Il nostro modo di essere e lottare
Carissimi dell’equipe Italiani imbecilli,
innanzitutto vi ringrazio per l’attenzione (Caro Antonio Cardella/1 – sullo scorso numero di “A”) che dimostrate verso i miei modesti contributi a questa nostra Rivista.
Proverò a rispondere alle vostre osservazioni, lieto se queste costituiranno l’inizio di un confronto quanto mai necessario oggi per la crescita complessiva del movimento libertario.
L’immagine che ho rievocato di un’informazione che cerca di portarci costantemente a discutere della nostra storia passata (che si muove, quindi, in un paesaggio spettrale alla ricerca di reperti) non intendeva, in tutta evidenza, recare offesa alla memoria dei nostri Maestri, che sono stati e sono tuttora presenti nella mia esperienza di militante anarchico.
Le mie osservazioni intendevano solo ricordare ai compagni che è un vezzo del potere sottrarre il presente ai suoi più pericolosi oppositori, articolandone la narrazione o verso un passato ormai largamente inoffensivo, o verso un’utopia futuristica velleitaria e difficile da praticare.
Ritengo necessario, quindi, che, sempre rivendicando le nostre origini e onorando la memoria e la lezione dei nostri Maestri, si proponga all’esterno innanzitutto la narrazione del nostro essere presenti e attivi qui e adesso, evitando che di noi si parli in termini di sopravvissuti non in regola con la contemporaneità.
So bene quale può essere il ruolo dell’informazione per contribuire a veicolare le nostre idee e sono talmente lontano dal demonizzarla che – se mi è consentito una citazione personale – sono stato un fautore, sin dagli inizi degli anni Sessanta, del coinvolgimento, con le dovute cautele, di giornalisti della carta stampata e di commentatori radiotelevisivi per la diffusione degli esiti dei nostri Congressi, suggerendo, di volta in volta, la nomina di una Commissione che curasse le apposite conferenze stampa.
Per non parlare, poi, di quanto alcuni settori della stampa, con i quali instaurammo rapporti costanti, contribuirono a respingere le provocazioni del potere nei nostri riguardi in occasione della strage di Piazza Fontana nel dicembre del ’69.
Quindi, nessun ostracismo preconcetto, ma un richiamo costante al nostro modo di essere e di lottare nelle vicende dell’attualità.
Con apprezzamento sincero e avanti col vostro lavoro.
Antonio Cardella
Gli anarchici e la pratica
Risposta alla lettera “Caro Antonio Cardella/2” di Davide Turcato, pubblicata sullo scorso numero.
Caro Davide,
faccio parte del gruppo anarchico Alfonso Failla di Palermo che sino a pochi giorni fa aveva la responsabilità della Commissione di Corrispondenza della FAI. Conosco bene, quindi, i molti fronti sui quali gli anarchici conducono le proprie lotte, dal fronte dell’antirazzismo all’antimilitarismo, da quello ecologico all’anticlericalismo e via dicendo.
Non è quindi sul piano dell’attività quotidiana dei gruppi e delle individualità anarchici che, nell’articolo cui ti riferisci (Uscire dal tunnel. Ma come? – in “A” 357, novembre 2010), rivolgevo le mie preoccupazioni. Intendevo solo sollevare il problema del ritardo con il quale il Movimento Anarchico nel suo complesso affronta in positivo – al netto, pertanto, delle critiche opportune e necessarie – i temi di un possibile percorso da compiere per costruire quella società di liberi ed eguali alla quale tutti aspiriamo. Insisto sul termine percorso perché occorrerà prima superare indenni la fase di transizione, che sarà assai ardua (poni mente, ad esempio, alla necessità di ripensare radicalmente il problema della produzione e della distribuzione dei beni e dei servizi; o come articolare, senza venir meno ai principi anarchici,il tema del lavoro libero e solidale); una transizione che si imbatterà in moltissimi ostacoli, ma alla quale non potremo sottrarci se è vero che la rivoluzione, quella che sovverte in prima istanza le coscienze, si compie ogni giorno, passo dopo passo, senza tentennamenti ma con la flessibilità indispensabile per pensare e ripensare sulle scelte compiute, pronti sempre a modificarle se ritardano il cammino verso l’obiettivo (anch’esso relativo e transitorio) che al momento ci siamo prefissi.
È all’interno di quel contesto che si potrà costruire il territorio dove avrà senso compiuto un discorso che abbracci i diversi aspetti della lotta quotidiana di indirizzo libertario.
In sintesi: è giusto rivendicare l’impegno degli anarchici nella tormentata nostra quotidianità, ma dobbiamo indirizzarlo anche sulle molte altre questioni che spesso stanno a monte delle emergenze che l’assetto di potere attuale ci propone.
Con affetto, Antonio Cardella
A proposito di sicurezza
Nel corso dell’estate del 2010, di fronte al moltiplicarsi delle violenze in certi quartieri delle città francesi, è divampata la discussione sulla sicurezza. L’attenzione mediatica si è incentrata principalmente sui gravi incidenti verificatisi tra i giovani e le forze dell’ordine. Tutto ciò ha portato certi politici a reclamare in maniera decisa: “più telecamere!”, sognando di trovarsi sotto le luci della ribalta. Hanno cercato dei capri espiatori e li hanno trovati: i rom. Deportiamoli! Il popolo deve vedere che noi osiamo agire con fermezza! E questo ripristinerà la sicurezza? No!
