M5s
Una novità? Sì, per il dominio
di Andrea Papi e di Steven Forti
Il Movimento cinque stelle come nuova forma di razionalizzazione del dominio: ci va giù duro Andrea Papi. E Steven Forti, nell'analizzare come tanti più o meno “rivoluzionari” degli anni '70 ne siano rimasti affascinati, fornisce ulteriori elementi di conoscenza e di riflessione critica, molto critica.
Tutto rigorosamente sotto controllo
di Andrea Papi
Grillo e Casaleggio non rischiano di veder conteggiato
il consenso, rimangono al loro posto di dirigenza incondizionata
e continuano ad esserci a prescindere.
E il M5s si presenta come una pericolosa nuova forma di razionalizzazione
del dominio.
Le elezioni politiche italiane
di fine febbraio ci hanno offerto un elemento di novità,
non del tutto prevedibile, rispetto alla ritualità elettoral/partitica
usuale. Il M5s di Grillo ha sorpreso tutti, prima per i risultati
elettorali ottenuti poi per i malriusciti cocciuti tentativi
di star fuori dai giochetti pur essendo entrato a far parte
del palazzo. In realtà, al di là della sorpresa,
la sua vera novità è tale soprattutto rispetto
alla cosa in sé, cioè di essere presente per la
prima volta in modo eterodosso nel panorama politico nazionale.
Al di là delle intenzioni dichiarate, infatti, finora
non sembra aver scalfito seriamente il vecchiume d'impostazione
del tempio del politicantismo, la struttura portante del parlamentarismo.
In una delle sue affermazioni più bislacche non a caso
lo stesso Grillo ha strombazzato che aspira ad occupare la totalità
della rappresentanza parlamentare. “Vogliamo il 100 per
cento del parlamento, non il 20 per cento o 25 per cento o 30
per cento” ha dichiarato al Time. Teme sicuramente l'impotenza
d'azione, superabile, a suo dire, se riuscisse ad occupare l'intero
spazio disponibile. In questo non è affatto dissimile
da qualsiasi altro aspiri autoritariamente a dominare, in senso
letterale, la scena. Sempre al Time chiarisce subito dopo: “...
quando il movimento arriva al 100 per cento, quando i cittadini
diventeranno lo stato, il movimento non avrà più
bisogno di esistere. L'obiettivo è quello di estinguere
noi stessi.”
Dichiarazione in linea con quanto gridava alle folle oceaniche
durante la campagna elettorale. Nei comizi ha quasi sempre sottolineato
che uno dei suoi obiettivi fondamentali era quello di far sì
che la situazione sociale si evolvesse fino a far identificare
lo stato con i cittadini. “Lo stato siamo noi!”,
strillava incitando la folla, quasi a rispolverare il vecchio
slogan bolscevico/statalista di togliattiana memoria. La sua
rivolta non è mai stata antistatalista, ma contro il
disfacimento perpetrato dall'affarismo sistematico della partitocrazia
rampante, che per decenni ha arraffato a piene mani il denaro
pubblico senza occuparsi dei problemi dei cittadini, lasciati
invece alla deriva annichilente della crisi economico/finanziaria.
Subito dopo il travolgente successo elettorale, pressato da
tutte le parti perché esternasse le sue intenzioni, ha
detto con convinzione che i partiti e lo stato dovrebbero ringraziarlo
perché con la sua affermazione ha salvato il sistema.
“Abbiamo incanalato tutta la rabbia di questo movimento.
Dovrebbero ringraziarci uno ad uno: se noi falliamo l'Italia
sarà guidata dalla violenza nelle strade... Tutto è
iniziato qui: il fascismo, le banche. Abbiamo inventato il debito
e anche la mafia. Se la violenza non è iniziata qui è
grazie ai 5 stelle.” (News Fatto quotidiano, 7 marzo 2013)
Probabilmente è anche vero! Resta solo da appurare se
convogliare all'interno delle istituzioni vigenti lo scontento
sociale, ché altrimenti potrebbe trasformarsi in forza
sovversiva dirompente e incontrollabile, possa in qualche modo
servire ad emanciparci dal marciume che Grillo stesso dice di
voler combattere.
