incontri
Anarchismo a Saint-Imier, decrescita a Venezia
di due compagni del Laboratorio Perlanera (Alessandria)
foto di Matteo Podrecca
Nel corso dell'estate del 2012 si sono svolti due incontri in cui si sono esaminate, in modi diversi, possibili vie di uscita dalla crisi sistemica in atto. Si tratta dell'Incontro internazionale anarchico di Saint-Imier, Svizzera (8-12 agosto), di cui si è parlato negli scorsi numeri, e della 3ª Conferenza Internazionale sulla Decrescita, la Sostenibilità Ecologica e l'Equità Sociale (Venezia 19-23 settembre).
Ecco le impressioni di un ecologista libertario che ha preso parte a tutti e due gli appuntamenti.
Comunicazione
fra identità differenti
I punti di contatto sono concreti, seppure ancora ridotti.
Alcuni esponenti della decrescita includono esplicitamente la
sinistra antiautoritaria fra le radici storiche del loro movimento1;
inoltre uno dei laboratori di Venezia, “Decrescita e potere”,
nasceva dalla proposta di libertari italiani. Specularmente,
all'Incontro di Saint-Imier alcuni compagni francesi hanno condotto
laboratori sulla decrescita, posizione su cui da tempo è
schierata la Fédération anarchiste.
Un'analisi delle differenze e delle somiglianze fra i due incontri
potrebbe offrire utili spunti di riflessione a quanti sono impegnati
nel movimento anarchico e libertario e/o nel movimento per la
decrescita in base al principio che la comunicazione fra identità
differenti rafforza le qualità e le potenzialità
migliori di entrambi i soggetti, e in definitiva ci arricchisce
tutti. La mia è anche una proposta di riflessione, e
un invito ad avviare un discorso sanamente “eretico“
anche rispetto alle retoriche interne proprie di ciascuna delle
due “eresie” in questione.
Si tratta in entrambi i casi di eventi complessi e ricchi di
contenuti, che richiederebbero descrizioni più ampie;
propongo qui una prima sintesi, rimandandone a successive occasioni
lo sviluppo. L'incompletezza di queste brevi note vuole incoraggiare
contributi da chi volesse aggiungere la propria esperienza,
le proprie informazioni e il proprio punto di vista, sia sugli
eventi in oggetto, che sull'analisi proposta.
Scrivendo su una rivista anarchica, che ha già pubblicato
alcuni resoconti (per quanto necessariamente parziali, in tutti
i sensi) dell'incontro di Saint-Imier, in questo intervento
cercherò prima di tutto di fornire informazioni e riflessioni
sull'altro evento, la Conferenza di Venezia (per quanto, anche
in questo caso, incomplete e necessariamente parziali, in tutti
i sensi). Poiché questo è uno dei primi articoli
dedicati alla decrescita sulla stampa anarchica di lingua italiana
(e il ritardo potrebbe segnalarci un preoccupante grado di autoreferenzialità
e di sclerosi ideologica che pesa sull'anarchismo nostrano),
ho dato la precedenza agli aspetti generali e introduttivi;
il file di questo progetto comprende però già
altre voci oltre a quelle pubblicate qui2.
Uno
sforzo ambizioso
La Conferenza di Venezia segna uno sforzo ambizioso da parte
del movimento per la decrescita; sforzo coronato da un salto
di qualità non soltanto nella sua visibilità (malgrado
il silenzio dei media ufficiali), e nella sua capacità
di attrazione in certi settori della società italiana,
ma anche nella ricchezza e nella elaborazione del suo discorso.
Si può dire che adesso comincino le responsabilità
e le difficoltà serie, e la necessità di sciogliere
i suoi nodi irrisolti: ma di certo si parte con nuovi progetti
e più idee con cui affrontare tali nodi.
L'evento costruito è ambizioso nei numeri (oltre 700
partecipanti registrati, più molti altri negli eventi
aperti), e ancor di più nell'articolazione e complessità
del programma, che mira ad affrontare virtualmente ogni aspetto
della società e della cultura. Gli organizzatori dichiarano
di voler “proporre la decrescita al di fuori di ogni riduzionismo
economico, ma anche ecologico o politico (...) con uno sguardo
fortemente transdisciplinare capace di tenere insieme scienze
naturali e sociali.” Gli interventi muovono infatti da
un ampio ventaglio di approcci: economico, politico, ecologico,
antropologico, urbanistico, filosofico, per limitarsi a quanto
ascoltato nelle plenarie.
