cinema
|
Innanzitutto, la curiosità
Tra le parole e le immagini corre molta familiarità. Non vi sono idee che non si esprimano con le parole e non vi sono parole che non rimandino alle immagini, le quali a loro volta trattengono le tracce di un riflettere, di un pensare. Fare del cinema oggi in Italia (e di conseguenza vederlo) può significare molte cose, persino cercare di dare un senso alla realtà che ci circonda e aspirare così a generare una qualche forma di intelligenza. Ma per quanti sforzi si facciano è difficile – vedendo i film in circolazione – accettare una tale visione ottimistica. Poche le possibilità che il mercato ci offre di vedere film che abbiano il coraggio e la forza per uscire dal seminato della banalità e della superficialità. Credo che la vera narrazione stia sempre di più in quella terra di confine che si chiama “altro” e che a quanto pare, (se si è onesti e ci si guarda intorno) è costantemente destinato all’emarginazione e alla impossibilità di raggiungere un pubblico.
Film come “La donna che canta” di Denis Villeneuve o “Corpo Celeste” di Alice Rohrwacher o “Il responsabile delle risorse umane” di Eran Riklis o “Il ragazzo con la bicicletta” dei fratelli Dardenne solo per citare alcuni titoli di film usciti in Italia questa stagione basterebbero a riequilibrare le sorti del nostro immaginario cinematografico. Questi film viaggiano in direzione ostinata e contraria, citando il nostro fratello Faber. Vedere cinema di questa qualità non solo riavvicina lo spettatore al gusto della visione e al piacere di stare in sala insieme ad altre persone, ma regala momenti di forte emozione. Ma cos’hanno questi film di così diverso dagli altri? Immaginate la costruzione della storia intesa come un percorso di avvicinamento alla scoperta del senso stesso del lavoro, che porta con se un’ inevitabile elaborazione di forme e di stili. Questa qualità creativa tocca la scrittura, la drammaturgia, la scelta delle inquadrature, il lavoro dell’attore, per arrivare fino al montaggio. In questi film non ci sono deficit strutturali ma un’idea precisa (condivisibile o no) di messa in scena. Quello che oggi manca a molto del cinema italiano.
Nei processi di riconoscimento della propria identità ( e non è un caso che oggi in Italia la crisi d’identità sia fortissima) serve un approfondimento e una riflessione sul perché delle forme e sull’urgenza degli spostamenti dei confini formali ed espressivi. Il cinema, come il romanzo del resto, non è solo un occhio che vede, è anche e soprattutto uno spirito che fruga senza posa la realtà fenomenica per restituircene sempre un’idea più profonda e inedita.
|
Un fotogramma del film Corpo Celeste
di Alice Rohrwacher |
P.S: Recuperate la visione di questi film e di molti altri che vi intrigano. Tornate al cinema assaporando il gusto della scoperta. La cultura non è solo dominio di letteratura, teatro, pittura e musica e soprattutto ha sempre alla sua base, la curiosità.
Bruno Bigoni |
|