Rivista Anarchica Online


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Scritta di getto

Questa è una lettera scritta di getto, immediatamente, dopo aver letto alcuni dei vostri articoli, questa è una lettera di una quasi diciottenne che non può fare a meno di sorridere di gioia sapendo che, in una società dove chi sbaglia paga perdendo la propria dignità umana, c’è una redazione che invia gratuitamente copie di una rivista a qualunque detenuto ne faccia richiesta...
Chi conserva il coraggio di portare avanti ideali comunitari, libertari, egualitari deve sapere di avere il mio completo appoggio... So cosa si prova a non riconoscersi quotidianamente in ciò che ci accade intorno...Grazie a tutti voi.

Alice

 

Ma anarchia non fa rima con...?

Salve
colgo l’occasione della presenza di un articolo di Vittorio Giacopini su A n° 284 per esporre brevemente alcune mie riflessioni sul rapporto tra anarchici e “movimento”. Avevo già avuto modo di conoscere il particolare stile di Giacopini, leggendo “no-global tra rivolta e retorica” edito da Elèuthera nel febbraio 2002.
Mi aveva molto colpito il tono un po’ aggressivo e sarcastico, ad essere sinceri quasi irritante, usato da Giacopini. Ma viste le ottime intuizioni nell’analisi del “movimento” lo avevo recensito per la rivista Carta consigliandolo a molti compagni. Il punto è questo: dopo circa un anno Giacopini ripete le stesse cose con lo stesso tono.
Non conosco personalmente la persona in questione, né tantomeno le sue simpatie politiche (posso intuirle o supporle, niente di più) ma se questo è un punto di vista anarchico a me non piace.
Innanzitutto il titolo dell’articolo: “una voce una visione”. Un anarchico (uso questa definizione per comodità vista la rivista in cui l’articolo è ospitato, lungi da me stabilire chi debba essere anarchico e chi no) che rimprovera un movimento per la mancanza di omogeneità di vedute!
Ma anarchia tra l’altro non significa libertà di pensiero, “antiuniformismo” e rispetto dell’altro (tantopiù se contesta il sistema)? Paradossalmente trovo delle somiglianze con ciò che viene detto nel molto bell’articolo “presto saranno trent’anni” ospitato sullo stesso numero di A. Precisamente a p. 56 dove si mette in luce la distinzione, diciamo pure i contrasti, tra movimento anarchico e organizzazioni anarchiche. Mutatis mutandis mi sembra che la comparazione tra i due articolo calzi.
Torniamo a Giacopini.
Evidentemente all’autore i social forum non piacciono, liberissimo, nemmeno io sono così ingenuo da non vedere le pecche, e grosse, al loro interno. Ma o una cosa non piace punto, e allora non vedo perché continuare a tornarci sopra, o una cosa non piace com’è, e allora non vedo perché non tentare di cambiarla dall’interno.
Non vorrei che si cadesse nell’autocelebrare sé stessi criticando gli altri. Il discorso del duri e puri è totalmente sterile, almeno secondo me, e quello del piccolo e bello lo ritengo semplicemente inutile, il mondo fa schifo e io mi coltivo l’orticello...
A mio avviso oggi c’è dannatamente bisogno del pensiero libertario, ma la cosa importantissima è che oggi vedo le condizioni per la sua diffusione (non affermazione!).
Fondamentale è il recupero di orizzontalità, sia contro derive autoritarie, sia soprattutto come modo di lotta. Infatti per le mutate condizioni strutturali del “sistema” (non trovo altro termine) una lotta su un singolo punto, qualunque esso sia, si infrange contro un muro di gomma, complice il monopolio mediatico.
A mio modestissimo parere, oggi bisogna mostrare l’interconnessione dei problemi creati dal sistema, facendo impazzire i suoi strumenti di difesa. una sorta di netstrike non virtuale. per fare questo serve una interconnessione delle lotte e dei saperi, c’est à dire ciò che di più lontano c’è dal concetto di una voce una visione.
Come Giacopini giustamente mostra nel suo libro, questo processo si era in parte verificato alla vigilia di Genova 2001. Che poi ci sia stata una sorta di riflusso, comprensibile visti i fatti, non mi sembra motivo sufficiente per non riannodare le fila. Sapendo che si incontreranno delle difficoltà, come sempre su A n° 284 mostra l’articolo “caro social forum, addio”. Ma se gli anarchici diventano arrendevoli...
Altro elemento che il pensiero libertario deve far risaltare è il concetto di fuga dal potere, estendere il “non in mio nome” dalla guerra a tutti gli altri aspetti della vita, una sorta di T.A.Z. gigante autosufficiente in cui la temporaneità sia difesa dall’autoritarismo (progetti a lungo termine, dittatura dei fini, ecc.) e fonte di soluzioni creative ai problemi quotidiani. A questo proposito lo studio della realtà argentina attuale è di primaria importanza. Tantopiù che se l’Europa si “argentinizzasse” (non lo escludo a priori), l’Italia sarebbe in prima linea (non ditelo a Berlusconi, se no poi fa confusione e bombarda Buenos Aires).
Per questo ritengo che il pensiero libertario debba fluire in tutti i movimenti d’opposizione, prima che sia troppo tardi.

Pietro Acquistapace
(Milano)

 

 

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