La tendenza all'onnicomprensività riguarda anche le forme
dell'incontro: plenarie e laboratori (sia teorici, condotti
secondo esemplari metodologie di facilitazione della partecipazione
e della produttività dei risultati, sia pratico/esperienziali),
oltre a un ricco programma di spettacoli e di eventi paralleli,
tra cui la fiera Altrofuturo, la Conferenza dei Gas e
dei Distretti di economia solidale, rassegne di libri e film.
Alcuni fra i partecipanti non “ufficiali” sono fra
i più interessanti nell'insieme di eventi: per esempio
la comunità degli Elfi dell'Appennino Pistoiese, e l'Ecotopia
Bike Tour, un folto gruppo di giovani ecologisti radicali arrivati
con una carovana ciclistica partita da Barcellona.
Il
movimento rivoluzionario del nuovo secolo?
La complessità del programma riflette l'ambizione onnicomprensiva
di un movimento che ha grandi potenzialità storiche;
paragonabili, a mio avviso, a quelle rappresentate dalla componente
rivoluzionaria del movimento socialista, a partire da quasi
duecento anni fa.
Non sono tante, oggi, le idee “forti”, portatrici
di una visione complessiva della vita e della società.
Ciò è per molti motivo di interesse, e anche motivo
di cautela; cautela, mi pare, condivisa dalla parte più
consapevole del movimento per la decrescita – la stessa
parte che ha dato vita alla Conferenza.
Il movimento per la decrescita si sviluppa nel corso dell'ultimo
decennio, inizialmente in Francia, poi in Spagna, Catalogna
e Italia, a partire dall'insoddisfazione per l'ambientalismo
“storico”, con il quale la tematica ecologica non
arriva a esplicare la sua portata di trasformazione radicale.
L'ecologia si riduce a componente del lavoro settoriale e minimale
delle principali associazioni, o, nel caso dei partiti verdi,
a componente secondaria e “compatibile” di una politica
statale che appare strutturalmente schiava del mito della crescita
infinita, eventualmente celato dietro a un'applicazione gattopardesca
dei concetti di “sviluppo sostenibile” e green economy.
Il termine “decrescita” esprime invece con maggior
chiarezza la radicalità della questione ecologica: in
un sistema chiuso come il pianeta Terra, la specie umana non
può espandere all'infinito il volume di produzione e
consumo di beni materiali. Si tratta di una verità di
semplice logica, fondata sulle leggi basilari della fisica:
eppure questa logica contrasta con le esigenze del Capitale,
che solo in un sistema economico in espansione può produrre
profitto da accumulare, e dello Stato moderno, che sulla promessa
truffaldina di una ricchezza materiale in continua crescita
fonda il proprio consenso sociale (mentre i costi tendono a
essere spostati al di fuori del suo spazio politico: altri popoli,
future generazioni).
Se il socialismo si proponeva una giusta distribuzione della
ricchezza all'interno della specie umana, l'ecologismo guarda
alle finalità stesse della nostra società, mettendone
in questione i confini, il rapporto con quanto esiste al di
fuori di sé, con le leggi ecologiche indipendenti dalla
nostra azione. Anche se in un contesto mutato, le istanze del
socialismo non sono negate dall'ecologismo radicale (di cui
la decrescita si presenta oggi come l'espressione più
forte), ma assunte in una visione ancora più ampia. L'ampiezza
e l'articolazione del programma di Venezia derivano quindi dal
senso dell'alto ruolo storico di questo nuovo movimento.
La
questione dei mezzi
In estrema sintesi si può osservare che, a differenza
dell'anarchismo, il movimento per la decrescita sembra generalmente
esprimere una maggiore radicalità rispetto ai fini della
propria azione politica (il rovesciamento del paradigma storico
del rapporto fra società e pianeta), e contrapporsi invece
con minor chiarezza ai modelli dominanti sul piano dei mezzi,
degli strumenti con i quali perseguire tali fini (istituzioni
del vecchio modello dello stato-nazione o forme di partecipazione
diffusa, ingegneria sociale o lotte comunitarie...).
Le ampie differenze interne a quest'area sembrano dipendere
almeno in parte proprio dall'attuale indeterminatezza sul piano
dei mezzi e degli strumenti. Si tratta peraltro di un tema ben
presente agli organizzatori di Venezia, che hanno scelto la
questione delle forme politiche come uno dei tre assi portanti
dell'incontro, accanto ai temi dei beni comuni e del lavoro.