Di quale sicurezza stiamo parlando? È la sicurezza minacciata dalla criminalità? Certo: la criminalità può spezzare la sensazione di “sentirsi sicuri”. Inoltre, è necessario indicare che cosa si intenda per “criminalità”. Per questo, rinviamo a una descrizione positivista, perché il discorso politico sulla “sicurezza” è iniziato dal governo. “Criminalità” rimanda ad “agire in riferimento al penale”. Il termine “penale” è sostitutivo di “codice penale”. Per inserire “azioni relative al penale” nel codice penale è necessario disporre del “potere di definire”. Ebbene, è la maggioranza parlamentare che definisce la natura della criminalità tramite il codice penale. Tutto è chiaro.
Damien Carême, sindaco socialista di Grande-Synthe, può a buon diritto chiedere l’arresto immediato del delinquente più noto della zona di Dunkerque: l’amministratore delegato della multinazionale miliardaria Total, Christophe de Margerie (“Le Monde” del 20 agosto 2010). Ma purtroppo il “reato” che ha commesso non rientra nel codice penale. Né il Partito socialista (ps) quando era al potere né, evidentemente, l’Union pour un mouvement populaire (ump), hanno utilizzato a questo fine il loro “potere di definire”, immobilizzati come sono nel sistema capitalistico.
Il modo in cui Christophe de Margerie ha arbitrariamente deciso di procedere alla chiusura della raffineria delle Fiandre, poi il suo rifiuto deliberato di cedere alle ingiunzioni del tribunale che gli intimava di rimettere in funzione l’impianto, sembrano essere per il sindaco di Grande-Synthe la priorità del momento in fatto di sicurezza. Il biasimo resta “morale” e quindi senza ripercussioni “penali”. Il che non significa che non vi siano effetti criminogeni.
Attualmente il potere politico si concentra su alcuni tipi di modi di agire relativi al penale, per ragioni populiste. Si parla di intervenire con decisione sul piano giudiziario contro gli agitatori, e con tutti gli strumenti penali. È un intento vano, perché è la società attuale a produrre fattori criminogeni. Per questo gli anarchici non hanno mai pensato in termini di penalizzazione degli atti deprecabili. Invece hanno pensato in questi termini: organizziamo una società dalla quale siano assenti i fattori che noi riteniamo criminogeni (…)
È evidente che, in questo caso, si parla di una società postcapitalista, nella quale è l’essere umano il fattore guida e non il profitto. Per discutere dei problemi sociali di cui stiamo parlando, propendo per rinviare ancora all’idea del diritto imperniato sull’ambiente sociale. L’idea viene storicamente da lontano, dal francese Alexandre Lacassagne (1843-1924), docente di medicina legale all’Università di Lione, che ha elaborato un pensiero che è andato costruendosi in opposizione alla teoria del “criminale nato” di Cesare Lombroso (1835-1909). (1)
Sviluppando una criminologia “sociologica”, Lacassagne pone l’accento sull’“ambiente sociale”. Due suoi aforismi sono: “L’ambiente sociale è il brodo di coltura della criminalità” e “La società ha i criminali che si merita”. Accanto a questo tipo di impostazione, Lacassagne cerca anche i fattori biologici nei criminali mediante una teoria neofrenologica (ancora una sorta di craniologia). Si tratta di un approccio che ha conosciuto una dura e giusta opposizione. Ma resta da articolare l’approccio sociologico. A questo fine, la giurista e pensatrice libertaria olandese Clara Meijer-Wichmann (1885-1922) ha elaborato una variante socialista libertaria della teoria del diritto imperniato sull’ambiente sociale.
Tale variante ci può aiutare a chiarire la discussione sulla sicurezza (pubblica, sociale) in senso libertario. Ma prima di riferire la sua idea, è opportuna qualche osservazione sull’insegnamento nella facoltà di diritto di Rotterdam (Olanda), durante la prima metà degli anni settanta. (2)
Ovviamente si imparava il diritto penale (teoria, diritto penale come “scienza”, la “politica penale”, il codice penale, la sua “positività”, la sua giurisprudenza ecc.). Si nutrivano dubbi circa gli esiti del diritto penale, per questo si imparava anche “l’altra faccia della criminologia” e si veniva a contatto con l’abolizionismo (depenalizzazione, chiusura delle prigioni). Si parlava dell’organizzazione penale come di un “processo interattivo e comunicativo”. Si tentava anche di applicare la teoria cibernetica per comprendere meglio la funzione del diritto penale. Tuttavia, una cosa appariva evidente nel corso dell’insegnamento di diritto penale: “Il sistema non funziona”. Balzava agli occhi se si considerava il tasso di recidiva… Negli anni successivi, la situazione penale non è cambiata, né in Olanda né all’estero.
Per esempio, secoli fa si tagliava la mano a chi aveva rubato o un orecchio per punire e umiliare: è quello che si faceva ai criminali. Servendosi di cavalli, si squartavano le persone in quattro parti, venivano impiccate in pubblico o erano bruciate vive… Tutto ciò al fine di lottare contro la criminalità, che comprendeva anche gli oppositori al regime e alla religione… Ebbene, neppure il più crudele dei trattamenti (punizione preventiva o repressiva) è riuscito a eliminare la criminalità. La criminalità fa parte della società, è ovvio… Incresciosa e scioccante per chi la subisce. Ciò produce nelle vittime e nel loro ambiente una sensazione di paura, di insicurezza e di vendetta.
