È finita la guerra fredda: così
i media hanno commentato lingresso della Russia nella
Nato. Certamente con questo ennesimo atto si compie in modo
definitivo una svolta nella situazione politica mondiale che
peraltro non fa che confermare una evoluzione già ampiamente
realizzata. La divisione che ha caratterizzato il secolo scorso
tra comunismo e capitalismo si è risolta in una uniformità
desolante che ha permeato i futuri equilibri internazionali.
Ancora una volta i vecchi schemi interpretativi dimostrano tutta
la loro caducità e non possono essere più utilizzati
per spiegare e rivelare le forme vere del dominio e delloppressione.
Tutto questo viene salutato da diverse parti, a destra e a sinistra,
come un fatto sostanzialmente positivo e qualcuno arriva persino
a ipotizzare futuri radiosi per il nostro pianeta.
A me non pare proprio che il futuro che ci aspetta sia proprio
così roseo (non mi dilungo qui sulle tragiche situazioni
che possono verificarsi per esempio dal punto di vista ambientale,
ecc. ecc.). Lunificazione dentro leconomia capitalista
dei paesi sviluppati si è compiuta grazie allemergere
di poteri sovranazionali che determinano in modo inequivocabile
la situazione attuale e ipotecano quella futura. E anche quando
i singoli Stati hanno introdotto forme di decentramento e di
delega a poteri locali di funzioni tradizionalmente proprie
di poteri centralizzati, hanno riprodotto in scala minore modelli
e immaginari gerarchici e autoritari.
Detto tutto ciò vale la pena di osservare e commentare
con più attenzione quanto avviene nel mondo rispetto
a costi e benefici di tutto ciò. Naturalmente facendo
questo non si può che assumere un punto di vista particolare
che per quanto mi riguarda non può che essere quello
dellalternativa al dominio e del livello di libertà
degli esseri umani.
Questo trionfo del capitalismo ha come conseguenza preponderante
tutto ciò che di negativo porta con sé il processo
di globalizzazione che non ha significato, che in minima parte,
una apertura e un confronto fra popoli diversi.
Ma se questa uniformità, non ancora completamente compiuta,
rappresenta, agli occhi di molti, un tangibile progresso dellumanità,
non può occultare, peraltro, neanche ai più ottimisti,
i guasti e i pericoli che porta con sé in termini di
disuguaglianze e di distribuzione della ricchezza, di opportunità
di vita e di salute umana e ambientale. Così come credo
che non si possa più pensare in termini assoluti allideologia
dello sviluppo propria della cultura borghese, né, tantomeno,
considerare le risorse del pianeta come illimitate.
Al di là di ogni catastrofismo e di ogni forma di improponibile
primitivismo, credo ragionevole dunque riflettere su alcune
questioni che possono specificare lazione libertaria oggi.
Innanzitutto mi pare essenziale specificare che la cultura dello
sviluppo, che nellimmaginario sociale dominante, è
cultura dello sviluppo economico, non può essere svincolata
da un progresso pari, ma forse anche superiore, di un ampliamento
delle sfere e degli ambiti concreti della libertà e delluguaglianza,
non solo tra le popolazioni delloccidente e del nord del
mondo, ma dellintera umanità.
Inoltre mi pare altrettanto evidente affermare che lo stesso
concetto di sviluppo dominante vada rifiutato, anche per ragioni
più propriamente etiche, nel senso che questo mutamento
positivo non può compiersi se le premesse ideali e morali
che lo sostengono non sono mutate.
La scelta che si pone di fronte ad ogni individuo prima, poi
ad ogni popolo, riguarda la volontà prima e la capacità
poi di ognuno di sovvertire limmaginario individuale e
sociale dominante a favore di altri valori e altre opzioni etiche.
Senza questo passaggio non vi può essere rottura rivoluzionaria
ma solo ed unicamente adattamento progressivo e adeguamento
costante.
La contaminazione necessaria
Ma la nuova geografia del dominio internazionale non si sostanzia
esclusivamente in nuove forme sovranazionali del potere stesso
ma anche nei modi e nei tempi attraverso i quali queste forme
di dominio si perpetuano e si riproducono fin dalla nascita
di ogni essere umano compiendo così unopera totale
di trasformazione e di oppressione di ogni individuo e di ogni
gruppo di uomini e donne. Si compie così la trasposizione
di una cultura del potere dallistituzione al singolo soggetto
che a sua volta, con un circolo vizioso, la riproduce e la trasforma
in altra istituzione.
Ecco perché ogni possibile cambiamento non può
prescindere da una mutazione individuale e sociale dellimmaginario
poiché ciò che ognuno di noi, individualmente
o collettivamente si rappresenta, diviene nei fatti la sua realtà.
Tutta la cultura occidentale da Hegel in poi, tranne ovviamente
gran parte di quella libertaria e anarchica, sta li a ribadire
che razionalità e realtà coincidono e che pertanto
ogni tentativo di uscita da questa soffocante e totalitaria
verità non è che utopia.
Attenzione però che questa tragica cultura non è
propria solo delloccidente capitalista ma sostiene anche,
seppure in forme diverse e filtrata da altre culture e altre
religioni, ideologie e forme di dominio che caratterizzano paesi
e popoli diversi da quelli occidentali. Questa convinzione ci
dovrebbe consentire di non sostenere, perché contrapposte
a quella nostra, culture e/o ragioni che di fatto riproducono
forme diverse, spesso di gran lunga più brutali e peggiori,
di dominio e di repressione. Non credo sia utile contrapporre
ad una civiltà, che consideriamo giustamente nei suoi
tratti negativi, altri modelli che hanno solo il presunto merito
di opporsi a questa nostra società e che rivelano però
forme ancor più brutali di oppressione e di violenza.
La grande risorsa dellanarchismo, rispetto a tutte le
altre forme di pensiero politico e sociale, sta proprio nel
fatto che esso contempla sempre come possibili terze, quarte,
quinte, ecc. vie e non si fa schiacciare dentro la logica del
dualismo storico. Esistono insomma le sfumature e diversi colori
possibili oltre al bianco e al nero, perlomeno finché
la fantasia e la libertà degli esseri umani non verrà
(mai) definitivamente compromessa. Questa opzione di possibilità
plurali è un tratto caratteristico di unidea aperta
di società attorno alla quale costruire le speranze e
adeguare coerentemente le proprie lotte.
È lidea della necessità per gli esseri umani,
e di conseguenza del pensiero anarchico, di meticizzarsi
e di mescolarsi con altre culture e istanze che possano nutrire
la tensione libertaria verso espressioni più ampie di
libertà e uguaglianza.
Anche per questo processo è necessaria una rottura radicale
con limmaginario dominante senza peraltro scadere in vacui
terzo-mondismi, sindromi da colpe o pietismo cattolicheggiante.
Questa consapevolezza, rispetto alla necessità che lanarchismo
ha di lasciarsi contaminare da aspetti, forme, tensioni, segni,
linguaggi di altre culture, è uno dei punti di forza
del nostro pensiero, anzi ne costituisce la necessaria linfa
vitale che implementa le radici classiche della negatività
(rifiuto del dominio) e della positività (costruzione
di rapporti egualitari e libertari) dellutopia anarchica.
Come giustamente e acutamente ha sostenuto Colin Ward, possiamo
stare tranquilli e sereni che un giorno quello che noi chiamiamo
anarchismo, ad altre latitudini e in altri contesti, riaffiorerà
magari con altri nomi e simboli, ma garantirà la necessaria
e indelebile tensione dellessere umano ad una sempre più
completa e ampia libertà.
Francesco Codello
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