Potere e Contropotere
Si intitola Contropotere (pagg. 128, euro 9,00) il
libro di Elèuthera uscita prevista: settembre
2002 scritto da Miguel Benasayag (filosofo e psicoanalista
argentino, residente a Parigi) e Diego Sztulwark (docente di
filosofia nella Universidad Nacional di Buenos Aires, è
uno degli animatori del movimento argentino El mate
in difesa dei diritti civili). Al centro, i nuovi movimenti
sociali: secondo gli autori, questi movimenti, ignorando volutamente
la questione del potere e della sua conquista, inventano una
politica del contropotere, i cui effetti sulla società
esistente sono più importanti di quanto si possa credere.
Eccone lintroduzione.
La rottura nei confronti degli anni ottanta, il decennio «postrivoluzionario»
che aveva sancito la disfatta annunciata di ogni impresa emancipatrice,
di tutti i progetti di trasformazione sociale in nome di un
conformismo rassegnato, oggi è completamente esaurita.
Da qualche anno, un po dappertutto nel mondo, assistiamo
allo schiudersi, in molteplici forme, di un vasto movimento
che si rifiuta di vedere nel neoliberismo un «orizzonte
invalicabile». Per noi la data simbolica e costituente
di questa controffensiva è il 1° gennaio 1994, il
giorno in cui le forze zapatiste avevano occupato la città
di San Cristobal de Las Casas, nello Stato messicano del Chiapas.
Da quel momento, da quel movimento, si rinnovano un discorso
e una pratica alternativi che non si accontentano più
di lottare «contro gli eccessi», mettendo al centro
la filosofia dei «diritti delluomo», né
per la tolleranza, perché la tolleranza altro non è
che il privilegio dei padroni.
Si tratta di unautentica sensibilità rivoluzionaria,
per la quale il neoliberismo e la società del denaro
e del profitto, non soltanto non sono «invalicabili»,
ma devono anzi essere superati. Il nucleo centrale di questo
superamento è quella che noi chiamiamo la «nuova
radicalità» che fa si che esso non sia legittimato
in nome di un modello precostituito ma in nome della vita stessa.
La controffensiva nasce prima di tutto come rottura rispetto
ai metodi tradizionali dei gruppetti politici, che tentano disperatamente
di recuperare un fenomeno senza fare il minimo sforzo per capirlo
o per affiancarlo.
Da noi non si tratta più di un «Touche pas à
mon pote» (1) ma della lotta qui e subito per chi non
ha casa, non ha lavoro, non ha documenti
È un impegno
giorno per giorno per costruire alternative alla mercificazione
del mondo, alternative di cui la manifestazione gioiosa di Millau,
nel giugno 2000, è stata una vetrina effimera. Una miriade
di associazioni e di gruppi che sbocciano qua e là e
sviluppano una vera e propria rete, un «rizoma di contropotere»
allinterno di una nuova soggettività sovversiva
che non mette più al centro la questione del potere,
senza per questo escluderla.
Una delle novità più importanti di questa nuova
radicalità sta nellabbandono della pura militanza
«contro»: nelle molteplici pratiche di ogni situazione,
essa sviluppa luoghi (case, officine, università popolari,
occupazioni di terre...) e modi di vita che superano concretamente
negli atti lindividualismo del sistema. Una casa nel quartiere
che intesse nel quotidiano i legami sociali, articolando le
proprie pratiche con quelle di altre esperienze non ha niente
a che vedere con la lotta di individui isolati che allelenco
delle proprie attività «normali» di ogni
giorno aggiungono qualche momento di solidarietà. In
altre parole, si può distinguere da un lato la lotta
da «agenda», quella di individui che tentano di
trovare, tra le proprie occupazioni, unoccasione per essere
solidali e dallaltro la nuova radicalità, che significa
lo sviluppo concreto nella vita di tutti i giorni, di modi di
vita e di rapporti diversi.
La nostra società sta attraversando unautentica
crisi culturale. Per riprendere le categorie proposte da Françoise
Héritier, ogni cultura deve essere in grado di operare
una chiara distinzione tra il «pensabile» e il «possibile»,
perché non tutto il possibile è per forza pensabile.
Ora, il neoliberismo, cioè la società dellindividuo,
pretende che in nome del profitto economico tutto ciò
che è possibile sia pensabile. Ecco perché la
nostra è una lotta per la difesa di certi principi, di
certi fondamenti che la postmodernità a cercato di sradicare
e senza i quali la vita sul nostro pianeta è sotto la
minaccia della barbarie economica.