Sono precisamente queste le sensazioni di cui il governo si serve per dimostrare al “popolo” che gli è vicino e che agirà con fermezza! Vale a dire che persone, che hanno alle spalle lauree conseguite nelle migliori università di Francia, cominciano a proclamare: inaspriremo le pene, moltiplicheremo la possibilità di togliere la cittadinanza ai francesi di origine straniera, e sarà necessario togliere ai giudici le competenze di dare la libertà e stabilire la detenzione…
Intanto, ci si serve anche di una argomentazione pars pro toto: si prende una parte (una minoranza) come rappresentativa dell’insieme (la totalità del gruppo). Per esempio, una parte della razza bianca è criminale (vedi nelle prigioni), allora tutti i bianchi sono criminali… Per questo non è forse necessaria una politica etnica?… Alcuni magistrati denunciano giustamente “l’isteria collettiva” (“Le Monde” del 4 settembre 2010). Insomma, non è necessario essere anarchici per fare una simile constatazione!
Non c’è sicurezza usando il diritto penale! Con un simile strumento si spinge alla “guerra” (…) In una società sostanzialmente incivile, vale a dire una società in cui gli esseri umani sono usati come strumenti per raggiungere certi scopi, non si esita minimamente a distruggere ciò che è ritenuto nocivo per la società. E, per questa società, il carcere significa anche: “distruzione”. La società attuale non ha ancora saputo prendere le distanze dalla sua fase “incivile”, sostiene Clara Meijer-Wichmann. La società attuale, il diritto penale attuale, sono improntati a concetti formulati nel 1920.
Allora quello che succede attualmente salta agli occhi, come si può vedere con la “deportazione” dei rom e con le grida che invocano “rendiamo più rigoroso il diritto penale”. Il diritto penale attuale deve essere definito incivile. Non soltanto perché punisce fatti causati dalla miseria di questa società, ma anche perché parte dall’idea che i reati debbano essere impediti tramite la dissuasione. Questa caratterizzazione induce a credere che si possano “correggere” gli esseri umani per mezzo della “punizione” o che si potrebbero ripristinare le rappresaglie, tramite una nuova ingiustizia, convinti di porre rimedio alla violazione del diritto.
In breve, la politica securitaria portata avanti da Sarkozy è del tutto vana perché si serve soltanto del populismo. È pura inciviltà.
Thom Holterman
redattore della rivista anarchica olandese “De AS”
(traduzione dal francese di Luisa Cortese)
- Vedi l’articolo di Marc Renneville, La criminologie perdue d’Alexandre Lacassagne (1843-1924) sul sito: http://criminocorpus.revues.org/112.
- A quell’epoca studiavo diritto.
Per una teoria libertaria del diritto
Una teoria libertaria parte dal presupposto antiautoritario che l’imposizione e la coercizione sono danno per l’individuo, da queste considerazioni ogni “legge” è ritenuta non legittima perché imposta da una maggioranza su una minoranza, non condivisa e non adatta ad ogni situazione “localistica” ma programmata, pianificata, centralizzata e istituzionalizzata. Il libertarismo è contro la legge, ma non contro le regole, anzi ciò che il movimento anarchico ha insegnato all’umanità è proprio la condivisione e la partecipazione alla creazione e alla sperimentazione di regole, capacità di autorganizzazione e regole di convivenza comune, una sorta di diritto etico, non monopolizzato e in continuo cambiamento in rapporto alle situazioni e alle condizioni. Per i libertari legge e diritto non sono e non rappresentano la stessa cosa. Il diritto risulta essere il frutto dell’esperienza di vita, il risultato di un percorso razionale di conoscenza e sperimentazione. La tradizione anarchica ha ben illustralo ciò che rappresenta diritto e ciò che rappresenta imposizione.
Proudhon ha tenuto distinte le nozioni di legge e di diritto dove la prima è manifestazione dell’esercizio della forza monopolizzata dallo stato, mentre il secondo comprende tutte le forme di regolazione, di mediazione e di amministrazione dei rapporti, degli interessi e dei conflitti che occupano le vicende umane, una concezione libertaria del diritto che definisco basata su rapporti antigerarchici e consensualisti. Una teoria del diritto libertaria che superi l’eterna contraddizione tra utilitarismo e giusnaturalismo e dia approccio ad una condizione giuridica di consenso e di accettazione, di “tolleranza giuridica”.
L’esperto di diritto Fabio Massimo Nicosia ha cercato di strutturare tal teoria su concezioni consensualiste e di “mercato” ( inteso come frutto dell’accordo e del libero scambio). Secondo quest’ottica consensualista il “mercato”, infatti, è un meccanismo regolatore ed autoregolato delle azioni umane che funziona anzitutto come ordine politico e giuridico. Le stesse norme di comportamento o le lingue in uso presso i vari gruppi umani sono il prodotto di questo meccanismo acefalo ed autopoietico. Tutto secondo tal concezione teorica risulta essere il frutto del confronto; tutto viene, cioè, da attive e dinamiche transazioni che si possono definire, in senso lato, “di mercato“; pertanto, la stessa proprietà nasce dal mercato, non dal diritto naturale, ma quale utile, temporanea convenzione. Ma, se una convenzione è tale, non ha nulla di sacro e di definito, “perenne” e, in mutate condizioni, il “mercato” ( inteso come sintema dinamico di confronto, indipendentemente dal fatto che si tratti di merci, di idee o usi, costumi, linguaggi, ecc. ) può rivedere le proprie “decisioni” che sono sempre frutto del consenso, dell’accordo e del confronto. Tali riflessioni senza cadere in speculazioni troppo filosofiche e teoriche risultano interessanti proprio a confermare di come la legge sia frutto di un imposizione coercitiva e di come stesso le Costituzioni possono essere create, cambiate e discusse su base volontaristiche e di confronto.
