Nel pieno delle lotte
per un mondo migliore, i fautori dell’ecologia sociale
si sono spesso impegnati in un dialogo critico con altre posizioni
del pensiero della sinistra, proprio a proposito delle caratteristiche
che dovrebbe avere il mondo per il quale ci battiamo. Le discussioni
di questa natura affrontano spesso la questione dei rapporti
materiali tra le persone e con il mondo naturale in un futuro
liberato. Che economia ci sarà in una società
ecologica? Come organizzeranno la propria esistenza le comunità
libere?
Un’indagine rivolta in tal senso richiede l’esercizio
di un’importante facoltà della filosofia dialettica:
la capacità di pensare in modo speculativo. Prefigurare
un futuro e lo stato oltre il capitalismo significa spingerci
con il pensiero al di là del mondo intorno a noi e
calarci in uno diverso, strutturato in modo del tutto differente,
un mondo che abbia sviluppato alcune delle potenzialità
sociali ed ecologiche che noi oggi riusciamo a vedere solo
in forma distorta. Significa cercar di vedere il mondo non
così com’è ma come dovrebbe essere.
Nel corso degli anni i fautori dell’ecologia sociale
hanno avanzato diverse proposte concrete per un’economia
municipalizzata e un’economia etica. Sono
proposte che vanno nel senso di quello che Murray Bookchin
definisce “il recupero dello stesso processo produttivo
come mediazione ecologica tra uomo e natura”.
Queste proposte pratiche hanno in comune una concezione di
fondo sulla possibilità di gestire in modo diverso
economie complesse, senza mercati, senza classi e senza burocrazie,
secondo linee di uguaglianza e di partecipazione.
Chi è per l’ecologia sociale sostiene che i meccanismi
economici di una società libera, che siano quelli della
produzione, della distribuzione o della riproduzione, dovrebbero
avere quattro caratteristiche di fondo, dovrebbero cioè
essere consapevoli, trasparenti, alterabili e integrati.
Consapevoli: vogliamo meccanismi economici scelti
deliberatamente e strutturati deliberatamente, in modo da
adempiere alle finalità che noi ci poniamo collettivamente,
e non strutture economiche che ci costringano ad adempiere
ai loro scopi.
Trasparenti: vogliamo che ognuno sia in grado di
comprendere come funzionano i meccanismi economici della società.
Alterabili: Vogliamo poter cambiare le strutture
economiche in base alle esigenze ecologiche e sociali.
Infine, vogliamo meccanismi economici che siano del tutto
integrati con gli altri aspetti dell’autogestione delle
comunità.
Come si presentano nella pratica questi valori? Come si potrebbe
attuare questo insieme di postulati speculativi? Il testo
che segue è un tentativo succinto di delineare un panorama
della ristrutturazione economica in una società fondata
sui principi dell’ecologia sociale.
La
visione del mondo dell’ecologia sociale
Il mondo che noi prefiguriamo è un mondo di avventure
e di possibilità, di relazioni radicalmente nuove e
di forme possibili di esistenza individuale e sociale non
facili da immaginare, ancor meno da descrivere nell’ottica
del presente. Gran parte di quello che accadrà in un
futuro ecologico sociale, tanto a livello dell’ambiente
quanto a quello personale o comunitario, avrà un carattere
spontaneo e creativo: noi non possiamo pianificarlo, proporlo
o tanto meno predirlo.
Ciò nondimeno, un’evoluzione spontanea e creativa
di potenzialità avrà bisogno di un quadro istituzionale
e di una visione etica, se non vuole limitarsi a essere un
semplice sogno. Perciò dobbiamo puntare la nostra attenzione
sulle strutture sociali che rendano più probabile l’affermazione
di una natura libera e di una società libera.
Gli ecologisti sociali lavorano per una società strutturata
intorno alla libertà, alla cooperazione e alla diversità
ecologica e sociale. La nostra visione di un mondo migliore
si ispira a tutta una serie di esperimenti pratici e di speranze
utopiche alimentate nel corso della storia da movimenti di
emancipazione dal basso. Al centro della nostra visione delle
comunità libere c’è la democrazia diretta:
persone che gestiscono la propria esistenza in modo consapevole
e collettivo, per il bene delle comunità cui appartengono.