Si sente dire che se non ci si ribella più contro lorrore
economico, contro lutilitarismo dominante che considera
il mondo, gli uomini, la vita come prodotti «a perdere»,
la ragione consiste nel fatto che la gente avverte di avere
molto da perdere. Questa affermazione è più vera
di quanto si possa immaginare. È vero non solo perché
cè chi approfitta più o meno del sistema,
ma soprattutto e sostanzialmente perché questa rivolta
implica addirittura la perdita della nostra vita di individui
serializzati. Da questo punto di vista anche il meno ricco di
noi ha molto da perdere, perché si tratta di abbandonare
un modo dessere che ha forgiato la nostra esistenza, una
maniera di sentire, di pensare, di amare, un rapporto con il
mondo e con noi stessi strutturato dallindividualismo:
questa credenza secondo cui noi, ognuno di noi sarebbe unentità
isolata da tutte le altre e che intrattiene con il mondo una
relazione contrattuale. Lemancipazione è allora
prima di tutto «esistenziale» e non semplicemente
economica o politica. Non emerge in nome di un ipotetico «dover
essere» ma, come oggi dimostrano migliaia di pratiche
sparse per il mondo, in nome di un autentica gioia che sia capace
di battere la nostra società della tristezza.
Questo libro è parte di questo impegno comune, che non
è di fatica ma di creazione, di gioia condivisa, di vita
che vince la logica di sopravvivenza cui il sistema vuole asservirci.
Cerchiamo di avanzare nel lavoro teorico, nella comprensione
di ciò che «potrebbe» o «dovrebbe»
essere, pur sapendo che, come ha scritto Marx, è lesistenza
che determina la coscienza, provando ad aprire e a elaborare
quale percorso a partire dai movimenti esistenti.
Nelle pagine che seguono, quindi, il lettore troverà
lillustrazione di un insieme di ipotesi o di chiavi di
lettura di quello che chiamiamo pensiero radicale (o politica
radicale). Parliamo di chiavi nel senso che aprono un diaframma,
che rendono possibile il dispiegarsi di unopera, di uno
spazio nuovo.
Miguel Benasayag
Diego Sztulwark
Note:
1. È il nome di unorganizzazione francese di solidarietà
con gli immigrati. Letteralmente: «Giù le mani
dal mio amico» [N.d.T.]
Mussolini e
le Baleari
Il 18 novembre 1936 Mussolini, durante una seduta del Gran
Consiglio del Fascismo proclamò che Le Baleari
sono in nostro possesso. Il giorno prima il Duce aveva
riconosciuto come legittimo il governo del generale Francisco
Franco, mentre, sempre nello stesso giorno, gli antifascisti
italiani riuscivano a far evacuare ed in seguito occupare il
Consolato Italiano di Barcellona, istituzione diplomatica del
Governo Fascista.
Il console aveva già provveduto a far evacuare parte
dellarchivio in Italia, ma molti documenti, forse ritenuti
meno compromettenti, vennero lasciati nella sede consolare.
Camillo Berneri è uno degli intellettuali anarchici antifascisti
che prende parte alloccupazione del consolato e con un
grande intuito investigativo e profonde doti di
intellettuale meticoloso e scrupoloso non si lascia sfuggire
limportanza di quelle carte, documenti riservati e lettere,
materiale che assume in quel momento un ruolo nuovo, di denuncia
internazionale. Quello che scopre Berneri è in realtà
solo la conferma della frase che Mussolini avrebbe pronunciato
il giorno dopo levacuazione del consolato, ossia, il suo
millantato possesso dellarcipelago spagnolo.
Lespansione nel Mediterraneo occidentale era in realtà
un progetto che durava da molti anni; nella politica di conquista
e di colonialismo di Mussolini le Baleari erano considerate
uno strategico obiettivo nel suo disegno di impero, che in una
ipotetica spartizione fra le potenze, sarebbero dovute toccare
a lui, mentre alla Germania sarebbe invece andato il Marocco.
Berneri sente lurgenza e limportanza della denuncia
a livello internazionale di questa invasione programmata negli
anni e trova con molto lavoro e molti sforzi, tenuto conto anche
del contesto di guerra e rivoluzione in cui sta vivendo nella
Barcellona del 1936 e 1937, molte prove documentate che attestano
lintenzione di Mussolini di fare delle Baleari un protettorato
in Spagna, trampolino di lancio per la vicina Barcellona.