L’anarco-individualista americano Lysander Spooner descriveva di una costituzione senza autorità, Spooner muoveva la critica alla Costituzione Americana da un presupposto “realistico”: secondo lui un contratto, per essere valido, deve essere stipulato da persone fisiche in rapporto tra loro, messo per iscritto, firmato dalle parti. Senza questa procedura un contratto non ha alcuna autorità e non produce alcun obbligo, insomma non è frutto del confronto e della tolleranza. Interessante, insomma, sarebbe avviare un dibattito tra libertari sul diritto e sulla sua applicazione libertaria.
Domenico Letizia
(Maddaloni – Ce)
Libertà per i borghesi, o no?
Bisognerebbe analizzare bene il concetto di società anarchica nella civiltà odierna, in base ad uno dei motivi più importanti: il coinvolgimento di tutta la popolazione senza ledere la libertà personale.
I tempi delle occupazioni delle fabbriche sono oramai passati, come anche i tentativi di insurrezione operaia generati da quel grande rivoluzionario che fu Malatesta. Oggigiorno gli operai sono consapevoli – essendo poi la realtà delle cose – del loro sfruttamento da parte della borghesia, sia piccola che non, ma la maggior parte di loro non riesce più ad emanciparsi dalla realtà che lo interessa; grazie a questo non tutti sono “pronti” ad un’auto-organizzazione del movimento operaio, il quale porterebbe all’insurrezione anarchica. Il tutto poi è accentuato dal fatto che le forze repressive sono sempre pronte a mettere i bastoni fra le ruote al popolo, e non si rendono conto che anche loro sono burattini che lo Stato si diverte a mobilitare.
Ma mettiamoci nell’idea che l’intera popolazione attui la rivoluzione sociale, su modello anarchico, e le forze di polizia si convincessero del loro sfruttamento pari quasi al nostro. L’era dei signori non sarà in fase di tramonto?
Certamente! Ma a questo punto sorgerebbe un problema immane: avendo abolito il loro beneamato sistema capitalista, come faranno ad adattarsi a vivere normalmente, senza i vestiti delle grandi marche ma con quelli fatti della stessa stoffa ma non recanti firme? (Con questo tengo a sottolineare che la vita nella società anarchica sarebbe ben diversa dalla vita di stenti sotto regime comunista autoritario).
Detto questo quindi, si potrà pensare che avranno un’esistenza non adatta al loro solito stile di vita quotidiano, e questo influirebbe sulla ristrettezza della loro libertà.
Sono convinto che la borghesia ne risentirebbe della mancanza di libertà momentaneamente, cioè in quella fase di attuazione dell’anarchia nel mondo. Ma viceversa, dopo che avranno iniziato a vivere senza Stato e senza religione, in cooperativa, nella vera società anarchica che non bandisce qualsiasi atto solo perchè lo vieta una legge, in una società comunque ordinata grazie al reciproco aiuto col prossimo, non disdegneranno certo il nuovo stile di vita presentatogli. Perchè non avranno la loro libertà limitata, perchè potranno avere una casa senza dover mantenere lo Stato e le società che ci “mangiano” col mattone, potranno vivere dignitosamente grazie al loro lavoro non sfruttato, e potranno finalmente godersi la vita coi propri figli, i quali avranno una buona educazione scolastica impartita dalle università autogestite.
Questo tipo di società può essere sicuramente vista come un’utopia, naturalmente, ma dentro essa esiste un barlume di speranza che anche la borghesia potrà capire solo quando sarà attuata, ma prima di questo bisogna far tornare nei cuori degli operai l’istinto di rivolta, una per la precisione, la quale ci garantirebbe il nostro avvenire futuro. Bisogna in definitiva far riscoprire a tutti il movimento anarchico mondiale, eliminando finalmente le inutili accuse che provengono dai governi su esso.
Fabio Del Negro
(Desio – Mb)
Psichiatria/L’alternativa possibile
L’orrore della morte dell’anarchico Francesco Mastrogiovanni, la sua sofferenza e la sua agonia sembrano provenire da un’ altra epoca e da altri luoghi che credevamo non esistessero più. Alla luce di questa terribile vicenda penso invece che sia lecito chiedersi se le pratiche odierne, concernenti il trattamento della salute mentale basate spesso sulla coercizione, tendano a mietere vittime piuttosto che creare benessere; e mi chiedo anche se quei sanatori contro cui tanti si sono scagliati, dove la dignità e la libertà della persona venivano annientati, esistano ancora, se non a livello legislativo, almeno nella loro essenza.