Invece di affidare il potere decisionale a esperti, professionisti,
rappresentanti o burocrati, l’ecologia sociale prevede
che tutti partecipino direttamente all’autogestione
del propri affari comunitari.
Dato che siamo contrari alle forme istituzionali di dominio
e gerarchiche, noi sostenitori dell’ecologia sociale
respingiamo lo stato in quanto tale. Invece di presupporre
un organismo separato che resta esterno alla società
e che prende decisioni per conto di questa, prospettiamo che
sia una rete di assemblee comunitarie l’organo decisionale
di base e la struttura primaria per praticare la democrazia
diretta.
Tali assemblee comprendono tutti i residenti di un dato territorio
(nelle grandi città a livello di quartiere e nelle
campagne a livello di comune) che si riuniscono a intervalli
regolari per discutere e decidere le questioni che hanno da
affrontare: scelte politiche ed economiche, anzi, qualsiasi
scelta di rilevanza sociale che incida in modo significativo
sulla vita della comunità nel suo insieme.
L’assemblea popolare comprende chiunque voglia prendervi
parte e offre una tribuna democratica a ogni membro della
comunità per impegnarsi reciprocamente su base paritaria
a dare forma alla vita sociale.
Le interazioni che si verificano stimolano un senso di responsabilità
e di interdipendenza comune, oltre a offrire uno spazio pubblico
per risolvere dissidi e contrasti secondo ragione e senza
costrizioni. Riconoscendo che le persone hanno interessi diversi,
aspirazioni e convinzioni diverse, l’assemblea di quartiere
e il senso civico che le vive accanto offrono l’opportunità
per riconciliare gli obiettivi particolari e quelli generali.
La democrazia diretta, in questo senso, comporta a impegnarsi
per il bene del proprio vicino.
Il bene della comunità, a sua volta, implica un rispetto
attivo e l’apprezzamento del contesto naturale al cui
interno vivono le comunità locali. Nessun ordine sociale
è in grado di garantire che l’ecosistema e gli
habitat che ospitano i vari insediamenti umani possano vivere
e prosperare, ma i fautori dell’ecologia sociale sono
convinti che le comunità che si strutturano intorno
ai principi della libera associazione e dell’aiuto reciproco
siano molto più idonei a favorire la diversità
e la sostenibilità ambientale rispetto a quelli che
hanno al centro sistemi di potere autoritari. Nelle società
che hanno saputo superare il dominio e la gerarchia, possono
integrarsi la floridezza dell’ambiente e quella degli
esseri umani, traendo forza l’uno dagli altri.
La prospettiva etica che esprime questi potenziali non è
meno importante degli stessi metodi pratici. Gli ecologisti
sociali vogliono creare forme che promuovano la libertà
e la solidarietà, strutturando questi valori nel tessuto
stesso delle relazioni sociali e delle istituzioni pubbliche.
Per questo, sottolineando l’importanza delle assemblee
dirette aperte a tutti, vogliamo incoraggiare e non precludere
la creazione di altre forme sociali libertarie e cooperative.
Nella nostra concezione di un mondo libero ha un posto importante
un’enorme varietà di associazioni spontanee,
di soluzioni dinamiche, di luoghi di lavoro, di strutture
familiari... Le uniche forme da escludere sono quelle fondate
sullo sfruttamento e sull’oppressione.
Autogestione
comunitaria
Il modello di democrazia diretta dell’ecologia sociale,
pertanto, è concretizzabile in tanti modi diversi,
secondo i bisogni, i desideri e le esperienze di coloro che
ne sono ispirati. Questo vale soprattutto per i processi economici
e lo scenario qui delineato è solo una delle possibili
interpretazioni degli aspetti economici di una società
che si fondi sull’ecologia sociale. La prospettiva unitaria
di fondo è quella di un’economia etica, in cui
le condizioni materiali della nostra esistenza sono reintegrate
in un più ampio contesto etico e istituzionale. Economia
etica significa che le scelte sulla produzione e sul consumo
fanno parte della vita civile della comunità nel suo
insieme.