Con una metodologia spregiudicata
Per capire cos'è il M5s bisogna riuscire a guardarlo
con disincanto, senza pregiudizi, cominciando a riflettere sul
confronto tra quello che dichiarano e quello che fanno. Ora
che si stanno muovendo dentro il parlamento, essendo fra l'altro
una delle componenti più numerose, è interessante
comprendere il senso del loro operare. Ho subito trovato confermato
quanto scrissi nel numero di marzo di questa rivista. Cioè
che il tentativo di convogliare forme di democrazia diretta
(per il vangelo di Grillo la democrazia della rete) nell'alveo
istituzionale non poteva che risultare demagogico ed apparire
finto, dal momento che i luoghi deputati a prendere le decisioni
che contano sono il parlamento e le strutture del potere tradizionale,
non certamente le assemblee popolari o i laboratori di dibattito
o la fruizione del web. Al di là della loro volontà,
se non vorranno scomparire nei sotterranei del palazzo, una
volta diventati onorevoli o senatori anch'essi non potranno
che fare politica come ogni politicante che si rispetti. (È
dai tempi di Andrea Costa che ogni tanto qualcuno ci prova a
entrare nel “palazzo” per scardinarlo, mentre invece,
deludendo grandemente, ne viene ogni volta assorbito fino a
trovarsi annullato).
Bisogna capire bene il senso del loro muoversi e proporsi, cercando
un'ermeneutica che ce ne sveli il significato motivazionale.
Fin dai primi passi dell'insediamento nelle aule parlamentari,
con la corrispettiva elezione dei presidenti delle due camere,
la formazione del nuovo governo e l'elezione del presidente
della repubblica, al di là delle migliori intenzioni
i 5 stelle hanno dovuto fare i conti (e salati!) col ruolo istituzionale
che hanno accettato di rivestire. Un commento di Carlo Freccero,
sferzante e sarcastico, esprime con grande efficacia il senso
della loro entrata “trionfale” nelle istituzioni.
“Il paradosso è questo: Grillo ha stravinto, al
di là forse di quello che si aspettava. Ha voluto la
bicicletta ma non può pedalare perché si autodenuncerebbe
come appartenente a quella casta che ha combattuto. Grillo non
riesce a staccarsi dal suo orizzonte, che è la casta.
Il suo obiettivo è lo spreco, non il sistema. È
questo il suo limite.” (intervista – la Repubblica,
lunedì 11 marzo 2013).
C'è una frase di profonda verità nelle parole
di Freccero, che ne stigmatizza il senso e ci apre gli occhi:
Il suo obiettivo è lo spreco, non il sistema.
Ecco il punto vero, che fa giustizia di ogni illusione sovversiva
e di ogni adesione ingenua, nella speranza di... La “filosofia
profonda” di Grillo e Casaleggio non vuole affatto rivoluzionare
il sistema di cose vigente (capitalismo, mercato, stato), mentre
sarebbero seriamente intenzionati a sovvertire il disordine
gestionale esistente per instaurare un nuovo ordine, più
efficiente e in linea coi parametri funzionalistici/ambientali
che ci vengono suggeriti dalle nuove tecnologie informatiche
oggi all'avanguardia.
I due “guru” cofondatori del M5s ci spingono ad
aggredire con forza il sistema politico sprecone che ci sta
dilapidando, ad “aprirlo come una scatola di sardine”,
come amano dire con efficace metafora, per miglioralo e renderlo
più efficiente, al passo coi tempi secondo la visione
della loro tempistica. E lo fanno con una metodologia spregiudicata.
Hanno coniugato l'impensabile e reso praticabile ciò
che si supponeva paradossale. Hanno messo insieme in modo raffazzonato
tecniche di gestione diretta e controlli rigidi dall'alto, tentando
di fare il verso a forme autogestionarie di partecipazione,
impostate e praticate però sotto l'egida di diktat autoritari
dall'alto che non permettono di esprimersi autonomamente, oltre
il volere dei capi. Grillo e Casaleggio, infatti, sono veri
e propri capi indiscussi, non scelti e oggettivamente non discutibili
al di là di come essi stessi si autoconsiderano. Mi evocano
le sottomissioni dogmatiche alle verità rivelate dei
tempi dello stalinismo da una parte e dell'inquisizione dall'altra.
