Debbo confessarvi che, complice
il gran caldo di cui abbiamo patito tutti, questa estate ho
finito col poltrire, nel senso che ho messo da parte la pila
di documenti e di saggi che avrei dovuto consultare nel periodo
feriale, e mi sono dedicato alla narrativa contemporanea, da
tempo emarginata nei miei interessi e adesso riscoperta, senza,
per la verità, ricavarne gran giovamento.
Soltanto alla fine di agosto, ho ripreso in mano la collezione
di A, per rivisitare i miei contributi sullintera vicenda
irachena e fare un bilancio delle previsioni che avevo azzeccato
e di quelle che avevo «bucate». Una ricognizione,
se volete, oltre che narcisistica in una certa misura, un po
cinica, perché alle previsioni azzeccate, prevalenti
sulle altre, nella concreta realtà dei fatti, corrispondevano,
sul campo, migliaia di vittime, desolazione e ulteriore miseria
per un popolo già ampiamente provato dalla cinica politica
di un Occidente miope ed egoista e da dittature locali particolarmente
feroci.
A mia difesa, però, debbo rilevare che, sin dallinizio
di questa indagine retrospettiva, cera lesigenza
di appurare se, a regolare le cose del mondo, della politica
e anche, perché no, delletica contemporanee, ci
fosse ancora una logica riconoscibile. Non discuto quale: solo
una visione del mondo e del suo futuro credibile e coerente
con le posizioni ideologiche e culturali dei diversi protagonisti
degli attuali conflitti che affliggono il pianeta.
Rassicuratevi: non ho alcuna intenzione di passare in rassegna
e di analizzare gli aspetti salienti di una contemporaneità
assai complessa, impresa assai al di sopra delle mie modeste
qualità di analista politico e, per di più, spropositata
per un articolo di poche cartelle.
Molto più modestamente intendo solo avanzare delle perplessità
di puro buon senso su quello che accade, in particolare sullavventura
angloamericana in Iraq.
Esiti di un conflitto duraturo
Dunque, il contesto che fa da sfondo alla vicenda era abbastanza
chiaro: nellarea persistevano gli esiti di un conflitto,
quello israeliano-palestinese, che durava ormai, con alterne
vicende, con frenate ed improvvise accelerazioni, da circa sessantanni.
Si era in una fase in cui tutti i tentativi di una soluzione,
anche transitoria, erano falliti. È bene sottolineare
che lintero mondo arabo non era indifferente allevolversi
delle situazioni e, sia pure con sfumature diverse, unanimemente
riteneva legittima la pretesa palestinese di avere uno stato
autonomo, con confini certi, che, in qualche modo, riuscisse
ad arginare lespansionismo israeliano sostenuto dallattuale
amministrazione americana e dalle tante altre che lhanno
preceduta, tutte condizionate da una robusta, ricca e influente
comunità ebraica che, nelle elezioni presidenziali, ha
un ruolo rilevante. Un mondo arabo, per suo conto in lenta evoluzione,
ancora combattuto tra le istanze di modernizzazione e le rigidità
di un integralismo religioso che, alla vigilia del fatidico
11 settembre, sembrava lentamente arretrare. Il crollo delle
due torri rimise tutto in discussione e costituisce la causa
prossima dellaccelerazione di quel disegno imperialistico
che era già pianificato da tempo dai falchi dellamministrazione
Bush. Inizia lavventura in Afghanistan. Migliaia di bombe
tra intelligenti e deficienti spianano il territorio afgano,
abbattendo, è vero, il regime dei talebani, ma scatenando
conflitti etnico-religiosi che, di fatto, hanno reso ingovernabile
il paese. Le forze multinazionali che presidiano il territorio
assistono impotenti al caos di un governo locale dilaniato dai
contrasti e incapace di esercitare un sia pur minimo controllo
del territorio. Di Bin Laden e degli strateghi del terrore,
che erano i principali obiettivi della guerra, neppure lombra.
Non si sa dove stiano ma sembra siano assai attivi in tutti
gli scenari in cui più alta è la tensione antiamericana
e antioccidentale.
Lesito infelice di questa guerra e le reazioni di tutta
larea mediorientale alle iniziative di Bush e dei suoi
alleati avrebbero dovuto indurre il governo americano quanto
meno ad unattenta valutazione delle conseguenze che un
ulteriore intervento armato nellarea avrebbe provocato,
tanto più che la ventilata spedizione in Iraq aveva provocato
unimponente mobilitazione dellopinione pubblica
mondiale contraria alla guerra e vani erano risultati tutti
i tentativi di Bush, Blair e Aznar di coinvolgere le Nazioni
Unite nella dissennata operazione.
Comprendiamo che la sindrome della frontiera possa aver giocato
nel texano Bush un ruolo non indifferente, ma le ragioni della
«pistola facile» dovrebbero pur essere mediate,
in un uomo politico, per quanto limitato, dal senso dellopportunità,
se non da quelle dellopportunismo. Benedetto cristiano,
hai appena scatenato un putiferio in Afghanistan, dove hai subito
perdite ingenti in uomini e denaro, senza ottenere altro risultato
se non quello di rendere ancora più ingovernabile la
regione, facendoti per di più scappare sotto il naso
il nemico numero uno a ragione del quale avevi dichiarato guerra
a oltranza, ebbene, fermati un attimo a riflettere, cerca di
risolvere i problemi che hai creato, in modo che amici e nemici
possano ritenerti credibile, e poi, soltanto poi, se proprio
lo vuoi, compi lulteriore passo verso quella che tu chiami
la normalizzazione del Medio Oriente e altri la tua vocazione
imperialistica!
