personaggi
Estranea ai suoi tempi
di Emma Goldman*
Mary Wollstonecraft, “la
pioniera del moderno femminismo”.
Le
Edizioni Spartaco mandano in libreria a fine 2004
l’antologia di scritti di Mary Wollstonecraft,
Tempo di rivoluzioni. Sui diritti degli uomini
e delle donne, con un discorso di Emma Goldman,
traduzioni di Claudia Baldoli e Giannarosa Vivian,
cura e introduzione di Giannarosa Vivian.
Mary Wollstonecraft (1759-1797) fu una delle prime
femministe in Europa. Nel 1796 si legò al filosofo
radicale William Godwin, precursore dell’anarchismo;
si sposarono nel 1797; Mary morì pochi mesi
dopo, dando alla luce la loro figlia, Mary, che sarebbe
diventata famosa come autrice del romanzo Frankenstein,
dopo aver sposato il poeta Percy B. Shelley. L’antologia
presenta brani tratti da: Vindication of the Rights
of Men (1790), un pamphlet scritto sull’onda
delle polemiche suscitate dalla Rivoluzione francese
in Gran Bretagna, Vindication of the Rights of
Woman (1792), uno dei primi scritti femministi
europei, Letter Introductory to a series of Letters
on the Present Character of the French Nation
(1793), An Historical and Moral View of the Origin
and Progress of the French Revolution, and the Effect
it Has Produced in Europe (1794), questi ultimi
due tradotti per la prima volta in italiano.
La curatrice Giannarosa Vivian, maestra elementare
e studiosa di questioni attinenti all’educazione,
ha completato il volume traducendo per la prima volta
in italiano il testo di una conferenza su Mary Wollstonecraft
tenuta dalla militante anarchica e femminista Emma
Goldman (1869-1940). Il discorso, intitolato Mary
Wollstonecraft, Her Tragic Life and Her Passionate
Struggle for Freedom – la versione originale
si legge ora in Emma Goldman on Mary Wollstonecraft,
ed. with an Afterword by Alice Wexler, “Feminist
Studies”, VII (1981), n. 1, pp. 113-133 –,
era stato annunciato nel numero del novembre 1911
della rivista che la Goldman dirigeva, Mother
Earth, con lo strillo: “Mary Wollstonecraft,
The Pioneer of Modern Womanhood”. Se ne presentano
qui in anteprima ampi stralci.. |
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Come una merce
[…] Mary Wollstonecraft venne al mondo in un’epoca
in cui il suo sesso era ridotto in schiavitù: proprietà
del padre mentre viveva in famiglia, una volta sposata la
donna passava in mano del marito come una merce. Era davvero
uno strano mondo quello in cui entrò Mary il 27 aprile
del 1759, in ogni caso non molto più strano di questo
nostro attuale. Perché, nonostante il genere umano
abbia fatto dei progressi da quel memorabile momento, Mary
Wollstonecraft resta una pioniera anche rispetto alla stessa
nostra epoca.
Era una dei numerosi figli di una famiglia borghese, il cui
capofamiglia affermava il suo diritto a comandare tiranneggiando
la moglie e i figli, e scialacquando il capitale in una vita
di ozio e divertimenti. Chi poteva tener testa a lui, il creatore
dell’universo? Come per molte altre cose, dai tempi
del padre di Mary, i suoi diritti sono cambiati poco. Ben
presto la famiglia si trovò in povertà, ma come
facevano a guadagnarsi da vivere le ragazze della middle
class, se per loro tutte le strade erano chiuse? Non
c’era che una sola professione: il matrimonio.
Probabilmente la sorella di Mary l’aveva capito, e sposò
un uomo che non amava pur di sfuggire la miseria della casa
paterna. Ma Mary era fatta di un’altra pasta, di un
materiale così raffinato che non avrebbe potuto adattarsi
a un ambiente rozzo.
La sua mente vide la degradazione del proprio sesso, e il
suo spirito – sempre al calor bianco contro ogni ingiustizia
– si ribellò contro la schiavitù in cui
era tenuta metà del genere umano. Decise di fare affidamento
sulle proprie forze. L’amicizia con Fanny Blood, che
aveva fatto il primo passo verso l’emancipazione lavorando
per mantenersi, rafforzò questa determinazione. Ma
anche senza Fanny Blood, che agiva nella vita di Mary come
una grande forza spirituale, e persino senza il fattore economico,
lei era destinata dalla sua stessa natura a diventare l’iconoclasta
delle false divinità alle quali la società le
chiedeva di inchinarsi. Mary era una ribelle nata, una che
avrebbe fatto un pandemonio piuttosto che sottomettersi a
una qualsiasi regola di etichetta stabilita per lei.
