Rivista Anarchica Online


A scuola e in piazza
tavola rotonda a cura di Giuseppe Gessa ed Emanuela Scuccato

 

Alice, 17 anni, 5a ginnasio, Liceo classico Beccaria; Diana, 15 anni, 5a ginnasio, Liceo classico Carducci; Luca, 18 anni, classe 4a, Liceo scientifico Cremona; Marco, 17 anni, classe 2a, Istituto professionale industriale Settembrini; Selva, 17 anni, classe 2a, Liceo classico Carducci. Cinque studenti delle scuole medie superiori milanesi: li abbiamo riuniti in redazione, il 17 dicembre scorso, per una chiacchierata sul movimento degli studenti, le occupazioni, le lotte contro il finanziamento pubblico alle scuole private (anche in vista della grande manifestazione che si è poi tenuta a Roma due giorni dopo), ecc.. Il discorso si é inevitabilmente allargato ad altre tematiche, dalla didattica al "sessismo" della cultura ufficiale, alle diseguaglianze economico - sociali tra licei ed istituti professionali. Due ore e mezzo di vivace confronto, al termine del quale - com’era prevedibile - ci si è accorti che c’erano ancora tantissime cose da analizzare. E da approfondire.

E.S. Lo striscione che apriva il corteo della vostra manifestazione del 12 dicembre, a Milano, diceva: "Scuole private piazza Fontana oggi come ieri Democrazia Cristiana". Potrebbe sembrare lapalissiano, ma cosa volevate dire? Qual’è il nesso tra la strage del 12 dicembre 1969 e la querelle odierna sulla scuola?

Luca Il messaggio era abbastanza chiaro. Nel ‘69 il governo era democristano. Oggi che il governo è di sinistra, o almeno si definisce tale, c’è stato un provvedimento per l’autonomia scolastica secondo me indecente. Democrazia Cristiana era inteso nel senso dei partiti che vengono fuori da quel periodo storico...

E.S. ... Perché definisci indecente il provvedimento sull’autonomia scolastica?

Luca Perché l’autonomia rappresenta un principio di disfacimento della scuola pubblica ed è completamente antidemocratico pensare di dare dei finanziamenti pubblici ad un ente privato, come sono appunto le scuole private...

E.S. Il dibattito sulla scuola, così come viene presentato dalla stampa nazionale, è appiattito sui finanziamenti pubblici alla scuola privata sì, finanziamenti pubblici alla scuola privata no.
A parte il fatto che c’è un dettato costituzionale ben preciso, che non dovrebbe essere aggirato - e su questo c’è stato un intervento molto interessante di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera di lunedì scorso ("Laicismo all’attacco di una chiesa insicura", 14.12.1998), dove l’editorialista mette in rilievo come sulle coscienze cattoliche, al posto dell’impegno per una grande discussione pubblica per abrogare o mutare l’art.33 della Costituzione, abbia prevalso ancora una volta la politica e "il riflesso automatico del modello concordatario" -, è veramente questo il problema della scuola in Italia? O soltanto questo?

Alice Alla scuola pubblica mancano proprio le strutture, gli edifici. Non è giusto che il San Carlo (scuola privata cattolica milanese n.d.r.) abbia le doppie finestre, le tende, mentre a noi mancano perfino i gessi per scrivere alla lavagna. Il dibattito si è appiattito sui finanziamenti perché questa questione è talmente grossa, è talmente impressionante che un governo possa pensare di andare contro la Costituzione... La scuola pubblica finirebbe senz’altro in secondo piano rispetto a quella privata. Ci sono già pochi soldi così, se alcuni genitori vogliono mandare i loro figli alla scuola privata, che paghino!

Diana Uno stato che si definisce laico non può, comunque, garantire dei fondi a degli enti che per natura non rispettano le regole della democrazia. La chiesa non è un’istituzione democratica. Secondo me, che ogni scuola privata, dalle cattoliche alle steineriane a quelle della Confindustria, voglia mantenere le proprie peculiarità è giusto. Però si devono autofinanziare.

E.S. E il discorso, per esempio, dei programmi? In questo ambito lo stato è più che mai centralista. È ancora il Ministero della Pubblica Istruzione, sorretto da un Consiglio di 71 membri - il Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione - a stabilire che cosa, in questo Paese, si deve studiare. In una società come la nostra, sempre più multietnica, intere civiltà restano misconosciute e quello che continua a prevalere è un eurocentrismo, o comunque una visione fortemente occidentale del mondo, che non mi pare fornisca adeguati strumenti per capire, interpretare e affrontare i problemi della nostra epoca.
È vero quello che ha detto Alice, che non ci sono le strutture. È sotto gli occhi di tutti. Ho anche letto però che l’incidenza in Italia delle spese per la retribuzione del personale della scuola pubblica è, sull’insieme delle spese correnti, tra le più elevate dell’Unione Europea: il 91,55% (la media Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, è dell’81,8%).
(Marcello Dei, La scuola in Italia, il Mulino, Bologna,1998)
Lasciando per un momento da parte il discorso dei finanziamenti, che cosa ne pensate del fatto che chi oggigiorno ottiene soldi dallo stato ed entra a far parte del "sistema pubblico integrato" deve sottostare al controllo statale non soltanto per quanto attiene l’accoglimento senza discriminazioni degli allievi e il trattamento parificato del suo personale docente con gli insegnanti statali, ma anche per quanto riguarda la gestione del sapere?
In questo contesto, che cosa significa "libertà di insegnamento"?
Personalmente mi piacerebbe, per esempio, cominciare a mettere in discussione seriamente anche questa legge sull’obbligo scolastico...

Selva Per quanto riguarda i programmi, è un problema grosso. In storia ci sono parti che vengono ritenute importanti, altre che vengono tralasciate. Io sento proprio un muro, anche come donna. In filosofia sembra che siano esistiti soltanto filosofi maschi, le filosofe non vengono assolutamente considerate.

