Qualunque resoconto
storico della vita di Anne Bonny e Mary Read non può
fare a meno d’essere picaresco tanto quanto i suoi personaggi,
e deve quindi spaziare attraverso una massa di fatti correlati
e internazionali che riguardano donne, navigazione, pirateria,
lavoro manuale, letteratura, teatro e arti figurative. Ancor
più che per le loro controparti maschili, quella di Bonny
e Read è in definitiva una storia che parla di libertà,
della quale esse hanno contribuito a scrivere la Storia.
Anne Bonny
Gran parte di quanto si sa della vita di queste due donne
straordinarie è apparso originariamente nel libro del
capitano Charles Johnson, A General History of the Pyrates,
pubblicato in due volumi nel 1724 e nel 1728.
Il capitano Johnson sapeva riconoscere una buona storia quando
ne incontrava una, e ha riservato a Bonny e Read parti di primo
piano nel suo racconto, dichiarando nella pagina iniziale che
il primo volume conteneva “The remarkable Actions and
Adventures of the two female Pyrates, Mary Read and Anne Bonny”
(Le rimarchevoli azioni e avventure dei due pirati femmina,
Mary Read e Anne Bonny).
Il testo di Johnson si è rivelato un grande successo,
tanto che è stato immediatamente tradotto in olandese,
francese e tedesco, e successivamente ripubblicato a Londra,
Dublino, Amsterdam, Parigi, Utrecht e altrove, cosicché
la storia delle donne pirata è circolata tra i lettori
di tutto il mondo.
Sicuramente era una storia già raccontata più
volte, nelle stive e sui ponti delle navi, sui moli, nelle taverne
e nei bordelli delle città di mare dell’Atlantico,
dagli uomini e dalle donne del mondo marittimo di cui Bonny
e Read avevano fatto parte.
Secondo Johnson, Mary Read era la figlia illegittima di qualcuno
che stava fuori Londra. Suo padre non era il marito di sua madre,
quindi per ottenere aiuto dalla famiglia di questi, la madre
l’ha vestita come un ragazzo, in modo che rassomigliasse
al figlio, da poco deceduto, del consorte legittimo, a sua volta
morto in mare. A quanto pare, Read apprezzava questa sua identità
maschile, tanto da decidere di diventare prima marinaio, arruolandosi
su di una nave da guerra, e poi soldato, combattendo con onore
nelle Fiandre, in unità di fanteria e cavalleria. Innamoratasi
di un compagno d’armi, lo ha fatto partecipe del suo segreto
e quindi l’ha sposato. Costui, però, è risultato
meno tosto di lei, e ben presto è andato al Creatore.
Read allora ha ripreso il proprio moschetto militare, prestando
servizio questa volta in Olanda.
Al termine della guerra si è imbarcata su di una nave
olandese in rotta per le Indie occidentali, ma il destino ha
voluto che questa fosse catturata dai pirati, cosicché
Read si è unita a loro predando navi, combattendo e trovandosi
un nuovo innamorato. Un giorno questi ha litigato con un altro
pirata ben più prestante di lui, che lo ha sfidato ad
andare a terra per risolvere la questione con un duello al modo
dei pirati, «spada e pistola».
La situazione è stata salvata da Read, che ha appositamente
attaccato briga con quello stesso pirata e l’ha affrontato
in duello con due ore di anticipo, ammazzandolo prontamente
“sul posto” e togliendo il suo amante dai guai.
Le sue notevoli doti marziali, però, non sono state sufficienti
a impedire che una nave militare ben armata, nel 1720, catturasse
lei e i suoi compagni.
Anche Anne Bonny era illegittima (in Irlanda) e anche lei è
stata allevata sotto mentite spoglie da suo padre, che la faceva
passare per il figlio di un parente, affidato alle sue cure.
Alla fine il genitore ha condotto la sveglia ragazzina con sé
a Charleston, Sud Carolina, dove si è costruito una buona
posizione come mercante e proprietario terriero.
Là, Bonny si è fatta donna, di «carattere
fiero e coraggioso». Una volta che «un Giovanotto
voleva giacersi con lei contro la sua Volontà, lo ha
percosso sì da renderlo inabile per un tempo considerevole».
Sempre ribelle, Bonny ha abbandonato il padre e gli agi per
sposare «un giovanotto che praticava il mare, e non valeva
un centesimo».
Con lui è andata nei Caraibi, dove ha assunto «abiti
maschili» e si è unita alla banda di pirati di
cui faceva parte Mary Read e, più importante, Calico
Jack Rackam, il quale è ben presto diventato l’oggetto
della sua affezione. La loro storia d’amore si è
bruscamente interrotta nel 1720, in occasione di una battaglia
con un vascello militare inviato a catturarli. Quando lo scontro
si è fatto ravvicinato, «nessuno [dei pirati] tenne
il ponte ad eccezione di Mary Read, Anne Bonny e un altro»;
il resto dell’equipaggio si è codardamente rifugiato
sottocoperta.
Esasperata e disgustata, Read ha sparato un colpo di pistola
contro di loro, «uccidendone uno e ferendone altri».
In seguito, quando Rackam stava per essere impiccato, Bonny
ha risposto allo sguardo implorante di lui dicendo che «le
spiaceva vederlo là, ma se avesse combattuto come un
uomo, adesso non starebbe lì a farsi impiccare come un
cane».
Bonny, che invece aveva «combattuto come un uomo»,
ha dovuto invocare la propria gravidanza per prolungare il suo
tempo tra i vivi.
Mary Read
Atti
di pirateria in abiti maschili
Dell’esistenza di due donne pirata a nome Anne Bonny
e Mary Read non c’è motivo di dubitare, perché
ne fanno menzione diverse fonti storiche, tutte indipendenti
dal testo di Johnson. I nomi sono citati per la prima volta
in un proclama del 5 settembre 1720, firmato dal governatore
delle Bahamas Woodes Rogers, nel quale Jack Rackam e il suo
equipaggio vengono dichiarati pirati e tutte le autorità
sono invitate a trattarli come «nemici della corona della
Gran Bretagna».