In un quadro del genere, i consigli operai rivestono una funzione
centrale nell’amministrazione quotidiana della produzione,
mentre le assemblee locali hanno l’ultima parola riguardo
alle decisioni più importanti in campo economico. Tutti
i membri di una data comunità partecipano alla formulazione
della politica economica, che viene discussa, dibattuta e
decisa nell’assemblea popolare. L’ecologia sociale
prevede un ampio decentramento della produzione, in modo che
chi lavora in una data impresa viva in genere nella stessa
municipalità dove lavora. Grazie a una trasformazione
consapevole del lavoro in un’attività sociale
libera, che combina capacità manuali a quelle intellettuali,
noi prospettiamo un processo produttivo che soddisfi i bisogni
della persona e della comunità, articolati nel loro
contesto ecologico. Oltre a rifiutare capi, profitti, stipendi
e valori di scambio, cerchiamo di superare la riduzione capitalistica
degli esseri umani a strumenti di produzione e di consumo.
Il modello assembleare dell’ecologia sociale spinge
ad affrontare le decisioni economiche non puramente in quanto
produttori o consumatori, ma come membri di una comunità
che mirano a un obiettivo generale di benessere sociale ed
ecologico.
Le linee generali della produzione comunitaria sono dunque
stabilite a livello di assemblea, ma sono poi messe in pratica
da collettivi di dimensioni minori, anch’essi operanti
su basi ugualitarie, partecipative e democratiche. Le cooperative
familiari e i luoghi di lavoro collettivi costituiscono una
parte integrante di questo processo. Le decisioni che incidono
a livello regionale sono elaborate da confederazioni di assemblee
locali, in modo che chiunque ne sia toccato possa partecipare
alle scelte definitive. A comitati specialistici si possono
delegare compiti particolari, ma le questioni di sostanza
e di pubblico interesse sono soggette alla discrezione dell’assemblea
popolare.
La democrazia diretta favorisce la formazione e l’espressione
di opinioni divergenti, perciò, per ogni decisione
da prendere, ci saranno diversi punti di vista, ognuno illustrato
dalle persone che lo porteranno avanti. I membri dell’assemblea
valutano le varie proposte e ne discutono i meriti e le implicazioni,
eventualmente apportando modifiche e correzioni. Quando non
emerge un chiaro consenso, si vota una o più volte
per stabilire quali siano gli interventi che godono del maggior
favore.
La visione di un’economia etica dell’ecologia
sociale ha come cardine il comunismo libertario, nel quale
i frutti del lavoro comune sono a libera disposizione di tutti.
Il principio “da ognuno secondo le sue capacità
e a ognuno secondo i suoi bisogni”, che distingue la
nostra prospettiva da molti altri programmi anticapitalisti.
nasce da un’etica civile nella quale l’attenzione
al bene comune configura le scelte individuali. In assenza
di mercati, di proprietà privata, di divisione in classi,
di produzione di merci, di sfruttamento del lavoro e accumulazione
del capitale, il comunismo libertario può diventare
il meccanismo distributivo per il benessere sociale e il corrispettivo
in economia delle strutture politiche trasparenti e a misura
d’uomo proposte dall’ecologia sociale.
In una soluzione del genere, l’interazione tra piccoli
comitati, gruppi di lavoro e l’assemblea plenaria diventa
indispensabile per garantire il carattere democratico e partecipativo
del processo decisionale. La preparazione di proposte coerenti
da presentare all’assemblea richiederà un lavoro
specialistico e una scrupolosa raccolta di informazioni, nonché
un lavoro di analisi e di interpretazione.
Dato che queste attività potrebbero avere una sottile
influenza sull’esito definitivo di ogni decisione, la
responsabilità per svolgerle dovrebbe essere affidata
a rotazione a una commissione transitoria selezionando a caso
i membri dell’assemblea.
Pratica
di democrazia diretta
Dopo che l’assemblea ha considerato, discusso e messo
a punto le varie proposte presentatele, e ha approvato le
linee generali dell’economia locale, i membri della
comunità continuano a perfezionare e ad attuare le
scelte sui luoghi di lavoro, di abitazione e altrove.
Gli ostacoli e disaccordi che non sono risolvibili si presentano
al livello della singola impresa, istituzione e complesso
abitativo, si possano riportare all’assemblea plenaria
per essere ridiscussi. Se, per qualsiasi motivo, non si rispettano
alcuni aspetti di una politica concordata, questo fatto risulterà
subito evidente ai membri della comunità, che potranno
quindi applicare le modifiche e le correzioni necessarie.