Mussolini alla conquista delle Baleari (Galzerano Editore/Atti
e memorie del popolo, Casalvelino Scalo (Sa) 2002, pag. 172,
euro 10,00), più che un libro può essere definito
un dossier, in quanto lautore si limita a scrivere una
breve introduzione, e poi lascia che siano i documenti a parlare:
corrispondenze diplomatiche, lettere, articoli di riviste e
di giornali, resoconti, da cui risultano con straordinaria evidenza
i progetti di conquista del Governo Fascista. Lo stesso Berneri
dice: Qui sillustra soltanto come Mussolini mirasse
alle Baleari come ad una testa di ponte della conquista del
Mediterraneo. Qui, a parlare, è il documento, soltanto
il documento, e più avanti, sempre nella sua
prefazione: Non scriviamo con lillusione di commuovere
lopinione pubblica, bensì con il proposito dilluminarla.
Già dal 1926 infatti, le Baleari avevano attirato lattenzione
per la loro importanza geografica e logistica nel mar Mediterraneo.
Quello che in un primo tempo venne sfruttato fu lincantevole
paesaggio naturalistico, che diventò quindi la scusa
per numerose crociere di avanscoperta e per dare inizio ad un
piano preciso di conquista lenta e capillare. In pochi anni
nelle isole si assistette ad una processione ininterrotta di
navi, flotte, sottomarini, corazzate, incrociatori, sommergibili
e crociere aeree che portavano in mostra giovani Camicie Nere,
turisti che, immancabilmente, per la gioia del duce ossessionato
dal prestigio, sfilavano implotonati.
Il dossier non ha fini propagandistici, ma solo di documentazione,
Berneri vuole che il mondo sappia gli orrori del fascismo, vuole
che la vecchia e sorda Europa apra finalmente
gli occhi di fronte alla disperata situazione del continente.
Camillo Berneri diede molta importanza a questo libro e sentiva
la fretta e lurgenza del dover terminarlo il più
presto possibile, per poter dedicare le sue attenzioni a quanto
stava accadendo attorno a lui. Purtroppo non ci riuscì,
perché il suo corpo venne trovato, insieme a quello dellantifascista
anarchico Francesco Barbieri, crivellato di colpi di pistola,
ucciso barbaramente nella notte tra il 5 ed il 6 maggio dalla
polizia politica comunista.
Dopo 65 anni finalmente il libro è stato pubblicato in
Italia in seguito ad un tormentato iter editoriale. Nei giorni
successivi la morte dellintellettuale anarchico il testo
venne pubblicato, alla Oficina de Propaganda, Sección
Italiana CNT-FAI con un prologo di Diego Abad de Santillán,
presente anche in questa edizione, arricchita da fotografie
concesse dallArchivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa
della Biblioteca comunale Panizzi di Reggio Emilia. La
prima edizione è però praticamente scomparsa e
quindi il lavoro di Berneri è rimasto sconosciuto in
Italia, dove solo pochissime persone hanno potuto leggere il
suo ultimo lavoro. In lingua spagnola ebbe invece una diffusione
maggiore, a partire dalla prima pubblicazione a Barcellona con
il titolo Mussolini a la conquista de las Baleares, per
arrivare fino in Argentina dove il libro venne pubblicato lanno
successivo.
La prefazione di Claudio Venza contestualizza la figura del
grande studioso anarchico e inquadra storicamente limportanza
dellultimo documento che ha lasciato, mentre la postfazione
curata dalleditore Galzerano analizza scrupolosamente
le recensioni apparse dopo la prima edizione del libro tra cui
è possibile trovare quella appassionata e commossa di
una giovanissima Luce Fabbri, che scrive a Montevideo per la
rivista Studi Sociali.
Questopera è fondamentale per comprendere limpegno,
lentusiasmo, la dedizione assoluta che questo grande anarchico
militante ed intellettuale ha dedicato fino allultimo
momento della sua vita allanalisi, allapprofondimento
ed alla denuncia del fascismo, sia nel contesto italiano che
internazionale.
Arianna Fiore
La voce dellanima,
parola damore
un detto, dalcun dolce asperso
ben mille volte ripetuto e mille
nel costante pensier,
sostegno e cibo
esser solea dellinfelice amante:
benché nulla damore parola udita
avessella da lui
(Giacomo Leopardi, Consalvo)
Si lamentano cinque tori, uccisi per realizzare la scena della
corrida su cui Pedro Almodovar, nel suo ultimo film Parla
con lei, ha imposto il prezzo materiale e insolvibile del
marchio necatorio, dal quale leconomia dell esistenza
simbolico-vitale non prescinde.
