fisco
Kafka contro Serpico
di Francesca Palazzi Arduini
Riflessioni su fiscalità e senso di colpa.
Nuovi apparati totalitari come vecchio rimedio alla crisi.
“Si avvicinava il momento
della pubblica esecuzione dell'evasore impudente, sugli spalti
già sedevano le prime famiglie con gli immancabili beveraggi
e i singoli con le banderuole di categoria, ogni volta, si sa,
la lettura del risparmio che per tutti avrebbe comportato l'applicazione
della pena capitale veniva salutata da schiamazzi ed urrà,
ad ogni cento esecuzioni ed espropri corrispondeva la promessa
di un rapido abbassamento delle aliquote”.
Sembrerebbe un paesaggio kafkiano ma è solo ironia sul
recente scatenarsi alla caccia del piccolo-medio evasore, contornata
da risibili dimostrazioni (temporanee) di auto fustigazione
dei redditi da parte di manager e politici, a copertura del
vero furto che si compie ogni giorno ai danni dei cittadini,
costituito dalle privatizzazioni e da una gestione economica
priva di sostegno al lavoro, di equità retributiva, di
revisione del bilancio opere pubbliche a favore di scelte realmente
condivise sui territori.
L'esenzione dal dichiarare il reddito è concessa in Italia
a chi guadagna meno di 7500 euro all'anno, ciò significa
che anche per 7500 e un euro occorre dichiarare. Anche se cioè
si vive abbondantemente sotto la soglia della povertà
è necessario praticare un iter che impone un sia pur
basso contributo a soggetti in pratica privi di mezzi. Contributo
il cui calcolo è così complesso che 17 milioni
di italiani si rivolgono ad altri per compilare lo stesso “semplice”
modello 730.
Le sanzioni per chi non paga tasse e tariffe sono ormai così
punitive da sorpassare di gran lunga l'usura.
Questa è la macchina fiscale e questo è il significato
aggiuntivo della parola “fiscale”, “ma come
sei fiscale!” si dice di una persona che non ammette deroghe,
una mente ottusa, incapace di flessibilità.
Un mondo fatto di numeri è quello che spesso percepiamo
come nostro habitat nello Stato, la nostra appartenenza allo
Stato è essenzialmente un questione di numeri e proprietà.
Proprietà divisa con lui, lo Stato, del nostro corpo,
dei nostri spazi (e degli spazi “pubblici”) e del
nostro denaro.
Di recente il prèmier Monti ha effettuato un viaggio
in Cina, lo ha anteposto a tanti altri impegni, era importante
trovare subito accordi con la potenza mondiale che ha rifinanziato
parte del debito europeo, debito causato da un mix tra speculazioni
finanziarie private e tra Stati, i quali, scrive Renato Bellofiore
(1), hanno preferito finanziare le banche
private invece che scadenzare il debito e rifinanziarsi.
In Cina non si è tenuti a dichiarare reddito se non si
supera un guadagno di circa 15mila euro, ed esistono ben 9 aliquote,
dal 5 al 45 per cento, per la tassazione del reddito dei privati.
Lo può leggere chiunque sul sito dell'agenzia governativa,
sul quale spicca una illustrazione emblematica: due cinesi,
ragazzo e ragazza, in divisa, salutano sorridenti su uno sfondo
di grattacieli grigi immersi in una boscaglia (vedi foto sotto).
L'ideale per lo stato totalitario, cittadini obbedienti e felici
in una tecnocrazia che spunta tra ipotetici boschi di contorno.
Il rispetto della natura è, diciamo, fondamentale per
l'estetica ma al contempo marginale.
I balzelli aggiuntivi locali in Cina sono all'ordine del giorno
e foraggiano una diffusa, e anch'essa kafkiana, classe di piccoli
funzionari: questa tecnocrazia, con al sua cultura millenaria
delle tasse e il suo federalismo fiscale, può fare da
modello a quella europea.
In attesa
della lotta all'evasione fiscale...
Col suo apparato burocratico così esteticamente grigio
ed uniforme, lo Stato totalitario, o la Chiesa, e la mafia,
rappresentano infatti un rimedio virtuoso allo sperpero di denaro
del politico e dei suoi alleati capitalisti non regolamentati.
