dossier America
Latina. 2
Ma i sogni vengono da fuori
Conversazione di Andrea Staid
con l'antropologa Arianna Cecconi
Se sognare è un'attività universale, diverse sono le interpretazioni e il modo di vivere quella metà della vita che passiamo addormentati. Sognare in pianura è diverso che sognare in cima a una montagna, sognare durante una guerra è diverso che sognare in tempo di pace.
Il nuovo libro di Arianna Cecconi I sogni
vengono da fuori. Esplorazioni sulla notte nelle Ande Peruviane
(ED.IT, 2012, pagg. 312, € 20,00)
approfondisce l'intimo dialogo tra il giorno e la notte, tra
la veglia e il sonno, e la continuità che lega i due
mondi di cui l'essere umano è cittadino.
Nel tuo lavoro è
molto importante il metodo che hai utilizzato, sono convinto
che quando si analizzano le culture umane sia fondamentale che
i mezzi siano strettamente coerenti con i fini della ricerca,
nel tuo testo ci parli dell'osservazione della partecipazione,
spiegaci cosa intendi e come hai lavorato nelle comunità
andine.
Quando ho iniziato a fare ricerca sui sogni nelle comunità
andine del Perù, davanti ad alcuni racconti non potevo
fare a meno di domandarmi “l'avrà sognato davvero?”
e ogni volta che mi facevo questa domanda non potevo che scontrarmi
con un'assoluta certezza: non l'avrei mai scoperto. I sogni
degli altri non li puoi osservare, eppure è proprio sull'osservazione
che si basa la metodologia antropologica, osservare le pratiche,
i contesti, le relazioni, i discorsi.
Come potevo impostare una ricerca su qualcosa che è per
sua natura inosservabile? Il lavoro di altri antropologi che
hanno cercato di esplorare i sogni è stato ispiratore.
Se i sogni degli altri non li potevo osservare, quello che potevo
analizzare era da un lato in che modo, perché e in che
contesti i sogni venivano raccontanti e le reazioni che provocavano
in chi li aveva sperimentati direttamente e in chi li ascoltava.
Dall'altro lato, ho cominciato ad analizzare come durante i
mesi vissuti nelle comunità andine le persone hanno cominciato
a sognarmi e io a sognarle. Che ruolo avevo nei sogni dei comuneros,
e i comuneros che posizione occupavano nei miei sogni? Nell'analizzare
alcuni sogni potevo riflettere sulla relazione che si stabiliva
tra me e gli abitanti dei villaggi andini anche da un altro
punto di vista.
Questa è quella che ho chiamato una osservazione della
partecipazione onirica.
Se analizziamo il sogno come un oggetto culturale che
si tramanda diventa storia, quindi con la tua ricerca apriamo
le porte a un nuovo metodo...
I sogni sono sismografi in cui si registrano gli effetti storici
nell'intimità degli individui. Questo l'aveva detto una
grandissima storica, Charlotte Beradt che durante il Terzo Reich
aveva cominciato a raccogliere i sogni che facevano le persone
in Germania, come documenti storici che mostravano i terribili
effetti repressivi del regime anche sulla dimensione onirica.
Ma a parte questo pionieristico lavoro di Beradt, la categoria
della storia è quasi sempre circoscritta alla vita diurna,
come se la storia riguardasse soltanto quello che accade nelle
società di giorno. Sulle montagne andine invece quando
i comuneros mi raccontavano episodi accaduti nel loro villaggio,
ad esempio durante gli anni della guerra, spesso ricorrevano
anche a narrazioni di sogni che avevano preceduto quegli eventi
o che erano arrivati durante o in seguito.
I comuneros consideravano i sogni di quegli anni come un complemento
necessario per ricostruire e narrare la storia della guerra.
I comuneros sembravano del tutto consapevoli di quello che aveva
sostenuto la storica Beradt. Anche I sogni fanno parte della
storia. I sogni vengono raccontati non solo in famiglia, ma
anche in contesti collettivi, e la storia si ricostruisce e
tramanda anche attarverso le narrazioni di sogni.
Due
tipi di sogni
Il titolo del tuo libro diventa chiaro dopo aver letto
qualche pagina, per i lettori di A lo anticipiamo...cosa significa
che i sogni vengono da fuori? Che importanza hanno i sogni nelle
comunità andine che hai conosciuto e vissuto per tre
anni, quali sono le differenze con il nostro sognare “occidentale”.
