Amore ribelle sulle spiagge corrosive. Canti e percorsi delle De' Soda Sisters
Le tre sorelle non sono affatto sorelle, sono tre cantanti
che armonizzano voci e personalità complesse, che restituiscono
alla canzone popolare toscana, e a quella livornese in particolare,
un brio e una perentorietà che fa rivivere tutta la loro
carica caustica. Le tre sorelle non sono sorelle di sangue e
non sono nemmeno nate nello stesso quartiere, non hanno cementato
l'amicizia fra i banchi di scuola o nell'adolescenza. Si sono
conosciute a un tratto della loro vita musicale e hanno trovato
un nome provocatorio, un'intesa invidiabile, un repertorio tagliente.
Le tre sorelle “della soda” - Benedetta, Lisa e
Veronica, le De' Soda Sisters - sono tre giovani donne con percorsi
individuali tortuosi, personalità complesse che si sono
nutrite di musica, fino ad arrivare a farne uno stile di vita,
una professione, fino a fare della musica popolare l'espressione
che le rappresenta più intimamente.
Veronica - Ho studiato da piccina violino e piano per
sei anni, senza diventare una gran virtuosa, ma la musica la
conosco. Ho smesso per parecchio e sono stata di nuovo tirata
dentro dalle musiche popolari del Sud come la pizzica, così
ho riscoperto la musica del mio territorio. Come ascoltatrice
amo anche il punk, la musica elettronica, mio papà da
buon appassionato mi ha influenzato facendomi ascoltare i cantautori
e i gruppi rock anni settanta come Area e Banco. Ho sempre bazzicato
gli ambienti anarchici, le occupazioni, la controcultura, ho
da sempre un'indole combattiva: l'ingiustizia non mi garba.
Non posso dirti che con Benedetta e Lisa la si pensi proprio
uguale, certo nemmeno all'opposto, ma questa differenza è
anche una ricchezza, magari io vengo toccata de certe cose che
cantiamo più sul piano ideologico, mentre loro più
su un piano sentimentale, ma a tutte noi tre le canzoni anarchiche
smuovono qualcosa.
Benedetta - Non so se definirmi anarchica con la stessa
sicurezza di Veronica, di certo mi son sempre sentita di combattere
per la libertà, forse ancor prima sul piano personale
che politico, sono sempre stata una ribelle. Io lo spirito guerriero
ce l'ho nell'approccio stesso alla musica e nel linguaggio dei
canti anarchici mi ci ritrovo a meraviglia, li canto come se
parlassero di me, mettendoci forse più rabbia che razionalità.
Quando però il pubblico mi rimanda la sua passione, allora
è come se quei messaggi diventassero espliciti, è
uno scambio continuo nel quale avverto la potenza di ciò
che faccio, allora sto bene e mi diverto. Io venivo da tutt'altro
ambiente, mi piaceva la musica straniera degli anni settanta,
mi garbavano a bestia i cantautori, su quei modelli scrivevo
le mie canzoni. Avevo già la musica nel sangue, proprio
nel senso dell'esibizione, nella vita mi sento quasi insignificante,
invece sul palco mi trasformo, lì mi sento pienamente
me stessa. Sin dall'adolescenza la chitarra era lo strumento
per arrivare al palco. Come molte della mia generazione ero
influenzata dalla vocalità dei Cranberries - traghettata
in Italia da Carmen Consoli - e cantavo anch'io così,
poi ho incontrato la musica popolare, e nella fattispecie Maria
Torrigiani che mi ha cambiato, la musica popolare mi ha fatto
crescere come cantante e come donna, mi ha aperto alla conoscenza
storica, di ambienti, di persone. Quando ho cominciato a reinterpretare
questo repertorio mi è subito parso essenziale farlo
in gruppo, non sono canzoni fatte per una voce sola.
Lisa - La musica è fondamentale anche per me,
ma non necessariamente l'esibizione, alla quale posso anche
prender gusto, ma che non è lo scopo della mia vita.