Il proclama riporta i nomi dei pirati, tra cui «due donne,
a nome Ann Fulford, alias Bonny, e Mary Read». La seconda
menzione si trova in un pamphlet pubblicato in Giamaica nel
1721, The Tryals of Captain John Rackam and Other Pirates
(I processi al capitano John Rackam e altri pirati). Circa nello
stesso periodo, il governatore della Giamaica Nicholas Lawes
ha scritto al Council of Trade and Plantations che
«le donne, ragazze nubili di Providence Island, risultano
aver preso parte attiva in atti di pirateria, in abiti maschili
e armate eccetera». Infine, vi sono articoli di giornale
(«American Weekly Mercury», «Boston Gazette»,
«Boston News-Letter») che riferiscono, senza fare
i nomi, di due donne presenti nell’equipaggio di Rackam.
Il pamphlet sugli eventi giudiziari di Rackam e i suoi riporta
alcune testimonianze rese al processo, le quali convalidano
i punti fondamentali della General History di Johnson, descrivendo
autonomamente Bonny e Read come donne feroci e senza paura,
veri e propri pirati in tutti i sensi. Uno dei testimoni a carico
era Dorothy Thomas, a suo tempo catturata e tenuta prigioniera
sulla nave di Rackam.
Costei ha dichiarato che le due donne «indossavano giubbe
maschili e pantaloni lunghi, e fazzoletti legati attorno alla
testa, e ognuna di esse aveva a mano un machete e una pistola».
Inoltre, a un certo punto del processo esse hanno «inveito
e bestemmiato verso gli uomini», cioè i loro compagni
pirati, invitandoli a «uccidere la testimone». Questo
affinché «essa non testimoniasse contro di loro»
in tribunale, come in effetti stava avvenendo, proprio davanti
ai loro occhi.
Nonostante all’epoca Bonny e Read fossero vestite da uomo,
la Thomas «aveva capito che erano donne a causa della
dimensione del loro petto».
John Besnick e Peter Cornelius, anch’essi prigionieri
dell’equipaggio di Rackam, hanno testimoniato che Bonny
e Read «erano molto attive a bordo, e pronte a fare ogni
cosa». Risulta che Bonny, in battaglia, svolgesse le funzioni
di powder monkey [addetto al trasporto delle cariche
esplosive, N.d.T.]: «passava la polvere agli
uomini».
Quando i pirati di Rackam «avvistavano una nave, davano
caccia o attaccavano», Bonny e Read indossavano abiti
maschili, ma nelle altre occasioni, in assenza di confronto
militare, si vestivano da donna. Secondo le testimonianze, esse
«non apparivano prigioniere o trattenute a forza»,
quanto piuttosto prendevano parte alle azioni «di loro
propria libera volontà e consenso».
Thomas Dillon, un capitano mercantile anch’egli catturato,
aggiungeva che erano «entrambe assai licenziose, inveendo
e bestemmiando molto, e assai pronte e volonterose a fare ogni
cosa a bordo».
A dispetto della generale autenticità delle testimonianze,
molti lettori moderni ne hanno sicuramente messo in dubbio il
contenuto, ritenendolo una descrizione dell’impossibile.
Le donne, si sa, non andavano mai per mare. La navigazione era
cosa per uomini e solo per uomini. Ricerche recenti, però,
confutano tali certezze.
Linda Grant Depauw ha dimostrato che le donne in realtà
andavano per mare, in vesti diverse: come passeggeri, cameriere,
mogli, prostitute, lavandaie, cuoche e occasionalmente (sia
pur assai raramente) anche come marinai, a bordo di imbarcazioni
militari, mercantili, baleniere, corsare e pirata.
Dianne Dugaw ha scritto: «Il fatto forse più sorprendente
delle donne soldato e marinaio del diciottesimo secolo è
la loro frequenza, non solo nella narrativa, ma anche nella
Storia». Nel 1762 un anonimo scrittore inglese (probabilmente
il poeta e drammaturgo Oliver Goldsmith) ha scritto che nell’esercito
britannico le donne erano tanto numerose da meritare un battaglione
tutto per loro, più o meno come per le donne contemporanee
che combattevano per il regno africano del Dahomey.
Così, Bonny e Read si sono attrezzate con abiti maschili
e hanno portato la loro audace impostura nel mondo sempre rude,
e spesso brutale, del lavoro marittimo. Questi travestimenti
non erano insoliti tra la popolazione femminile dell’epoca,
a differenza di quanto si riteneva un tempo, ma erano comunque
una sfida aperta alle usanze marinare, che proibivano alle donne
di lavorare come marinai sui vascelli oceanici di qualunque
tipo.
I motivi di questa esclusione non sono ancora del tutto chiari,
ma la sua evidenza è incontrovertibile: la nave era un
luogo di lavoro a netta connotazione di genere, riservato quasi
esclusivamente all’attività maschile. Navigare
era un’occupazione ritenuta capace di «fare un uomo»
di chiunque vi si accostasse.
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Salvezza
dell’anima e accumulazione capitalistica
Un motivo dell’esclusione femminile può essere
visto nelle doti di forza e resistenza fisica richieste dal
lavoro marittimo di quel tempo. Le navi, infatti, avevano un’attrezzatura
meccanica assai scarsa e dipendevano dall’energia muscolare
per molte operazioni fondamentali: carico e scarico delle merci
(eseguito con funi e carrucole), gestione della pesante velatura
di canapa, pompaggio per eliminare l’acqua che filtrava
attraverso il fasciame degli scafi, mai perfettamente impermeabili.
Certamente c’era qualche donna che faceva questo lavoro,
e lo faceva bene, guadagnandosi il rispetto dei colleghi.
Ma non tutti ne erano in grado, non tutte le donne e nemmeno
tutti i maschi. Era semplicemente un lavoro troppo faticoso,
troppo pesante, che lasciava dietro di sé una scia di
menomazioni, ernie, una varietà di grottesche mutilazioni,
e spesso morte prematura.
