«Se qualcuno
mi domandasse: Ivan, che cosè che ti potrebbe
stimolare di più nel prossimo anno e mezzo?
è questo il tipo di orizzonte nel quale inquadro la mia
vita risponderei che mi piacerebbe convincere un certo
numero di persone a riflettere più su come gli strumenti
influiscano sulla nostra percezione che su ciò che possiamo
fare con essi, a indagare su come gli strumenti modellino la
nostra mente, come il loro uso modelli la nostra percezione
della realtà ben più di quanto noi si modelli
la realtà applicandoli o utilizzandoli.»
Strategie di spiazzamento
È quasi impossibile inquadrare lopera di Illich
allinterno di un preciso ambito disciplinare: dalla Nemesi
medica, a Descolarizzare la società, Lavoro-ombra,
La convivialità, Il genere e il sesso,
fino agli ultimi articoli, come Lera dello sguardo,
ogni volta sembra che, partito da un terreno familiare, Illich
svolti allimprovviso per imboccare una strada diversa.
Lui stesso sfugge a ogni tentativo di definizione: sociologo,
filosofo, antropologo, studioso di teologia?
Questa insofferenza per gli steccati, lo ha portato anche nella
sua vita a riunire gruppi di amici, provenienti da differenti
ambiti disciplinari, intorno a un progetto di ricerca e nei
suoi libri cè sempre una traccia importante di
queste esperienze di discussione, di ricerca e di condivisione.
In questo cera la sua insofferenza per le idées
reçues, ma anche lorrore per la specializzazione
che non ha mai smesso di denunciare come processo alienante.
Immergendosi nella lettura dei suoi libri e dei suoi articoli,
limpressione è quella di un salutare spaesamento,
che richiede una ri-definizione dei concetti scontati e la messa
in discussione dei tabù. A volte sembra che davvero Illich
voglia epater le bourgeois, ma lo fa prima di tutto per
sgomberare il campo dalle ovvietà, per dar vita a una
confusione creativa che porti a un modo diverso di vedere il
problema considerato.
Per far questo egli utilizza diverse strategie di spiazzamento.
Ne segnalo qui tre: a) la trasmigrazione delle idee; b) il plurilinguismo;
c) lo specchio del passato.
a) Illich ci ha offerto esempi illuminanti del potere delle
idee quando travalicano i limiti disciplinari. Propongo qui
un solo esempio, il concetto di quello di «limite».
Illich si imbatte in questo concetto nellambito della
morfologia, ossia dello studio delle forme animali e vegetali.
In particolare legge il saggio di un biologo inglese, eccentrico
e ribelle, John Haldane, Della giusta misura (1)
che mostra, attraverso argomentazioni da biologo evoluzionista,
perché una formica non può avere le dimensioni
di un elefante. Per ogni tipo di animale, così come lo
conosciamo, cè una giusta misura superata la quale
diventa inevitabile un radicale mutamento di forma. Da qui la
trasposizione prima di Haldane, poi di Illich: «Proprio
come gli animali hanno una misura giusta, anche le istituzioni
umane hanno una grandezza ottimale». Questa idea diventerà
uno dei cardini della ricerca sulla convivialità nel
senso di una critica allelefantiasi delle istituzioni
nel mondo tardocapitalistico. Non è che un esempio tra
i tanti, ma mostra come Illich considerasse produttiva questa
trasmigrazione delle idee.
b) Illich era poliglotta, parlava correntemente più di
una decina di lingue, considerava naturale lhomo plurilinguis
e una mutilazione invece ciò che noi consideriamo normale,
luomo monolingue, nato secondo lui sotto il segno degli
Stati-nazione.
Lo studio delle altre lingue permette di guardare a distanza
la storia intellettuale e i concetti espressi nella propria
lingua: solo quando ci si immerge in unaltra lingua, si
comprendono meglio i confini della propria. Illich stesso ricorda
di aver tentato una più radicale esperienza di estraniazione
nelle lingue orientali, ma di aver poi rinunciato. Studioso
del Medioevo, usava il latino che aveva appreso nella sua formazione
di sacerdote, per provare a ritradurre in quella lingua i concetti
fondamentali del nostro presente.
c) Se consideriamo come Illich guardava al proprio lavoro, notiamo
che più spesso nellultimo periodo della sua vita
si attribuiva il compito di storico, uno storico però
del tutto particolare.»Io studio la storia come un negromante
rievoca il morto» (2), diceva.