Canto e suono soprattutto per conto mio, sin da piccola cantavo
in spiaggia: mi piaceva anche quando era solo il mare il mio
pubblico. La musica per me nasce nella mia stanza e lì
si potrebbe anche fermare, portarla fuori è sempre un
percorso complesso e faticoso, sperando che non diventi una
forzatura. Arrivare a questo gruppo è stata una di quelle
casualità che a posteriori sembrano chiarissime: per
anni e anni ho praticato il canto in ambienti pop, con gruppi
rock ed ensemble vocali molto preparati tecnicamente, suonavo
con musicisti di un gran livello professionale, ho partecipato
a contest televisivi... ed ero arrivata a odiare tutti i tecnicismi
e i bla bla bla di quella musica, che palle! Quindi mi sono
dedicata solo all'insegnamento della tecnica vocale, ma anche
quello mi lasciava insoddisfatta: a cosa stavo preparando i
miei allievi? In seguito a questa crisi ho cambiato mestiere,
e sono passata alla terapia psicologica-corporea basata sulle
teorie di Reich e di Lowen, la mia visione politica la trovi
forse più lì, nel mettere in equilibrio l'individuo
col suo corpo e con la sua vita sociale. Pensavo dunque di aver
chiuso con la musica... e invece eccomi qui! Nel 2014 ho assistito
a uno spettacolo di Benedetta e Veronica e mi sono detta “peccato
non averle incontrate prima, questa cosa mi interessa molto”,
più ancora che interesse ho avuto una sensazione di déjà
vu, mi sono sentita lì dentro, mi ha richiamato qualcosa
di profondo, ancestrale. I pezzi non li conoscevo, ma ero pronta
a cantarli da subito, il canto popolare come idea mi piaceva,
ma non mi ci ero mai dedicata, l'ho affrontato entrando nel
gruppo, per dire Caterina Bueno - che è la pietra miliare
della musica popolare toscana - non l'avevo mai sentita nominare.
Sono entrata nel gruppo sull'onda di un grandissimo entusiasmo,
semmai i problemi, che esistono sempre in ogni relazione, si
rivelano ora.
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De' Soda Sisters (Benedetta Pallesi, Veronica Bigontina, Lisa Santinelli) |
L'estate arriverà? Un disco popolare e d'autore
Le De' Soda si guardano e si mettono a ridere tutte e tre.
Tutte e tre cantano assai bene, armonizzando in modo preciso e naturale, si accompagnano con efficacia usando alternativamente percussioni, chitarre, cordofoni estrosi che si passano l'un l'altra. Il pubblico che le incontra nelle feste popolari, nei teatrini, durante le rassegne - prima in Toscana, poi per l'Italia e recentemente anche all'estero - le adora perché sa di trovare nelle loro performance intelligenza e follia, rivolta e sapienza, armonia e foga. A vederle, le tre sorelle, hanno un incedere apparentemente casuale, un'irruenza quasi punk, si fanno avanti sul palco come se si fossero appena svegliate e si chiedessero dove sono capitate, borbottano mezze frasi e imprecazioni (rigorosamente infarcite dell'interiezione “de'”, marchio di fabbrica della livornesità, da cui il nome “de' Soda”), poi si guardano negli occhi, e con l'intesa e la potenza di una nave pirata, partono all'arrembaggio dei canti. Raramente ci è dato di sentire le canzoni anarchiche trattate con più disinvoltura - fra cori doo-wop, svolazzi swinganti, impennate rabbiose - eppure arrangiate in maniera così convincente che le parole prendono una nuova vitalità, risorgono e ci sembra di sentirle per la prima volta, ci fanno ridere, commuovere, indignare.
Sostenuto da una fortunata campagna di crowdfunding è uscito da pochi mesi L'estate arriverà? che si può considerare il loro primo disco vero e proprio, che presenta accanto a otto brani della tradizione tre brani originali.
Veronica - La novità principale di questo disco sono i pezzi che abbiamo scritto cercando di rimanere coerenti allo stile generale, cercando di essere più vicine possibili alla canzone popolare.
Alessio - “Canzone popolare”, cioè?
Tutte e tre - Boh...?
E scoppiano a ridere.
Benedetta - Qualcosa che è tradizionale, anonima, quindi potrebbe averla scritta chiunque, poesia universale che avendo perso l'identità dell'autore annulla ogni distanza con chi la canta. Le canzoni popolari raccontano la Storia, il modo di vivere, l'epoca. Da una parte c'è il valore storico dei canti - sulla Prima guerra mondiale, Resistenza, Comune di Parigi - Storia sempre vista sul piano personale: mi ci sono soffermata a pensarci perché insegno ai miei allievi nei corsi di canto popolare.