Una seconda e forse più importante ragione della segregazione
sessuale risiedeva nella convinzione, a quanto sembra diffusa,
che le donne e in generale la sessualità fossero sfavorevoli
al lavoro e all’ordine sociale a bordo della nave. Arthur
N. Gilbert ha mostrato in modo assai convincente come l’omosessualità
fosse spietatamente punita nella Royal Navy del Diciottesimo
secolo, poiché ritenuta pratica sovversiva della disciplina
e dell’ordine.
Il sacerdote John Flavel sosteneva la medesima idea, quando
scriveva che uccidere le «libidini” degli uomini
di mare era un modo di «dar vita» alla tratta mercantile,
sicché salvezza dell’anima e accumulazione capitalistica
diventavano fattori complementari di un unico processo disciplinare.
E questo modo di pensare, in qualche modo era accettato a tutti
i livelli della gerarchia navale. Molti marinai vedevano le
donne come oggetto di fantasie e adorazione, ma anche come fonte
di malasorte o, peggio, di conflitto, potenziali elementi di
rottura nell’assetto maschile della solidarietà
marinara. I naviganti di quel tempo sembra si trovassero tutti
d’accordo ad ammettere che una certa dose di repressione
sessuale fosse necessaria per mandare avanti la nave.
L’opinione era sufficientemente radicata da trovare un
certo consenso anche tra i pirati, che pure organizzavano le
proprie navi in modo innovativo e ugualitario.
I bucanieri che percorrevano il Mediterraneo all’inizio
del Diciassettesimo secolo rifiutavano di accogliere a bordo
donne, perché la loro presenza era motivo di «eccessiva
distrazione», e questo tipo di rifiuto si è mantenuto
fino nel Diciottesimo secolo.
Gli Articoli in vigore sulla nave di Bartholomew Roberts specificavano
che né ragazzi né donne fossero ammessi a bordo.
Inoltre, quando qualche passeggero donna era fatto prigioniero,
«le mettono una sentinella di guardia, per impedire male
conseguenze da tale pericoloso strumento di divisione e lite».
L’equipaggio di John Phillips era dello stesso avviso:
«Se in qualunque momento troviamo una donna per bene,
l’uomo che tenta di infastidirla senza il suo consenso,
sarà immediatamente messo a morte».
Il capitano William Snelgrave aggiungeva: «È regola
tra i pirati di non ammettere donne a bordo delle loro navi,
quando si trovano in porto. E se prendono una preda in mare,
sulla quale vi è qualche donna, nessuno osa, pena la
morte, forzarle contro le loro inclinazioni. Essendo ciò
buona regola politica per prevenire disturbi tra loro, è
strettamente osservato».
Black Bart Roberts era più rigido della maggior parte
dei capitani pirata (aveva bandito il gioco d’azzardo
sulla sua nave, per ridurre le occasioni di conflitto), quindi
potrebbe rappresentare un esempio non tipico. E resta il fatto,
forse più importante, che Bonny e Read non stavano sempre
vestite da uomo, a bordo. Come hanno testimoniato John Besnick
e Peter Cornelius, indossavano abiti maschili negli inseguimenti
o negli scontri, quando l’esibizione di «forza-uomo”
poteva contribuire all’intimidazione della preda e quindi
garantire una rapida resa.
Nelle altre occasioni, presumibilmente durante la gestione quotidiana
della nave, si vestivano da donna.
Il modo più sicuro per valutare quale fosse l’atteggiamento
dei pirati maschi verso la presenza del sesso femminile è
verificare il numero totale di donne in forza sulle navi pirata
all’inizio del Diciottesimo secolo. I dati in nostro possesso
indicano un numero modesto.
Altre due donne, oltre a Bonny e Read, hanno affrontato processi
per pirateria in quell’epoca, entrambe in Virginia. Nel
1726 le autorità hanno processato una certa Mary Harley
(o Harvey) e tre uomini, condannando questi alla forca ma rilasciando
la donna. Tre anni dopo, hanno giudicato una banda di sei pirati,
dei quali faceva parte tale Mary Crickett (o Crichett), e li
hanno mandati tutti e sei al patibolo. La Crickett e Edmund
Williams, capo dei pirati, si erano incontrati sulla nave che
li deportava in Virginia per fellonia, verso la fine del 1728.
Non è dato sapere se queste due donne si fossero travestite
per diventare pirata, né se siano state indotte a ciò
dai racconti su Anne Bonny e Mary Read. Comunque, la presenza
delle quattro tra i pirati è venuta alla luce solo perché
le loro navi sono state catturate. È possibile quindi
che sulle navi pirata le donne abbiano avuto più spazio
di quanto ne trovassero, all’epoca, sui mercantili o sui
vascelli militari, ma era pur sempre uno spazio modesto. E in
ogni caso, tale spazio è esistito solo perché
creato da una azione di ribellione femminile, prima di tutto.
Questa azione, per Bonny e Read, è stata possibile anche
perché l’esperienza di classe e le caratteristiche
personali hanno permesso loro di proseguire e far propria una
sotterranea tradizione di travestimento femminile, profondamente
radicata e diffusa in tutta Europa, ma soprattutto nell’Inghilterra
della prima età moderna, in Olanda e in Germania. Il
travestimento era usato soprattutto, sia pur non esclusivamente,
dalle donne proletarie.
Come altre donne travestite, Bonny e Read erano giovani, nubili
e di umili origini; la nascita illegittima era un fatto frequente.
Esse esemplificano perfettamente quelle che storici come Rudolph
M. Dekker e Lotte C. van de Pol hanno indicato come le due ragioni
principali del travestimento femminile nella prima età
moderna. Read era spinta fondamentalmente dalla necessità
economica, mentre Bonny, che aveva voltato le spalle alla fortuna
paterna, seguiva il suo desiderio di amore e avventura.