A volte parla di una storia degli spazi mentali, delle topologie
mentali, si potrebbe anche dire delle mentalità, riprendendo
il termine di una delle scuole storiografiche più innovative
del XX secolo (3). Questo è per
lui un elemento di metodo fondamentale che potrebbe ben diventare
lo slogan per lo studio della storia: «Non ho scritto
questo volume per portare un contributo specialistico, ma per
offrire una guida verso un punto di osservazione nel passato
che mi ha schiuso nuove vedute sul presente» (4).
Illich sceglie uno spiazzamento temporale come punto di vista
sul presente, cosicché i suoi libri che sembrano libri
di uno storico, mentre ci parlano del presente che stiamo vivendo:
«ho voluto suggerire che solo nello specchio del passato
risulta possibile riconoscere la radicale alterità della
topologia mentale del XX secolo e divenire consapevoli dei suoi
assiomi generativi, che normalmente rimangono oltre lorizzonte
di attenzione dei contemporanei» (5).
Illich usava questa strategia di spiazzamento fin dai libri
più famosi, uno tra tutti Descolarizzare la società
di cui parla in queste pagine Pietro Toesca.
Negli ultimi libri e articoli sembra di cogliere ancor più
fortemente la volontà di distaccarsi dal tempo presente
per guardarlo con altri occhi.
Un commentario
Nella vigna del testo, uno degli ultimi libri di Illich,
è un commentario (6) al Didascalicon
di Ugo di San Vittore, un testo dellXII secolo, ma è
anche, come recita il sottotitolo, «per unetologia
della lettura» (da ethos, in greco «costume,
abitudine»), unindagine sulle abitudini e sulle
modalità di lettura. È un altro esempio di quelle
strategie di spiazzamento di cui parlavamo prima: trasferirsi
nel Medioevo e più precisamente a Parigi nel XII secolo
per guardare da quella distanza ciò che sta accadendo
nel presente.
Questo libro, dice Illich, commemora gli albori della lettura
scolastica e lo fa in unepoca in cui è visibile
il tramonto del libro, o meglio il tramonto del modo «scolastico»
di leggere. Secondo George Steiner la bookishness (la
cultura del libro) nasce dallintreccio di una tecnica,
linvenzione della stampa, da una certa ideologia, quella
della borghesia in ascesa, da una certa mentalità.
«Dipende dalla possibilità di possedere libri,
leggerli in silenzio, e discuterli a piacimento in casse di
risonanza quali caffè, periodici, università.
Questo tipo di rapporto è lideale delle scuole.
Paradossalmente, tuttavia, più lobbligo scolastico
si è esteso alla maggioranza delle persone, più
si è ridotta la percentuale di bookish people
nel senso di Steiner» (7).
Il libro ha smesso di essere una metafora fondamentale per leggere
il nostro tempo; lo è stato a lungo fin dal Medioevo,
attraverso letà moderna (si pensi al «libro
della natura» galileiano), forse fino alla metà
del secolo XX, ma oggi non lo è più. Non si tratta
di un piagnisteo sullesiguità del numero di lettori,
sulla vittoria della TV sul libro. Per Illich è una semplice
constatazione:
«Limmagine con relativa didascalia, il fumetto,
la tabella, il riquadro, il grafico, la foto, gli schermi e
lintegrazione con gli altri media esigono dallutente
un genere di abitudini del tutto opposte a quelle coltivare
nei modi di lettura scolastici» (8).
Il mutamento in corso è «la dissoluzione della
tecnica alfabetica nel miasma della comunicazione». Per
molti il libro è diventato solo una metafora della comunicazione,
termine che Illich aborriva.
Ecco dunque che mentre si sta chiudendo unera, Illich
vuol mostrarci da lontano quali ne erano le caratteristiche
essenziali.
Lo fa, come sempre utilizzando come chiave di lettura le tecnologie
e spiega chiaramente che questopera rientra nella sua
più generale ricerca «sullinterazione simbolica
tra tecnologia e cultura, o, più precisamente, tra la
tradizione e la finalità, i materiali, gli strumenti
e le norme per il loro uso» (9).
Più precisamente Illich indaga le trasformazioni tecniche
che nel 1150, cioè trecento anni prima di Gutenberg,
permisero lemergere di quella che si può chiamare
lettura scolastica del testo.
E qui lanalisi si fa minuziosa e affascinante, il dialogo
con il testo di Ugo da San Vittore ci apre un mondo davvero
inaspettato. Per i monaci la lettura non era una qualunque attività;
Ugo scrisse per loro il libro, per insegnare come leggere e
gli diede come sottotitolo de studio legendi, dove «studio»
non va inteso solo nel senso che gli diamo noi: studio significa
«affetto, amicizia, desiderio, occupazione».