Una critica alle forme tradizionali della politica e del potere
è partita in particolare da una prospettiva di genere,
soprattutto per iniziativa di una forte componente eco-femminista
che ha caratterizzato questa edizione della Conferenza, contestando
fra l'altro il patriarcato del “barone” della decrescita,
Serge Latouche.
Chiese,
stili di vita e “colpevolizzazione delle
vittime”
Un discorso a parte lo merita l'apporto della cultura cristiana
e cattolica nei movimenti di contestazione del modello di sviluppo,
e in particolare in quello per la decrescita.
Non ho difficoltà a riconoscere che anche da queste possano
venire apporti validi al percorso comune. Allo stesso tempo,
penso che sarebbe utile mantenere un discernimento critico anche
verso queste componenti, avviando una riflessione su quanto
potrebbe non essere un contributo positivo.
La mia impressione è che la cultura religiosa contribuisca
non poco a un aspetto che mi sembra fra i principali limiti
attuali del movimento per la decrescita: la prevalenza dell'attenzione
per gli stili di vita individuali e per le buone pratiche comunitarie.
In sé, tale attenzione non è certo un elemento
negativo: costituisce anzi una conquista rispetto ad approcci
del passato, che erano incentrati su cambiamenti da imporre
dall'alto, e su astratte attese di lontane palingenesi.
Andare in bicicletta pensando alla qualità dell'aria,
alla nostra salute, alle guerre per il petrolio non basta se
poi ci costruiscono un'autostrada dietro casa. L'importante
perciò è riuscire a collegare efficacemente gli
yogurt autoprodotti con la lotta contro la Tav, i Gruppi di
acquisto solidale con la contestazione dello spreco di ricchezza
pubblica per la Fiat, l'Ilva o gli F-35.
Altrimenti, il rischio è che prevalgano logiche moralistiche
tipiche della predilezione di certe religioni per la colpa,
i precetti e le costrizioni: far cadere sugli individui tutta
la responsabilità della questione ecologica è
una forma di “colpevolizzazione delle vittime”.
Eppure esistono altri modi di perseguire la transizione ecologica,
a partire non da ossessioni prescrittive di stampo “eco-puritano”,
ma al contrario dalle spinte di liberazione individuale e collettiva.
La quota
di iscrizione
Una delle questioni più discusse riguarda il pagamento
di una quota di iscrizione da parte dei partecipanti; la quota
era minore per disoccupati, studenti e precari, ma comunque
abbastanza alta da creare per molti una barriera economica.
Gli organizzatori giustificano questa scelta con i costi per
“i biglietti aerei dei relatori internazionali, i pasti
per i partecipanti e i volontari, le strutture per le plenarie
e i workshop, i materiali di comunicazione, le traduzioni simultanee”,
e promettono che “sarà tutto pubblicato e trasparente”.
Qui il confronto con l'incontro di Saint-Imier mette in luce
un successo, per nulla scontato, della formula di autogestione
praticata dall'incontro anarchico, dove gli organizzatori virtualmente
coincidevano con i fruitori: senza alcuna quota obbligatoria,
ma solo con raccolte volontarie di sottoscrizioni e con il lavoro
condiviso fra centinaia di compagni intenti a preparare i pasti,
a organizzare gli alloggi e anche a tradurre le plenarie in
simultanea, si è riusciti ad assicurare docce pulite
e tre pasti al giorno per un numero di partecipanti cinque volte
più grande rispetto a Venezia, e contemporaneamente a
condurre un ricco programma di incontri ed eventi, con contributi
internazionali di alto interesse.
Matteo Podrecca
ecoculture@inventati.org
Note
- Per questo e successivi riferimenti ai promotori
della Conferenza Internazionale sulla Decrescita, e per ulteriori
informazioni su questo evento, si rimanda al sito venezia2012.it.
- Va citato come eccezione un articolo di Salvo Vaccaro
uscito su Umanità Nova (2007). Più di recente,
l'ultima edizione della Vetrina dell'editoria anarchica e
libertaria (Firenze 2011) ha dedicato alla decrescita il
suo dibattito principale, alla preparazione del quale ha contribuito
fra gli altri il Libero Ateneo della Decrescita di Roma.
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