Può essere che Bonny sia stata spinta al mare, e in particolare
alla pirateria, dalla vicenda (ben nota nella sua nativa Irlanda)
di Grace O’Malley, una regina pirata del tardo Cinquecento
che aveva fatto scorribande su e giù per la costa occidentale
dell’isola smeraldina. O’Malley era feroce d’azione
e di viso, perché in gioventù il suo volto era
stato malamente sfigurato dagli artigli di un’aquila.
Nel 1577 Sir Henry Sydney scriveva che O’Malley «era
donna conosciuta in tutte le coste d’Irlanda». Quindi
anche nel porto di Cork, da dove O’Malley aveva frequentemente
attaccato i mercantili che facevano rotta per la penisola iberica
e dove Bonny era nata, in una famiglia di gente di mare.
Il Jolly Roger, la famosissima
bandiera dei pirati
Le
ballate delle donne guerriere
Ad ogni modo, Bonny e Read sono diventate parte di una più
ampia tradizione dove troviamo donne famose come Christian Davies
che, vestita da uomo, ha inseguito suo marito da Dublino fino
in Europa, attraverso battaglie, ferite e una cattura da parte
dei Francesi, per tornare finalmente in Inghilterra a ricevere
gli onori militari dalla Regina Anna.
C’era poi Ann Mills, che è andata per mare «circa
nell’anno 1740» prestando servizio come «marinaio
semplice a bordo della fregata Maidstone” durante la Guerra
di Successione Austriaca. Si è distinta in un combattimento
corpo a corpo contro «un nemico francese» al quale
«ha tagliato la testa, come trofeo di vittoria».
Ma forse la travestita più conosciuta del Diciottesimo
secolo è stata Hannah Snell, fuggita in mare nel 1745
alla ricerca del marito marinaio, che l’aveva abbandonata
durante la gravidanza. Articoli sulla sua vita sono apparsi
su riviste come Gentlemen’s Magazine e Scots
Magazine, nonché in libri di varia lunghezza, in
inglese e olandese.
Donne come Christian Davies, Ann Mills e Hannah Snell sono state
anche cantate nelle ballate popolari dell’Atlantico. Una
«bassa classe semi-letterata» di «apprendisti,
servitori, lavandaie, braccianti agricoli, operai, soldati e
marinai» cantava le gesta delle «donne guerriere»
alle fiere, sui moli, agli angoli delle strade, e in mezzo alla
folla che si radunava per assistere alle esecuzioni. Bonny e
Read hanno fatto la loro comparsa in un’epoca in cui le
ballate delle donne guerriere erano all’apice della popolarità.
Diane Dugaw ha rilevato che queste ballate fornivano «una
lettura incredibilmente precisa, anche se stereotipata, dell’esperienza
[femminile] delle classi inferiori», che richiedeva di
necessità forza fisica, resistenza, indipendenza, coraggio,
e la capacità di sopravvivere con i propri mezzi. È
stata la realtà materiale dell’esistenza a rendere
possibile per alcune donne proletarie travestirsi ed entrare
negli ambienti dominati dagli uomini; la stessa realtà
che ha poi fatto sì che esse fossero personaggi familiari
nella cultura delle prime classi operaie, tanto da esserne celebrate.
Bonny e Read rappresentavano l’aspetto non tipico, ma
più forte, della femminilità popolare.
La loro era una forza fisica e mentale, erano bene equipaggiate
per il lavoro marittimo e la pirateria sia in senso fisico che
psicologico. Quando era adolescente, Read già «cresceva
forte e audace». Bonny è descritta come «vigorosa»
e di «carattere fiero e coraggioso».
In «tempo di azione, nessuno tra [i pirati] era più
risoluto» di Bonny e Read, «o pronto a bordo a intraprendere
ogni cosa che fosse rischiosa», anche perché, all’epoca
in cui navigavano sotto il Jolly Roger, erano già passate
attraverso ogni sorta di difficoltà. La madre di Read
era stata sposata a «un uomo che trattava il mare»
anche se in effetti sembra piuttosto che sia stato il mare a
trattare lui; la madre di Anne Bonny faceva la «ragazza
di servizio». In quanto figlie illegittime, entrambe hanno
dovuto affrontare assai presto un’esistenza difficile
e precaria.
L’arte di sopravvivere nel duro mondo proletario richiedeva
una buona capacità di autodifesa, attività in
cui sia Bonny che Read erano maestre. L’esperienza di
Read nella fanteria e cavalleria britannica ha contribuito a
farne una schermitrice temibile tra i pirati. L’addestramento
di Bonny è stato meno formale ma non meno efficace, come
ha dovuto inaspettatamente e dolorosamente scoprire colui che
aveva cercato di violentarla.
Quindi Bonny e Read erano ben preparate ad adottare la cultura
sia marinara che pirata, e l’hanno fatto con entusiasmo.
Imprecavano e bestemmiavano come ogni buon navigante.
In più, erano armate fino ai denti, portando pistola
e machete come chi è ben addestrato nei modi guerreschi.
E anche, affermavano uno dei principali valori e modelli comportamentali
in vigore sia tra i marinai che tra i pirati, cioè il
codice non scritto del coraggio. Calico Jack Rackam ha fatto
il suo salto nel mondo dei pirati quando il capitano Charles
Vane ha rifiutato di attaccare una nave da guerra francese,
il che ha immediatamente fatto scattare l’accusa di codardia
e una democratica votazione di sfiducia, con conseguente promozione
di Rackam da quartermaster a capitano. Tra i marinai
in genere, ma specialmente tra i pirati, il coraggio era uno
strumento fondamentale di sopravvivenza, e la codardia un invito
al disastro e infine alla morte.
Tradizionalmente, il coraggio era visto come una virtù
maschile, ma Read e Bonny hanno dimostrato che le donne ne posseggono
in abbondanza. L’hanno dimostrato nell’ammutinamento
che ha lanciato entrambe nella pirateria e ancora negli scontri
che hanno portato alla loro cattura, quando hanno sparato un
colpo di pistola nella stiva, mirando ai loro tremebondi compagni.
Read odiava sentire definire codardo il suo amante, e Bonny
ha definito in tal modo il suo, quando il cappio gli si stringeva
al collo a Port Royal.
