una forza in campo: dall'esercito, alle polizie
militari, alle polizie civili, ma anche attraverso squadraccie
paramilitari illegali, fiancheggiatrici dell'apparato repressivo,
come la Triple A, in azione in Argentina fin dal 19731.
Il dispositivo agisce sulla base di una serie di strumenti talora
legali o legalizzati, anche se disumani e sprezzanti di ogni
forma di diritto fondamentale, come la tortura sistematica,
uno dei mezzi di aggressione biopolitica maggiormente usato
nei confronti delle vittime, o del tutto illegali, come il sequestro,
la detenzione e l'uccisione degli oppostori politici con il
metodo della sparizione.
L'aspetto caratterizzante della violenza sistemica non consiste
solo nell'azione repressiva capillare e spietata, anche se qui
trova il suo vertice performante, ma rivela la propria essenza
nel presentarsi come una forza impersonale e onnipresente, in
grado di accerchiare e soffocare tramite la sua immane consistenza
la vita quotidiana dei soggetti. Essa funziona come un metodo
di dissuasione fondato sulla percezione di un controllo assoluto
dei comportamenti sociali, instillando nelle persone l'idea
di essere inserite in una trappola per topi in grado di scattare
in ogni momento.
In una simile logica, chiunque possegga un'opinione contraria
è sottoposto al dispositivo e perciò vittima di
una forma insidiosa e brutale di violenza: una violenza che
toglie il respiro e tende a rendere impossibile ogni tentativo
di liberazione.
Lo strumento attraverso il quale la violenza sistemica è
stata realizzata è la struttura stessa del Plan Condor:
un accordo internazionale fra i paesi del Cono Sud (Cile, Argentina,
Uruguay, Paraguay, Brasile, Perù), mediante il quale
ogni dittatura si assicura la possibilità di agire liberamente
in ogni distretto del continente, tramite un sistema di collegamenti
e di comunicazioni segreti fra eserciti e polizie. Il cuore
dell'Operazione Condor è infatti l'attività di
intelligence, mediante cui il movimento dei perseguitati e dei
loro familiari viene seguito e segnalato, a fini repressivi.
Il senso di questa vasta attività di collaborazione internazionale
si trova nell'atto fondativo dell'accordo, in cui si avverte
la necessità di creare un sistema di controllo utile
ai fini di una guerra definita “psicopolitica” nei
confronti della cosiddetta “sovversione”, considerando
il termine in modo estensivo.
L'accento posto su un'idea di “guerra psicopolitica”
mostra in modo evidente l'obiettivo del dispositivo e cioè
colpire in profondità i “nemici”, attraverso
la creazione di un sistema di controllo totale capace di assicurare
un assoggettamento prima di tutto mentale, attraverso l'eliminazione
di ogni via di scampo. Si tratta di eliminare le frontiere con
l'intento di realizzare un unico territorio presidiato militarmente
in grado di scoprire ogni eventuale movimento e intervenire
tramite arresti, persecuzioni e violenze.
L'ipotesi iniziale è quella di limitare gli assassinii
ai soli “noti terroristi”, ma ben presto è
evidente che il sistema interviene anche per soggetti di scarsa
importanza o addirittura soggetti estranei alla lotta clandestina,
assumendo così un valore che si può definire terroristico.
Come si legge nei documenti della Cia2,
questa mentalità da assedio che scivola nella paranoia
ha come obiettivo l'eliminazione del pensiero dissidente e libertario.
“Alcuni parlano di una 'terza guerra mondiale', in cui
i paesi del Cono Sud sono l'ultimo bastione della civiltà
cristiana”3.
Come rileva Harry W. Shlaudeman: “I problemi cominciano
con la definizione di sovversione, che non è mai il più
preciso dei termini. L'autore di un rapporto scrive che il termine
'sovversione' è cresciuto fino ad includere pressoché
chiunque si opponga alle politiche governative. In paesi dove
ognuno sa che i sovversivi possono finire morti o torturati,
le persone istruite hanno una comprensibile preoccupazione relativamente
ai confini del dissenso. La preoccupazione raddoppia quando
vi è la possibilità di essere perseguiti da polizie
straniere che agiscono sulla base di informazioni indirette
e sconosciute.4”.
I caratteri che distinguono il sovversivo sono piuttosto labili
e confusi, e ciò rende più facile la realizzazione
del controllo accerchiante nei confronti di numerose vittime
potenziali coi rischi di morte e di tortura che dalla loro cattura
possono dipendere.Dal punto di vista psicologico occorre considerare
gli esiti di questa situazione di guerra per ciò che
riguarda le vittime e cioè cogliere come la violenza
sistematica venga incorporata e diventa corpo nella biografia
del soggetto.