Numeri e regole, esenzione o punizione, non vi è stata
trasformazione da quel paesaggio kafkiano in cui il personaggio
viene risucchiato in un processo spersonalizzante di cui nessuno
sa le ragioni e del quale non si conosce nemmeno la fine.
Numeri: quelli del debito pubblico, del quale nessuno può
spiegarsi la in-consistenza, per la sua realtà massmediatica
di “indice” impreciso della produttività
di un paese, o debito in realtà costituito da interessi
bancari e prestiti transnazionali del quale sono ignote ai più,
e mutevoli nel tempo, le regole, quest'ultime descritte vagamente
dai mass media come meccanismi inevitabili e universali, in
realtà baratti della politica internazionale.
Emblematica per l'Italia, la vicenda della sua Cassa Depositi
e prestiti, un enorme contenitore dei risparmi degli italiani,
130 miliardi di euro di liquidità, trasformata nel 2003
in società per azioni e quindi ora pilotata dalle banche
private, a scapito del credito agli enti pubblici territoriali,
e della risoluzione del “debito”. (2)
Regole: quelle appunto della politica internazionale, presentata
come serie infinita di fotografie di summit e vertici, gioco
di squadra che si svolge nei corridoi e al di là della
legalità e dei principi sedimentati della stessa democrazia
liberale che assicurava ai cittadini la libertà da ingiusti
balzelli e ipotizzava solo un minimo contributo di ognuno alla
spesa pubblica.
Ma il sistema fiscale è la berlina della democrazia liberale,
la prova della sua fallacia, cela la macchina per la riscossione
dei debiti in un sistema che non prevede partecipazione ma solo
rappresentazione. Un altalenare continuo delle regole, un susseguirsi
di aliquote, nuove imposte, sparizioni e riapparizioni, esenzioni
e aggravi, è retto dalla politica, mentre la macchina
burocratica e ispettiva, cieca come la Fortuna, applica le risoluzioni
sulla popolazione da mungere. Non per niente la società
informatica che regge il sistema fiscale, Sogei, regola anche
il Lotto.
Poi, un improvviso palesarsi di un “governo tecnico”,
un Robo-Gov, volto a scavalcare i conflitti di interesse, spietato
applicatore di norme impopolari ancora più efficienti
per la ricostituzione del Capitale da versare nelle tasche dei
creditori privati.
L'obbligo di pareggio di bilancio, votato dal Senato italiano
nell'aprile 2012, elegge la fiscalità coatta come metodo
di governo, in una Unione Europea che rende impossibile agli
stati la decisione libera sul proprio finanziamento, e incastra
i cittadini nel ruolo di contribuenti totali a sostegno dei
giochi finanziari globali. Così lo Stato è totalitario,
mentre il Capitale è liberal. Lo Stato distrugge il Welfare
pubblico, il Capitale si fa aiutare.
Lo spettro che si era prefigurato a Lisbona e Maastricht si
palesa interamente: siamo schiavi dei numeri, e la matematica
è una opinione di chi ha più forza. In questo
panorama spettrale riappare forte oltretutto lo spettro della
destra che invoca mamma autarchia e le banche “di Stato”
(arieccolo), ignorante della globalizzazione e incurante dei
rischi della depauperizzazione per un default che pagherebbe
chi non ha nulla in Svizzera.
|
Il
presidente del consiglio dei ministri, Mario Monti |
L'era
del controllo totale
C'è un altro aspetto, ora più che mai sottolineato:
il ruolo investigativo della macchina, che al di là del
produrre utili alle casse statali con la spremitura, raccoglie,
ordina e analizza dati sulla vita materiale dei cittadini-sudditi.
La macchina statistica che raccoglie dati nel presunto anonimato
Istat già serve sul territorio per il controllo della
popolazione residente, dati gestiti prima che da Istat dai funzionari
delle anagrafi comunali in barba alla privacy dei censimenti
compilati. La macchina fiscale va ben oltre, entra nelle tasche,
saggia la disponibilità di denaro, analizza i consumi.