Il tema del trattamento della salute mentale non è certo nuovo, da Focault a Basaglia, da Laing a Cooper, ognuno a modo suo ha fatto sentire la propria voce per difendere alcuni fondamentali diritti della persona umana. Mill già nel 1859 nel suo lavoro fondativo On Liberty argomentava che la società non dovrebbe mai usare la coercizione per soggiogare un individuo se questi non ha fatto male a nessuno. Quello che è successo il 4 agosto 2009 all’ospedale San Luca di Vallo della Lucania ci dovrebbe a questo punto far riflettere su quanto si è detto e su quanto poco si è fatto.
Alla fine degli anni 60 il movimento antipsichiatrico denunciava le barbare pratiche abituali della cura degli individui (elettroshock, lobotomia, camicia di forza, uso scriteriato degli psicofarmaci..) e molti illustri filosofi e psichiatri e pensatori in generale portarono forti e ragionevoli critiche al sistema psichiatrico, sia dal punto di vista scientifico sia etico. Bene, a distanza di 40 anni la voce di questi uomini sembra ancora così attuale. Scriveva così Antonine Artaud (morto suicida nel 1963 dopo anni di ospedalizzazioni forzate e più di cinquanta cadute in coma dopo altrettanti elettroshock) in una lettera ai direttori dei manicomi: “...i pazzi sono le vittime per eccellenza della dittatura sociale, in nome di questa individualità che è propria dell’uomo, noi reclamiamo la liberazione di questi prigionieri forzati nella loro sensibilità, perché è pur vero che non è nel potere delle leggi di rinchiudere tutti gli uomini che pensano e agiscono ... possiate ricordarvene domattina all’ora in cui visitate, quando tenterete senza conoscerne il lessico, di discorrere con questi uomini sui quali dovete riconoscerlo non avete altro vantaggio che quello della forza.... l’istituto per alienati sotto la copertura della scienza e della giustizia è paragonabile alla caserma, alla prigione, al bagno penale...”
Siamo sicuri che i luoghi di cui parla Artaud o Focault nella sua Storia della Follia non esistano più? Se non nella forma almeno nell’essenza, cioè nell’essere luoghi costruiti intorno ad un potere dominante che soggioga la libertà e la dignità individuale?
Il compianto Mastrogiovanni avrebbe la risposta. E pensare che un’alternativa esisterebbe se si volesse. Basti pensare al caso di Geel in Belgio dove da 700 anni esiste la tradizione di accogliere i malati di mente nelle case dei cittadini; oggi si calcola che più di 1000 pazienti del vicino ospedale psichiatrico vengano accolti dai 35000 abitanti del paese. Certo una scelta del genere andrebbe a scapito di molti. Innanzitutto causerebbe un danno non da poco agli introiti delle aziende farmaceutiche e di tutti gli pseudo-professionisti che lucrano sulla salute delle persone e di chi in generale gode ad usare il proprio sapere per avere potere; ma questa è un’altra storia o forse è un altro aspetto della stessa storia.
Luca Roveda
(Milano)
A proposito di “A” 358
Vi siete/ci siamo fatti proprio un bel regalo. Complimenti! Sono fiero che anche un mio scrittarello compaia tra tali e tanti collaboratori. Un abbraccio.
Gianpiero Landi
(Castel Bolognese – Ra)
Ho appena ricevuto il numero speciale, che lavoro grandioso avete fatto, sono davvero orgoglioso di esserci.
Pino Cacucci
(Bologna)
Complimenti! Trovo che sia un documento che potrà avere una rilevanza per così dire storica, quanto a documentazione di un percorso politico e culturale, e, sia chiaro, dico ciò senza piaggeria o altro. Al momento ho letto solamente la lunga intervista sulla storia della rivista; indubbiamente interessante, per uno come me che non conosceva tutte le vicissitudini che ha attraversato; devo dire che mi trovo a condividere alcune tue affermazioni un po’ fuori dal “coro”, come l’importanza della tolleranza anche per gli intolleranti (leggi: i fascisti), o la preferenza non ideologica ma pragmatica e di “pancia” per la nonviolenza.
Federico Battistutta
(Gropparello – Pc)
Quante sorprese, quante notizie nuove e inedite. Grande emozione per Franco Pasello, per il tuo racconto della sua vita (che ho letto ai miei 2 figli che hanno avuto, da piccoli, l’onore, il piacere e la fortuna di conoscere). 260 pagine ricche di esercizi di stile intorno a grandi temi che contraddistinguono la nostra vita, che animano le nostre speranze e la continua rincorsa al piacere della libertà.
Cosa dire... un grande sforzo editoriale e personale, impossibile da credere. Aurora non appare mai ma la sua sensibilità traspare anche da queste pagine e, non volermene, anche dalle tue parole consone solo ad un padano benevolmente irradiato, per molti decenni ancora, dal calore e dall’amore siculo.
Ho preso tempo prima di risponderti in attesa dell’ennesima notte gobettiana, inizio di uno studio approfondito di tutti gli scritti (come consigliato da Pippo Gurrieri).
Le cose importanti sono evidenziate in blu, il colore del mare, nel quale annegare l’esagerazione di quanto hai scritto nella tua intervista a proposito di un ragazzo del circolo universitario della FGCI milanese che andava in Piazza Fontana, con gli anarchici, a presidiare la lapide dedicata a Pino Pinelli e vedeva, incuriosito, quella “A” di carta spuntare dall’eschimo dei compagni....chi l’avrebbe mai detto…
Grazie dal cuore Angelo Pagliaro
(Paola – Cs)
Ho ricevuto alcuni giorni fa il numero veramente speciale di (A).