Il contesto storico-sociale infatti – nella sua materialità
– è in grado d'influire sulla vita delle persone,
finendo con l'essere incorporato, ossia scolpito sul corpo delle
vittime, coi mezzi che ogni tipologia di violenza politica utilizza
come conseguenza dei propri dispositivi.
Il fenomeno della desaparición e il vissuto dei familiari
Il fenomeno della desaparicion può essere considerato come un aspetto della violenza sistemica, poiché agisce a livello collettivo contribuendo, contribuendo alla diffusione del sentimento di persecuzione e di accerchiamento voluto dalla guerra psicologica attivata dal sistema.
Si tratta inoltre di una forma di tortura, rivolta verso i familiari, i quali vivono a tempo indefinito un dolore privo di una conclusione. Si viene a creare una eterna lotta fra illusione e disillusione, in cui la speranza si mescola alla disperazione senza mai giungere a una soluzione definitiva, fosse anche quella pace triste dovuta alla consapevolezza della morte dei propri congiunti.
Questo senso di perdita senza limite tende a incistarsi nella
psicologia della vittima procurando una sofferenza incolmabile,
come si evince dalla testimonianza di Lorena Pizarro, perseguitata
politica cilena: “Il 15 dicembre mio padre è stato
sequestrato e fatto sparire. (...) Non sapevo se era vivo,
se era morto, se era stato ammazzato, se era torturato. (...)
È un dolore inconcluso, dove una bambina di dieci anni
cresce senza sapere che cosa gli succede. E dove questa bambina
si sposa con il figlio di uno scomparso, che ha una storia uguale,
e da questa unione nascono due figli, che quando crescono domandano
per i nonni, sfortunatamente queste stesse risposte che io non
ho mai avuto e Nelson non ha avuto. Le bambine non le possono
avere nemmeno.5”
Dalle parole di Lorena emerge chiaramente la cifra vittimaria esemplare di chi si trova di fronte al vuoto e lo trasmette alle generazioni successive, manifestando quella forma di dolore radioattivo in grado di provocare sofferenza e penoso risentimento lungo un arco di vita che non basta a nutrire di ricordi avvelenati una sola esistenza.
Dal punto di vista vittimologico non si tratta solo di rilevare gli esiti di un trauma soggettivo, da valutare e graduare a seconda della vulnerabilità di ogni singolo individuo, ma di considerare in primo luogo l'insulto alla comunità e ai valori di civiltà di cui sono stati vittima i paesi del Cono Sud, provocando effetti orrorifici di danno all'insieme della società e al sentimento di socialità.
L'insulto alla trasmissione generazionale
Le vittime del Plan Condor e delle dittature del Cono Sud possiede
una caratteristica particolare che marca e rende riconoscibile
le specificità della violenza sociale di cui esse sono
state oggetto: la loro giovane età; moltissimi sono ragazzi
e ragazze fra i venti e venticinque anni, tanti ancora non raggiungono
nemmeno i vent'anni.
Per quale ragione tanto accanimento nei confronti delle giovani
generazioni?
Ogni grave atto di violenza di massa definisce una o più
classi di soggetti, destinata/e a subire prima l'identificazione
a fini discriminatori e infine, molto frequentemente, l'eliminazione.
La storia dei genocidi del XX secolo ha mostrato in modo chiaro
la relazione che sussiste fra classificazione, discriminazione
ed eliminazione; nella Germania nazista le classi oggetto di
interesse da parte dei dispositivi repressivi e di spossessamento
legale erano di tipo “antropologico” e “medico”,
in linea con l'ossessione della purezza, che individuava alcune
categorie del diverso come sporco o impuro. L'ideologia eliminazionista
del nazismo non contemplava le generazioni; occorreva eliminare
tutti i nemici, di tutte le età.
La questione si propone invece nel genocidio cambogiano; Pol
Pot e i Khmer rossi eliminano una intera generazione: quella
delle persone giunte alla fase della maturità. Perché
uccidere una classe d'età? Perché la generazione
dei padri e delle madri?
L'ideologia del Partito Comunista di Kampuchea esprime un “sogno
utopico e sanguinario”: rigenerare la nazione, corrotta
e allontanata dalla sua identità profonda, attraverso
una educazione sottratta alla generazione dei padri, responsabile
di questo tradimento culturale. I figli diventano proprietà
dello stato e chi li ha generati deve essere eliminato; così
nasce una società senza padri reali. La paternità
dei giovani, a cui è delegata la palingenesi della nuova
Cambogia, viene assunta dal dittatore e del suo programma educativo-rieducativo.Il
futuro è nelle mani dei figli, liberati dalla pressione
e dalle regole della tradizione dei padri.