Mi evocano pure le posizioni istituzionali sull'autonomia pedagogica
contro cui ho combattuto quando lavoravo nelle strutture educative
dell'infanzia: i dirigenti istituzionali concepivano l'essere
autonomi come la possibilità di muoversi al meglio all'interno
di regole già date, sulle quali però nessuno poteva
intervenire oltre le dirigenze. Un'autonomia controllata e indotta,
funzionale più a un bisogno di vigilanza dirigenziale
che allo sviluppo di processi di autodeterminazione. Più
cerco di capirlo e più mi accorgo che anche il M5s è
così. I suoi cofondatori hanno creato una società
privata, ne hanno definito rigidamente le regole e si sono appropriati
del logo. Aderirvi significa adeguarsi a volontà precostituite
e a regole già date, altrimenti i proprietari in modo
unilaterale decidono di metterti fuori gioco.
Al contempo una delle prerogative che propagandano maggiormente
è la “democrazia diretta”, per discutere
e prendere decisioni collettive, la quale però si svolge
totalmente ed esclusivamente nella rete del web. Web in fondo
vuol dire ragnatela, intreccio complesso, ed esprime molto bene
l'intersecarsi costante di pareri e opinioni su qualsiasi cosa,
che viaggiano nella rete informatica apparentemente al di fuori
di ogni controllo. Se ciò fosse visto come complementare
ai confronti in assemblee dove gli individui sono corporalmente
presenti, sarebbe un allargamento e un arricchimento di possibilità.
Invece è proposto e vissuto come unico, se non addirittura
antitetico. Questo modo di intendere, di fatto imporre, il confronto
dialogico è sospetto. Fa supporre, con molte ragioni
di causa, che tutto si deve svolgere in internet perché
così è tutto sotto controllo. Non dimentichiamoci
che Casaleggio è una specie di mago di internet, considerato
uno dei maggiori esperti.
Questa configurazione dibattimentale e decisionale si svolge
di fatto dentro una condizione strutturale da cui non si può
prescindere: la scelta autoreferenziale dei capi di non mettersi
in gioco. I due non rischiano di veder conteggiato il consenso,
rimangono al loro posto di dirigenza incondizionata e continuano
ad esserci a prescindere.
Verso nuove forme di dominio
Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini (autori de Il
partito di Grillo, edito dal Mulino) hanno fatto un'analisi
illuminante sul percorso che ha portato alla formazione di questo
movimento oltre la forma partito. Scrivono che il M5s nasce
insieme al suo programma, anzi è il suo programma. Tanto
è vero che le cinque stelle contenute nel simbolo indicano
i cinque obiettivi politici e valori fondativi intorno a cui
il movimento è nato: acqua, ambiente, energia, trasporti,
sviluppo. Al contempo Joseph Stiglitz (premio Nobel per l'economia)
e Mauro Callegati (professore di economia ad Ancona, intellettuale
organico alla rete di movimento) hanno scritto sul blog: “Non
proponiamo nuove strategie di crescita, ma un diverso modo di
vivere e produrre”, aiutando a definire un programma economico
in cui statalismo e liberismo convivono fottendosene delle contraddizioni,
mentre destra e sinistra si confondono in un incerto impasto
postideologico. Un movimento dunque che sorge come bisogno collettivo
di un nuovo modo di vivere e relazionarsi sul pianeta, convogliato
però dentro un'impostazione cultural-organizzativa dai
confini poco chiari.
Ci troviamo di fronte alle prime avvisaglie di un cambio di
paradigma politico. I partiti, non a caso scomparsi nella forma
originaria, nacquero attorno ad idee forti che esprimevano diverse
visioni di società (comunismo, repubblica, monarchia,
democrazia, ecc.). Nell'immaginario partitico qualsiasi problema
e qualsiasi contesto si risolvevano all'interno del tipo di
società specifica. Qui invece abbiamo un movimento che
nasce attorno ad un programma pragmatico, legato a una diversa
visione dell'uso e del consumo delle risorse. Il tipo di società,
considerato meno importante, si definisce attorno all'impostazione
di fondo del rapporto uomo/ambiente, vissuto invece di primaria
importanza. Al contrario del partito, qui l'idea di società
si definisce e si risolve all'interno dell'impostazione di riferimento.
Un insieme complesso, anche un po' contorto, che fa supporre
che è in atto un processo di trasformazione non ancora
definito. Il dominio, nelle forme di potere che conosciamo,
è in crisi, soprattutto nella forma liberal-democratica
della rappresentanza. È di conseguenza alla ricerca di
nuove definizioni e nuove modalità di rappresentazione
e manifestazione. Sotto questa luce il M5s rappresenta un percorso
privilegiato, adeguato ai processi di trasformazione in atto,
per identificare nuove possibilità del dominio di riproporsi.