Così, con la prospettata sparizione del liberale denaro
contante (il cui “anonimato” è descritto
ormai come un potenziale crimine contro il “bene comune”)
si inaugura l'era del controllo totale del cittadino-suddito,
i cui bisogni e consumi possono essere analizzati a distanza
in ogni momento e senza più la fatica di dover ricorrere
ad altri più dispendiosi metodi.
L'orizzonte del controllo è completo, sono stati costruiti
saldamente i principi di responsabilità e colpa attraverso
i quali si rafforza la credulità nelle persone. Non c'è
altra interpretazione alla mitezza con cui gli italiani, popolo
sbeffeggiato per le qualità menefreghiste e individualiste
del Cavaliere, sta accettando la spoliazione: il senso di colpa
generato dalla convinzione di poter/volere vivere passivamente.
-
il concetto di “crisi” viene fondato su
una presunta responsabilità del lavoratore (ci costi
troppo), del consumatore (consumi troppo poco), del “sistema-paese”
(gli altri sono più competitivi di noi).
- il concetto di “fallimento” viene costruito
facendo leva sulla malleabilità più o meno accentuata
delle masse. I disastri di altri paesi, già fatti collassare,
vengono posti a monito come se l'epidemia del crack finanziario
potesse contagiare da un momento all'altro, la paura è
gestita facilmente perché la maggior parte delle persone,
affidando tutto il proprio denaro alle banche e non possedendo
beni che possano garantirgli la sussistenza quotidiana, sanno
che se la moneta “fallisse” accadrebbe un terremoto
finanziario così grande nella propria vita da ridurre
in fumo ogni possibilità di vita dignitosa. Lo spettro
dell'Argentina a monito, il cittadino si fa consapevole della
instabilità non solo di beni quali la giovinezza, la
salute, l'amore … ma anche del denaro! Unite ciò
alla proiezione di film apocalittici in cui la crosta terrestre
si sfalda, e il panico è stabilizzato.
- la necessità di pagare viene presentata come
palliativo in attesa che le “vere” cure siano applicate:
queste sarebbero la lotta all'evasione fiscale (il motivo oltretutto
per cui si invoca la fine dell'uso del denaro contante), il
taglio transitorio ai privilegi, si scatena la caccia al micro-furbetto,
che copre con le sue malefatte spendaccione i veri potenti.
I reali motivi dell'impoverimento, che stanno nella speculazione
finanziaria, nelle politiche del lavoro disastrose, nei rapporti
commerciali e politici internazionali, sono nascosti, occulti,
in sordina rispetto ai servizi giornalistici magnificanti i
colpi di coda fiscali contro i ricchi impellicciati a Cortina,
i gioiellieri fiorentini, i possessori di barche. Categorie
mitologiche? Certo che no, categorie pericolose nel momento
in cui scopriamo che noi reggiamo ogni giro di vite perché
le aliquote sono sempre molto più punitive per i meno
abbienti.
Serpico, acronimo dell'ironico “Servizi per il cittadino”
che l'Agenzia per le Entrate usa come nome per il suo programma
informatico, è in grado di segnalare qualsiasi anomalia
nelle spese che un cittadino compie rispetto a ciò che
ci si aspetta staticamente da lui/lei. Così Serpico è
simbolicamente uno strumento impositore di virtù, una
specie di “Confessione dei redditi” automatica che
rivela ogni aspetto della vita altrui ... con quanta fretta
i vertici della Agenzia hanno tenuto a specificare che “i
problemi per la privacy che si erano verificati ora sono stati
risolti” ma un sistema informatico come Serpico è
già in realtà nei suoi principi una violazione
della privacy. Coronazione della macchina fiscale statale che
gestisce da esattrice il cittadino: “basta inserire in
Serpico il codice fiscale” e tutto viene a galla. Il flusso
di informazioni potrebbe essere in futuro gestito per immagini:
per ologrammi. Pensiamo a un sistema informativo generale, che
da un lato quantifichi l'attività politica e culturale,
sociale ed affettiva del cittadino grazie ai dati provenienti
dai social network, la posizione e gli interessi generali dei
cittadini, coi dati provenienti dai motori di ricerca, le informazioni
personali e la comunicazione, coi dati provenienti dalla telefonia
e dalla posta elettronica ... abbiamo già un quadro dell'attività
collettiva generale abbastanza esaustivo, a beneficio di chi
voglia indirizzare l'opinione pubblica o censurarla. Uniamo
a questi dati quelli personali sull'attività quotidiana
di ognuno: il luogo ove si paga il caffè al mattino,
quanto ci si può permettere di consumare al supermercato,
che quota si dedica alle attività di solidarietà
sociale e politica, quanto si può spendere per muoversi.