Nel Cono Sud avviene l'opposto. La generazione oggetto d'aggressione,
e in questo senso come per la Cambogia si può parlare
a ragione di intenzione genocida, è quella dei giovani;
s'intende evitare il futuro mediante un'imponente massa di azioni
violente dirette nei loro confronti.
I giovani dell'America Latina vivono l'esperienza dei movimenti
di dissidenza politica in egual misura di quelli degli altri
paesi del Nord America e dell'Europa; attraversano nelle scuole
e nelle università l'esperienza del 1968. Chiedono il
cambiamento, lo svecchiamento delle tradizioni dogmatiche, difese
in modo autoritario e militare dall'alternarsi di dittature
che si ripetono dopo brevi momenti di governo civile, sempre
repressi con la forza.
Il pendolo della giovinezza propende sempre verso il futuro,
oltre il dato dell'immanente, nella speranza e nella costruzione
del domani, e spesso lo fa con toni e accenti polemici, con
la lotta; quella più dura, per il riconoscimento.
La condizioni storiche che caratterizzano l'America Latina degli
anni Settanta hanno portato a una esacerbazione del conflitto
generazionale, sotto forma di uno scontro frontale. L'esito
di questo scontro, drammatico, estremo, proprio in virtù
del suo collocare al centro del conflitto il riconoscimento
del potere, sta alla base dell'ossessione eliminazionista che
i governi Condor, in particolare Cile e Argentina, hanno diretto
dei confronti dei giovani.
La ferita all'autorità, la lesa maestà nei confronti
del potere tradizionale determinata dalla dissidenza dei gruppi
giovanili, si è configurata come un vulnus intollerabile
al riconoscimento dei valori e come causa di un tentativo forte
di destabilizzazione dei governi locali, che aveva provocato
la nascita e il radicamento delle idee rivoluzionarie e riformiste
proposte dal socialismo e dalle ideologie libertarie.
Essere giovane poteva equivalere ad essere un terrorista, un
oppositore. Doveva scattare la punizione che si è abbattuta
su un'intera generazione, ma non solo, anche sul valore stesso
della generatività come opzione verso il futuro, apertura
nei confronti dell'imponderabile, dell'incontrollabile e del
pericolosamente libero. Perciò il controllo feroce e
ossessivo, la cancellazione della libertà come mezzo
di cambiamento, la distruzione del corpo che dona la vita.
Uno dei caratteri distintivi della violenza sociale in paesi
come il Cile e l'Argentina, fra i più attivi nell'Organizzazione
Condor – forse il più particolare e unico –
consiste proprio nell'insulto alla generatività, ossia
alla produzione della vita, come se il riprodursi delle generazioni
possa rappresentare un ostacolo alla conservazione e alla stabilità
dei valori tradizionali.
Questo si è tradotto in due forme distinte, benché
collegate fra loro: l'aggressione alla sessualità e alla
generatività e il cosiddetto “furto dei neonati”.
L'aggressione alla sessualità e alla generatività
L'indagine sui metodi di tortura utilizzati nei centri clandestini
di segregazione, dai quali partivano poi i mezzi destinati ai
voli della morte (sintesi perfetta di due modalità specifica
di vittimazione in atto nel Cono Sud: desaparicion e insulto
alla generatività e alla trasmissione generazionale)
mostra una vera e propria ossessione per l'ambito della sessualità.
Per quale motivo? Lo stupro sistematico e le torture sessuali
mostrano intenzioni eminentemente distruttive, finalizzate a
produrre tormento, sofferenza e lesioni sia fisiche che psicologiche.
Non riguardano solamente le donne, ma coinvolgono anche i soggetti
di sesso maschile, producendo effetti spesso letali per la capacità
procreativa.
Si tratta di un vero e proprio insulto alla procreazione, ottenuto
mediante l'utilizzo di scosse elettriche elettivamente orientate
verso gli organi genitali.
L'insulto alla generatività può essere considerato
come una lesione estrema al “corpo che può determinare
la vita”, perché tutto ciò che appartiene
alla genitalità riguarda una ipotesi di fecondità.
Generare è un atto di amore fecondo.
Ed è proprio questo ciò che collega la generatività
alla trasmissione della vita fra le generazioni. Ciò
che si è realizzato nei centri illegali di detenzione
consiste in una aggressione senza precedenti nei confronti del
corpo generante; quello del giovane che guarda al futuro e lo
crea mediante l'amore.
Impedire la generatività possiede pertanto un valore
simbolico terrificante: inibire l'amore attraverso un non tanto
dissimulato atto di castrazione.
I padri castrano i figli e le figlie (è un atto simbolico
performativo, ma anche reale), per timore che la loro discendenza
conquisti un futuro diverso da quello dello status quo, della
tradizione, dei valori del passato.