Andrea Papi
Tutti pazzi per Grillo?
di Steven Forti
Le ultime elezioni politiche italiane e la posizione
degli esponenti della sinistra extraparlamentare degli anni
settanta (e non solo).
Le recenti elezioni politiche
hanno cambiato le carte in tavola. Su questo non ci piove. Il
Movimento 5 stelle è entrato in Parlamento come il partito
più votato, creando una situazione che, mentre stiamo
scrivendo questo articolo, non sappiamo ancora che sviluppi
avrà. Certo è che l'ingessato sistema politico
italiano sorto dalla ceneri di Tangentopoli ha subito un bel
colpo. Forse non lo tsunami di cui parlava Grillo durante la
sua lunga campagna elettorale, ma poco ci manca. Lo scossone
si è fatto sentire anche all'interno dell'eterogeneo
e composito mondo che forma la sinistra italiana. O quel che
ne resta. E non tanto per la debacle di Rivoluzione civile,
che pareva annunciata, soprattutto dopo l'uscita di Cambiaresipuò
e la formazione delle liste elettorali con la presenza dei vari
Diliberto, Ferrero e Di Pietro, ma per le prese di posizione
di molti esponenti di quella che un tempo si chiamava sinistra
extraparlamentare e di intellettuali di una possibile nuova
sinistra in via di formazione.
Nel pomeriggio del 25 febbraio, appena chiusi i seggi elettorali,
Franco Bifo Berardi pubblicava sull'edizione on-line di MicroMega
una specie di lettera aperta in cui dichiarava “ci sono
ricascato: ho votato per il movimento di Beppe Grillo”.
Il fondatore di A/Traverso spiegava che “Non l'ho fatto
perché io creda nella possibilità di 'cambiare
l'Italia', ma perché ho pensato che valeva la pena di
dare il mio minuscolo contributo a rendere ingovernabile il
paese. La questione in gioco in queste elezioni è quella
europea, tutto il resto son questioni di dettaglio.” Seppur
critico con il populismo e la rozzezza del discorso di Grillo,
Bifo ha deciso di votare per il M5s in quanto “fattore
destabilizzante” del sistema1.
Il 27 febbraio il leader del movimento bolognese del '77 ritornava
sulla questione lanciando una frecciata ai Wu Ming che su Internazionale
avevano criticato da sinistra il M5s, considerandolo la causa
dell'assenza di un vero movimento in Italia: “Ragionamento
bislacco davvero. Dal momento che la società italiana
è incapace di muoversi allora debbono stare tutti fermi?
Dal momento che gli amichetti di Wu Ming sono stanchi allora
tutto deve restare ad attendere i tempi del loro risveglio?
Fate movimento invece di lamentarvi perché qualcun altro
lo fa al posto vostro, magari in maniera un po' più rozza
di come piacerebbe ai raffinati intellettuali.”2
Invero, l'analisi dei Wu Ming è forse la più interessante
che si è letta sul M5s e sulla situazione dei movimenti
in Italia. Un'analisi attenta e ampliata in diversi interventi,
che mette in guardia dai pericoli insiti in un movimento molto
ambiguo e che, molto sinceramente, auspica una “rivolta”
all'interno del M5s.3 Secondo
i Wu Ming, a differenza di Grecia, Spagna o Portogallo, in Italia
“Grillo cresce sulle macerie dei movimenti” e, al
di là della vuota retorica della democrazia diretta e
di un programma che si crede rivoluzionario, “l'interesse
principale di Grillo & Casaleggio non è realizzare
il programma, che è un geyser di richieste contraddittorie
spruzzate qua e là. Gli interessa di più prolungare
lo scompiglio e tenere alto il polverone finché è
possibile, perché il polverone copre le magagne e rinvia
l'arrivo dei nodi al pettine.”4
Una lettura molto vicina a quella espressa dal giornalista Giuliano
Santoro, autore del libro Un Grillo qualunque. Il Movimento
5 stelle e il populismo digitale nella crisi dei partiti italiani
(Castelvecchi, 2012), in cui si sostiene che “dove ci
sono movimenti veri, i grillini non attecchiscono, o almeno
non sfondano 'a sinistra'.” In Val di Susa, sostiene Santoro,
“le liste a 5 stelle hanno preso molti voti alle regionali,
ma a quei voti non corrisponde mobilitazione reale. Mi sembra
che quella di votare Grillo e non votare (come in molti avevano
fatto) i partiti della fu sinistra, sia stata una scelta tattica
da parte di una fetta di un movimento autonomo e autorevole,
che non si fa incantare da Grillo anche se per certi versi gli
è riconoscente per aver parlato delle ragioni contro
l'Alta velocità quando non ne parlava nessuno.”