Non si leggono libri per accumulare conoscenze, per diventare
eruditi e poi magari trattare gli altri dallalto in basso.
La lettura è per Ugo una medicina (remedium),
qualcosa che ci risolleva dalloscurità dellignoranza
e del peccato e che ci illumina. Il libro e la lettura illuminano
luomo, ma non nel senso del rischiaramento illuministico:
lio diviene ardente, raggiante, quando è illuminato
dalla lettura. Bisogna ricordare che i manoscritti medievali
erano miniati e che le miniature non erano come le nostre illustrazioni,
supporto al testo, ma che servivano proprio a illuminare il
lettore quasi letteralmente; creavano sinestesie, suggerivano
scenari per la storia sacra che viene raccontata, aiutavano
il lettore ad orientarsi.
La lettura non è unoccupazione per passare il tempo,
ma un modo di vivere che li accompagna per tutta la giornata.
Sette volte al giorno si riuniscono in chiesa a leggere e ad
ascoltare salmi e quando lavorano la recitazione collettiva
diventa borbottio sommesso.
La lettura è attività motoria, dà voce
alla pagina; i monaci ruminano, rimuginano, assaporano, suggono
il miele della Scrittura. È unattività fisica,
tanto che i medici ellenistici la prescrivevano, al pari di
una camminata, come rimedio.
Attraverso la lettura il verbo si fa carne, la parola diventa
«senso». Per i monaci la lettura impegna tutto il
corpo, non soltanto gli occhi come per noi. Si pensi agli hassidim
ebrei che pregano oscillando il corpo avanti e indietro; ancora
adesso nellapprendimento della Bibbia e del Corano i bambini
muovono il corpo. Illich riporta le ricerche di Marcel Jausse
sul corporage, ossia sulle tecniche psicomotorie per
incarnare una sequenza parlata. «in molti individui il
ricordo equivale allattivazione di una sequenza precisa
di comportamenti muscolari con i quali le espressioni verbali
sono correlate.» (10) Leggendo
la pagina viene incorporata.
Illich ritrova correlati allattività della lettura
(ma non solo), una ricca costellazione di termini che si riferiscono
ai diversi sensi e sostiene che «il vocabolario disponibile
per indicare odori, profumi e sentori era assai più ricco
nel vernacolo del Medioevo di quanto non sia nelle lingue europee
moderne.» (11) Segno di un profondo
impoverimento sensoriale non solo della nostra lettura, ma più
in generale della nostra cultura.
Insomma la pagina è una vigna (originariamente in latino
pagina significava «pergolato di viti»),
di cui la lettura fa vendemmia. Tutto questo sforzo del corpo
e dei sensi è certamente rivolto alla sostanza spirituale,
ma viene comunque vissuto molto intensamente dai lettori.
Allepoca di Ugo e della redazione del Didascalicon,
intorno al 1140, cè una svolta: si passa dalla
lettura monastica alla lettura scolastica. La lettura monastica,
dice Illich, creava un ambiente pubblico uditivo, mentre quella
scolastica crea uno spazio bidimensionale in cui cè
un rapporto diretto, individualistico tra lio e la pagina.
E questo avviene perché cominciano a diffondersi appunto
nuove tecniche, convenzioni materiali che mutano il rapporto
con il libro e la lettura.
Vengono introdotti titoli e sottotitoli che strutturano il testo,
sommari e indici, parole-chiave, glosse riassuntive che si distaccano
dal testo principale, virgolette per riconoscere le citazioni.
Tecniche che per noi sono del tutto ovvie, ma che allora permisero
la creazione di uno spazio della lettura astratto.
«Grazie a queste innovazioni tecniche, la consultazione
dei libri, la verifica delle citazioni, e la lettura in silenzio
sono divenute pratiche comuni e gli scriptoria hanno
cessato di essere luoghi nei quali ciascuno doveva sforzarsi
di ascoltare solo la propria voce.» (12)
È la nascita del testo, distinto dal libro e dalla lettura.
Oltre la monumentalità del testo
Tutto questo mondo che Illich ci ha aperto sembra perduto per
sempre. Da vigna, la pagina è diventata lastra e più
recentemente schermo. Spazio visivo, astratto da ogni movimento
corporeo, con il testo è nato lo spazio mentale dellalfabetizzazione.