Così il flusso serve ai presenti e futuri burocrati-esecutori-esattori
per capire debolezze e forza delle masse.
Per un uso totalitario che forse mai ci sarà ma per un
servizio informativo che già c'è, negli angoli
dei servizi per la tutela dell'ordine costituito, nel momento
in cui chi ti indaga per motivi politici sa già dal suo
desktop che preferisci il tè e a che non lo bevi alle
cinque. (3) E
le esigenze di controllo non necessitano più di interventi
cruenti ma solo di sporadiche regolazioni (chiusure temporanee
di siti, requisizione di dati criptati, brevi sospensioni delle
comunicazioni), perché le persone lasciano che le stato
e aziende commerciali accedano liberamente a tutte le loro attività.
Alibi
e strumento di spettacolo
Certo, la professionalità dell'indagatore si è
evoluta dai tempi in cui Kafka descriveva nel 1935 i funzionari
del Castello oberati da pile di carta “mi hanno descritto
il suo ufficio: le pareti scompaiono dietro pile d'incartamenti;
e quelli son soltanto gli atti riguardanti gli affari in corso;
e poiché continuamente si mettono e si tolgono documenti
dalle cartelle, sempre in gran fretta, le pile crollano ad ogni
momento, e proprio quel fragore quasi ininterrotto è
divenuto la caratteristica dell'ufficio”.
E la nostra capacità di essere MASSA si è evoluta,
anche se purtroppo dimostra di non saper dar luogo che a sporadici
anche se importanti momenti di lotta, mentre nei tentativi di
unione strategica che pesi realmente sui luoghi e le scelte,
il movimento s'accalca di leaderini e lascia che i mass media
gli rubino la faccia grazie ad una sostanziale confusione tra
uso della forza (strategico, condiviso, dignitoso) e violenza,
tra lotta politica e teppismo. Quest'ultimo usato come alibi
e strumento di spettacolo da parte di persone che non hanno
la capacità reale di costruire, o distruggere, e tantomeno
comunicare, un bel nulla se non una facebookiana o disneyana
allure di ribellismo, la solita camionetta incendiata che farà
spettacolo in tv, e che sarà ricomprata con la mastodontica
Irpef dei precari.
Francesca Palazzi Arduini
Note
- Renato Bellofiore, La crisi globale, l'Europa, l'euro, la
Sinistra. Asterios editore, Trieste 2012.
- Attac italia, www.italia.attac.org.
Campagna Riprendiamoci la cassa Depositi e prestiti:”
“Non ci sono più soldi” è il nuovo
mantra per giustificare lo smantellamento dei diritti e la
privatizzazione dei beni comuni e dei servizi pubblici locali.
E invece i soldi ci sono. Tanti e più che sufficienti
per invertire la rotta ed impostare un nuovo modello sociale,
basato sulla riappropriazione sociale dei beni comuni e sulla
riconversione ecologica dell'economia. Dodici milioni di persone
affidano i propri risparmi a Poste Italiane, attraverso i
libretti di risparmio postale e i buoni fruttiferi postali.
La massa di questi risparmi viene raccolta dalla Cassa Depositi
e Prestiti, che, dalla sua nascita nel 1860 e fino al 2003,
li utilizzava per permettere agli enti locali territoriali
di poter fare investimenti con mutui a tasso agevolato.
- Evgeny Morozov, autore di “L'ingenuità della
rete. Il lato oscuro della libertà di internet”
descrivendo i nuovi progetti di sondaggio dell'ambiente domestico
degli utenti connessi a Google, sostiene: “... dovremmo
preoccuparci della convergenza tra le esigenze dello stato
in termini di raccolta dati e gli imperativi commerciali delle
aziende di tecnologia”.
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