Ti ringrazio per il lavoro bello oltre che mastodontico. Claudio Venza
(Trieste)
Anzitutto complimenti per il numero speciale di A, bellissimo nella sua eleganza e sobrietà, la grafica azzeccatissima a mio gusto il simpatico Anarchik che ti guida nei ricordi! Bravi tutti. Daniela Zarro Mattoni
(Caslano – Svizzera)
Il numero per i 40 anni della rivista è riuscito davvero bene. È sicuramente un documento storico pieno di fascino e di consistenza culturale. Intendo contribuire, per quel che le mie possibilità consentono (con qualcosa di più…) allo sforzo finanziario di cui la redazione si è fatta generosamente carico. Monica Giorgi
(Bellinzona – Svizzera)
Grazie per le emozioni e le idee che diffondete. Patrizia “Pralina” Diamante
(Firenze)
Ho ricevuto oggi il bellissimo numero speciale della rivista. Ti ringrazio infinitamente, davvero uno splendido lavoro. Una delle poche voci critiche rimaste in giro ... Valentina ed io cercheremo di sostenervi appena ce la facciamo .... intanto la faccio leggere e girare tra gli amici. Luca Bravi
(Prato)
Complimenti per il numero elefantiaco celebrativo di A. Andrea Dilemmi
(Verona)
Certo che i primi 40 anni, la signora “A” se li porta proprio bene. Vorrei farle i miei complimenti per il look, assolutamente accattivante, e per i contenuti, densi e affascinanti come al solito. Sono ancora alle prese con il quindicesimo scritto, oltre a diverse incursioni fra le vecchie copertine… si capisce che merita, merita tanta attenzione e affetto questa bella quarantenne. Nicola Pisu
(Serrenti – Vs)
Caro Paolo,
ho ricevuto il numero speciale di A (manca la A cerchiata nei simboli del computer!!) e mi sono persa in malinconie di vecchi ricordi. Innanzitutto mi ha colpito molto la notizia della morte di Franco Pasello e questo ha aperto la porta a rimembranze lontane, tempi passati, prime esperienze di vita e di politica, posta da curare, francobolli da attaccare, radioitaliasolomusicaitaliana, ma anche articoli da scrivere, idee da assaporare, potenza delle idee. Una buona fetta della mia giovane età (…) Annalisa Bertolo
(Parma)
Ringrazio la rivista per lo splendido lavoro svolto per la pubblicazione del numero speciale in ricordo dei 40anni... Un lavoro stupendo con interessanti interviste, soprattutto dedicate alla ricerca storica e archivistica, un numero che i collezionisti e i ricercatori di storia libertaria non potranno che leggere e rileggere in futuro. Complimenti! Domenico Letizia
(Maddaloni – Ce)
Tanti auguri per una lunga vita della rivista e grazie per il bel regalo che ci hai fatto per i suoi 40 anni. Voglio e spero di poter contribuire ancora, in vario modo, alla realizzazione e diffusione della rivista.
Ho letto con interesse l’intervista che hai rilasciato a Paolella; sono personalmente in sintonia con molte delle cose che dici nell’intervista, e trovo che anche le tue “confessioni” finali siano un autentico e alto momento di militanza anarchica. Permettimi di dirti che trovo in esse anche un fondo di laica saggezza ebraica. Quella saggezza che guarda al cammino da percorrere, alla ricerca da compiere per trovare piena realizzazione di sé. Orazio Gobbi
(Piacenza)
Voglio ringraziarti per il bellissimo numero della rivista che avete fatto. Considero un onore essere fra gli autori. Lorenzo Guadagnucci
(Firenze)
Sì, è fonte di piacere, orgoglio e identità aver contribuito. Grazie. Marco Sommariva
(Genova – Sestri Ponente)
Buongiorno Aurora e Paolo,
mi dispiace di dover scrivere in francese. Bravi per il magnifico numero speciale 1971-2011, una stupenda realizzazione e un bellissimo regalo per il 2011. È una cosa che rincuora.
Vi ho trovato la vostra bella e costante presenza e la vostra apertura di spirito a favore di un anarchismo plurale, in evoluzione e aperto, il che dovrebbe essere un pleonasmo.
Ho imparato a leggere l’italiano con “A Rivista” sin dagli anni 1975-1976 e possiedo tutti i vostri numeri dal 1977.
Nel leggere l’intervista di Paolo, ho notato il riferimento a Lip Besançon, dove abitavo all’epoca e dove avevo ospitato Daniel Guérin; continuo ad avere rapporti saltuari con l’amico Charles Piaget, mitico leader dell’autogesione a Besançon.
Continuate così, nonostante la fatica e la stanchezza, siete super importanti per noi tutte e tutti che, a livelli diversi, operiamo per una società più libertaria.