Si dice che la natura usi una grande quantità di materiale
umano per creare un genio. La stessa cosa vale per una vera
ribelle, un’autentica pioniera. Lei era nata Mary, non
fu il prodotto di questo o quell’altro episodio che
le capitò. La ricchezza della sua anima, la saggezza
della sua filosofia, la profondità del suo universo
intellettuale, l’intensità della sua battaglia
per l’emancipazione umana, e soprattutto l’indomita
battaglia per la liberazione del suo sesso sono ancora oggi
talmente avanti rispetto al comune modo di pensare, che davvero
possiamo dichiararla una rara eccezione, una che la natura
ha creato soltanto una volta in un secolo. […].
Mary
Wollstonecraft
Insegnante, governante, …
Molto si è scritto e molto si è detto di questa
meravigliosa figura del diciottesimo secolo. Ma il soggetto
è troppo vasto e ancora lungi dall’essere esaurito.
Il movimento delle donne di oggi, in particolare il movimento
per il diritto al voto, può trovare nella vita e nella
battaglia di Mary Wollstonecraft molti elementi a dimostrazione
che il semplice fatto di guadagnare non è sufficiente
a liberare il proprio sesso. Non c’è dubbio che
molto è stato realizzato da quando Mary tuonava contro
la schiavitù economica e politica delle donne, ma ciò
le ha rese libere? Ha prodotto un’espansione del loro
essere? Ha portato gioia e allegria nella loro vita? La stessa
vita di Mary è la tragica riprova che i soli diritti
economici e sociali per le donne non bastano a riempire una
vita, anzi non bastano a riempire la vita interiore di nessuno,
uomo o donna che sia. Non è vero che un uomo riflessivo
e sensibile – non intendo semplicemente un maschio –
sia molto diverso da una donna riflessiva e sensibile. Anche
lui è alla ricerca della bellezza e dell’amore,
dell’armonia e dell’intelletto. Mary lo capì,
perché non si limita al proprio sesso, ma rivendica
la libertà per l’intero genere umano.
Per rendersi economicamente indipendente, Mary in un primo
tempo fece l’insegnante, poi accettò un posto
come governante dei figli viziati di una signora viziata,
ma si accorse presto di non essere adatta a fare la serva
e che doveva passare a qualcosa che le permettesse di guadagnarsi
da vivere e al tempo stesso non la degradasse.
Imparò l’amarezza e l’umiliazione della
lotta per la sopravvivenza. Non era tanto la mancanza di benessere
materiale ad amareggiare il suo animo, quanto piuttosto la
mancanza di libertà interiore che deriva dalla povertà
e dalla dipendenza, e questo le faceva gridare: “Come
è possibile che ci si definisca amici della libertà
se non si riconosce che la povertà è il maggiore
dei mali”.
Per fortuna di Mary e dei posteri, esisteva una rara specie
di tipo umano, che manca a noi del ventesimo secolo, l’audace
e generoso editore Johnson. Senza curarsi di far soldi, fu
il primo a pubblicare le opere di Blake, Thomas Paine, Godwin
e di tutti i ribelli del tempo. Vide anche le grandi capacità
di Mary, e l’assunse come correttrice di bozze, traduttrice
e collaboratrice alla sua rivista l’Analytical Review.
Fece di più. Diventò il suo amico più
fidato e il suo consigliere. Nella vita di Mary non ci fu
nessun altro uomo così devoto e capace di capire la
sua natura complessa. Da parte sua, nemmeno lei aprì
a nessun altro il suo cuore in modo così totale, senza
riserve. […].
William
Godwin
Riusciva a librarsi in alto
[G]razie all’amico lei trovò sollievo alla tremenda
lotta interiore. Trovò anche alimento intellettuale.
Le stanze di Johnson erano il luogo di ritrovo dell’élite
intellettuale londinese. Thomas Paine, Godwin, il dottor Fordyce,
il pittore Fuseli e molti altri si riunivano là per
discutere i problemi del loro tempo.
Mary entrò a far parte della loro cerchia e divenne
il centro di quel movimento intellettuale. Godwin racconta
della volta che partecipò a una serata organizzata
per Thomas Paine, e invece si ritrovò ad ascoltare
Mary Wollstonecraft: la sua abilità nella conversazione,
come ogni altra cosa la riguardasse, occupava il centro della
scena.