I sogni vengono da fuori è un'espressione che ho incontrato
sulle montagne andine, e che fin da subito ha rimesso in discussione
l'idea che io avevo sui sogni, prima di arrivare in Perù.
Le mie letture psicologiche sui sogni fatte fino ad allora mi
avevano portato a immaginare il sogno come un'esperienza connessa
all'interiorità delle persone. Invece, nei villaggi in
cui ho vissuto, i comuneros facevano una differenza tra i sogni
legati alle preoccupazioni del giorno (questi sono i sogni che
secondo i comuneros vengono da dentro e non sono considerati
importanti) e i sogni che vengono da fuori, che sono invece
considerati delle visite delle divinità o delle anime
dei morti. I sogni che vengono da fuori sono interpretati come
dei messaggi, delle rivelazioni, delle premonizioni che spesso
anticipano la realtà diurna. Questi sogni vengono considerati
una forma di sapere e conoscenza, vengono ascoltati, raccontati
ai famigliari e alla collettività e ispirano le persone
nelle loro scelte, e azioni.
Quindi esiste un uso sociale del sogno?
Sì, le persone parlano pubblicamente dei loro sogni e
in alcuni casi giustificano decisioni e pratiche anche a partire
da alcune rivelazioni notturne. Queste giustificazioni oniriche
sono considerate legittime dalla comunità, perché
il sogno è riconosciuto collettivamente come un luogo
di rivelazione. Ad esempio la scelta di non partire per un viaggio
in seguito ad un sogno in cui appare una combi (piccolo autobus,
che quando si presenta nei sogni viene considerato simbolo di
sventura) viene considerata dalla collettività una motivazione
legittima per posticipare la partenza. Anche alcuni ruoli di
potere vengono legittimati da sogni. Ad esempio i mayordomos
(così vengono chiamati coloro che si incaricano di organizzare
la festa del santo patrono, un incarico religioso e al tempo
stesso politico all'interno del contesto comunitario) spesso
giustificano la legittimità della loro scelta attraverso
sogni in cui il santo stesso li ha investiti di quel ruolo.
Come sosteneva l'antropologo Crapanzano che ha studiato i sogni
in Marocco, “l'esteriorità” attribuita ai
sogni in differenti società, consente quindi in alcuni
casi di legittimare scelte, decisioni e desideri che vengono
attribuiti ad un “fuori” la cui autorità
non può essere contestata.
Come
cambia il ritmo dei sogni
Sogni e religione, anche di questo ci parli nella tua
appasionante etnografia, perché anche nei sogni la chiesa
cattolica è stata invasiva, ma per rubare le parole a
J. Scott, l'arte della resitenza è infinita e quindi
gli indigeni delle montagne andine nei loro sogni, nel loro
modo di vivere la religiosità hanno ibridato tutto...ti
va di dirci qualcosa.
Nel concilio di Lima del XVI secolo era stato stabilito che
uno dei principali obiettivi dei missionari doveva essere quello
di estirpare i sogni dei nativi peruviani. Gli autoctoni dovevano
essere convertiti e dovevano smettere di interpretare e credere
ai loro sogni. La chiesa temeva il potere sovversivo dei sogni
dei nativi, per questo i sogni dovevano essere estirpati.
Dopo secoli di persecuzioni e evangelizzazione dell'immaginario
i sogni dei campesinos sono stati in parte colonizzati. Ma se
in entrambi i villaggi in cui ho vissuto le persone si definiscono
cattoliche, quando ci si avvicina ai sogni dei comuneros è
interessante osservare come essi continuano a rappresentare
un luogo di sapere e potere all'interno delle comunità
andine. Nonostante più di quattro secoli di colonizzazione
e evangelizzazione, nei sogni i comuneros vengono visitati tanto
dalle divinità imposte dai missionari come le vergini
e i santi, quanto dalle divinità locali come l'Apu (la
dinità della montagna), o la Pachamama (la divinità
della terra) o gli antenati. Come impossibile è osservare
i sogni degli altri, altrettanto impossibile è stato
estirparli.
Le culture sono sempre in transito, non rimangono mai
immobili, pure, anche questa è un'invenzione della chiesa,
mi chiedo se nei sogni le culture si muovono e come viene rinegoziata
la modernità nella sfera onirica andina.