La nuova tecnologia della lettura viene rivendicata come un
monopolio degli scribi scolastici che si definiscono istruiti
in opposizione a quelli che sono soltanto ascoltatori e si va
così costituendo una casta separata di istruiti che monopolizzerà
la funzione dellistruzione degli analfabeti. Il testo,
così vivo e vissuto anche fisicamente, diventerà
sempre più qualcosa di astratto nel quale si depositano
le conoscenze da capitalizzare, controllate dai banchieri della
conoscenza. Ogni strumento, oltrepassata una certa soglia critica,
si rivolta contro luomo, lo asservisce diviene padrone
e despota. Vale lo stesso anche per il libro.
La scuola come la conosciamo è figlia del libro, ma di
un libro monumentalizzato, diventato Testo unico di riferimento.
Neil Postman ha sostenuto in modo suggestivo (13)
che le scuole sono state strumenti per governare lecologia
dellinformazione, per ritagliare campi del sapere, per
amministrare lo snodo del sapere/potere,e per far ciò
hanno creato e diffuso una lettura.
Se è vero che stiamo entrando in quella che un linguista
ha chiamato Terza Fase (14), ossia lepoca
in cui laccesso alla conoscenza avviene prevalentemente
attraverso media che non sono i libri, è importante sapere
che cosa stiamo perdendo, ma soprattutto cosa ci è stato
sottratto dal monopolio della conoscenza costituitosi in istituzione
scolastica.
Ecco ciò che mi sembra straordinario in questo testo,
come Illich faccia emergere dalla cosiddetta epoca buia, unilluminante
sfilata di modi di leggere dimenticati dalla lettura scolastica
e in questo modo ci metta di nuovo a confronto sulla povertà
delle forme di lettura che innanzi tutto e per lo più
sono diffuse.
La lettura è unattività corporea, che coinvolge
totalmente; è una medicina, un rimedio, tanto che era
prescritta, ci dice Illich, dai medici ellenistici come attività
salubre.
È un modo di vivere, unattività morale al
servizio della realizzazione personale, un pellegrinaggio in
terre lontane
In altre parole ci sono nel mondo tanti modi di leggere che
la scuola non riesce neppure a immaginare.
È possibile che il mutamento in corso, ossia la progressiva
perdita del predominio scolastico sul sapere, induca a riscoprire
nuove (e vecchie) forme di lettura? Siamo proprio sicuri che
la lettura collettiva non abbia ancora un forte ruolo da giocare?
È possibile, ancora e infine, giocare la lettura contro
la comunicazione?
Filippo Trasatti
Note:
1.
John Haldane, Della giusta misura, tr.it. Garzanti, Milano
1978.
2. David Cayley, Conversazioni con Ivan Illich, Elèutehra,
Milano 2003, p. 181.
3. Il rapporto con le Annales andrebbe esplorato in modo
più approfondito.
4. Ivan Illich, Nella vigna del testo, Cortina, Milano
1994, 7.
5. Ibidem.
6. Un modo per considerare un commentario in modo diverso ci
viene da questa osservazione: «Il lettore noterà
che non di rado io osservo il presente come se dovessi riferirne
agli autori dei vecchi testi che cerco di interpretare»;
il riferimento qui è ai suoi amati autori del XII secolo,
in particolare a Ugo di san Vittore.
7. Ivan Illich, Mnemosyne: lo stampo della memoria, tr.
it. in Nello Specchio del passato, Red edizioni, Como
1992.
8. I.I. Nella vigna del testo, cit., p. 2.
9. Ibidem, p. 96. Limpostazione di questa ricerca
si può cogliere in modo ampio nel suo libro La convivialità,
il cui titolo originale era «tools for conviviality»,
strumenti, attrezzi per la convivialità.
10. Ibidem, p. 57; e così continua: «Ogni
cultura ha conferito la propria forma a questa complementarità
(gesto-parola) asimmetrica bilaterale, in virtù della
quale certi enunciati sono incisi a destra e a sinistra, davanti
e dietro, nel tronco e nelle membra e non solo nellocchio
e nellorecchio».
11. Ibidem, p. 173.
12. I.I., Sullisola dellalfabeto, in «Volontà»,
1/87, p. 21.
13. Neil Postman, Technopoly. La resa della cultura alla
tecnologia, Bollati Boringhieri, Torino 1993.
14. Raffaele Simone, La Terza Fase, Laterza, Roma-Bari.
Nella schematizzazione di Simone due grandi fasi hanno preceduto
quella attuale, la prima linvenzione della scrittura,
la seconda linvenzione della stampa. La Terza fase è
quella della Visione e delle Immagini.
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