 

Lezione di storia

E.S. Quello che dici è vero. Ed è molto interessante che tu abbia posto questa questione. La storia, la filosofia, la letteratura, le scienze, almeno quelle che si insegnano e si imparano alla scuola dell’obbligo, e oltre, continuano ad ignorare le figure femminili. Il ruolo delle donne passa ancora perlopiù come quello di muse ispiratrici.

Selva Siamo sempre di fronte ad un universo maschile generico. Se quando si parla della società si dice "gli uomini", la parte femminile viene automaticamente esclusa...

E.S. ... Nonostante la stragrande maggioranza degli insegnanti italiani siano donne. Bisognerebbe chiedersi perché.

Alice Il programma di storia prevede una quota oraria destinata all’"educazione civica". Di solito in queste ore si va a vedere come è costruito un giornale ecc., mentre se succede qualcosa... Oggi che avevo lezione di storia, sono arrivata in classe dicendo: "Prof., l’America ha bombardato l’Iraq!". La risposta è stata che non avevamo il tempo di parlarne, dovevamo andare avanti col programma.

E.S. Quella dei finanziamenti alle scuole private sì/no è, a mio avviso, né più né meno che una delle tante partite politiche in gioco. Si sta mercanteggiando, ben coscienti, a scapito di tutto quello che di sostanziale c’è dietro. Non a caso il Ministero della Pubblica Istruzione è stato sempre, negli anni passati, saldamente nelle mani della Democrazia Cristiana.
Che clima politico si vive, a Milano, tra gli studenti? Voi fate parte di qualche collettivo?

Selva Io e Diana siamo del collettivo del "Carducci" (Liceo Classico N.d.R.). Abbiamo dei contatti con la RASC (Rete autogestita degli studenti e dei collettivi)...

G.G. ... Avete contatti anche con ragazzi che frequentano le scuole private? Siete in grado di dire, nel rapporto con gli insegnanti, nella trasmissione del sapere - che di solito è di tipo cumulativo - nozionistico in vista degli esami e del diploma, che differenza c’è nella vita concreta di tutti i giorni, al di là della disputa sui finanziamenti, tra scuola pubblica e scuola privata?

Selva Nella scuola pubblica gli insegnanti vengono comunque da esperienze culturali, sociali e politiche diverse gli uni dagli altri. Sei di fronte a personalità che ti fanno passare la loro idea, ma si tratta di idee diverse.

G.G. C’è un pluralismo che nella scuola privata non c’è?

Selva Assolutamente.

 

Dipende dagli insegnanti

E.S. Hai detto: "ti fanno passare la loro idea". Mi è venuto in mente tutto quello che si è scritto - e che è stato oggetto di una forte contestazione negli anni Settanta - a proposito della "gerarchia" all’interno della scuola. Il "far passare la propria idea a scuola" rispecchia un far passare certe idee in politica, in economia. Credevo che, anche grazie ad un ricambio generazionale nel corpo docente, queste modalità si fossero in parte modificate. Perlomeno nell’ambito superiore e universitario.

Alice Forse adesso lo mascherano meglio. Forse prima era sempre così ed era normale che fosse così. Adesso si sa che non è giusto, ma lo fanno lo stesso.

E.S. Che cosa vi aspettate dalla scuola, allora? Il diploma o che cosa? Che contenuti?

Alice Personalmente mi aspetto degli strumenti critici, delle basi. Più che nozionistiche, delle basi di ragionamento.

E.S. E la scuola le può fornire, secondo te?

Alice Dovrebbe. In alcuni casi sì, le fornisce.

G.G. Questo dipende dai singoli insegnanti oppure è la scuola stessa, con la sua impostazione attuale, che lo consente?

Diana Dipende dagli insegnanti. Comunque, per riallacciarmi al discorso di prima, quello sulle idee che ti vengono fatte passare, secondo me è impossibile spiegare una cosa e restare neutrali...

E.S. ... Quando si fa storia, per esempio, l’atteggiamento dell’insegnante dovrebbe essere quello di porre dei problemi. Dico storia, ma potrei fare lo stesso discorso per la letteratura o le scienze. Bisognerebbe essere onesti, oltre che preparati, dire: le fonti alle quali ci si può rifare sono queste e queste altre, la storia non è un dato oggettivo, ma è frutto del lavoro dei singoli che la scrivono. Questo sarebbe un modo serio di porsi. Dopodiché, ovviamente, ogni insegnante è libero di pensarla come crede e anche, in questo contesto, di esplicitarlo ai suoi allievi. Il fatto che ti dicano che le cose sono andate in un certo modo perché sta scritto in un testo senza dirti che la storia è fatta più di problemi che di soluzioni... È diverso, capisci?

G.G. Provate a raccontare, se volete, come ha inciso sul vostro vissuto personale la partecipazione alle recenti lotte studentesche, se queste vi hanno un po’ cambiato...

Selva Hanno cambiato il nostro rapporto all’interno della scuola, prima di tutto. Nel senso che per esempio adesso al "Carducci" c’è una tensione molto forte tra le diverse componenti, probabilmente metà Classico cambierà scuola. A proposito del collegio docenti, c’è stata una forte presa di coscienza della struttura gerarchica...

G.G. ... Perché cambieranno scuola?

Selva Proprio per questa atmosfera che si è venuta a creare.

E.S. Ma siete sotto ricatto?

Selva Sì.

E.S. Quanti siete al "Carducci"?

Diana Siamo più o meno 750.

Selva La situazione tra noi e gli insegnanti è molto critica...

Diana ... Gli insegnanti fanno scudo al preside.

E.S. Condividono il finanziamento pubblico alle scuole private?

Selva No, di questo gli insegnanti non parlano. Non sono d’accordo con le modalità che ci siamo dati...