Ma non si limitano a questo: si appropriano dei loro figli,
del frutto del loro amore per farne dono alle famiglie dei carnefici
e così impedire la trasmissione del nuovo nelle generazioni
future.
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Isabel Allende udienza maggio 2015 |
Il furto dei bambini e le adozioni illegali
Esiste una correlazione fra l'aggressione alla generatività e il “furto dei bambini”, con la conseguenza delle adozioni illegali. Si tratta di un profilo vittimale esclusivo a carico dei responsabili delle atrocità del Con Sud, nei paesi aderenti alla Organizzazione Condor.
La valutazione giuridica internazionale si è espressa nei termini di un'azione orientata alla conquista di un “bottino di guerra” nella “terza guerra mondiale” contro l'eversione e il terrorismo rivoluzionario e progressista. Fare propri i “figli dell'amore” dei dissidenti o di chi era ritenuto tale (e non sempre lo era) e donarli agli “eroi” del conflitto – soldati, poliziotti, amici dei regimi – rappresenta indubbiamente il riconoscimento di una attività considerata “valorosa”.
Ma questo non basta a qualificare l'essenza simbolica del “furto dei bambini”.
Il fatto deve essere inquadrato all'interno dell'intenzione repressiva rivolta nei confronti dell'innovazione e degli ideali di cambiamento, che il susseguirsi delle generazioni reca intrinsecamente con sé.
Il “dono” dei bambini ai carnefici può essere concepito come una tipologia repressiva a se stante, connessa al furto, ma indipendente, da cui si sostanzia un profilo vittimale autonomo. Si tratta infatti di un processo di negazione dell'amore creativo (quello dei giovani dissidenti che avevano concepito un figlio); una sua repressione, come mezzo estremo e orrendo di punizione per aver messo in discussione il senso dei valori tradizionali, creando un pericolo alla società dei padri attraverso la militanza politica finalizzata al suo cambiamento. Nel Cono Sud non solo Cronos si è mangiato i suoi figli, ma quelli cattivi che hanno osato procreare sono stati puniti dopo la loro morte, offrendo in dono ai carnefici il frutto della loro intima creatività. E questo costituisce un insulto alla vita e all'amore fecondo.
Lino Rossi
Questo articolo rappresenta una sintesi della relazione presentata a seguito della deposizione resa dallo scrivente come consulente tecnico delle parti civili (familiari e associazioni di desaparecidos di origine italiana) davanti alla Corte d'Assise di Roma, processo penale n. R.G.N.R 31079/05, nei confronti dei militari imputati di violenze di massa nell'ambito del Piano Condor. Udienza del 16 giugno 2016.
Note
- La creazione della Tripla A (alleanza anticomunista argentina) è attribuita a José Lopez Rega, eminenza grigia del governo di Isabel Martinez de Perón, presidente dell'Argentina dopo la morte del marito J. D. Perón, nel 1974. Prima dell'avvento della dittatura militare nel 1976, l'organizzazione è stata responsabile di una lunghissima serie di attentati e di azione terroristiche, che hanno provocato più di quattrocento omicidi; si ritiene anche una sua responsabilità diretta nel massacro di Ezeiza, avvenuto il 20 giugno 1973, all'arrivo di Perón dall'esilio in Europa.
- I documenti sono stati desecretati da parte dell'amministrazione Clinton a partire dal 1999.
- Harry W. Shlaudeman (sottosegretario di Stato per gli affari latino-americani), Rapporto mensile sugli affari latino-americani (ARA monthly report), per il Segretario di Stato: La “terza guerra mondiale” e il Sud America, 2 agosto 1976, in Cautelare Condor p. 765.
- Harry W. Shlaudeman, ibid., in Cautelare Condor, pp. 765-766.
- Deposizione Pizarro Sierra Lorena Soledad Gloria, udienza 14.06.2015, P.P. N. R.G.N.R. 31079/05, p. 71.
Per
saperne di più
P. Farmer (2004), Un'antropologia della violenza strutturale,
trad. it. a cura di I. Quaranta. In Antropologia,
Anno 6, n. 8, Sofferenza sociale.
L. Rossi (2015), Processare i traumi collettivi. Quando
la giustizia è utile all'umanità. In Speranzoni
A., A partire da Monte Sole. Stragi nazifasciste, tra
silenzi di stato e discorso sul presente, Roma: Castelvecchi,
pp. 11-59.
L.L.Van der Kolk B. (2014), The Body Keeps the Score,
N.Y.: Penguin Group.
Verbitsky H. (2008), Il volo. Le rivelazioni di un
militare pentito sulla fine dei desaparecidos, Roma:
Fandango libri. |
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