La prova più evidente dell’importanza del coraggio
è venuta dalla risposta che Read ha dato, con coscienza
di classe, a un prigioniero che le prospettava una «morte
ignominiosa” sul patibolo, affermando altera che «gli
uomini di coraggio» (come lei) non la temevano. Ha accusato
le vigliacche canaglie che a terra usavano la legge come strumento
di oppressione, allusione inconsapevole alla massiccia e violenta
riconversione dei rapporti di proprietà che aveva luogo
nella sua nativa Inghilterra nel momento stesso in cui pronunciava
la sua condanna.
Read considerava il coraggio una risorsa, qualcosa di simile
a una particolare abilità che offriva a chi era povero
qualche protezione nello spietato mercato del lavoro. La stessa
idea è stata espressa con maggior precisione dal capitano
pirata Charles Bellamy, che ha dato a un capitano fatto prigioniero
la seguente lezione:
dannazione
a voi, non siete che un vile cucciolo di cane, e così
sono tutti quelli che accettano di essere governati dalle leggi
che i ricchi hanno fatto per la loro propria sicurezza, perché
altrimenti questi botoli codardi non hanno il coraggio di difendere
quanto hanno ottenuto con la loro malizia; dannazione a voi
tutti, a loro che sono una banda di furbe carogne, e a voi che
li servite, quel pacco di teste di legno dal cuore di gallina.
Ci trattano da delinquenti, le carogne, quando non c’è
che una differenza, loro rubano ai poveri con la copertura della
legge, sissignore, e noi prendiamo ai ricchi con la protezione
del nostro coraggio.
Il coraggio dunque era l’antitesi della legge. I proletari
dovevano averne per poter procedere in un mondo di vili cagnolini,
teste di legno dal cuore di gallina, furbi lestofanti, e carogne.
Questa nel Diciottesimo secolo era la voce secolarizzata del
dissenso radicale che durante la Rivoluzione Inglese aveva preso
la legge nelle sue mani.
Questo antitetico disprezzo per l’autorità statale
è evidente anche in un altro aspetto dell’esperienza
di classe di Bonny e Read, la loro situazione familiare e maritale.
Entrambe avevano intrapreso ciò che John Gillis chiama
«la pratica proletaria dell’auto-matrimonio e auto-divorzio».
Read si era felicemente concessa in sposa al suo innamorato.
Bonny, di fronte alla prospettiva di una vita dotata di qualche
ricchezza e privilegio di classe, le ha rapidamente volto le
spalle per sposare un povero marinaio, trasferendosi in una
località nota come «ricettacolo e rifugio di pirati
e gente licenziosa». Le pratiche matrimoniali volte a
conservare la proprietà, proprie delle classi superiori,
non facevano per lei. E nemmeno il marito, perché ha
ben presto cercato di mettere in atto, con l’aiuto del
suo nuovo innamorato Calico Jack Rackam, un forma di divorzio
popolare nota come «vendita della moglie», volta
a por fine a una vecchia relazione per iniziarne una nuova.
Rackam doveva dare al marito di Anne «una somma di denaro,
in considerazione che egli avrebbe conferito lei al detto Rackam
mediante un atto scritto, e lei anche parlò ad alcune
persone perché testimoniassero in detta scrittura».
Quando il governatore Woodes Rogers ha rifiutato di riconoscere
la validità di questo rito popolare, minacciando di far
frustare e imprigionare Bonny per tale «comportamento
licenzioso», lei e Rackam «vedendo che non avrebbero
potuto con mezzi leciti godere della reciproca compagnia in
libertà, decisero di fuggire insieme, e goderne a dispetto
di tutto il mondo». Bonny e Read hanno così esercitato
la libertà coniugale, pratica collettiva che ha indotto
l’Inghilterra a promulgare la legge del 1753 detta Hardwicke
Act, volta a restringere la validità del vincolo matrimoniale
alle cerimonie pubbliche officiate in chiesa.
La sfida principale lanciata da Bonny e Read all’autorità
statale è stata la scelta della pirateria, che rappresentava
un’altra esperienza di classe ancora, sempre, nell’ambito
della libertà. Il capitano Charles Johnson riconosceva
che la pirateria era una «vita di libertà”
e di ciò ha fatto il tema principale del suo libro. Bonny
e Read hanno preso parte a questo audace esperimento che superava
il potere tradizionale della famiglia, dello Stato e del capitale,
un esperimento portato avanti da gente di lavoro, uomini e anche
qualche donna.
Ma aggiungevano un’altra dimensione al fascino sovversivo
della pirateria, facendo propria quella che era vista come una
libertà maschile. In ciò, non erano semplicemente
tollerate dai loro compagni maschi, in quanto avevano una notevole
leadership sulla nave. Sebbene non formalmente elette a posti
di comando, comandavano con l’esempio, nei duelli, nel
tenere il ponte durante gli scontri, e nel far parte della squadra
che doveva abbordare le prede, un diritto sempre riservato ai
membri più audaci e rispettati dell’equipaggio.
Hanno dimostrato che una donna poteva trovare la sua libertà,
sotto il Jolly Roger.
L’eredità
di Bonny e Read
Infine, di Anne Bonny e Mary Read è rimasto il segno
nel mondo? La loro audacia ha «fatto la differenza»?
Ci hanno lasciato, insomma, qualche tipo di eredità?
Dianne Dugaw sostiene che il genere delle ballate popolari sulle
donne guerriere è stato in gran parte soffocato all’inizio
del Diciannovesimo secolo dal nuovo concetto borghese di femminilità.
Le donne guerriere apparivano personaggi comici, grotteschi
e assurdi, poiché mancavano dei caratteri femminili,
ormai divenuti essenziali, di delicatezza, rispetto, e fragilità.
La donna guerriera, nella cultura se non di fatto, era stata
addomesticata.