E.S. ... Che sono quelle di occupare la scuola...

Diana ... Attaccano questa "illegalità", che ormai è sulla bocca di tutti. Riguardo al finanziamento, all’autonomia, nessuno, ma proprio nessun professore ha dato il suo parere. Noi non sappiamo ancora come la pensino. Quando è finita l’occupazione, abbiamo chiesto delle ore di discussione in classe. Si è parlato esclusivamente dei preservativi, delle sigarette non di monopolio, delle bottiglie. A nessuno è venuto in mente di discutere dei contenuti dell’occupazione.

Alice Invece da noi, al "Beccaria" (Liceo Classico N.d.R.), dopo il primo giorno di occupazione ho scoperto, chiedendo in giro, che molta gente era lì soltanto per i problemi strutturali della "sua" scuola, non tanto per gli altri motivi che sono stati detti finora. È stata una delusione...

E.S. Quindi da parte degli studenti non c’era una grande chiarezza d’idee...

Alice ... Fatto sta che dopo il primo giorno di occupazione sono arrivati 80 milioni e il nullaòsta all’inizio dei lavori di ristrutturazione dell’edificio per la settimana seguente. Paradossalmente, il fatto che noi non avessimo puntato troppo alla politica ci ha favorito.

E.S. Alla vostra manifestazione del 12 dicembre erano presenti diversi licei. Pochi, invece, gli istituti tecnici e professionali.

Marco È molto deprimente. Anche noi (Marco frequenta l’Istituto professionale "Settembrini" n.d.r.) abbiamo fatto l’autogestione e quasi quattro settimane di occupazione, ma non abbiamo ottenuto niente di concreto. Un dialogo, sì, ma solo questo. Comunque è vero, c’è poco interesse da parte degli studenti dei professionali a partecipare ai Movimenti, alle manifestazioni. A fare l’occupazione ci siamo ritrovati in cinque. Avevano votato a favore tutti, poi però tutti in Duomo a festeggiare...

E.S. Per quale ragione, secondo te, succede questo?

Marco Forse perché il liceo, è vero, aumenta il senso critico, dà modo di acquisire una coscienza civile. Inutile girarci attorno: al professionale ci va un certo tipo di gente, gente che di problemi non se ne fa più di tanti.

E.S. Una volta l’accesso al liceo era riservato a una élite. Adesso molto meno. Comunque il liceo è tenuto ancora in grande considerazione. Prima Alice parlava di "strumenti critici". Ecco, molti sono convinti che il liceo questi strumenti critici sia in grado di fornirli. "Futura classe dirigente", veniva detto a chi faceva il Classico qualche anno fa...

Luca ... Ce lo hanno ripetuto anche oggi, alla seconda ora...

E.S. ... Non mi sembra vero! Ma si stava parlando delle vostre esperienze di occupazione...

Luca Io sono al Liceo Scientifico (il "Cremona" N.d.R.), eppure la situazione non è molto diversa da quella descritta prima da Marco. Abbiamo organizzato l’occupazione - tre giorni -, poi ci siamo spaccati come collettivo perché non si era riusciti a produrre nulla e la gente non si presentava nemmeno. Io ho votato perché l’occupazione fosse immediatamente sospesa, vedevo che non c’era riscontro tra gli studenti. In occupazione eravamo 50: 30 del collettivo e altri 20 che, bene o male, si riconoscevano in questa iniziativa. Al "Cremona", però, siamo in 820! L’autogestione, che è venuta dopo, è riuscita invece benissimo. Anche perché siamo stati appoggiati da alcuni professori.

E.S. Da quello che state raccontando sembrerebbe che all’interno della scuola continui ad esserci una divisione in "classi" sociali. (...)
La scuola superiore è anche un parcheggio. In effetti, dopo la terza media cosa si può fare oggi come oggi? Ma anche con un diploma, una laurea, non è detto che si riesca a trovare automaticamente un lavoro, anzi, tra disoccupazione e numeri chiusi all’università... La nuova Finanziaria dovrebbe riservare dei fondi alla "formazione". Leggendo però un’intervista a Severino Salvemini, docente di organizzazione del lavoro all’università Bocconi di Milano (Corsera, 16.12.’98), personalmente ho avuto l’impressione che questa storia della "formazione" sia, più che altro, l’ennesima copertura per elargire altri fondi a Fiat, Pirelli, Telecom, Omnitel, Enel, le Ferrovie, vecchi e nuovi "big", come li definisce Salvemini, dell’attività formativa. Che, tra l’altro, oggi è considerata un investimento "spesso ripartito con il dipendente, nel senso che la formazione è di frequente svolta di sabato".
Come ve lo figurate il vostro futuro, quello che vi aspetta subito dietro l’angolo, dopo l’esame di maturità?

Alice Preferisco un "parcheggio" del genere che comunque, insisto, serve a qualcosa, piuttosto che il nulla. Preferisco veramente essere parcheggiata al liceo cinque anni piuttosto che non far nulla. In ogni caso oggi ci vuole il diploma anche per fare lo spazzino.

E.S. E ti sembra giusto?

Alice Sì, penso di sì. Sì, perché se lo stato riesce a dare la possibilità a tutti di avere un diploma... Cioè, bisognerebbe dare a tutti la possibilità di avere un diploma prima di fare una legge del genere. Ma se tutti potessero ottenere un diploma si alzerebbe il livello culturale della società, una cosa, secondo me, positiva.

Selva Io non sono d’accordo. Pretendere che uno abbia il diploma per cominciare a lavorare, quando ci sono situazioni economiche per cui non ci si può permettere di continuare gli studi... Arrivare a 19 anni senza lavorare, al di là dei costi strettamente scolastici, è una spesa per la famiglia, e non tutti possono permetterselo.

