Chi è abituata, e più
raramente chi è abituato ad essere pedone, sa bene come
sono preziosi lo spazio, il piccolo tragitto a piedi, il mezzo
di trasporto pubblico.
Lo spazio ci permette di muovere il corpo donandoci sensazioni
gioiose e di osservare l'ambiente, le forme più evidenti
come i dettagli. L'esercizio di guardare induce a vedere sempre
di più viali, alberi, architetture, materiali, ampliano
la nostra sensibilità e il mondo della nostra quotidianità;
Il tragitto a piedi è un viaggio di sensazioni, si può
godere o soffrire e fa molta differenza quando è quotidiano,
pensate all'odore dell'erba se ci accompagna o alla costrizione
delle lamiere delle automobili parcheggiate, al perenne combattimento
con le automobili in movimento. Il confronto con gli altri in
questo caso è anche la continua constatazione d'essere
inermi, sottoposti all'autorità dell'automobilista armato,
cediamo il passo al più forte, o ringraziamo la cortesia
di chi fa una grazia.
È spontaneo, per chi è pedone, pensare di fare
spostamenti più lunghi serviti dal mezzo pubblico. Questa
è stata l'esperienza, la cultura, la pretesa delle popolazioni,
senza dimenticare la bicicletta, che in epoca moderna ha integrato
la carenza di mezzi o soddisfatto distanze accessibili. Ogni
epoca e paese ha curato l'esistenza di spazi pubblici accoglienti
e di filari di piante che ombreggiano le strade.
Con l'automobile tutto è cambiato, gli interessi sottesi
alla produzione hanno fortemente agito per la privatizzazione
del movimento, sottraendo spazi e ricchezza ambientale, sottraendo
relazioni sociali in favore della privatezza.
Senza automobile ci si può spostare davvero poco, i mezzi
pubblici che viaggiavano nelle campagne congiungendo le località
si sono svuotati al punto di dover essere eliminati. Quelli
che congiungono le città alle zone circostanti hanno
subito la stessa sorte. Le condizioni di disagio e di lentezza
di quelli ancora esistenti, che raddoppiano il percorso per
raccogliere a zig-zag più passeggeri, fanno lavorare
chi li utilizza soprattutto per mettere da parte il denaro necessario
all'acquisto di un mezzo di locomozione proprio.
Si aspetta il mezzo pubblico davanti allo scorrere veloce di
mezzi offensivi, soprattutto per le emissioni degli scarichi.
A volte sembra di non poter più respirare: l'attesa lì,
in mezzo alla strada diviene una vera tortura; ci si domanda
come sia possibile dover subire tanto danno ad assuefarsi a
questo dato di fatto. Esistono marciapiedi esposti al traffico
su due lati, "salvagente" si chiamano, dando l'idea
di quale nemico sia diventato lo spazio urbano, anche per gli
automobilisti credo, in continua tensione.
La meta di ciascuno, solo questa è divenuta per il pedone
e per chi guida la ragione di attraversare gli spazi pubblici,
nella compressione progressiva della libertà di movimento.
L'introduzione nell'ambiente di elementi aggressivi e mutilanti
(si pensi come questo fenomeno stia ormai riempiendo anche il
mare, dove il nuoto viene relegato alla riva), priva i corpi
di esperienza percettiva degli elementi naturali e del riconoscimento
degli altri come corpi, del territorio come spazio comunicativo
e comune. Isolati si diventa aggressivi verso se stessi e verso
gli altri, giustificato diviene superare ogni divieto, salire
sui marciapiedi, scorrere con la motocicletta contro-mano, farsi
sentire: il rumore più forte è la propria presenza.
Il conto tra costi e benefici si è smarrito con la pubblicità
e la tecnologia avanzata che non badano alla ricaduta nociva
dei prodotti perché non porta affari; da queste, è
resa dipendente la grande massa della popolazione. La tecnologia,
l'espansione della potenza del singolo, facendo leva sui desideri
di onnipotenza che tutti a volte fantastichiamo. A partire dall'automobile
e recentemente con i telefoni cellulari, si realizzano sogni
di evasione dal luogo in cui siamo e di potenza negli spostamenti
e nelle comunicazioni, da cui, come per ogni altra droga, è
difficile recedere, anche quando si sapesse la gravità
del danno alla salute che questi prodotti creano alla popolazione.
Cominciamo almeno a pretendere che l'attesa del mezzo pubblico
sia situata in uno spazio non a contatto con le emissioni dirette
degli scarichi dei motori (anche dei motorini).
Meglio sarebbe una via, un sistema di vie solo per i trasporti
pubblici. Si è già realizzata in altre città
una rete di strade ciclabili che mette al riparo il ciclista
dagli investimenti, potremmo giocare con lo sport fino a tarda
età. Forse un giorno, la certezza di un posto a sedere
sui trasporti pubblici, per tempi resi più veloci dall'assenza
di automobili sul loro percorso, potendo dire: "come fan
tutti", ci farà ritrovare la comunità e la
capacità di organizzare una reale libertà di spostamento.
Antonella Nappi
Antonella
Nappi, ricercatrice di sociologia all'Università
statale di Milano. Si interessa di problemi della famiglia,
ambientali e dell'educazione. Un articolo su monitoraggio
dell'inquinamento atmosferico, informazione dei cittadini
e risanamento dell'aria a Milano si trova nel volume curato
da Michele La Rosa Governo delle tecnologie, efficienza
e creatività; il contributo dell'ergonomia, Monduzzi
editore, Bologna 1997. |
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