Ma il fatto restava, ostinatamente. Anche se Bonny e Read non
hanno modificato a livello sociale i termini del più
ampio dibattito sul rapporto tra i sessi, e anche se a quanto
sembra esse non vedevano nei propri exploits un appello
per i diritti e l’uguaglianza di tutte le donne, la loro
stessa vita e conseguente popolarità rappresentavano
un sovversivo commento ai rapporti di genere del loro tempo
e anche «un potente simbolo di femminilità non
convenzionale” per il futuro.
La frequente ripubblicazione della loro vicenda nella letteratura
romantica del Diciottesimo, Diciannovesimo e Ventesimo secolo,
ha sicuramente catturato l’immaginazione di molte ragazze
e giovani donne che si sentivano imprigionate nel concetto borghese
di femminilità e domesticità. Julia Wheelwright
ha sottolineato che le femministe del Diciannovesimo secolo
utilizzavano l’esempio delle donne soldato e marinaio
«per mettere in discussione l’idea dominante dell’innata
debolezza fisica e mentale della donna». Bonny e Read,
e le altre, rappresentavano la confutazione delle teorie allora
prevalenti sull’incapacità femminile.
Anne Bonny, Mary Read e le altre donne come loro, hanno fornito
spunto anche a molte immaginazioni operanti in campo letterario.
Esse erano la versione reale della famosa eroina di Defoe, Moll
Flanders. In effetti, Bonny, Read e Flanders hanno molto in
comune. Sono tutte figlie illegittime, povere alla nascita e
tali per molti anni dopo, ciò che Defoe definiva «progenie
della deboscia e del vizio».
Sia Flanders che Bonny sono nate da madri che le avevano in
grembo mentre erano in prigione. Tutte e tre si sono trovate
dalla parte sbagliata della legge, accusate di reati capitali
contro la proprietà e con la prospettiva di dover affrontare
«the steps and the string» (i gradini e
la corda), espressione gergale per indicare la forca. Tutte
hanno dovuto affrontare l’esperienza di una vita randagia
e senza casa, con viaggi attraverso l’Atlantico. Tutte
hanno riconosciuto l’importanza del travestimento, la
necessità di poter apparire «in diverse forme».
Anche Flanders si è vestita da uomo: la sua governante
e compagna di crimini «ebbe una nuova idea per il mio
viaggio all’estero, vale a dire che mi vestissi in abiti
maschili, e così mi indusse a un nuovo tipo di esperienza».
Anche Flanders ha avuto un contatto con i pirati nel suo viaggio
in Virginia, pur senza incontrare donne tra loro. Se avesse
deciso di unirsi a quelli che navigavano sotto il Jolly Roger,
si potrebbe dire che è stata la vita di Bonny e Read
a fornire lo spunto al romanzo, pubblicato l’anno successivo
alle avventure delle nostre eroine.
Scrive Christopher Hill: «Il primo romanzo prende vita
dal movimento». Riferendosi al Diciassettesimo e primo
Diciottesimo secolo, egli conclude che «il romanzo non
scaturisce soltanto dal rispettabile ambiente familiare borghese.
Esso contempla anche il picaro, il vagabondo, l’itinerante,
il pirata (rifiuti del mondo stabile dei buoni padri di famiglia),
quelli che non possono o non vogliono adattarsi». Anche
Peter Linebaugh enfatizza l’origine proletaria del romanzo
picaresco nella prima età moderna, specialmente in Inghilterra,
dove tale forma letteraria «ha raggiunto l’apogeo
con la pubblicazione di Moll Flanders nel 1722».
L’esperienza delle grandi e spesso diseredate masse in
movimento (gente come Anne Bonny e Mary Read) ha costituito
la materia prima dell’immaginazione letteraria.
È quanto intendeva il biografo di Hannah Snell, suo contemporaneo,
quando precisava che oggetto della sua opera era «la Pamella
reale», alludendo al famoso romanzo di Samuel Richardson.
L’attività a volte disperata di uomini e donne
delle classi lavoratrici, all’epoca del nascente capitalismo,
ha contribuito a generare una delle forme letterarie più
importanti e più duratura del mondo, il romanzo, che
in effetti sarebbe inconcepibile separato da tale attività.
Bonny e Read hanno anche influenzato un altro importante genere
letterario, il teatro. Tutti sanno che la Beggar’s
Opera di John Gay è stata una delle rappresentazioni
teatrali più popolari e di successo nell’Inghilterra
del Diciottesimo secolo. Meno noto è il fatto che nel
1728-29 Gay abbia scritto Polly: An Opera, being the Second
Part of the Beggar’s Opera (Polly: Un’opera
che è la seconda parte della Beggar’s Opera).
Il sequel è rimasto misconosciuto a causa della repressione
politica, essendo stato censurato dal primo ministro in persona,
Robert Walpole, che già non era stato propriamente felice
di vedersi rappresentato come Bob Booty, in The Beggar’s
Opera.
Contrariato perché Gay indicava come moralmente equivalenti
i rapinatori di strada e il circolo di governo del primo ministro,
e vedendo nella nuova opera i medesimi connotati sediziosi della
prima, Walpole ha fatto interdire Polly, ma in tal
modo l’ha resa ancora più popolare.
Le richieste di rappresentazione sono state clamorose; migliaia
di sottoscrizioni hanno portato a Gay una rilevante somma di
denaro, sebbene non completamente sufficiente alle sue necessità,
non fosse stato per una ventina di editori pirata e librai che
in proprio hanno stampato e venduto il testo. Polly
ha così ottenuto presenza e visibilità pubblica
ben prima della sua prima teatrale nel 1777.
Il nome del titolo si riferisce alla figlia di un personaggio
alla Jonathan Wild, chiamato Peachum. Polly arriva nel Nuovo
Mondo, le Indie occidentali per la precisione, alla ricerca
del suo amore, Macheath, il bandito che in The Begger’s
Opera era stato condannato alla deportazione per vari crimini.
Polly scopre che Macheath è diventato pirata e agisce
sotto la falsa identità di Morano, un «delinquente
negro» nonché capitano di un equipaggio di bucanieri.