E.S. ... A parte che anche nelle medie inferiori, che sono obbligatorie, i libri te li paghi. Per il sussidio devi dimostrare di essere ridotto quasi all’indigenza!

Luca L’innalzamento dell’obbligo scolastico ai sedici anni... Non mi sembra un’idea molto brillante. Perché, per esempio, programmi come quello di storia vanno assolutamente rifatti al liceo o all’istituto tecnico. E in tre anni il tutto sarebbe molto riduttivo. La filosofia no, il programma è già ridotto a tre anni, mentre secondo me andrebbe portato a cinque.

Diana Nel momento in cui, per fare lo spazzino, devi avere un diploma vuol dire che il livello di istruzione di una popolazione è aumentato. Comunque, alla fine, il diploma è solo un pezzo di carta. Io posso essere sette volte più intelligente, più adattabile, più capace, più critico di uno che ha fatto il liceo.

G.G. E’ interessante il parallelo tra il livello di istruzione e la capacità di fare esperienze, di muoversi, di agire nel mondo. Ci si può interrogare sul fatto se la scuola sia l’unica istanza che consente di fare esperienze, di acquisire una cultura

E.S. ... Ci si interroga anche sul concetto di "cultura". Cosa vuol dire "cultura"? Essere una persona colta vuol dire avere studiato latino e greco, saper ricostruire l’etimo di una parola, saper utilizzare certi schemi di pensiero o vuol dire per esempio, come si pretende oggi, essere soprattutto "adattabili"? O è questo, tutto insieme, e anche altro? Personalmente credo che quello che diceva il vecchio Ivan Illich sia ancora valido: i diplomi dovrebbero essere aboliti. Dovrebbero essere aboliti tutti i titoli rilasciati dallo stato. Di fronte alla possibilità di un’assunzione, diplomati, laureati e non dovrebbero essere posti sullo stesso piano, sostenere una prova per verificare chi sia veramente in grado, perché ne ha le effettive capacità, di svolgere determinate mansioni. Faccio un esempio pratico. Un/una laureata in Lettere può benissimo, in Italia, conseguire la laurea non scrivendo nulla, proprio nulla, all’infuori della tesi. Se farà l’insegnante, a questa persona sarà chiesto di correggere i compiti degli allievi!!

Selva Sono d’accordo.

Alice Anch’io sono d’accordo. La scuola, secondo me, non è l’unico centro di cultura. Ci sono tante altre attività fuori da scuola che servono a far riflettere. Ovviamente io devo fare delle scelte tutti i pomeriggi: studio e prendo 8 o vado a fare un’altra cosa? Io domani ho il compito su Dante... Le conferenze? Spesso sono inerenti al programma scolastico. Io dedico il pomeriggio a queste cose e il giorno dopo prendo 4 in Dante perché non ho studiato a memoria il canto. È assurdo!

 

Pochi universitari

E.S. Tu mi dicevi che è comunque sempre meglio questo di niente... Come è assurdo che tu oggi sia entrata in classe chiedendo di parlare delle bombe su Bagdad e ti sia stato risposto: va bene, però oggi ci tocca il - che ne so? - Settecento. Questo non significa, naturalmente, che Dante e il Settecento vadano tralasciati. Anzi!

Marco Anche le scuole dovrebbero essere messe sullo stesso piano. Come se fossero tutte uguali. Mi rifaccio a quanto stavamo dicendo prima sulle occupazioni. Un giorno di occupazione al "Beccaria": 80 milioni! Quattro settimane di agitazioni al "Settembrini": dialoghi col preside! La nostra scuola è distrutta, ma non abbiamo nessun risalto. Sciopera un liceo, un liceo come il "Beccaria" o il "Parini", beh!, questo salta all’occhio. Occupa il "Settembrini", occupa il "Marelli", i giornalisti preferiscono scrivere del "Parini". Lì c’è gente che sa parlare, che sa esporre i problemi...

Selva È vero. Noi abbiamo occupato tre giorni e abbiamo avuto diecimila articoli. Loro, che sono vicini al nostro istituto, pur avendo occupato per un mese hanno avuto un solo articolo.

Marco La società classifica la gente in base alla scuola che frequenta o ha frequentato.

E.S. Se la scuola è così, poi nel mondo del lavoro sarà ancora così. Chi esce da un "Settembrini", da un "Marelli" farà un certo tipo di mestiere, sempre che riesca a trovare un lavoro. Chi invece esce da un "Beccaria", da un "Carducci", da un "Parini", nel 99% dei casi andrà all’università. Cosa farete di fronte ai numeri chiusi?

Selva Riservare la cultura a un ristretto numero di persone...

E.S. Avete stabilito dei contatti con gli universitari? C’è un coordinamento tra la scuola media superiore e l’università?

Luca No.

Diana In effetti sono due mondi molto diversi. È raro che ci siano gli universitari in corteo.

Selva Ci sono pochissimi contatti.

E.S. Comunque questo fatto che continuate ad identificare la "cultura" con la scuola, con l’università, mi colpisce molto. Io non ne sono convinta. All’interno della scuola viene sempre tutto posticipato: l’informazione a dopo, il mondo del lavoro a dopo... Si vive come in una grande bolla di sapone. Attenzione però: io non condivido neppure l’idea di chi sostiene che bisogna studiare solo quello che serve. Che poi sarebbe?

Alice Ieri stavamo facendo la guerra di Indipendenza americana e il Settecento. Nella dichiarazione c’è scritto che uno dei tre diritti fondamentali è il diritto alla vita. E io allora ho chiesto: ma come è possibile? Negli Stati Uniti c’è la pena di morte. Non mi è stata data risposta.

G.G. Da parte dell’insegnante di...

Alice ... di storia. Che è un grande, io lo stimo tantissimo. Però lui pensava di penalizzare la spiegazione, è angosciato dal programma. Eppure è uno che, se l’avessi preso all’intervallo, mi avrebbe raccontato tutto. Ma in classe non si può.