Santoro considera quella di Grillo un'“ideologia pret-a-porter”
che “muove emozioni, dà vita ad un impasto di politica,
spot pubblicitari e sentimenti” e nota la paradossalità
della situazione italiana: “in tutta Europa, e anche negli
Stati Uniti per certi versi, la gente protesta contro le politiche
di austerità, tenta di organizzarsi dal basso per rompere
la gabbia dei sacrifici. In Italia, dove pure abbiamo una certa
tradizione quanto a movimenti sociali, tantissime delle persone
che potrebbero mobilitarsi si limitano ad aspettare il giorno
delle elezioni, per poter sostituire quelli della “Casta”
con altri eletti, che peraltro non si sa come vengano scelti
e messi in lista. Come se questo davvero potesse cambiare la
situazione.”5
Una botta terapeutica?
La posizione di Bifo, però, non è stata un'eccezione.
Toni Negri, ad esempio, ha affermato che Grillo è “la
contraddizione in azione”, “è il nuovo, è
l'elemento di instabilità e a noi va bene: Viva l'instabilità!
Viva l'ingovernabilità! Questo è l'elemento che
mi sembra estremamente importante, si tratta proprio di insistere
su questo. Viva l'instabilità! É nell'instabilità
che si determineranno ricomposizioni di classe legate veramente
a interessi e a volontà di esprimere quelli che sono
interessi centrali, elementari, fondamentali nella nostra vita
e nella lotta.” Secondo Negri, bisogna stanare Grillo
“sui temi del comune, stanarlo sui temi del reddito garantito,
stanarlo sul tema della patrimoniale, stanarlo su quelli che
sono i grandi problemi della struttura della rappresentanza,
della legge elettorale, e così via”, impedendogli
“di consolidarsi su un'alleanza – perché
questa è un'alleanza puramente fascista – con la
piccola imprenditorialità oggi e domani con la grande
imprenditorialità, insieme a esclusi, non garantiti e
classe media in disfatta. Si tratta quindi di muoversi, agire
per garantire che non si stabilisca un qualsiasi tipo di governabilità,
mantenendosi su questo terreno una apertura europea.”6
Una posizione non dissimile è stata espressa anche da
altri esponenti di quella che potremmo definire la sinistra
movimentista italiana, come Luca Casarini che ha applaudito
la posizione di Bifo, sottolineando che “tra i grillini
non vedo solo Rizzo e Stella come riferimenti, vedo anche
molta Genova 2001, molto del patrimonio delle lotte per 'un
altro mondo è possibile'”. In questo senso la botta
di Grillo può essere terapeutica per la sinistra: ma
o ci diamo una scossa o è finita.”7
Anche uno dei maggiori leader del movimento studentesco del
'68 italiano e poi esponente di spicco di Democrazia proletaria,
Mario Capanna considera il M5s “un fenomeno notevolmente
scardinante dell'ordine corrente delle cose” e “un
movimento coraggioso, vasto, speriamo davvero innovatore”.8
Anche Fabrizio Tringali e Marino Badiale, autori di Liberiamoci
dell'euro e La trappola dell'euro (pubblicati entrambi
da Asterios, nel 2011 e nel 2012), due interessanti saggi che
seguono le analisi di Alberto Bagnai, professore di Economia
politica all'Università Gabriele D'Annunzio di Pescara
e autore di Il tramonto dell'euro (Imprimatur, 2012)
si sono posizionati su una linea di appoggio pragmatico e tattico
al M5s. Sul blog Il Mainstream, Tringali, delegato sindacale
della Fiom, e Badiale, docente di Analisi matematica all'Università
di Torino, si sono rallegrati soprattutto del disastro della
lista Ingroia: “È da tempo ormai – ha scritto
Badiale – che giudichiamo la cosiddetta 'sinistra radicale'
nient'altro che un fattore di confusione, di oscuramento della
realtà, di ostacolo alla costruzione di una vera opposizione.