In viaggio verso l’America, Polly perde tutto il denaro
in seguito a un furto, ed è quindi costretta a vendersi
come serva a termine. Viene comprata da una certa Mrs. Trapers,
proprietaria di una casa di prostituzione, e quindi venduta
da questa a un facoltoso piantatore di canna da zucchero, Mr.
Ducat. Polly sfugge alla situazione travestendosi «al
modo maschile» e andando per mare come pirata in cerca
di Macheath. La ragione del travestimento, spiega, è
«proteggermi dalle violenze e dagli insulti cui il mio
sesso avrebbe potuto espormi».
Il fatto stesso di scrivere un dramma in cui vengono rappresentate
donne pirata, a pochi anni di distanza dal processo ad Anne
Bonny e Mary Read, suggerisce che Gay conoscesse le avventure
delle due donne pirata reali, e ne abbia tratto spunto. Ciò
appare tanto più verosimile ove si pensi alle similitudini
tra l’opera teatrale e la realtà dei pirati caraibici
del decennio precedente.
È possibile che Jenny Diver, una prostituta già
presente in The Beggar’s Opera e amante di Macheath/Morano
sulla nave pirata, abbia avuto come modello Anne Bonny. Come
Bonny, infatti, Jenny è l’amante del capo pirata,
e successivamente si innamora di un altro pirata, che però
si rivela essere una donna travestita, nella fattispecie Polly
invece che Mary Read. Per parte sua, Polly rassomiglia a quest’ultima,
per il comportamento sessuale modesto, perfino «virtuoso».
Eugène Delacroix: La
Liberté guidant le peuple
La
Libertà che guida il popolo
Bonny e Read hanno influenzato la posterità anche in
un altro modo, sia pur indiretto, e precisamente attraverso
l’illustrazione di un ignoto artista apparsa come frontespizio
dell’edizione olandese della General History
di Johnson, tradotta come Historie der Engelsche Zee-Roovers.
In essa è rappresentata una donna militante, a petto
nudo, armata di una spada e una torcia, che si erge sotto l’emblema
internazionale della pirateria, il Jolly Roger. Sullo sfondo
a sinistra c’è una forca con dieci impiccati appesi,
e a destra una nave in fiamme. In basso, si nota: un documento
non identificabile, forse una mappa o un atto giudiziario, calpestato
sotto i piedi della donna; una nave che affonda, con l’albero
maestro spezzato; un’altra donna che tiene la bilancia
della giustizia; e un uomo, probabilmente un soldato, che sembra
avere le mani legate dietro la schiena. Sospesa nell’aria
a destra, sta una figura mitica, forse Eolo, il dio greco dei
venti, che svolge il suo ruolo per rendere tempestosa la scena.
Un piccolo mostro marino, figura comunemente usata dai disegnatori
di mappe della prima modernità per adornare le porzioni
acquatiche del globo, gestisce la parte retrostante del caos.
L’illustrazione è un’allegoria della pirateria,
con quell’immagine centrale di donna armata, violenta,
riottosa, criminale e negatrice della proprietà, in una
parola la rappresentazione stessa dell’anarchia.
Gli elementi di questa allegoria si ritrovano nella vita di
Anne Bonny e Mary Read che, non sorprendentemente, avevano un
ruolo di primo piano nella Historie der Engelsche Zee-Roovers,
non solo nel testo ma anche in illustrazioni separate e perfino
sulla copertina, proprio davanti al frontespizio, dove il libro
orgogliosamente informa di contenere il racconto della loro
vita.
È quasi certo che le due donne pirata della realtà,
vissute, come dichiarava la narrativa su di loro, a «fuoco
e spada», abbiano ispirato l’illustratore, inducendolo
a dipingere la pirateria insorgente nella forma allegorica di
una donna guerriera e banditesca che regge il fuoco in una mano
e la spada nell’altra.
Può essere istruttivo paragonare questa illustrazione
a un dipinto famoso, la Liberté guidant le peuple
(la Libertà che guida il popolo) di Eugène Delacroix,
perché le rassomiglianze sono straordinarie. Come composizione,
le due opere sono notevolmente simili: anche in quella di Delacroix
la figura centrale è una donna armata e a petto nudo,
vestita di una tunica romana, che si volge indietro mentre procede
avanti, verso l’alto, oltre, al di sopra di una massa
di corpi sparsi a terra. In entrambi i casi, l’identità
proletaria delle donne è indicata dal fisico solido e
muscoloso.
Nel 1831 i critici parigini sono rimasti scandalizzati per questa
Libertà «sporca», che dicevano simile a una
puttana, una pescivendola, una donna della «marmaglia».
Inoltre, bandiere e conflagrazioni fanno da cornice a entrambe
le opere: al Jolly Roger e alla nave che brucia sulla destra
fa riscontro il tricolore francese e un edificio in fiamme,
con collocazione praticamente identica. Un giovane armato, un
ragazzo di strada, occupa il posto del dio del vento. Dove stavano
i corpi dei pirati appesi, qui c’è «il popolo».
Due soldati, verosimilmente morti, giacciono in primo piano.
Ma ci sono anche alcune differenze. La Libertà ha in
mano un moschetto con la baionetta inastata, invece che la spada
e la torcia. Essa si volge verso i vivi, a prendere ispirazione,
e non verso i morti. Il «popolo” in armi ha sostituito
«la gente” (come veniva normalmente chiamato l’equipaggio
di una nave nel Diciottesimo secolo) appesa per il collo nell’illustrazione
olandese.
Più importante, Delacroix ha ammorbidito e idealizzato
sia il corpo che il viso femminile, sostituendo a ira e inquietudine
una solennità serena, anche se determinata. Con buona
pace dei suoi critici, Delacroix ha trasformato una donna parzialmente
nuda in un nudo parziale di donna, operando sul corpo femminile
un controllo estetico simile all’addomesticamento eseguito
sulle donne guerriere delle ballate popolari.
