Ricordando
GianPaolo Verdecchia
Sabato 20 ottobre alle 11, quando le ceneri del nostro amico GianPaolo Verdecchia
sono state disperse in Arno, e la sua dolce forte compagna ci regalava dei sorrisi,
e la Banda dei Fiati Sprecati suonava la sua versione di “Addio a Lugano bella”, e il cantante snocciolava il vecchio repertorio dei canti anarchici, e la sabbia gialla del greto del fiume si sollevava col vento, e le nuvole bianche veleggiavano sospese in un cielo turchino, e le nostre bandiere sventolavano senza sosta, e i nostri fiori galleggianti sull’acqua davano un effetto un po’ indiano alla cerimonia, e i ciclisti curiosi si affacciavano in quel punto del terrazzino là dove il Parco delle Cascine è denominato proprio all’Indiano, c’era molta gente riunita e cani festosi e occhi umidi... I canti sarebbero certamente piaciuti a GianPaolo che, come Jacques Brel, avrebbe voluto che al suo funerale si cantasse e si danzasse.
Acutissimo e ironico, ma di un’ironia mai cinica, ed invece profondamente empatica, anche nella sua attività era sempre partecipe del dolore e della paura (anche piccoli) degli altri, non solo compagni. Onestissimo quanto scrupoloso, intercalava al lavoro, la battuta che sapeva veicolarsi, per lui l’essere “compagno” riprendeva la dimensione etimologica nel senso di “mangiare e parlare insieme”.
Sostenuto dalla compagna Brigitte e dai figli, GianPaolo ha lottato fino in fondo contro un male che sembrava vinto e superato (fino a pochissimi mesi prima dell’aggravamento era presentissimo come lavoratore e come compagno) ma era riaffiorato prepotentemente negli ultimi tempi.
GianPaolo modello di vita, di capacità di relazionarsi, di comprensione dell’altro e di intelligenza militante, carica di spirito ironico anche corrosivo, ma sempre positivo. Confronta l’intervento di GianPaolo (sul numero dell’estate 2007 di “A”) uno dei rari e lucidissimi, testi di Verdecchia su problematiche attuali: uno scritto brillante quanto emblematico.
Sappiamo che una persona così lascerà un vuoto incolmabile, non soltanto da un punto di vista professionale (il Robin Hood dei dentisti, che prendeva il giusto ai clienti ricchi per regalare gli interventi ai clienti poveri), e nemmeno solamente da un punto di vista politico, ma specialmente da un punto di vista umano. Rendiamo onore a un amico sincero e ad una delle figure più limpide del movimento anarchico e libertario.
Eugen Galasso e Patrizia “Pralina” Diamante
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GianPaolo Verdecchia |
Poche righe voglio aggiungere a questo ricordo di Eugen e Pralina. Per ricordare un compagno che ha attraversato 4 decenni di storia dell’anarchismo militante fiorentino con perseveranza e soprattutto una grande umanità, un cuore grande così. Avevamo raggiunto l’età in cui i ricordi si affollano, a volte un po’ confusi (l’età, appunto) e i “ti ricordi di quello, che fine ha fatto?” oppure “A quella manifestazione c’ero anch’io” provocavano emozioni e valutazioni. Un altro del ’68 che se ne è andato.
Ma, a partire dai suoi cari, giù giù attraverso i tanti compagni che gli hanno voluto bene (e magari si son fatti mettere le sue esperte mani in bocca), non ha vissuto invano.
Io poi ho perso il mio tassista personale a Firenze. Dove lo trovo un altro che venga sempre a prendermi a Santa Maria Novella quando c’è un’iniziativa a Firenze?
Piccolo grande GianPaolo, che peccato che tu non ci sia più.
Paolo Finzi
Chiudiamo questo ricordo pubblicando il testo di una poesia letta all’Indiano (Parco delle Cascine, Firenze) nel corso dell’ultimo saluto a GianPaolo Verdecchia
sabato mattina 20 ottobre 2007
Eravam militanti per davvero
E nei ’60 feci la conoscenza
Del compagno Verdecchia del Cafiero
Noi dal Durruti si facea la concorrenza...
Le idee le avevi per ieri oggi e domani
Sempre lucido a fare gl’interventi
Sapevi dove mettere le mani
E a molti ce le hai messe anche
fra i denti...
Dove sei andato noi non si capisce
Qui si continua a fare i’ che si può
La nostra idea il mondo la svilisce
Tutto si cambia ma la testa no...