Mary riusciva a librarsi in alto attraverso lo spazio, il
suo spirito anelava alle vette più alte. L’occasione
si presentò presto. L’ex campione del liberalismo
inglese, il grande Edmund Burke, venne allo scoperto in un
discorso sentimentale contro la rivoluzione francese.
Egli aveva incontrato la bella Maria Antonietta e lamentava
la sua sorte in mano al popolo infuriato di Parigi. Il suo
sentimentalismo da middle class, nella più
grande di tutte le sollevazioni colse soltanto l’aspetto
superficiale, e non i terribili mali che i francesi avevano
sopportato prima di essere trascinati all’azione. Mary
Wollstonecraft invece li colse, e la sua risposta al potente
Burke, The Vindication of the Rights of Man, è
una delle più vigorose difese degli oppressi e dei
diseredati che mai sia stata fatta.
Fu scritta al calor bianco, dato che Mary aveva seguito attentamente
la rivoluzione: la sua forza, il suo entusiasmo e soprattutto
la sua visione chiara e logica dei fatti dimostra che questa
ex maestra di scuola possedeva un eccezionale cervello e un
cuore grande che pulsava di passione.
Che un tale scritto provenisse da una donna funzionò
come l’esplosione di una bomba, una cosa mai udita prima.
Scioccò il mondo intero, ma assicurò a Mary
il rispetto e l’amicizia dei maschi suoi contemporanei.
I quali capirono senz’ombra di dubbio che non solo lei
era eguale, ma per molti aspetti superiore, alla maggior parte
di loro.
[…]
Mary non era solo un’intellettuale: era
anche, per usare le sue parole, dotata di un cuore ribelle.
Il che significa che desiderava ardentemente l’amore.
Perciò fu naturale per lei essere trasportata dalla
bellezza e dalla passione per il pittore Fuseli [così
si faceva chiamare in Inghilterra il pittore svizzero Johann
Heinrich Füssli, N.d.T.], ma mentre egli non corrispose
al suo amore, o forse gli mancò il coraggio al momento
decisivo, Mary fu costretta a passare attraverso la sua prima
esperienza di amore e sofferenza. Certo lei non apparteneva
a quel genere di donne che si gettano al collo del primo venuto.
Fuseli era un tipo volubile e gli fu facile lasciarsi rapire
dalla bellezza di Mary. Ma aveva moglie, e il peso dell’opinione
pubblica era troppo forte per lui. Sia come sia, Mary soffrì
terribilmente e scappò in Francia per sottrarsi alle
seduzioni dell’artista.
I biografi sono gli ultimi a capire i loro soggetti, o quanto
meno non avrebbero dovuto perdersi in tante congetture sull’episodio
di Fuseli perché in realtà non si trattava di
niente di serio. Se quel chiacchierone di Fuseli fosse stato
libero di soddisfare la loro reciproca attrazione sessuale,
è probabile che Mary sarebbe tornata tranquillamente
alla vita normale. Ma gli mancò il coraggio, e per
Mary, digiuna di esperienze sessuali, non fu facile smorzare
l’incendio dei sensi.
Comunque, ci volle un forte interesse intellettuale per riportarla
in sé. Questo interesse lo trovò negli agitati
avvenimenti della rivoluzione francese.
Fu prima di chiudere con Fuseli che Mary aggiunse alla Vindication
of the Rights of Man, la Vindication of the Rights
of Woman, un’istanza a favore dell’emancipazione
del suo sesso.
Mary Wollstonecraft
Cervello straordinario
Non si trattava di ritenere l’uomo responsabile della
schiavitù della donna. Mary era troppo grande e troppo
universale per coprire di biasimo un sesso solo. Lei sottolinea
il fatto che la donna stessa è un ostacolo al progresso
umano perché insiste nel voler essere un oggetto sessuale
piuttosto che una persona, una forza creativa della vita.
Naturalmente, sostiene che l’uomo è stato un
tiranno per tanto tempo che non tollera alcuna violazione
nel campo in cui domina, ma protesta che è per amore
tanto dell’uomo quanto della donna che domanda la libertà
economica, politica e sessuale per le donne come unica soluzione
al problema dell’emancipazione umana. “Le leggi
che riguardano le donne hanno fatto dell’uomo e di sua
moglie un tutto unico assurdo, e quindi dal fatto che lui
solo sia considerato un soggetto responsabile, discende che
lei è ridotta a un semplice zero”.