I sogni andini si trasformano come si trasforma la vita diurna
dei comuneros. Sono popolati da divinità, da simboli
ancestrali, da luoghi e animali, così come da macchine,
da radio, da televisori, da tutti quei simboli della modernità
che negli ultimi anni sono arrivati in queste montagne. Alcuni
di questi emblemi della modernità, che le persone desiderano
possedere, quando vengono sognati la notte predicono sventura.
Sognare una macchina o un autobus preannuncia morte, e credo
che questa interpretazione sia legata ai numerosissimi incidenti
stradali che avvengono sulle montagne andine. Sognare una radio
preannuncia che si riceverà una cattiva notizia, e credo
che anche questa interpretazione abbia una spiegazione storica
in quanto la radio si è diffusa in molte comunità
andine proprio durante gli anni della guerra.
Durante la mia ricerca ho potuto osservare come il ritmo del
sonno e dei sogni cambi in rapporto alle trasformazioni tecnologiche
e del contesto sociale. Ho vissuto infatti in un villaggio in
cui da due anni era arrivata la luce, e quindi la televisione,
e in cui la sera le donne si riunivano a vedere le telenovelas
venezuelane, e in un altro villaggio in cui l'elettricità
non era ancora arrivata, e si andava a dormire appena tramontava
il sole. L'arrivo della televisione introduce nei sogni nuovi
personaggi e immaginari. I sogni variano in rapporto ai contesti
sociali, all'epoca storica, al luogo in cui ci si trova. Sognare
in città è diverso che sognare in cima ad una
montagna, sognare in tempo di pace è diverso che sognare
durante una guerra. Per avvicinarsi e comprendere i contenuti
dei sogni non si può mai prescindere dall'analisi del
contesto sociale in cui vengono fatti. Però è
importante sottolineare che l'arrivo della modernità
nelle comunità andine ha trasformato i sogni ma non ha
intaccato il loro potere, così come non c'è riuscita
la chiesa cattolica. Come nei sogni c'è spazio sia per
le divinità cattoliche sia per quelle autoctone, così
c'è spazio sia per la storia passata che per quella presente
e futura.
Oggi alcune ragazze originarie dei villaggi andini che si sono
trasferite in città in cerca di lavoro, mi mandano i
loro sogni per mail. Il fatto di essere andate a vivere in città
e di essersi “modernizzate” non le ha allontanate
dai loro sogni.
Esiste una vita diurna e una notturna: la separazione
netta è tutta occidentale?
Nel contesto andino esiste una continuità tra quello
che succede di giorno e quello che accade la notte. I sogni
ispirano le azioni del giorno, così come quello che avviene
di giorno, e la storia si iscrive nella notte. La realtà
delle persone è fatta di entrambe queste dimensioni.
Sogni
che curano
Un capitolo fondamentale del tuo libro è quello
sulla guerra; ce ne parli brevemente tra esperienze diurne e
notturne?
Entrambe le comunità in cui ho vissuto sono state molto
colpite negli anni '80 e '90 dal conflitto armato tra Sendero
Luminoso e l'esercito peruviano. In quegli anni i comuneros
raccontano che la notte non era più la temporalità
del sonno ma della guerra stessa perché era di notte
che i militari attaccavano i villaggi, o in cui i senderisti
facevano le rappreseglie. I comuneros quando arrivava il buio
spesso si nascondevano sulla montagna, non dormivano nelle loro
case, e la guerra stessa viene descritta come uno stato allucinatorio,
come un lungo e terribile incubo. Le atrocità della violenza
facevano vacillare il confine tra quello che era realmente accaduto
e quello che era sognato.
Quando poi la guerra è ufficialmente finita nel 1992,
ha continuato a presentarsi nei sogni dei sopravvissuti. Ancora
oggi molti comuneros sognano la guerra. Sognano di essere perseguitati,
violentati, sognano i familari desaparecidos che li accusano
di averli dimenticati. In molti casi i sogni rappresentano il
luogo in cui il trauma della guerra continua a ripetersi.
Ma nei villaggi andini ho incontrato anche sogni che curano,
sogni grazie ai quali la memoria della guerra viene rielaborata.
Ci sono donne che mi hanno raccontato che è grazie ai
sogni che continuano a comunicare con i familiari scomparsi,
ed è nei sogni che loro le consolano e le esortano a
smettere di piangere, e a continuare la loro vita.
Troppo spesso nelle ricerche mancano le donne, le loro
esperienze i loro vissuti, per fortuna nella tua ricerca sono
le protagoniste, parlaci delle Donne, del loro rapporto con
la comunità delle violenze subite e la funzione dei loro
sogni.