Si tratta in sostanza di piccoli frammenti di ceto politico
che devono necessariamente allearsi col centrosinistra per avere
posti e cariche, il che è tutto ciò a cui si riduce
il loro fare politica.”9
Lo stesso Bagnai ha dimostrato interesse per il movimento di
Grillo, almeno per quanto riguarda la sensibilità dimostrata
dal M5s sulla questione dell'euro e sulle politiche di austerity
imposte dall'Ue e dal Bce, con qualche intervento sul suo blog
Goofynomics e con un'intervista concessa al blog di Beppe
Grillo.10 Un'analisi che è
stata condivisa parzialmente anche da Emiliano Brancaccio, docente
di Economia politica all'Università del Sannio, e da
Giorgio Cremaschi, ex segretario nazionale della Fiom-Cgil e
attualmente responsabile del comitato No debito, che ha affermato
che “Il voto al M5S è segnale e parte della rivolta
che sta crescendo in tutta Europa e finalmente è cominciata
davvero anche da noi”.11
Effettivamente, in modi e tempi diversi e per ragioni distinte,
molti intellettuali e artisti hanno reso pubblico il loro appoggio
o hanno simpatizzato con il M5s. E non solo Dario Fo, da tempo
vicino a Grillo, presente sul palco di piazza Duomo a Milano
in una delle ultime tappe dello Tsunami tour e autore insieme
al comico genovese e al deus ex machina Gianroberto Casaleggio
del libro Il Grillo canta sempre al tramonto (Chiarelettere,
2013), una sorta di vademecum per comprendere idee politiche
e culturali alla base della nascita del movimento. Ma anche
lo scrittore Stefano Benni, l'economista Mauro Gallegati e il
filosofo del diritto all'Università di Genova Paolo Becchi,
oltre ad artisti come Celentano, Mina e Raffella Carrà,
tra i tanti. Nel mondo della musica e della letteratura non
poche sono state però anche le prese di posizione critiche
con Grillo e il M5s. Due su tutte: quella del cantante napoletano
Edoardo Bennato con la canzone Al diavolo il grillo parlante
che ha scatenato l'ira dei grillini12
e quella del fiorentino David Riondino con delle decime estremamente
ironiche che mettono il dito in una delle piaghe del movimento
di Grillo e Casaleggio.13
Le posizioni critiche con il M5s non sono mancate nemmeno nel
composito mondo della sinistra italiana, più o meno (ex)
extraparlamentare, più o meno movimentista. Tanto per
dire che la posizione sostenuta da Bifo e da Negri non è
stata il leitmotiv in chi fu protagonista delle lotte italiane
degli anni settanta. Uno dei maggiori esponenti del movimento
studentesco torinese e poi di Lotta continua come Guido Viale,
ad esempio, ha sostenuto il progetto Cambiaresipuò e,
dopo la costituzione della lista Ingroia, ha mantenuto il suo
sostegno a Rivoluzione civile. Un appoggio così critico
e sofferto che il 27 febbraio, in un articolo pubblicato su
Il Manifesto, Viale si è tolto i sassolini dalle scarpe.
Per Viale, Rc non è stata nulla più che “quattro
toghe” e “quattro dinosauri, segretari di altrettanti
partiti senza più elettori” con “un programma
raffazzonato” che hanno perso la “possibilità
di usare la campagna elettorale per una vera battaglia politica:
per un'altra Europa, un'altra economia, un altro regime del
lavoro, un'altra istruzione, un'altra cultura”.14
Le stelle sono tante...
E gli altri esponenti di quella che fu Lotta continua come
si sono posizionati? In un articolo apparso su Repubblica pochi
giorni prima del voto, Adriano Sofri ha appoggiato Bersani,
ha bacchettato Rc considerata un “assembramento di pubblici
ministeri e di partiti residui per lo più autoritari”
e ha condannato Grillo: “Grillo è un attore che
si identifica con il suo personaggio, e non gli mette limiti.
Da molti anni recita la parte del capo che riscatta un popolo.
Alcune scene gli riuscirono: la Parmalat strappava gli applausi.
Altre sono orrende. Problema di copione. Il fatto è che
un attore che si identifica pienamente e a lungo col proprio
ruolo fuori dalla scena diventa qualcosa d'altro: un impostore.
Grillo è un grosso impostore [...]. Altro che comico.