Veronica – I messaggi di fondo però restano sempre uguali, per tutte le epoche: una madre che piange e maledice i generali per un figlio partito in guerra, non è diversa da chi è costretta ad affrontare il calvario della migrazione. Il nostro tentativo è quello di mettere in relazione questi temi universali con il presente.
Alessio - Sono d'accordo sull'importanza del canto
popolare che il vostro lavoro trasgressivo, con arrangiamenti
che vanno a pescare in diversi stili, permette di alleggerire.
Lisa - Partiamo dal dire che sono belle canzoni, poi non necessariamente io personalmente sono d'accordo al cento per cento con ciò che dicono, col modo di dirlo, con le soluzioni che propongono. Ma proprio qui si innesca la dialettica con l'interpretazione e l'arrangiamento che alleggerisce alcuni passaggi, facendo ironia sulla retorica.
Benedetta - A me garba proprio l'idea di smontare e rimontare i pezzi per avvicinarsi alla loro essenza più moderna.
Lisa - Provo a raccontarti in modo più pragmatico il nostro modo di lavorare. Veronica fa la ricerca, è lei che arriva alle prove dicendo “ho scoperto questa nuova canzone...”, ce la fa sentire e la scelta arriva d'istinto col desiderio di farla nostra. È qui che mi torna utile l'esperienza con la canzone pop: lì c'è tutto uno studio diverso, inferiori velleità artistiche ma grande attenzione agli arrangiamenti, una costruzione molto tecnica, stratificata. Tutto ciò che a me era venuto a noia, ma che è possibile usare per ottenere esattamente il contrario: tentare di ritornare alla vitalità che ho sentito in una canzone: l'allegria, la rabbia, l'eccitazione che mi ha messo addosso. Per farlo bisogna alleggerire il portato retorico che questa musica ha assunto col tempo, quello che nel pop è arricchimento qui diventa ricerca dell'essenzialità.
Alessio - Il vostro repertorio non è fatto
solo di canti sociali, abbondano anche quelli satirici e licenziosi.
Veronica - Sono tutte canzoni che raccontano la vita. Quando mi sono avvicinata a questi canti sono stata flashata dal modo di dire le cose, che non è quello dei libri, le tradizioni sono vita. Ciò che viene da questo luogo preciso - la Toscana, Livorno, l'anarchia, l'anticlericalismo, certo erotismo - esprime una filosofia nella quale sono vissuta immersa, e che dunque mi rappresenta. È roba che ti rimartella in testa, anche musicalmente.
Benedetta - A me ciò che mi garba è proprio il lavoro sulle voci, questo repertorio prende una forza straordinaria dalla polifonia, affrontata alla buona e senza eccessivi tecnicismi, ma con un senso coerente con le parole che cantiamo. Siamo molto diverse noi tre, ma quando si suona e si canta, succede la magia.
Lisa - Il grande rischio di questo repertorio è che passando nel disco venga “sterilizzato”. Nelle mie esperienze musicali lo studio di registrazione si era sempre rivelato luogo di sofferenza e del peggiore tecnicismo. Il disco precedente lo avevamo registrato a casa, e onestamente si sentiva... volevamo fare un salto qualitativo senza perdere in spontaneità. Abbiamo suonato in presa diretta gli strumenti e poi cantato sempre in presa diretta, senza click, il ché ha reso necessario un mixaggio molto attento, che ho fatto e rifatto. È stato un lavoro duro, ma sono contenta.
Benedetta - La grande novità sono però i pezzi nostri, è sempre delicato inserirli fra canzoni che sono “classici”, c'è il rischio che vengano percepiti come corpi estranei: La ballata della soda è una canzone che rappresenta molto il territorio che viviamo e rispecchiamo col canto, ed è stata proprio un parto collettivo. Maledetta FI-PI-LI è mia, perché vivendo a Livorno e insegnando a Pisa quella strada è il mio pane quotidiano, Ode al Trattore è della Veronica che vive in campagna e si occupa anche di agricoltura biologica, infine Il tempo in cui non c'è domanda è di Lisa.
Qualcuna è più burlesca, qualcuna più esistenziale, ma rispecchiano la nostra vita reale e per questo sono musica popolare.
Alessio Lega
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