Nella mia ricerca mi sono avvicinata soprattutto ai sogni delle
donne, perché è con le donne che passavo la maggior
parte del giorno e della notte. È con loro che dormivo,
cucinavo, è con loro che andavo sulla montagna a pascolare
gli animali ed era in quelle lunghe camminate che spesso i sogni
venivano raccontati. Ho raccolto anche alcuni sogni di uomini,
ma in generale mi sembrava di notare che fossero soprattutto
le donne a parlare dei loro sogni. Ho cominciato anche a notare
come alcune narrazioni oniriche rappresentassero per le donne
un'occasione per parlare di cose che costituiscono normalmente
un tabu all'interno delle comunità andine. Ad esempio
le violenze sessuali, che hanno caratterizzato la storia di
queste montagne, ma di cui non si parla mai esplicitamente,
è proprio nei racconti di sogni che trovano spazio e
visibilità.
Nessuna delle comuneras ha mai raccontato di essere stata abusata
dai militari eppure ho raccolto molti sogni in cui i gringos,
i grandi proprietari terrieri e i militari sono protagonisti
di abusi. Le narrazioni dei sogni rappresentano anche un modo
per verbalizzare e denunciare le violenze sessuali subite dalle
comuneras, e dar loro una visibilità che spesso non hanno
nei contesti ufficiali.
“Ma
tu credi ai sogni?”
È possibile decostruire la dicotomia immaginario
mentale e sensazioni fisiche?
Nei villaggi andini i sogni vengono descritti non solo come
delle visioni ma come un'esperienza che coinvolge tutti i sensi.
I sogni sono vissuti allo stesso tempo dalla mente e dal corpo,
e queste due dimensioni sono percepite nel contesto andino come
intimamente connesse.
Vi sono sogni che sono considerati agire direttamente sul corpo
provocando malattie o forme di guarigione. Ad esempio alcune
donne raccontano di essersi ammalate in seguito a un sogno in
cui un uomo gringo o un soldato le colpiva o sparava contro
di loro. Al risveglio testimoniano di avere cominciato a sentire
dolore proprio nel punto del corpo colpito nel sogno. Così
come sognare un vicino che ti dà una pastiglia o una
pianta, sognare una mano che accarezza o che strofina il corpo
del sognatore, vengono considerate esperienze oniriche che hanno
un effetto benefico sui corpi ammalati. Nella comunità
di Contay, in cui ho vissuto e dove non c'è neanche un
ambulatorio medico, il rapporto con il corpo e con il suo malessere-benessere
è quindi gestito anche a livello onirico.
Quando ci si avvicina ai sogni è quindi necessario espandere
il concetto di “immaginazione”, e superare l'arbitraria
dicotomia tra le categorie dell'immaginario mentale e le sensazioni
fisiche, una separazione che del resto non sembra essere affatto
percepita dalle persone che abitano su queste montagne. Come
sostiene l'antropologo Csordas.
Per chiudere e ringraziarti di aver aperto questa sfera
di riflessione su metà della vita degli esseri umani
cioè quella notturna, ti volevo fare un'ultima domanda:
ma tu ci credi nei sogni?
Questa è una domanda che mi hanno fatto spesso anche
le donne che ho conosciuto nei villaggi andini, una domanda
a cui tutt'ora non so bene come rispondere. Da una parte, a
differenza delle comuneras che ho conosciuto nei villaggi andini,
sono nata in un contesto dove nessuno mi ha insegnato a interpretare
i sogni, e dove non esiste un uso sociale dei messaggi onirici.
Eppure da quando ho cominciato a studiare e a prestare attenzione
ai sogni mi sono accorta di quanto essi influenzano i miei stati
d'animo, le mie giornate e le relazioni con gli altri. Sognare
una persona mi fa venire voglia di sentirla, sognare un luogo
mi fa venire voglia di andarci. Come sostiene Michel De Certeau
le credenze non sono qualcosa di astratto. Aldilà delle
risposte “ci credo”/ “non ci credo”
è necessario indagare quello che le persone fanno o non
fanno, sentono o non sentono, rispetto a quello in cui dicono
di credere o di non credere. Se analizzo alcune mie pratiche
e stati d'animo, potrei in effetti rispondere che sì,
credo nei sogni in quanto essi influenzano e ispirano la mia
vita diurna.
Andrea Staid |