G.G. Questo è interessante. Accade anche a voi del professionale?

Marco È difficile che un alunno, al professionale, alzi la mano per fare una domanda di questo genere! È difficile. Però è vero che non c’è dialogo.

E.S. Qual’è l’atteggiamento degli insegnanti nei vostri confronti? È del tipo: da voi non ci aspettiamo più di tanto?

Marco Non credo che la preparazione degli insegnanti degli istituti tecnici e professionali sia diversa da quella dei loro colleghi dei licei - io sono molto contento dei miei professori -, diciamo che c’è forse meno disponibilità all’ascolto, al dialogo. Lo dico perché ho fatto anche un anno di liceo...

Selva Il dialogo puoi averlo con l’insegnante che è disposto a sacrificare la sua ora. Però è una sua iniziativa personale.

E.S. E le vostre famiglie? Si parla della società, ma le persone che vi sono più vicine vi incoraggiano in queste vostre iniziative pubbliche?

Diana Dipende dalle situazioni personali. Io, per esempio, sono fortunata. La mia famiglia ha una tradizione di sinistra, i miei erano del Movimento e quindi c’è una grande spinta, un grande incoraggiamento da parte loro. Ormai con mio padre parlo quasi solo di politica. Ieri sera è tornato tardi, ma poi siamo usciti insieme per andare al presidio (contro i bombardamenti americani e inglesi sull’Iraq N.d.R.)...

E.S. Tuo padre non ti dice: non è cambiato niente?

Diana Certe volte, è vero, la tentazione gli viene. Quando gli dico che sabato (si riferisce al 19.12.’98, giornata nazionale di mobilitazione degli studenti N.d.R.) si occupa il treno per andare a Roma, lui mi dice: ma allora alla fine è soltanto una questione di forma e dietro forse non c’è niente. In effetti la sua generazione è stata segnata da tutto quello che speravano e che poi...

Alice ... Non è così per tutti. Il 90% dei discorsi che ho sentito in occupazione, al collettivo, erano di ragazzi che non erano affatto appoggiati dalle famiglie.

E.S. Il vostro corteo del 12 era un corteo di giovanissimi...

Diana Sì, il Movimento studentesco di adesso è un Movimento molto giovane. Quando parlo con i miei, a volte mi dicono che non posso fare niente in questa maniera perché alle spalle non ho comunque i sindacati, i lavoratori. Non c’è coscienza politica, mi dicono, quella che c’è è dei singoli, al mondo in generale non gliene frega niente. Tu puoi fare le tue lotte, però tu, quindicenne, non arriverai a nulla. Posso decidere o di attaccarmi alla coda di un partito e avere così un riflesso più grande sulla stampa, come fa il Coordinamento (il Coordinamento è vicino a Rifondazione comunista N.d.R.), oppure posso fare da me, rischiando di passare comunque in secondo piano. A meno che non mi butti su delle azioni eclatanti.

Luca Mia madre è abbastanza pessimista a proposito delle lotte studentesche. Lei le ha vissute in prima persona e ha visto che non sono andate poi tanto bene...

 

Cariche della polizia

E.S. Alla manifestazione nazionale di sabato 19 andrete con le stesse parole d’ordine con le quali siete scesi in piazza a Milano: no al finanziamento pubblico delle scuole private. Quanto credete che peserà la vostra volontà nelle decisioni del governo?

Selva I giornali stanno costruendo tutta un’atmosfera intorno a questa manifestazione del 19, le scuole si stanno mobilitando, il corteo milanese del 12 era un assaggio. Sicuramente un’eco forte sulla stampa ci sarà. Quanto poi questo inciderà sul governo...

E.S. ... Sarà anche un’occasione per confrontarsi con le altre realtà studentesche del Paese...

Marco Secondo me servirà più a questo che al resto - io sono abbastanza pessimista sui risultati di questa lotta. Non rinunciatario, pessimista.

E.S. Stavo dicendo che forse sarà l’occasione per confrontarsi anche su contenuti diversi. Perché la mia impressione è che ci sia una certa strumentalizzazione di questa vostra lotta...

Marco Le stesse trasmissioni televisive, per esempio Pinocchio...

Diana ... Sì, un atteggiamento sempre inutilmente provocatorio, ma molto ligio alle istituzioni.

G.G. Siete d’accordo anche voi con Marco? Ritenete irraggiungibile l’obiettivo di questa lotta? Anche voi pensate che è più importante il farsi della lotta, le conoscenze che potete acquisire, i contatti che riuscite a stabilire?

Selva Se fossi sicura al cento per cento di non ottenere niente, non starei lì a perdere tempo. Un minimo di speranza c’è, sennò...

Luca Non sono d’accordo. Secondo me una lotta va iniziata anche se sei da solo e hai l’assoluta certezza di perderla, perché comunque poni le basi di un qualcosa che potrebbe essere continuato nel futuro. Immediato o meno.

Alice Almeno si mostra che c’è qualcuno che non è d’accordo.

E.S. Al termine della manifestazione del 12, in piazza Fontana, alcuni studenti sono intervenuti piuttosto duramente sulle cariche della polizia davanti al San Carlo (la tentata occupazione del San Carlo risale al 27.11.’98 n.d.r.). Come sono andate le cose? Come commentate l’intervento delle forze dell’ordine?

Marco Più che l’intervento della polizia, io criticherei l’intervento precedente degli studenti, che personalmente non ho condiviso.