La natura è stata generosa quando ha modellato Mary
Wollstonecraft. Non solo le fornì un cervello straordinario,
ma le diede anche bellezza e forza d’attrazione. Le
diede anche un animo profondo, sensibile sia alla gioia che
al dolore. Mary era destinata a diventare la preda di più
di un’infatuazione. Quello per Fuseli cedette presto
il posto a un amore più terribile, più intenso,
la più potente forza della sua vita, quella che la
squassò come un essere senza volontà, un giocattolo
indifeso nelle mani del destino.
Una vita senza amore, per un temperamento come quello di Mary,
era inconcepibile, e fu la sua ricerca, la sua bramosia d’amore
che la scagliarono contro la roccia dell’assurdità
e della disperazione.
Mentre era a Parigi, Mary incontrò a casa di Thomas
Paine, dove era stata accolta con amicizia, un americano vivace,
bello e rude, Gilbert Imlay.
Non fosse per l’amore che suscitò in Mary, il
mondo non avrebbe mai sentito parlare di questo signore. Non
che fosse una persona ordinaria: in questo caso Mary non avrebbe
potuto amarlo con quella folle passione che per poco non le
spezzò l’esistenza. Egli si era distinto nella
guerra d’indipendenza americana e aveva scritto una
o due cosette, ma nel complesso non avrebbe mai dato fuoco
al mondo. In compenso fece ardere Mary, e per un bel po’
di tempo la tenne in pugno.
La forza stessa della passione per lui escludeva l’armonia,
ma possiamo biasimarlo visto che si trattava di Imlay? Egli
le diede tutto ciò che poteva, ma lei era tanto affamata
d’amore che non poteva accontentarsi di poco, e da qui
la tragedia.
Lui era un irrequieto, un avventuriero, uno che amava esplorare
il territorio dei cuori femminili. Preda della smania di vagabondare,
non riusciva a fermarsi a lungo in nessun posto.
Mary aveva bisogno di pace, e aveva anche bisogno di quello
che non aveva mai ricevuto dalla sua famiglia: la quiete e
il calore del focolare domestico. Ma più di ogni altra
cosa aveva bisogno di amore, un amore totale, appassionato.
Imlay non poteva offrirle niente, e il conflitto tra loro
cominciò poco dopo che il folle sogno era finito.
Imlay si allontanava da Mary per periodi lunghi col pretesto
di seguire gli affari. Non sarebbe stato un vero americano
se avesse trascurato l’amore per gli affari. Veleggiò
verso altre città e verso altri amori, come usano dire
i tedeschi. In quanto uomo, questo rientrava nei suoi diritti,
e in egual misura era un suo diritto tradire Mary. Solo chi
ha conosciuto la tempesta può capire fino in fondo
quello che lei deve aver sopportato.
Emma
Goldman
Contrasto tra povertà e ricchezza
Per tutto il periodo della gravidanza, aspettando il bambino
suo e di Imlay, Mary si consumò d’amore per quell’uomo,
lo implorò e lo invocò, ma lui era sempre occupato
negli affari. Il povero diavolo non sapeva che tutte le ricchezze
al mondo non valevano quanto l’amore di Mary. L’unica
cosa in cui lei trovasse consolazione era il lavoro. Scrisse
The French Revolution proprio sotto il peso di quel
dramma tremendo. Acuta com’era nell’osservazione,
lei vide più in profondità di Burke; al di là
della terribile perdita di vite umane vide il contrasto ancora
più terribile tra la povertà e la ricchezza,
e vide che tutto quello spargimento di sangue sarebbe stato
inutile fintanto che quel contrasto fosse continuato a esistere.
E così scrisse: “Se l’aristocrazia di nascita
viene abbattuta solo per fare posto a quella del censo, temo
che il senso morale della gente non avrà da guadagnare
molto dal cambiamento. Tutto lascia intendere che i nomi,
non i principi, sono cambiati”. Fece esperienza, mentre
stava a Parigi, di ciò che aveva previsto nel suo attacco
a Burke, cioè che il demone della proprietà
è sempre in agguato per violare i sacri diritti dell’uomo.
Nemmeno lavorando così tanto Mary riusciva a dimenticare
il suo amore. Fu dopo l’inutile e amara battaglia per
riconquistare Imlay che tentò il suicidio. Non ci riuscì,
e per recuperare le forze andò in Norvegia per conto
di Imlay.