Con tutta la mia fraterna amicizia Michel Antony
(Magny Vernois – Francia)
(traduzione di Luisa Cortese)
A proposito dei pacchi-bomba
La redazione di Horst Fantazzini net, preso atto della strumentalizzazione del nome di Horst Fantazzini, per pubblicizzare alcuni invii di “pacchi regalo” esplosivi, invita le individualità od organizzazioni clandestine a utilizzare invece il proprio nome. Nella storia di Horst, non ricordiamo nemmeno un episodio in cui si sia spacciato per un’altra persona, per agire legalmente o illegalmente. Era un bandito, ma una persona onesta, dignitosa, che si assumeva la responsabilità delle proprie azioni. Noi non sappiamo con sicurezza cosa avrebbe pensato Horst di questi “attentati”, ma sappiamo certamente che non avrebbe mai usato il nome altrui per agire nascondendosi nel buio.
la redazione di www.horstfantazzini.net
Come acquistare Videocracy
Dato che il film Videocracy non è stato molto distribuito in Italia, mi preme fare sapere che il il DVD in versione originale è in vendita su Internet a: http://www.cduniverse.com/, e costa $22.89 ($29.88 con costi di spedizione in Italia), consegna 1-2 giorni. La versione in italiano, completa di libretto, è in vendita su Amazon.it a: https://www.amazon.it/.
Enrico Massetti
(Washington, DC – USA)
L’urgenza dell’anarchia
Mani maciullate, volti ustionati e criminalizzazione del Movimento anarchico. A tanto ammonta il bottino dell’ennesima, miserabile, campagna di ordinaria provocazione.
Il copione di sempre viene rispettato con stolida puntualità. Quando il conflitto sociale si alza, mentre la classe politica si dibatte nelle sue molte miserie e lo scollamento tra istituzioni e paese reale si fa sempre più evidente, le fiammate che più di tutte fanno comodo al potere sono quelle dei pacchi esplosivi inviati in busta chiusa. Lo scorso marzo c’era andato di mezzo un lavoratore delle poste. Pochi giorni fa, a dicembre, sono rimasti menomati due addetti alla corrispondenza delle ambasciate svizzera e cilena a Roma. Nell’esprimere a entrambi la nostra solidarietà, ricordiamo che uno dei due feriti è un compagno attivo nella ex Lavanderia Occupata di Roma.
Queste imprese sono compiute appropriandosi dell’acronimo della Federazione Anarchica Italiana – FAI – che, invece, ha una tradizione di lotte concrete e a viso aperto per la reale liberazione di ogni essere umano da ogni potere.
D’altra parte, pur non sapendo da chi siano fatte, sono le azioni che qualificano chi le compie, e la sedicente “federazione anarchica informale – FAI”, nata – o forse creata – solo qualche anno fa, si qualifica da sola: non è da anarchici colpire nel mucchio; non è da anarchici sfuggire alle proprie responsabilità nascondendosi dietro un nome che è di altri; non è da anarchici praticare la violenza colpendo gli innocenti e con una logica intrinsecamente autoritaria e avanguardistica.
Il gioco è scoperto, e lo avevamo capito sin dall’inizio: si tenta di coinvolgere il movimento libertario in operazioni funzionali all’azione repressiva indiscriminata dei governi e che oggettivamente si sommano alle provocazioni che lo Stato mette in atto per criminalizzare il dissenso.
Grazie a queste trovate incendiarie, lo Stato italiano e i fautori dell’ordine costituito tornano a giocarsi la carta della “emergenza terrorismo”: il modo migliore per lasciare marcire in galera i detenuti politici e mantenere vivo e vegeto il sistema di dominio. Quando scoppiano le bombe, infatti, è la gente comune che comincia ad avere paura. E quando si ha paura si è meno disposti a desiderare una vita diversa e a mettersi in gioco.
Eppure, la gravità della situazione in cui versa l’Italia (in un contesto planetario) merita uno sforzo in termini di analisi e di intervento politico che non possono essere disattesi, e che hanno bisogno del massimo grado di impegno e responsabilità rivoluzionari.
Sono tante e urgenti le sfide da affrontare: la ferocia dell’attacco sferrato dal capitalismo contro il mondo del lavoro; la dilagante repressione portata avanti dallo Stato nei confronti dell’opposizione sociale; l’insostenibile violenza usata dal potere per schiacciare le categorie più esposte alla precarietà e all’impoverimento; l’insopportabile militarizzazione dei territori in un’ottica di guerra interna ed esterna; il pervasivo controllo sociale in un orizzonte orwelliano di restringimento della libertà; la continua ingerenza del potere clericale nelle dinamiche sociali; la devastante opera di sfruttamento e distruzione delle risorse naturali e dell’ambiente; e molto altro ancora.
Di fronte a tutto questo, il Congresso della Federazione Anarchica Italiana è consapevole di quanto sia difficile vivere in un mondo intriso di autoritarismo dove il modello culturale che domina le esistenze di tutti è plasmato sull’egoismo e la sopraffazione, sulla disuguaglianza e la discriminazione.
Tuttavia, e proprio in ragione dell’urgenza dell’Anarchia come opzione praticabile e umanamente sostenibile per far fronte all’abbrutimento in cui il sistema ci mortifica, il Congresso della FAI ribadisce e rilancia l’impegno costante all’interno dei conflitti e delle lotte reali: per promuovere e sviluppare percorsi concreti di autogestione e autorganizzazione attraverso l’azione diretta e senza deleghe; per diffondere i valori e le pratiche di libertà e solidarietà in tutti i contesti del vivere comune, sempre dalla parte degli oppressi e contro gli interessi di chi detiene il potere politico ed economico; per la liberazione di tutta l’umanità dalla schiavitù dello stato e del capitalismo.