Diana Io ero stata alla RASC il pomeriggio prima di questa tentata occupazione di una scuola privata. Mi ero dissociata. Non lo trovavo un obiettivo utile, nel senso che poi l’occupazione di questa scuola non si sarebbe potuta vivere. Era l’andare a fare una cosa che fa scalpore. Il che può anche andar bene, però lo devi mettere in chiaro subito. La polizia carica - ed è squallido che la polizia carichi -, ma non è che dopo vai in giro a dire che volevi andare dentro in quindici persone, perché non è vero, non è vero. È quasi ridicolo parlarne, però è diventata molto una lotta politica fra i gruppi. Io la sento fortissima questa cosa. C’è la RASC, che è autonoma e sta, diciamo, con i centri sociali. E fa la parte dei "cattivi" per principio. C’è il CSP (Comitato di difesa della scuola pubblica n.d.r.), c’è il Coordinamento, che sta con Rifondazione, c’è UDS, che sta con i diessini... Per cui anche all’ultima manifestazione è stato squallido, tra chi si sente legittimato a prendere la testa del corteo e chi non è d’accordo e tutte le mediazioni che ne conseguono. Quello che proporrei io è di creare un coordinamento di tutte queste realtà. In piazza Fontana c’erano tre furgoncini e tre comizi diversi! È chiaro che quello della RASC ti dice: io al tavolo con uno che sta con D’Alema non mi ci metto, quello del CSP ti dice che non sta con uno del Coordinamento...

Alice ... Però non è costruttivo. Le basi per portare avanti una lotta comune ci sono e allora perché? Già siamo pochi, già ci ascoltano poco.

Diana Questo è quello che ci rimproverano gli ex-sessantottini che ho sentito. Quella che frega è la frammentazione.

Selva Al di là dei gruppi politici, la frammentazione esiste anche tra le diverse scuole, tra i licei e i professionali per esempio. Abbiamo dei grossi problemi durante i cortei.

E.S. Poniamo che la lotta contro il finanziamento pubblico delle scuole private abbia un esito positivo, poi: da dove si ricomincia a parlare di scuola?

Diana Bisognerebbe parlare dell’autonomia. L’autonomia finanziaria delle scuole è qualcosa di aberrante.

E.S. Adesso i singoli istituti entrano nel mercato, devono inventarsi delle peculiarità - a basso costo - e imparare a pubblicizzarle in modo da attirare il maggior numero di iscritti. Infatti se perdono iscrizioni vengono accorpati ad altri istituti o addirittura...

Selva È il discorso che ci fa il preside quando occupiamo. "Diffamate il nome del ‘Carducci’". "Ci saranno meno iscritti al ‘Carducci’". "La scuola verrà accorpata". "Finirà il ‘Carducci’ per colpa vostra che avete occupato". "L’autonomia prevede che se non facciamo un certo numero di iniziative non ci danno i soldi"...

G.G. ... E quali sono queste iniziative?

Selva Sono dei corsi al pomeriggio... Cioè ogni anno bisogna stabilire i corsi o le iniziative che verranno fatte, poi queste vengono presentate al Provveditorato che decide se e quanti fondi stanziare...

Alice ... Da me, per esempio, hanno speso 40 milioni per dei computer. Che sono inutilizzati. Perché se non hai la sperimentazione, il pomeriggio a scuola non ci puoi andare, e comunque durante i primi due anni i computer non li usi, usi il programma Pascal. Però il fatto che ci siano dà lustro all’istituto e aiuta a mantenere alto il numero degli iscritti. 40 milioni! E intanto abbiamo le finestre che cadono a pezzi...

Giuseppe Gessa
ed Emanuela Scuccato

 

GiuseppeGessa
Nessi e presupposti comuni

"Assicurare nelle istituzioni scolastiche effettive condizioni di pluralismo...", fornire alla scuola "l’effettiva possibilità di specifiche proposte educative con riferimento alla formazione integrale della persona umana" e ancora "... assicurare la libertà di scelta, anche qui effettiva, da parte degli utenti del sistema scolastico" e assicurare "le condizioni di una reale opportunità formativa e d’istruzione senza alcun condizionamento di ordine economico". Quando Sergio Mattarella, attuale vice-presidente del Consiglio dei Ministri e allora commissario della Democrazia Cristiana a Palermo pronunciava queste parole, in un’intervista al quotidiano siciliano L’Ora il 16 gennaio 1987, i partecipanti a questa tavola-rotonda frequentavano i primi anni delle elementari.
Leggendo le tesi dei sostenitori al finanziamento pubblico alle scuole private le argomentazioni non sono cambiate di molto. Non a caso lo striscione di apertura di una delle manifestazioni milanesi delle ultime settimane richiamava la vecchia DC che intorno alle tematiche della scuola ha sempre mantenuto un’attenzione costante, fino al patto di governo con la sinistra che porterà molto probabilmente alla tanto sospirata svolta costituzionale per incrementare le adesioni ai diffusissimi istituti di ispirazione cattolica presenti nel nostro paese. Nell’incontro con gli studenti abbiamo però voluto andare a toccare - e non poteva che essere così - argomenti e temi che uscivano dalla dicotomia nella quale il dibattito politico si è arenato.
Come libertari il dettato costituzionale che impedisce il finanziamento pubblico alle scuole private ci può interessare fino ad un certo punto. Se i presupposti per l’analisi sono quelli della possibilità di espletare la massima autonomia possibile nelle scelte che riguardano la gestione delle nostre vite potremmo spostare il dibattito anche su altri aspetti.