Dal punto di vista fisico si ristabilì, ma la sua anima
era ferita e spaventata. Mary e Imlay si rimisero insieme
più volte, ma era solo un dilazionare l’inevitabile.
Finché non arrivò il colpo finale. Mary scoprì
che Imlay aveva altre storie d’amore e che da tempo
la ingannava non tanto per desiderio di farle del male, quanto
per vigliaccheria.
Allora lei fece il passo più terribile e disperato,
si gettò nel Tamigi dopo aver camminato per ore [sotto
la pioggia] in modo da inzupparsi i vestiti per essere sicura
di annegare. Oh, la contraddizione fatta persona, gridano
i critici superficiali. Ma davvero di questo si trattava?
Nel dissidio tra testa e cuore Mary aveva subito una sconfitta.
Era troppo orgogliosa e troppo forte per sopravvivere a un
tale colpo. Cos’altro era degno di lei se non morire?
Ma il destino che le aveva giocato tanti brutti tiri aveva
deciso altrimenti. La restituì alla vita e alla speranza,
solo per ucciderla alla prossima mossa.
Lei trovò in Godwin, il primo rappresentante del comunismo
anarchico, un compagno dolce e amorevole, non un uomo di natura
impetuosa, rude, bensì un tipo tranquillo, maturo,
affettuoso: trovò quella serenità che fa l’effetto
di una mano fresca sopra una fronte febbricitante. Con lui
visse nel rispetto della sua idea di libertà, ognuno
per conto proprio, mettendo in comune l’un l’altro
quello che potevano.
Mary stava per diventare madre un’altra volta, non sotto
tensione e con dolore come la prima volta, ma in piena tranquillità
e circondata di attenzioni. Tuttavia così bizzarro
è il destino, che Mary doveva pagare con la vita propria
la vita della sua bambina, Mary Godwin. Morì il 10
settembre 1797, quando non aveva ancora trentott’anni.
Quando aveva partorito la prima volta, nonostante le circostanze
l’avessero messa a dura prova, il puerperio era stato
quasi un gioco o, come scrisse alla sorella, “un pretesto
per starsene a letto”.
Ora questo periodo pericoloso esigeva la sua vittima. Fanny
Imlay riuscì a trovare la morte laddove sua madre era
fallita. Si suicidò annegandosi, mentre Mary Wollstonecraft
Godwin divenne la moglie del più dolce cantore della
libertà, Shelley.
Emma
Goldman
Donna e amante
Mary Wollstonecraft, la mente geniale, la coraggiosa paladina
del XVIII, XIX e XX secolo, Mary Wollstonecraft, donna e amante,
era destinata a soffrire a causa della ricchezza della sua
natura. Nonostante tutti i suoi amori, fu sempre sola, poiché
ogni spirito grande è destinato a esserlo – senza
dubbio, tale è la punizione inflitta ai grandi.
Il suo indomito coraggio in difesa dei diseredati della terra
l’ha resa estranea ai suoi tempi e ha creato quel dissidio
nel suo essere che è l’unica spiegazione della
tragica vicenda con Imlay.
Mary Wollstonecraft puntava alle vette più alte delle
possibilità umane. Era troppo acuta e troppo saggia
per non vedere la contraddizione tra il mondo degli ideali
e il mondo dell’amore che portò alla rottura
delle corde della sua complicata, delicata anima.
Forse è stato meglio per lei morire in quel momento
particolare. Perché chi ha conosciuto la follia della
vita non riesce più ad adattarsi di nuovo a un’esistenza
piatta. Noi abbiamo subito una grave perdita, e possiamo metterci
il cuore in pace solo pensando a quello che ci ha lasciato,
che è tanto. Se Mary Wollstonecraft non avesse scritto
una riga, basterebbe la sua vita ad alimentare il nostro pensiero.
Ma ha dato entrambe, e perciò ha un posto tra le meraviglie
del mondo – una vita così misteriosa, così
ricca, così bella nella sua perfetta umanità.
Emma Goldman
*
Emma Goldman, Mary Wollstonecraft, la sua tragica vita e
la sua lotta appassionata per la libertà (trad.
di Giannarosa Vivian, ora in Mary Wollstonecraft, Tempo
di rivoluzioni. Sui diritti degli uomini e delle donne,
con un discorso di Emma Goldman, traduzioni di Claudia Baldoli
e Giannarosa Vivian, cura e introduzione di Giannarosa Vivian,
Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2004, € 12,00).
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