Ora t’han chiuso dentro un bussolotto
Noi ti si libera e ti si rimette al vento
Un anarchico che ha fatto il ’68
È sempre pronto ad un altro intervento...
Vincenzo Mordini
Ricordando
Luciano Massimo Consoli
Il 3 novembre scorso è morto a Roma Luciano Massimo Consoli, una delle figure più note nei movimenti omosessuli degli ultimi decenni. Anarchico, era in contatto con noi di “A” fin dai primi numeri di “A”, all’inizio degli anni ’70. Ne pubblichiamo qui il ricordo apparso nel periodico telematico dei cristiani valdesi, Newsletter Ecumenici, a firma MB, a testimonianza della stima di cui godeva in tanti ambienti.
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Luciano Massimo Consoli |
Caro Massimo Consoli,
sapevamo dai tuoi cari della condizione medica irreversibile a cui eri giunto in ospedale: per questo stanotte – durante la distribuzione delle notizie – alle ore 1.50 abbiamo pregato con un Salmo anche per Te, qui su questo foglio che leggevi e che consideravi anche tuo.
Fondatore del movimento di liberazione omosessuale in Italia, Massimo era un irriducibile anarchico, aperto di mente e di cuore, che ha partecipato in qualche modo alle nostre vicende nei suoi ultimi anni. Spesso con interessi diversi ma non per questo meno stimolanti. Abbiamo accolto il suo più importante suggerimento di leggere il più prezioso testo mai scritto in Italia sulla persecuzione degli omosessuali durante il nazifascismo e ricevuto in dono diversi suoi libri e recensioni. Grazie.
Grazie perché sei stato formidabile nell’indagine, nell’accuratezza, nell’anticonformismo e nel tuo atteggiamento critico anti ideologico e anti manicheo. I buoni erano anche cattivi e i cattivi erano anche buoni. Questo concetto non è sempre stato compreso, anche all’interno del Movimento. Ma è bene dirlo apertamente. Senza reticenze. Grazie anche per averci fatto cambiare il nostro linguaggio, in modo che fosse più diretto ed esplicito. Le ultime tue lettere ci sono giunte il 19 agosto scorso. Rileggendo ad esempio quella sui gatti neri (qui riportiamo solo un brevissimo stralcio) non hai vinto solo la paura della superstizione ma hai dimostrato di dare coraggio a molti per l’affermazione della loro identità che non può prescindere comunque anche dalla sessualità di ciascuna e di ciascuno. Di questo ho parlato recentemente con una funzionaria dell’Assessorato di Sgarbi del Comune di Milano; col sorriso sulle labbra ho contestando in toto le politiche omofobiche della giunta Morattiana. Non sapeva più cosa replicare… La sua bellezza esteriore non riusciva a camuffare l’imbarazzo. Si arrampicava sugli specchi.
Ti ricordo ancora al telefono per parlare del movimento degli omosessuali che verrà: quello che spazzerà via le ipocrisie del Governo e dell’opposizione di destra, che saprà dare alle future generazioni non solo minimali contratti affettivi ma anche il matrimonio per le persone delle stesso sesso, che lo desiderano proprio in virtù del Comandamento supremo dell’Amore. Che non può essere confuso solo col sesso e su questo avevamo un identico sentire.
Sì, desideriamo ancora sognare adesso paesi più civili del nostro come il Canada o l’Olanda. Se me lo consenti – da parte mia – proprio come credente, visto che le cerimonie si svolgono proprio in quei paesi nei templi e non in asettiche sale comunali. Non dunque visioni della fantasia o di un credo cieco. Ma realtà vera e tangibile.
Oggi è comunque l’Italia degli onesti intellettuali che piange la tua scomparsa. Ringraziamo l’amico Pasquale Quaranta per le informazioni che ci invita a leggere su:
http://it.wikipedia.org/wiki/Massimo_Consoli,
su:
http://www.glbtq.com/social-sciences/consoli_m.html
e le sue considerazioni personali su: http://www.p40.it/ascoltando-massimo-consoli.
Ti salutiamo e col pensiero ricordiamo le persecuzioni da te subite dalla chiesa cattolica e dal cardinale Ersilio Tonini in particolare. Anche per questo qui ti sentivi “a casa”, senza bisogno di spiegare o di giustificare. Forse ti abbiamo regalato un po’ di libertà. Fra protestanti, cattolici, ebrei, musulmani e non credenti ti sei sentito a casa tua, rispecchiando in pieno il tuo nucleo di affetti più cari e stretti. Questo mi consola.
Ciao Massimo, grazie.
MB
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