Un muro, anche come donna
Anche in campo libertario le opinioni che abbiamo ascoltato nelle ultime settimane sono state molto diverse e articolate. Se l’obiettivo è quello di contrastare l’egemonia clericale nella società, dicono alcuni, il sostegno alla scuola pubblica - ferme restando le critiche alla sua gestione e alla sua impostazione pedagogica - rimane un obiettivo importante, perché all’interno del pubblico rimane la possibilità di sperimentare un contesto multi-confessionale e multi- etnico, che non vincola gli studenti a un dogma religioso unico che può essere foriero di future spinte intolleranti e integralistiche. Rimane comunque il fatto che la religione non è certo l’unico ambito all’interno del quale si forma l’identità di una persona.
Invitiamo a questo proposito a riflettere su quanto una delle partecipanti al dibattito dice sull’insegnamento della filosofia al Liceo, sempre incentrata sullo studio di filosofi uomini, dove le filosofe donne sono ancora oggi completamente assenti. Quando Selva ci parla di sentire "un muro, anche come donna", ci parla di qualcosa che ha un’importanza formativa reale, forse ancora più forte verso le studentesse che di questo muro neppure si accorgono.
Anche questi aspetti dovrebbero a nostro avviso cogliere quanti con un po’ troppa sicurezza parlano di pluralismo educativo e culturale garantito solo dalla scuola pubblica.
Rimane inoltre, di fondo, una certa ambiguità negli stessi termini "pubblico" e "privato", dove per pubblico spesso si identifica solo un ‘ambito statuale’ che opera per il consolidamento di ordini sociali ben determinati.In questo contesto "la trasformazione dell’apparato scuola - ha scritto Franco Riccio (Segno, n. 97-98, 1998) - partendo dal fatto che nel sistema formativo integrato ha una fondamentale importanza, diventa decisivo perché comporta dei mutamenti sostanziali nell’equilibrio sociale.
Da qui la vanità speculare di chi vede la soluzione nel rilancio della scuola pubblica o nella privatizzazione, senza ulteriori specificazioni, come se si trattasse di un problema di razionalizzazione, magari da affidare a tanti bei managers rampanti presi di peso magari dall’industria privata". Gli interventi da parte confindustriale (vedi i box), in una fase di dibattito sul riordino dei cicli scolastici, appaiono quindi decisivi perché la questione scolastica rimane centrale in relazione agli attuali processi di riorganizzazione e di sempre maggiore flessibilità all’interno del mondo del lavoro.
Tornando alla scuola più in generale molto si è discusso, anche in campo libertario, intorno ai temi dell’obbligatorietà della scuola presente nel nostro paese. Si sottolinea come tale obbligo rappresenti un atto di imperio dello stato sulla società civile, dove è sempre l’istituzione a definire gli ambiti in cui la collettività può espletare la propria sovranità. Pur concordando con questa impostazione di fondo, altri indicano come attraverso la scuola obbligatoria sia possibile per i bambini sottrarsi alla tutela esercitata dalle famiglie e sperimentare ambiti di socializzazione avulsi dai contesti monolitici rappresentati da famiglie chiuse in una identità religiosa o ideologica rigida e immutabile. Se il bambino deve muoversi comunque in un ambito di libertà limitato dallo status che la nostra società gli assegna, quello delle famiglie rischia di essere un sistema più oppressivo di quello che potrebbe trovare nella scuola di massa pur con tutti i suoi limiti e i modelli di irregimentazione delle menti e dei corpi. Altro argomento, questo anche fulcro delle riflessioni più generali dei teorici dell’obbligatorietà, è che comunque troppo forte si presenta il rischio di alimentare nuovi analfabetismi per i bambini che vivono in famiglie nelle quali non è presente alcun desiderio di sapere e di istruzione.

Ambiti di socializzazione
Rimane il fatto che l’obbligatorietà frena solo fino ad un certo punto l’evasione scolastica e che comunque i fallimenti negli anni di istruzione obbligatori, come ha sottolineato più volte Ivan Illich, si trasformano nei bambini in fallimenti di portata esistenziale più vasti che abbracciano il senso stesso dell’identità personale. La scuola obbligatoria, lungi da appianare le divisioni di classe e le difficoltà di partenza, finirebbe, sempre secondo Illich (cfr. Conversazioni con Ivan Illich, a cura di David Caley, edizioni Elèuthera) "per essere un sistema che produce emarginati, anzi più emarginati che integrati", si rivelerebbe una lotteria dove chi non ce la fa rimane segnato tutta la vita come individuo menomato e inferiore.
La conversazione con gli studenti sollecita, anche se manca lo spazio per affrontarla a fondo, la questione su un’altra dicotomia tutta da dimostrare, quella tra istruzione ed educazione. Esiste davvero la possibilità di istruire in una qualsiasi disciplina senza contemporaneamente fornire dei modelli di interpretazione del mondo che finiscono inevitabilmente per educare? Se l’assenza di filosofe donne nei corsi di filosofia dei licei si presenta come "presenza" di una parte, quella maschile, che finisce per essere il tutto, nelle metafore che si usano per insegnare anche le più asettiche materie "scientifiche" è impossibile non proporre dei modelli che sono sempre modelli di mondo. Forse quindi ci sono da cogliere nessi e presupposti comuni che sottendono alla scuola statale ed a quella privata e che fanno parte di un immaginario sociale più vasto nel quale tutti siamo immersi.

Giuseppe Gessa

 

Leggere la scuola

• Marcello Dei, La scuola in Italia, il Mulino, Bologna, 1998
• N. Bottani, Professoressa addio, il Mulino, Bologna, 1994
• B.Brocca, Il futuro della scuola: idee e proposte per l’istruzione secondaria superiore, Laterza, Bari, 1995
• S.Ventura, La politica scolastica, il Mulino, Bologna, 1998

Di Ivan Illich sono state pubblicate in Italia diverse opere. Tra queste vale la pena di segnalare lo storico saggio Descolarizzare la società (Mondadori, 1972), al quale è seguito, nel 1974, l’altrettanto importante Descolarizzazione e alternative pedagogiche.
La biografia intellettuale di Illich, autore poliedrico - si è occupato tra l’altro di genere, medicina, ambiente, linguaggio - curata dallo studioso canadese David Cayley, è edita in Italia da Elèuthera col titolo Conversazioni con Ivan Illich - Un profeta contro la modernità (1994).