Viva la F.A.I.!
Viva l’Anarchia!
Il XXVII Congresso della Federazione Anarchica Italiana – FAI
(Roma, 6-9 gennaio 2011)
I
nostri fondi neri
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Sottoscrizioni.
Gianpiero Bottinelli (Massagno – Svizzera) 30,00; Angelo Roveda (Milano) 12,00; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Amelia e Alfonso Failla 500,00; Antonino Pennisi (Acireale – Catania) 20,00; Rolando Paolicchi (Pisa) per il numero speciale di “A”, 10,00; Francesco Codello (Treviso) 50,00; Alex e Alice (Bussero – Mi) a/m Vittorio Golinelli, 20,00; Giulio Canziani (Castano Primo – Va) 20,00; Pietro Steffenoni (Lodi) 30,00; la sua compagna, ricordando P.I. 800.00; Giuseppe Galzerano (Casalvelino Scalo – Sa) 35,00; Luciana Castorani (Cremona) per i 40 anni di “A”, 200,00; Giorgio Nanni (Lodi) 50,00; Umberto Seletto (Verano Brianza – Mb) 40,00; Angelo Pagliaro (Paola – Cs) 50,00; Silvio Sant (Milano) 20,00; Romeo Muratori (Rimini) 20,00; Ettore Delorenzi (Lugano – Svizzera) 10,00; Franco Schirone (Milano) 100,00; Vincenzo Argenio (San Nazzaro de’ Burgondi – Bn) 20,00; Benedetto Valdesalici (Villa Minozzo – Re) 20,00; Gianlorenzo Pignatti (Dublino – Irlanda) 10,00; Simona Zanchini (San Leo – Pu) per numero speciale del 40° anno, 10,00; Claudio Venza (Muggia – Ts) 100,00; Danilo Vallauri (Dronero – Cn) 20,00; Giorgio Sacchetti (Arezzo) 40,00; Giulio Speghini (Nepi – Vt) 4,00; Stefano Gallesi (Carpi – Mo) 12,00; Adelfio Salvatore Rizzuto (Palermo) 20,00; Marco Breschi (Capostrada – Pt) 200,00; Alba Finzi (Milano) 7,00; Gianpiero Cattaneo (Milano) 10,00; Troglodita Tribe (Serrapetrona – Mc) "e che A viva per altri 400 anni!", 50,00; Angelo Zanni (Sovere – Bg) 20,00; Gianni Ricchini (Verbania) 20,00; Giancarlo Gioia (Grottammare – Ap) 40,00; Nunzio Cunico (Cresole/Caldogno – Vi) 30,00; Giorgio Bigongialli (Lucca) 20,00; Antonio Grano (Portospinoso – Pv) 20,00; Mauro Di Bartolomeo (Montesilvano – Pe) 70,00; Piero Bertero (Cavallermaggiore – Cn) 20,00; Giovanna e Antonio Cardella (Palermo) 50,00; Eva Bendinelli (Vetulonia – Gr) 10,00; Paolo Navarrini (Siena) 10,00; Tiziano Viganò (Casatenovo – Lc) 40,00; Sergio Pozzo (Arignano – To) 20,00; Pasquale Palazzo (Cava dei Tirreni – Sa) "ricordando Faber", 20,00; Davide Turcato (Vancouver – Canada) 100,00; Alessandro Fico (Godega di Sant'Urbano – Tv) 5,00; Andrea Zen (Gualdo Tadino – Pg) 25,00; Monica Giorgi (Bellinzona – Svizzera) 270,00. Totale euro 3.450,00.
Abbonamenti sostenitori. (quando non altrimenti specificato, trattasi di euro
100,00). Giordana Garavini (Castel Bolognese – Ra) ricordando Emma Neri e Nello Garavini; Fernando Ferretti (San Giovanni Valdarno – Ar) 150,00; Fabrizio Tognetti (Larderello – Pi); Francesco Lombardi Mantovani (Brescia); Gianni Pasqualotto (San Romano d’Ezzelino – Vi); Vladimiro Sarotto Bertola (Novara); Pietro Steffenoni (Lodi); Mauro Reghellin (Cassola – Vi); Ettore Valmassoi (Quero – Bl); Pasquale Villella (Pianopoli – Cz); Mario Perego (Carnate – Mi) 200,00; Enzo Cadei (Brescia); Fulvia De Michel (Belluno); Marcella De Negri (Milano); Luca Todini (Brufa, Torgiano – Pg) 150,00; Paolo Zonzini (Borgo Maggiore – Repubblica di San Marino); Alessandro Cantini (Andora – Sv); Silvano Montanari (San Giovanni in Persiceto – Bo); Stefano Quinto (Maserada sul Piave – Tv); Massimo Locatelli (Inverigo – Co); Claudio Stocco (Saonara – Pd); Luigi Pogni (Segrate – Mi); Loredana Zorzan (Porto Garibaldi – Fe); Loriano Zorzella (Verona); Giacomo Ajmone (Milano); Fausto Franzoni (Pianoro – Bo); Tomaso Panattoni (Coventry – Gran Bretagna); Gianluca Botteghi (Rimini); Amedeo Pedrini e Fiorella Mastrandrea (Brindisi); Eros Bonfiglioli (Bologna) 150,00; Tiziana e Walter (Bologna).
Totale euro 3.350,00.
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