Fa la guerra, annuncia il bagno di sangue, intima allo Stato
italiano di arrendersi: è troppo tardi, per tutti e per
lui, per dire 'è tutto uno scherzo.' Deve sbraitare oltre,
finché gli resta fiato nei polmoni. Non è né
fascista né comunista né ecologista e nemmeno,
guardate, populista: cioè, è forse un po' di tutte
queste cose. È un impostore.”15
Anche Enrico Deaglio, facendo il punto sui risultati elettorali,
ha criticato il M5s: “Poi c'è un comico che urla
nelle piazze – “vaffa!, arrendetevi!, siete morti!
Darò mille euro a tutti i disoccupati!, i debiti non
si pagano!” – e lo vota il 25 per cento. Il
totale fa 55. Berlusconi era catalogabile come 'populista'.
Grillo è anche lui un 'populista'. L'Italia è
l'unico paese al mondo con due populismi, in cui l'uno non uccide
l'altro, anzi.”16
Una via di mezzo tra quella di Negri e Bifo e quella dei Wu
Ming pare essere invece la posizione di Oreste Scalzone, fondatore
con Franco Piperno e Toni Negri di Potere operaio e poi esponente
di spicco di Autonomia operaia. In un post del 25 febbraio apparso
sul suo blog, Scalzone ha raccontato di aver messo in circolo
“il testo di un estemporaneo, rapsodico 'volantone' che,
in tre-quattro Complici, siamo andati a distribuire –
a rischio di qualche 'sbarbazzone' – al comizio di Grillo
e connessi 'Cinquestelle' il 19 febbraio scorso in piazza Duomo
a Milano.” Nel lungo “volantone”, intitolato
Le stelle sono tante, milioni di milioni..., si spiegava
che “Noialtri [...] siamo tra quanti sono fuori e contro
la logica elettorale – la scadenza, e la campagna. Veniamo
oggi qui, perché queste piazze del cosiddetto 'Tsunami-Grillo/5
stelle' sono come un caleidoscopio, in cui c'è e si compone
e scompone, si muove, 'di tutto'. Prendiamo il pretesto di quest'occasione
in extremis, semplicemente per lanciare una 'pulce nell'orecchio',
e 'prender data' per una scommessa in differita. Se, nel prosieguo,
nei prossimi mesi e anni, si dovesse verificare che si conferma
quello che noialtri pensiamo; se si dovesse toccar con mano
il fatto che le cose continuano a peggiorare, e il male di vivere
ad aumentare; se si toccasse con mano che la questione non è
di questa o quella 'forza politica', di questa e quella politica
economica, questa e quella variante della governamentalità;
che la questione non è prevalentemente 'italiana'; che
il cuore, il nodo, non è l'illegalità, e dunque
la panacea non è 'la legalità', non è nella
'Costituzione più bella del mondo', ma che sono ormai
in questione i fondamenti, i 'principi elementari', le forme
costitutive, i rapporti sociali... [...], ecco, quale sarebbe
la risposta? Affidarsi ancora, una volta ancora, all'infinito,
a dei 'Salvatori della Patria', dei 'liberatori', dei 'pastori',
supposti sapere, a cui dare delega, rappresentanza? Credere
ancora alle loro crociate, alle loro 'Verità', riporre
lì le proprie aspettative, oppure – quand'anche
senza diagnosi, né prognosi, né certezze di senso,
né sul sé e come si possa pensare di uscire da
un labirintico incubo – raccogliere tutte le forze, e
intelligenza, passione, capacità di cooperare, per capire,
per fare, quantomeno dar vita a delle minuscole 'gocce di vita',
che contrastino il gelo e il deserto che avanza? Prima che alcuni
volonterosi benintenzionati modifichino il corso della 'terribile
inerzia delle cose', sarà piuttosto quella a snaturare
loro!!! Ecco, vorremmo ricordare questo, e lanciare la piccola
sfida di una scommessa per il 'dopo'. Senza troppe speranze,
ma senza alcun fatalismo rassegnato, e – al fondo –
ignavo.”17
Insomma, le stelle sono tante, milioni di milioni. Non solo
cinque.
Steven Forti
Note
- Franco Bifo Berardi, “Perché ho votato Beppe
Grillo”, MicroMega, 25 febbraio 2013,
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/02/25/franco-bifo-berardi-perche-ho-votato-beppe-grillo/.
- Franco Bifo Berardi, “La sconfitta dell'anti-Europa
liberista comincia in Italia”, MicroMega, 27
febbraio 2013,
http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/02/27/franco-bifo-berardi-la-sconfitta-dellanti-europa-liberista-comincia-in-italia/.