 

Qualche conto...

Riportiamo di seguito l’elenco dei libri di testo adottati per una sezione delle classi prime in una scuola media milanese (anno scolastico 1998/99).
A fronte dell’obbligatorietà statale, la spesa di ingresso alla secondaria inferiore è a carico delle famiglie - sono previsti sussidi soltanto per i più indigenti. Come si può vedere, un nuovo accesso, escluse le spese di cancelleria, supera Lire 450.000.

Materia Autore Titolo Editore Prezzo
Religione Benazzi La porta della speranza PIEMME 18.500
Ital./gramm.

Asnaghi
Manzo Nicolal

Grammatica italiana CEDAM 44.700
Ital./ant.

Menegazzo
Rabitti

Tante storie, tante idee PETRINI 35.800
Storia A.A.V.V. Storia DE AGOSTINI 29.500
Geografia Corbellini
Ruffinengo
Vivere l’Italia MARIETTI 39.600
Inglese

Caravaggi
Maroni

Talk to the world GHISETTI 53.900
Sc.Matem.

Linardi
Galbusera

Percorsi di aritmetica MURSIA 29.800
Sc.Matem.

Linardi
Galbusera

Percorsi di geometria MURSIA 30.800
Sc.Matem.

Linardi
Galbusera

Esercizi 1 MURSIA 6.000
Sc.Mat.Nat.

Benedetti
Paganoni

Per conoscere SEI 54.000
Ed.Artist Lazottl Immagine e immaginario BULGARINI 41.500
Ed.Tecnica G.Paci Educazione tecnica ZANICHELLI 47.300
Ed.Musicale

Rattazzi
Tammaro

Musica maestro IL CAPITELLO 42.000
TOTALE LIRE 479.400

 

Quanto alla scuola?
La finanziaria‘99...

Scuole materne: 236 miliardi
Scuole elementari: 148,9 miliardi
Scuole medie: 16,1 miliardi
Totale: 401 miliardi

Per l’attuazione della legge di parità sono inoltre in bilancio 347 miliardi per il 2000 e il 2001. Calcoli abbastanza attendibili indicano inoltre in complessivi 3-4000 miliardi i finanziamenti che vengono erogati a diverso titolo alle scuole non statali da regioni ed enti locali.

da: Il Manifesto, "Tutti gli oneri per lo stato", 19.12.1998

 

L’articolo 33
della Costituzione

La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione e istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo Stato.

 

Il parere
della Confindustria

Analizzando i dati OCSE sulla scuola europea, che ci vedono ben al di sotto dei nostri partner sia per quanto riguarda le percentuali di diplomati che di laureati (65%/70% di diplomati contro l’80%/85%; 7%/10% di laureati contro il 20%/25%; il 20% degli studenti italiani abbandona la scuola senza una qualifica contro una media del 5% in Europa), Attilio Oliva, presidente della Commissione scuola della Confindustria, propone non di potenziare ulteriormente le risorse economiche da destinare alla scuola, bensì di utilizzarle meglio. Come?
Tramite "l’ottima nuova legge sull’Autonomia" che, scrive, "va presa sul serio".
Tramite "nuovi contratti di lavoro per il personale scolastico che valorizzino la professionalità... e trattino meglio chi alla scuola dà di più".
"Ma la riforma importante" sarebbe, secondo il rappresentante della Confindustria, "la costituzione di una Authority indipendente per la Valutazione della Qualità dell’istruzione come esiste nei più evoluti Paesi europei".
Il rischio per la scuola italiana non è la privatizzazione, spiega Oliva, quanto piuttosto la sua "statalizzazione al 100%".
Le scuole private hanno subito in Italia un calo di iscrizioni di oltre il 30%.
Mentre infatti la scuola statale non ha costi di ingresso, la privata oscilla tra i 4 e i 7 milioni.
La parola d’ordine di Confindustria è quindi: liberalizzare il sistema "per favorire confronti competitivi tra scuole statali, cattoliche e scuole-imprese laiche".
L’obiettivo? "Un sistema pubblico integrato di qualità certificabile".
Per questo occorrono "aiuti economici non alle scuole ma alle famiglie (crediti d’imposta), che riducendo il differenziale di costo consentano una competizione più equilibrata tra scuole statali e private e una scelta più libera per le famiglie (soprattutto per le meno abbienti)".

da: Corriere della Sera, "L’intervento", 17.12.1998

 

Scuole non statali: le cifre

I bambini italiani che hanno frequentato una scuola materna non statale sono stati nel 1990 il 48,1%.
(Gli istituti religiosi che in Italia si occupano di educazione prescolare soddisfano attualmente il 21% delle richieste del mercato).
In Francia, nello stesso anno, la percentuale dell’utenza della scuola materna non statale era del 12,3%.
I rapporti si invertono nel caso della scuola elementare.
Sempre nel 1990, gli utenti delle private francesi sono stati il 14,9% contro l’8% italiano. A fronte di un’utenza del 2% della scuola primaria tedesca, la percentuale più elevata si è invece registrata in Spagna dove, per quanto riguarda la scuola materna e quella elementare, il mercato privato ha coperto il 38,9% delle richieste.
Per quanto riguarda gli altri ordini e gradi della scuola non statale, l’utenza si attesta nei Paesi considerati, per il 1990, alle seguenti percentuali:

ITALIA: 4,5%, secondaria inferiore; 9,1%, secondaria superiore
FRANCIA: 20%, secondaria
GERMANIA: 9%, secondaria
SPAGNA: 34,9%, secondaria inferiore; 29%, secondaria superiore

(80% e 85% sono le percentuali di incidenza degli istituti confessionali italiani rispettivamente nella scuola elementare e nella media inferiore).

da: Marcello Dei, La scuola in Italia, il Mulino, Bologna, 1998