Mi è difficile ahimè! se non addirittura
impossibile perdonare il sacrificio del vivente: fare sacro
ciò che lo è in vita già
di per sé.
Una difficoltà la mia, avvertita come Clarice
Lispector dice costrizione in vita, cui riesco
a non sottrarmi, giacché, come ancora lei considera,
la vita di qualsiasi essere vivente vale mille e più
mille volte la produzione di qualsiasi oggetto, libro, film,
quadro, farmaco o monumento esso sia. Larte, alla scuola
oziosa della scrittrice brasiliana, non coincide con lopera
darte e la fiction scenica, che sostituisce la verità
dellesistente, inappaga larte del vivere in fedeltà
al sentire.
Come chiamare questa cosa che si sottrae? come richiamarla a
sé e non perderla?
Alla sua casa di produzione cinematografica Almodovar ha dato
nome el deseo, si apprende dalle intestazioni ai
suoi film. La forza di un nome (appropriato?) rivela il potere
di appropriazione e quindi anche di espropriazione
di un dire impersonale: ossia la trama intessuta da crune simboliche
dove il discorso persuasivo si perde in un sentire visionario.
Poteva essere evitato il sacrificio dei cinque tori? In tutta
evidenza, no. Cinque le dita della mano umana, cinque i sensi
nominabili, il sesto senso del giudizio incede sul luogo del
desiderio. Nel mistero che agita il mondo, il geniale
irrora una vena struggente.
Parla con lei tocca, con la leggerezza di una mano invisibile
anche quando gli oggetti del suo tastare imprimono tutta la
loro cruenta concretezza, la realtà sbilenca di vita,
amore e morte.
Daltra parte, la parola divina guarisce nella modalità
di un miracolo continuo e non nell attesa di esso. Né
messianico né escatologico, il senso del tempo è
fissato, con incursioni a macchia, da un racconto svolto al
presente assoluto. Lora evoca il passato con la rammemorazione
illineare, secondo un movimento di significazione a ritroso
e a salti illuminanti; per cui capita soltanto ciò che
si sente di capire e si capisce soltanto ciò che ci capita
di sentire.
Questa simmetria realizza, a condizione però di un
estetica non dogmatica, limpalpabile spirito delle relazioni
intrecciate, per pura gratuità, dai personaggi del film.
La storia si dispiega allora tra la più lieve delle strutture
possibili e su tale leggerezza si articolano le sequenze di
un discorso tra amore e morte. La prima delle quali vede
film dentro il film una sala cinematografica dove un
uomo distoglie lo sguardo dalla scena virtuale e lo dirige su
un altro uomo che, seduto accanto a lui, piange per essa.
Scena muta è quella che commuove, da una parte come dallaltra.
La scena proiettata da due sonnamboliche danzatrici, in una
stanza ingombrata da sedie, vede un accorto scenografo, affannarsi
servizievole a toglierle affinché la regia
della danza si svolga liberamente. Nulla potendo però
all infrangersi del trasognato movimento sul limite fisico
delle insormontabili pareti.
La scena rifratta rifrange, a sua volta, un pubblico inscenato
sullo scarto tra simbolico e reale. Essa restituisce allimmaginario
la verità del visibile: si vede ciò da cui si
è guardati. Lo spettacolo dentro lo spettacolo coinvolge
il pubblico spettatore esterno, senza ingabbiarlo con linvadente
monotonia di un riflesso narcisistico. Linterpretante
è anche linterpretato da ciò che interpreta
e linterpretazione finisce in una comica farsa.
Lallegoria del cinema sembra dire Almodovar
è la non metafora della vita.
Parla con lei dice altro. A cominciare dal titolo che
non è unetichetta a sintesi conclusiva di una dimostrazione,
bensì un pezzo di intercalato frastico, espresso da Benigno,
quale benevolo invito a dar voce allamore indicibile e
fisicamente interdetto.
Benigno daltronde è colpito da Alicia prima ancora
di esserne linfermiere, amante amorevole, durante il suo
coma profondo.
