Pensiamo a quello che è stata,
nelle menti dei pianificatori urbani, per esempio, l'asta definita
da Via Dante, Castello Sforzesco con Foro Bonaparte, Parco Sempione
e Corso Sempione, a Milano. Una vista scenografica e prospettica
di fortissima valenza ambientale: il simbolo di una città
bella (e che alla sua bellezza teneva molto) che si espande
armoniosamente verso il suo hinterland, corredata di tutto quel
che serve per viverci bene. Ampi spazi stradali, larghi marciapiedi,
arredo e dotazioni urbane, verde a profusione, senso di grandiosità
e di dilatazione dello spazio: in buona sostanza, una prospettiva
cittadina di imponente respiro, di ampia vivibilità,
di grande "comfort". Ed ora pensiamo a noi, ai nostri
tempi attuali. Solo Via Dante, isola pedonale, ha recuperato
una dimensione umana: gente sempre in movimento, fittissima
frequentazione dei negozi, tavolini dei bar all'aperto, aperitivi
presi in compagnia, chiacchiericcio diffuso ed udibile, attenzione
alle esigenze del vicino, pali e lampade per l'illuminazione
adatti al luogo, aria quasi respirabile, completa assenza di
traffico.
Ma da Piazza Cairoli in poi - esclusa la sola zona "autoprotetta"
del Castello Sforzesco - e fino a Piazza Firenze, il caos ambientale
più totale. Caroselli di vetture, furgoni, furgoncini
e motorette, taxi e pullman in sosta, aree verdi inghiottite
dai veicoli parcheggiati ovunque, vetture arrampicate sui marciapiedi,
sui passi carrai, sugli scivoli agli incroci, segnaletica stradale
verticale ed orizzontale, cartelli pubblicitari, semafori, rumore,
aria irrespirabile. E' questo lo sviluppo, il progresso, il
presente, il futuro ed il futuribile? Queste considerazioni
non sono ispirate dal "quanto erano belli i tempi andati".
C'è, invece, molto rammarico per tutto quello che si
sarebbe potuto fare e che, purtroppo, non è stato fatto
o - per meglio dire - che è stato fatto molto male. Quando
Milano, negli anni '50, ha pensato di dotarsi (per quanto già
in ritardo) della metropolitana, ha fatto un corretto, coraggioso
e doveroso passo avanti verso il futuro sostenibile.
Ma quando, negli anni '60, a metropolitana realizzata, ha deciso
di eliminare il tram lungo il percorso della stessa, ha compiuto
un errore irreparabile, che ha contribuito a portarci al disastro
attuale. L'aver considerato che la metropolitana avrebbe permesso
il "via libera" totale alle vetture private è
il frutto di una cultura tecnica errata che ci ha consegnato
dei progettisti capaci solo di vedere l'allargamento delle strade
e il dare sempre più spazio alle macchine, man mano che
il loro numero aumentava, come unica soluzione, senza prevedere
i concetti di "saturazione" o di "compatibilità".
Recupero
di spazi
Tornando all'esempio di Corso Sempione, l'Amministrazione
comunale milanese ha commissionato (ed ha oggi a sue mani) il
progetto esecutivo della ciclabilità da realizzare. Chissà
se avrà mai il "coraggio" di concretizzarlo?
Se così facesse, Milano ritroverebbe un maestoso viale
alberato, contornato e delimitato da tanto verde, da spazi per
giochi dei bambini e per normali relazioni sociali, realmente
fruibili da parte di tutti gli utenti della strada: dai pedoni
agli automobilisti, nel reciproco rispetto. Si, perché
l'inserimento della ciclabilità nelle nostre disastrate
situazioni cittadine, permette di recuperare tutti quegli spazi
che attualmente sono diventati un dominio - illegale e fuori
da ogni norma - delle sole automobili. E questo si verifica
ovunque, cioè anche, e soprattutto, quando gli interventi
per favorire e mettere in sicurezza la ciclabilità vengono
previsti nelle zone periferiche e più ignorate della
città.
Porre un freno all'invasione delle auto permette, infatti, il
recupero di spazi, di ambienti, di situazioni locali: il tutto
a favore di chi ha diritto di tornare a vivere il proprio territorio,
e di viverlo bene. Attenzione, questo non vuol dire espellere,
tout court, le auto dalla nostra vita e dalle nostre città.
Significa, invece, ridare ad ognuno (dal pedone all'automobilista)
il proprio ruolo, nel reciproco rispetto di regole, di spazi
e di luoghi, recuperando quel concetto sociale di equità
che permette di trovarsi liberi nel rispetto dell'altrui libertà.
L'inserimento della ciclabilità, in sicurezza, nelle
nostre città diventa uno strumento (un positivo "grimaldello")
per la loro riqualificazione.