Falchi e lobby
E invece no, spinto dai falchi capitanati da Rumsfeld e dalle
lobby degli armamenti, ti inventi il pericolo imminente dello
scatenamento di una guerra con armi di distruzione di massa
ad opera del regime di Saddam Hussein e giù a capofitto
ti impantani in Iraq,
Ditemi voi se tutto questo ha un senso! Eppure infinite erano
state le esortazioni alla pazienza: cerano gli ispettori
dellONU che avevano avuto accesso persino nei luoghi di
decenza dei palazzi del regime e che non avevano trovato nulla;
cerano le perplessità dei tradizionali alleati;
cera il pericolo concreto che ti crollassero sulle spalle
quelle strutture internazionali in virtù delle quali
avevi potuto attuare le politiche di potenza e di sopraffazione
nei riguardi di due terzi del mondo (Banca Mondiale, WTO, G8
e le stesse Nazioni Unite); cera infine la voragine del
tuo debito pubblico e leconomia in fibrillazione in tutto
lOccidente; ma tu niente: abbassi la tesa del tuo cappello,
sfoderi la pistola e spari.
Vinci la battaglia e perdi la guerra. Il primo maggio del 2003
dichiari che il conflitto è concluso ma nessuno se ne
accorge. I tuoi uomini continuano a morire e quelli ancora in
vita non ce la fanno più. Sei in grossa difficoltà
per gli avvicendamenti: non hai in patria soldati a sufficienza
per alternarli a quelli che devi far rientrare. Si sono già
volatilizzati quattrocento miliardi di dollari (li scrivo a
lettere perché non saprei rappresentarveli in cifre)
e la quotidianità ti costa quattro miliardi di dollari
al mese (e parliamo soltanto delle tue spese, non consideriamo
quelle dei tuoi alleati sul campo). Speravi nella vendita del
petrolio iracheno, ma le riserve sono finite da un pezzo e per
riattivare i pozzi gli esperti dicono che occorrono almeno cinque
anni di alacri lavori per rammodernarne le strutture.
Quanto alle armi di distruzione di massa, neppure lombra;
e qui gioca anche la tua ottusa arroganza, perché non
cè uomo sulla terra di naturale buon senso che
non si sia chiesto: tu America che hai depositi pieni di gas
nervino (per citarne uno a caso) come non ti è venuto
in mente (e dire che ti era stato suggerito da quel campione
di moralità che è Giuliano Ferrara) di prelevarne
qualche centinaio di fusti e, col favore della notte, seppellirli
a qualche chilometro da Bassora o da Baghdad per farli ritrovare
lindomani da qualche passante inconsapevole? Rischi zero:
gli ispettori te li sei già liquidati, il popolo lo si
può tenere lontano con qualche razione K recuperata dal
primo conflitto mondiale. Quanto agli uomini impiegati alla
bisogna, sappiamo che la CIA è adusa a ben altre imprese:
certo i sospetti nascerebbero, ma ci sarebbero sempre i Giuliano
Ferrara, i Maurizio Belpietro, i Vittorio Feltri e il glabro
ventriloquo portavoce di Forza Italia che dalle pagine dei loro
giornali e dalle interviste amplificate dai telegiornali, griderebbero
raggianti: ve lo avevamo detto che cerano!
Nella realtà, il povero Blair ci sta rimettendo la carriera
politica e Bush non mi pare sia messo bene per le prossime elezioni.
Dagli amici con la calibro ventidue
Ditemi voi se cè una logica nella conduzione di
queste imprese. Se, soprattutto, vi è riconoscibile un
disegno politico che si possa ricondurre a delle menti non gravemente
disturbate. Anche se è vero bisogna aggiornare
il metro con cui oggi occorre giudicare la sanità mentale:
a voi, per esempio, sarebbe mai venuto in mente di andare ad
un picnic nella casa di campagna di un amico con un M16 due
lanciafiamme e otto bombe a mano? Ebbene è quello che
con le debite proporzioni ha fatto il premier
russo Putin, che si è presentato a Porto Cervo in Sardegna,
nella faraonica villa dellamico Berlusconi con un incrociatore,
una nave lanciamissili e non so quante navi appoggio.
Una moda nuova, che tra laltro ha il pregio di rilanciare
leconomia: da oggi in poi, infatti, chi avrà la
faccia di presentarsi in casa di amici e parenti a mani vuote,
senza neppure una calibro ventidue o, almeno, per i meno abbienti,
con un pugnale da truppa dassalto tra i denti?
Ma, per rientrare in argomento, dopo i disastri che avete provocato,
destabilizzando buona parte del pianeta, vi sareste mai sognati
di rientrare in quel Palazzo dellONU, che appena qualche
mese fa avete tentato di demolire, per chiederne un aiuto concreto
in uomini e soldi, con la pretesa che uomini e soldi siate voi
ad amministrarli?
Ebbene, accade anche questo e non è affatto detto che
ancora una volta lONU non abbassi la testa.
Antonio Cardella
|