Marco, il duro che piange, vive unanaloga
per quanto differente situazione con la donna torera, anche
lei caduta in coma, a seguito e per la sfida fallica con la
forza mortale della corrida. Ma Marco è incapace a toccare
con mano e con parole il corpo dellamata. Lo sorveglia
ma non lo anima, giacché le cure materiali al corpo lo
mantengono in vita, ma le parole damore, che a lui mancano,
lo resuscitano. Così si spiega la misura vivente di un
corpo fisico che immediatamente è corpo spirituale.
La trama della relazione materna e lordine di quella paterna
si intrecciano senza omologarsi. In una matassa di storia dove
luno e laltra fanno della loro mancanza leccedenza
che muove il desiderio, il mistero della vita e della morte
appare piuttosto la narrazione della magia.
Sorto da una visione evocata da un cinema muto, tanto simile
al sogno di un uomo piccolo piccolo abbandonato si all
enormità di una vagina di cartapesta, il desiderio di
Benigno fa del mostro allegorico lironia scherzosa della
verità: un atto di verità sessuale che si compie
inevidente, e che in tutta evidenza nasconde il suo fragile
potere violatore, stùpido e stupìto.
Vicino alla relazione materna più di quanto lo psichiatra,
padre di Alicia, sia disposto a considerare normale, ancora
Benigno fa del suo meno leccellenza del suo essere: distratto
dispensi ere di un crimine vivificante laddove lobbedienza,
necessaria alla costrizione damore, lo libera senza
colpa e senza peccato in un incanto ebete e stupefacente.
La scena del presunto stupro Alicia in coma
è invisibile; mentre quella del toro agonizzante
iterata per ben cinque volte nelle prove sceniche al
prezzo di cinque vere morti di tori vivi è presente
in tutta la sua indelebile cruenza.
Stupro necrofilo per i sospetti del normalizzatore giudizio
penale, giudizio sospeso per la mancanza di prove a carico sconfessano
il peccato di un atto damore con gesti di cura amorevole.
Certo, amore sesso e morte trovano misura soltanto nel cuore
puro. Ma quando, mio Dio, il cuore può dirsi puro?
Mi sovviene allora, con la domanda che Clarice Lispector annota
perplessa nel suo diario di scrittrice, anche la sua risposta:
A volte nellamore illecito è contenuto tutto
lamore di anima e corpo.*
Dunque, Parla con lei assolve non tanto e soltanto un
imperativo in forma di consiglio; né è un abito
consolatorio per chi non trova risposta nel cuore dell
altra.
«Parla con lei» suona unesclamazione piuttosto,
in virtù di un soggetto inespresso o sottinteso privo,
in entrambi i casi, di una forte identità
soggettiva. Il mostruoso infatti turba le rassicuranti certezze
dellopinione dominante e risveglia al contempo lincanto
di vedere: lui che parla con lei. Senza cancellarla.
La parola vivifica e la lettera uccide, si legge nel Vangelo.
Nella penultima scena Benigno si lascia andare con uno scritto.
La sua lettera commuove Marco fino al pianto disperato in quel
corpo rude che è.
Rende infine continuo il gioco del desiderio rilanciato con
il sottotitolo Alicia e Marco.
Su cui si arresta limmagine.
Monica
Giorgi
Note:
*Clarice Lispector, La scoperta del mondo, La tartaruga,
Milano 2001. La citazione è presa alla data 5 aprile
1969, pag. 176.
Il vento dalla
Liguria
Ecco un nuovo racconto appena pubblicato dal giovane scrittore
ligure Marco Sommariva: si tratta di Fischia il vento
(Caroggio Editore, Genova 2002, prezzo 8,00 euro).
Con questa nuova uscita Marco non solo conferma tutte le promesse
fatte con i suoi lavori precedenti (comunque puntualmente mantenute),
ma dimostra che le belle cose che si sono dette in giro e scritte
a suo proposito non erano esagerazioni di giornalisti recensori
irretiti da un qualche ufficio stampa intenzionato a spingerlo
nel mondo delleditoria. Erano complimenti del tutto meritati:
il ragazzo, insomma, gioca bene e ha talento.
Il suo primo lavoro Il cristallo di quarzo (pubblicato
nellottobre 1999 dalle edizioni Sicilia Punto L, ed allora
segnalato su queste pagine da Marco Casamonti), era un misto
curioso di noir e spy story costruito attorno ad una soluzione
immaginaria ed al tempo stesso assai verosimile dei fatti di
Ustica del giugno 1980, a tuttoggi non ancora risolti
ufficialmente dai nostri organi governativi.