Auto
e violenza
Se, camminando su un marciapiede, capita di urtarsi fra pedoni,
chi ha urtato chiede scusa e riceve, in genere, contemporaneamente,
le scuse dell'altro. La stessa cosa succede fra ciclisti: all'occasione
ognuno cerca di scusarsi con l'altro ed è anche disponibile
a porgere aiuto ed attenzione alla situazione di chi appare
più debole. Non succede, purtroppo, la stessa cosa, nel
caso in cui ad urtarsi siano due automobilisti. Anzi, apriti
cielo! Le liti sono all'ordine del giorno, quando non degenerano
in situazioni più pesanti. La delimitazione della corsia
stradale e l'abitacolo chiuso delle vetture rappresentano dei
presupposti per lo scatenarsi della violenza. Psicologicamente
è un fatto ammissibile e studiato. Mentre chi se ne va
a piedi o in bicicletta, in generale, si sente libero, non vincolato,
può stabilire e decidere quando, dove e come fermarsi,
riesce a percepire tutto l'orizzonte ed i dettagli dello spazio
che lo circonda, è più votato alla felicità
ed al sorriso. Ma - triste realtà - chi va a piedi o
in bicicletta, oggi, nelle nostre attuali città, grandi
o piccole che siano, è triste, grigio e non ben disposto
alla felicità: il suo orizzonte è limitato, la
sua aria è cattiva da respirare, i suoi movimenti sono
costretti, non si sente libero.
La saturazione degli spazi, gli inciampi in ogni luogo e la
continua sensazione di pericolo, la tensione dovuta alla continua
situazione di difesa o di allerta, l'impossibilità di
spaziare nel campo visivo: sono assilli continui, a carico dei
più "deboli" (rispetto ai "forti"
motorizzati), provocati dalla saturazione totalizzante dei nostri
spazi sociali e fisici da parte dello spropositato numero di
automobili che assediano e presidiano la nostra realtà
ambientale.
Mentre la pubblicità, sempre più massiccia nel
settore automobilistico, ci fa apparire le auto nelle situazioni
più improbabili ed irreali: al polo piuttosto che nei
deserti, lungo percorsi in isole o in campagne disabitate, su
arenili sconfinati o in strade frequentate da sole specie animali.
Si vuole convincere noi, costretti nei nostri angusti ed assediati
spazi, che la vettura ci porta nella piena libertà, quando
è la stessa che ci sta negando la nostra libertà
personale. Perché mai, invece, non presentare un nuovo
modello di macchina nelle condizioni reali, intruppata in lunghe
code ai semafori o lungo le autostrade? Perché mai non
evidenziare le statistiche, reali, delle vittime (in quanto
morti o scampati, ma con gravi conseguenze fisiche) degli incidenti
stradali? Perché mai non evidenziare i guai reali, concreti
e rischiosisssimi verso cui va la nostra salute, a livello mondiale?
Il
cinguettio degli uccellini
Non si tratta, in realtà, di demonizzare l'automobile:
basterebbe collocarla nel suo effettivo ruolo di mezzo di spostamento
(solo e quando serve), di mezzo di aiuto ai nostri trasporti
(solo e quando è necessario), di mezzo per frequentare
località piacevoli (solo nei dovuti modi). Ma nulla di
più. Tutti i richiami alla velocità, alla potenza,
al rischio, all'esagerazione, sono contro lo spirito dell'essere
umano sociale.
Andiamo in bici, andiamo a piedi, usiamo i mezzi pubblici, ma
limitiamoci nell'uso spropositato e sconsiderato della vettura:
ormai non si tratta più di vedere tutto questo come rischio,
ma di costatare come la realtà ci si è già
rivoltata contro. E non è proprio vero che, quando passa
una macchina, gli uccellini continuano, beati, a cinguettare
e se ne fuggono lontano solo quando un mazzo di chiavi viene
gettato su un tavolo. Ormai, poveri passerotti, si sono dovuti
abituare anche loro, loro malgrado, al rumore dei motori, per
sopravvivere.
Cominciamo a disabituarci noi, ed iniziamo o continuiamo a pedalare:
oltretutto, fa anche bene, e molto, alla salute.
GianPiero Spagnolo
GianPiero
Spagnolo, architetto libero professionista in Milano;
coordinatore del Comitato Tecnico di CICLOBBY ONLUS; tecnico
e progettista di ciclabilità; coordinatore del
gruppo tecnico che ha recentemente (fra l'aprile del '97
e il novembre del '98) progettato di massima ed esecutivamente
circa 22 km di ciclabilità in Milano come consulenza
al PIM (Piano Intercomunale Milanese), su incarico del
Comune di Milano; studioso della moderazione del traffico,
delle reti ciclabili e della messa in sicurezza della
ciclabilità in ambito urbano ed extraurbano.
Ciclobby
via Cesariano, 11
20100 Milano
tel. 023313664
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Per
chi fosse interessato a saperne di più sulla bici
e sulla ciclabilità,
segnaliamo due indirizzi cui chiedere informazioni con
relativi siti internet da visitare:
Federazione Italiana Amici della Bicicletta ONLUS
Segreteria: Viale Venezia 7
30170 Mestre (VE)
tel. e fax: 041-938092
Sede Legale: Via Cesariano, 11
20154 Milano
e-mail: fiab@poboxes.com
pagina web: http://www.rcvr.org/assoc/adb/fiab
ECF (European Cyclist Federation)
Main Office , Rue de Londres, 15 (b 3)
B-1050 Brussels, Belgium
tel: +32 - 2 - 512 9827
fax: +32 - 2 - 511 5224
e-mail: office@ecf.com
pagina web: www.ecf.com
Per i dadaisti segnaliamo anche:
Anarcociclista per una rivolta a pedali
http://www.kyuzz.org/anarcociclismo
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