- Wu Ming, “Perché tifiamo 'rivolta' nel Movimento
5 stelle”, 27 febbraio 2013,
http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12038.
- Rispettivamente, intervista di Roberto Ciccarelli ai Wu
Ming, “Grillo cresce sulle macerie dei movimenti”,
Il Manifesto, 1 marzo 2013 (ora in http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12104)
e intervista di Giovanni Egidio ai Wu Ming, “A forza
di iniettarsi dosi di male minore...”, La Repubblica,
12 marzo 2013 (ora in http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12208).
Vedasi anche Wu Ming, “Beppe Grillo leads yet another
right-wing cult from Italy”, New Statement, marzo
2013, http://www.newstatesman.com/2013/03/grillismo-yet-another-right-wing-cult-italy.
- Intervista di Wu Ming 2 a Giuliano Santoro, “Un grillo
qualunque”, 8 novembre 2012, http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=10112.
- “La morte del togliattismo e il pope Gapon –
Intervista a Toni Negri”, Radio UniNomade, 26 febbraio
2013, http://www.uninomade.org/morte-del-togliattismo-e-pope-gapon/.
- Daniel Rustici, “Luca Casarini: 'I grillini? Figli
anche del G8 di Genova'”, Gli Altri, 14 marzo
2013,
http://www.glialtrionline.it/2013/03/14/i-grillini-sono-anche-figli-del-g8-di-genovaintervista-a-luca-casarini/.
- Chicco Corini, “Mario Capanna: il Sessantotto e il
Movimento 5 stelle”, Gazzetta di Parma, 11 marzo
2013 (ora consultabile:
http://www.navecorsara.it/wp/2013/03/12/mario-capanna-il-sessantotto-e-il-movimento-5-stelle/).
- Vedasi i due interventi post elettorali http://il-main-stream.blogspot.com.es/2013/02/andare-votare-per-chi-annullare-la.html#more
e
http://il-main-stream.blogspot.it/2013/02/seppellire-i-morti.html.
- Vedasi il blog curato da Alberto Bagnai: http://goofynomics.blogspot.com.es/.
- Rispettivamente, Emiliano Brancaccio, “L'euro è
ormai un morto che cammina. Occorre tentare una exit strategy
'da sinistra'”, pubblicato il 26 febbraio 2013 sul suo
blog (http://www.emilianobrancaccio.it/2013/02/26/leuro-e-ormai-un-morto-che-cammina-occorre-tentare-una-exit-strategy-da-sinistra/)
e Giorgio Cremaschi, “Ha perso lo spread e anche le
banche”, pubblicato il 26 febbraio 2013 su http://sollevazione.blogspot.it/2013/02/ha-perso-lo-spread-e-anche-le-banche.html.
- Questi gli ultimi versi della canzone che colgono nel segno:
“Al diavolo il Grillo Parlante / filosofo da baraccone
/ che è comico senza volerlo / drammatico con convinzione
/ Contate sul Grillo Parlante / sull'angelo vendicatore /
che incassa denaro contante / contando sul vostro sacro furore”.
- Come ad esempio, “Grillo in sostanza propone / un'ambiguità
tremenda: / il movimento è un'azienda, / un marchio
con due padroni. / Con tanto di paroloni / moderni: con il
found raising / coi brifing, con l'advertising, / e un comitato
centrale / che gestisce il capitale: / ecco il Partito-Franchising.”
Vedasi, http://www.davidriondino.it/images/diario_big.jpg.
- Guido Viale, “Rivoluzione civile, sotto la toga niente”,
Il Manifesto, 27 febbraio 2013.
- Adriano Sofri, “La corsa del Pd tra Pugaciov e pm”,
La Repubblica, 22 febbraio 2013.
- Enrico Deaglio, “L'Italia è l'unico paese al
mondo con due populismi”, 26 febbraio 2013 (ora in
http://www.inchiestaonline.it/dossier/elezioni-2013-dossier/enrico-deaglio-litalia-e-lunico-paese-al-mondo-con-due-populismi/).
- Si vedano i post in data 25 febbraio apparsi sul blog di
Oreste Scalzone:
http://orestescalzone.over-blog.com/article-prima-parte-115688351.html
e http://orestescalzone.over-blog.com/article-epperchemmai-solo-5-115665582.html.
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