Lo stile in questo scritto desordio è veloce, il
ritmo della scrittura paragonabile al respiro urgente del rock.
Il cristallo di quarzo è un racconto gonfio di
suoni (CSI, telefonate, treni, televisori, autobus, Pink Floyd,
altoparlanti, Radiohead, clacson, etc.), non una colonna sonora
tradizionale, badate: sembra proprio che sia il racconto a fare
rumore.
Trovo che Marco, sin dallinizio, abbia mostrato una certa
abilità nel caratterizzare i personaggi dei suoi racconti
con tratti essenziali e precisi: le parole sono studiate una
ad una nel colore e nel peso, lautore ci dà per
indicazione pochi elementi e lascia fare il grosso del lavoro
alla fantasia di chi legge. Non è avarizia, questa, ma
un grande regalo che ci viene fatto.
Bene, questo primo passo editoriale sembra gli abbia portato
fortuna: lo scorso anno labbiamo ritrovato vincitore del
web-concorso La staffetta degli scrittori promosso
dalla libreria online bol.com, poi sè letta la
sua storia damore e danarchia Ho ucciso Capossela
(Edizioni Cr.Es.Pi., Genova 2001, prezzo 1,55 euro).
Marco in questo lavoro sperimenta, si spinge un po più
avanti senza accontentarsi delle etichettature semplici (
assomiglia
quasi a Pino Cacucci, sè spesso letto e detto).
È questa una storia assai strana, anzi una non-storia,
tutta fatta di frasi corte appiccicate tra loro e tenute assieme
come per un miracolo cinematografico (oppure per bravura, dipende
dai punti di vista). Parole tenute assieme con una colla fatta
dimmaginazione che stridono e fanno scintille, cibo buono
per limmaginazione.
Un po sullo stile di Ho ucciso Capossela è
Non ci lasceremo mai, il cut-up che Marco ha scritto
per la raccolta Mille papaveri rossi, un cd di prossima
pubblicazione che raccoglie alcune canzoni di Fabrizio De André
interpretate da musicisti estranei e/o marginali rispetto alla
scena musicale discografica. Beh, insomma: io lho letto.
Voi per favore abbiate ancora un po di pazienza
Veniamo finalmente al nuovo libro. In Fischia il vento
Marco sè messo a fare tuttaltra cosa rispetto
al passato. Il genere stavolta è storico contemporaneo:
queste pagine raccontano di un gruppo di partigiani impegnati
in unazione di guerriglia nella zona dellentroterra
genovese, e della rappresaglia terribile che ne seguì.
Disgraziatamente, questa è una storia vera. Anzi, sono
tanti pezzi di storie tutte vere, anche quelle inventate. Cicatrici
della memoria, così le chiama Marco, che ha iniziato
a lavorare a questo progetto raccogliendo i racconti dei suoi
genitori: storie di miseria, lotta, fame, rabbia, impotenza,
così le chiama.
In questo libro cè anche un poco delle storie che
i miei genitori raccontavano a me quandero piccolo: non
riuscivo a capire che cosa poteva significare vivere in
tempo de guera, ma dagli occhi grandi di mia madre che
si velavano improvvisamente e dal nervosismo delle parole spezzate
di mio nonno capivo che era una cosa brutta che cera stata
e che bisognava impedirne il ritorno.
Anche questo libro, al pari delle altre cose scritte da Marco,
ha un suono proprio: un rumore assordante.
Fischia il vento è, senza mezzi termini, un pugno
forte sullo stomaco. Gronda (letteralmente) sangue, passione,
morte, rabbia, violenza. Eppure, conficcate in mezzo alle parole,
troviamo schegge di speranza che nonostante una distanza lunga
sessantanni che ci separa dalla Resistenza sono così
taglienti da far male. Taglienti e assordanti, più del
silenzio pesante con cui si vuol seppellire la storia recente
del nostro paese. Ordigni del cuore che scoppiano a distanza
di una vita, di molte vite anzi, liberando oggi intatto e terribile
il fragore osceno delle granate e degli spari che rimbombava
nella testa di chi allora, a neanche ventanni, non sera
rassegnato e aveva trovato il coraggio oppure la disperazione
di scappare di casa e fuggire in montagna.
La storia non è inchiodata al 1945 ma ha una coda lunga
fino ad oggi: ancora, un misto di passione e speranza
che
non vi racconterò.
Marco Pandin
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