Ed ecco che la Libertà si ritrova con le sue contraddizioni:
essa è sia uno «sporco” essere rivoluzionario
nato dall’azione, sia un essere femminile ultraterreno
e idealizzato, che riunisce l’eredità artistica
del classicismo e la nuova concezione della femminilità
presente nel Diciannovesimo secolo.
Che Delacroix abbia visto l’illustrazione olandese e l’abbia
usata come modello, non può essere provato. Nel 1824
l’artista ha interrotto la stesura del suo diario, dove
avrebbe potuto registrare tale influenza, e non l’ha ripresa
fino al 1847. Inoltre, è probabile che entrambi gli artisti,
l’olandese e il francese, abbiano tratto spunto dalle
raffigurazioni classiche di divinità come Atena, Artemide
o Nike per rappresentare i propri soggetti. Tuttavia, esiste
un certo numero di prove circostanziali che indicano la possibilità
che l’allegoria della pirateria abbia influenzato la maggiore
opera di Delacroix.
Prima di tutto, è risaputo che nel dipingere la sua Libertà,
egli ha tenuto conto di fatti popolari realmente accaduti, come
quello di Marie Deschamps, che durante il culmine delle giornate
di luglio, ha afferrato il moschetto di un cittadino morto poco
prima e ha sparato contro le guardie svizzere. Un altro soggetto
ben noto all’artista era quella «povera lavandaia»,
conosciuta soltanto come Anne-Charlotte D., che si dice abbia
ucciso nove soldati svizzeri per vendicare la morte di suo fratello.
Questi personaggi della vita reale, come Anne Bonny e Mary Read,
non potevano non colpire l’immaginazione romantica.
In secondo luogo, Delacroix stesso ha annotato nel suo diario
di avere spesso studiato stampe, incisioni e pubblicazioni popolari
durante la progettazione delle sue opere, per risolvere certi
problemi di composizione.
E all’epoca in cui ha eseguito il suo famoso dipinto,
vale a dire la fine del 1830, erano già apparse almeno
venti edizioni della General History di Johnson, delle
quali sei (o più) in francese e contenenti l’illustrazione
comparsa nell’edizione olandese. La maggioranza di tali
edizioni, che riportavano tutte, anche quelle francesi, il riferimento
alla storia di Bonny e Read nei loro titoli, era certamente
accessibile all’artista, a Parigi.
Terzo fatto, assai importante: può essere provato che
Delacroix avesse in mente la pirateria proprio quando dipingeva
la sua Libertà. Il poeta romantico inglese Byron era,
secondo lo storico dell’arte Gorge Heard Hamilton, «una
fonte inesauribile di ispirazione» per il pittore.
George
Byron
Delacroix ha intensamente usato l’opera di Byron, durante
gli anni Venti, producendo tre importanti opere derivate da
soggetti della sua poesia nel 1827, ed eseguendone molte altre
sulla guerra civile greca, in cui poi Byron ha perso la vita.
E Delacroix stava leggendo il poema di Byron The Corsair
(sulla pirateria) durante l’esecuzione della Libertà,
tanto che nel 1831, in quella stessa sala in cui aveva esposto
la sua opera maggiore, ha anche presentato un acquarello basato
proprio su quel poema.
L’immagine della pirateria (1725) ha preceduto quella
della libertà (1830) di più di un secolo. Eppure
la libertà conquistata da Anne Bonny e Mary Read (quella
breve ma seducente di cui hanno goduto sotto il Jolly Roger)
ha fatto uno strano, tortuoso percorso, è partita da
un ruvido e rollante ponte di nave nei Caraibi, ed è
arrivata fino al lucido e fermo pavimento di una sala d’arte
a Parigi.
Era il caso di una libertà conquistata con l’azione,
di una cultura bassa che influenzava la cultura alta, delle
lotte del Nuovo Mondo che fornivano spunto e indirizzo a ciò
che poi sarebbe stato visto come prodotto del genio e dell’originalità
artistica e culturale europea. Sarebbe un giusto tributo a Bonny
e Read se l’esempio di queste due donne che hanno conquistato
la loro libertà sotto il Jolly Roger avesse contribuito
a sua volta a ispirare una delle più famose rappresentazioni
della libertà mai esistite nel mondo moderno.
Marcus Rediker
Marcus
Rediker
CANAGLIE
DI TUTTO IL MONDO
L’epoca d’oro della pirateria
traduzione
di Roberto Ambrosoli
192 pp. / € 17,00
Non
solo Rediker conosce bene i pirati, ma quel che più
conta è che sa come raccontare una storia. Lontano
dai toni accademici, ci parla con grande passione di
un’epopea insieme romantica e sanguinaria –
senza tralasciare i dettagli più crudi –
in cui la scelta forte di una vita da fuorilegge nasceva
dal rifiuto di una società segnata dal dispotismo,
particolarmente duro per la gente di mare. Ancor oggi
eroi dell’immaginario popolare, i pirati hanno
incarnato una visione del mondo basata sui valori di
libertà ed eguaglianza che ha sfidato le convenzioni
dell’epoca a proposito di razza, sesso, classe
e nazionalità, proponendo una democrazia radicale
capace di sovvertire la loro società. E anche
la nostra.
L’autore
Marcus Rediker insegna storia all’Università
di Pittsburgh (USA) e si è in particolare occupato
dei tanti protagonisti che hanno popolato la storia
dell’oceano Atlantico dopo la scoperta dell’America:
marinai, schiavi e, appunto, pirati.
“…
Ho partecipato ai movimenti contro la guerra nel Vietnam,
contro gli interventi del governo degli Stati Uniti
in America Centrale negli anni ‘80, contro la
segregazione in Sudafrica, contro la distruzione ambientale
e contro tutte le forme di sfruttamento e di oppressione,
basate sulla razza, sulla classe e sul genere. Negli
ultimi anni ho lavorato per una revisione del processo
a Mumia Abu-Jamal condannato a morte in Pensilvania
e per abolire la punizione capitale negli Stati Uniti
e nel mondo intero. (…).”
(dal
sito di Marcus Rediker: www.marcusrediker.com/Miscellany/activism.htm).
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