Gran parte della vita economica si svolgerà all’interno
di collettività di piccole dimensioni, in collaborazione
diretta con i compagni di lavoro, coabitanti, associati e
vicini; gli aspetti complessivi dell’orientamento economico
pubblico saranno presi in esame all’interno dell’assemblea
dell’intera comunità.
Se necessario, le questioni che riguardano un’intera
città o una regione saranno affrontati a livello confederale,
ma la decisione definitiva resterà nelle mani dell’assemblea
locale.
Due sono le ragioni di questa enfasi sulla sovranità
delle assemblee. La prima è che l’assemblea locale
è la tribuna più accessibile per la pratica
della democrazia diretta e di vigilanza contro il riemergere
di differenze di potere e di nuove forme gerarchiche. Dato
che comprende tutti i membri della comunità su termini
paritari e opera tramite la partecipazione diretta e non per
rappresentanza, l’assemblea offre le migliori possibilità
per estendere l’autogestione collettiva a tutte le sfere
della vita sociale.
La seconda ragione è che l’assemblea locale rende
possibile a tutti decidere delle proprie faccende politiche
ed economiche in modo generalizzato e coerente, grazie alla
discussione faccia a faccia con le persone insieme alle quali
si vive, si gioca, si lavora. L’assemblea popolare favorisce
un approccio totale agli affari pubblici, in grado di tenere
conto della miriade di interconnessioni tra economico, sociale
ed ecologico.
Questa visione sarà in gran parte praticabile se la
si lega a una revisione radicale dell’infrastruttura
tecnologica, revisione sostenuta dall’ecologia sociale
per ragioni ambientali come per ragioni democratiche. Noi
prevediamo che la produzione avvenga per lo più sul
piano locale, con la socializzazione di funzioni specialistiche
e con l’integrazione del lavoro concettuale e di quello
manuale. Ci saranno ancora alcune importanti attività
sociali che non potranno o non dovranno essere del tutto decentrate:
gli istituti di ricerca avanzata, per esempio, saranno al
servizio di ampie regioni anche se ospitate in una municipalità.
Per questo la confederazione, che esclude i campanilismi e
gli isolazionismi, svolge una funzione essenziale all’interno
della visione politica dell’ecologia sociale.
Se questo scenario si concentra principalmente sulle comunità
locali che generano politiche economiche commisurate alle
proprie specifiche condizioni sociali ed ecologiche, l’ecologia
sociale è contraria ai concetti di autosufficienza
e di autarchia come valori in sé: noi li riteniamo
auspicabili se e quando contribuiscono alla partecipazione
e a processi decisionali democratici sotto il segno dell’ecologia.
Preconizziamo una confederazione di assemblee in coerente
dialogo tra loro, per il tramite di organismi confederali
composti da delegati revocabili e con precisi mandati da parte
di ogni assemblea costituente. Tali organismi sono considerati
dirette emanazioni delle comunità democratiche locali
e non loro sostituti. Poiché le relazioni economiche
in particolare implicano spesso la collaborazione tra comunità
distanti tra loro, la confederazione offre un contesto compatibile
per la condivisione di risorse, capacità e conoscenze.
Una rete confederale di assemblee popolari offre un metodo
pratico perché tutti orientino consapevolmente e insieme
la propria esistenza e perseguano obiettivi comuni nell’ambito
di un progetto di libertà sociale.
Coniugando solidarietà e autonomia, possiamo ricreare
la politica, l’arte dell’autogestione comunitaria,
come espressione più elevata dell’azione diretta.
In un mondo così concepito, l’economia come la
conosciamo oggi non esisterà più. Quando il
lavoro diventerà un’attività creativa,
quando la produzione sarà l’armonizzazione dei
potenziali umani ed ecologici, quando l’economia si
trasformerà in autodeterminazione collettiva e in un
consapevole esplicarsi di possibilità sociali, naturali
ed etiche fino a quel momento inimmaginabili, saremo arrivati
ad avere una società liberata e le idee qui delineate
prenderanno la forma concreta di realtà viventi e di
esperienze dirette.