sicilia
Una battaglia etica prima ancora che politica
di Antonio Senta
È quella che vede impegnati tutti
coloro che si oppongono al Muos, l'arma perfetta dell'esercito
Usa per i conflitti del nuovo millennio.
Qui vi spieghiamo di che si tratta.
E perché sia fondamentale la mobilitazione contro.
Da mesi oramai la lotta contro
il Muos è diventata una questione nazionale e non più
solo di Niscemi (Caltanissetta) e dei suoi abitanti. Ma che
cosa è il Muos? Il Mobile user objective system
è l'arma perfetta dell'esercito americano per i conflitti
del nuovo millennio. Un sistema di telecomunicazioni satellitari
che serve a guidare le operazioni di guerra su scala mondiale
per mezzo di bombardieri, sistemi missilistici di vario tipo,
sottomarini e soprattutto di droni, gli aerei senza pilota che
sono ormai lo strumento preferito dall'aviazione statunitense.
Il Muos è un complesso di satelliti e stazioni a terra:
alle Hawai, in Virginia, in Australia e nella sughereta vicino
a Niscemi. Qui, già sede di una delle infrastrutture
militari più estese del territorio italiano (1.660.000
metri quadrati di terreni boschivi e agricoli) e dove sono installate
46 antenne Nrtf (Naval radio transmitter facility) della marina
militare statunitense, verrebbero installate tre grandi antenne
paraboliche del diametro di 18,4 metri e due trasmettitori dell'altezza
di 149 metri.
A costruire il Muos è la Lockheed Martin, la più
potente della compagnie Usa del comparto difesa, produttrice
dei famigerati cacciabombardieri F-35, che conta oltre 126.000
dipendenti e un fatturato annuo di 45,8 miliardi di dollari.
I lavori a Niscemi sono stati affidati fin dal loro inizio a
un consorzio di imprese denominato Team Muos Niscemi guidato
dalla Gemmo Spa di Arcugnano (Vicenza) e di cui fanno parte
altre aziende tra cui la Lageco di Catania. Con l'avvio dei
lavori è comparsa come subappaltatrice la Calcestruzzi
Piazza Srl, molto vicina alla mafia.
Contro questo progetto si sta sviluppando un ampio fronte di
opposizione popolare che si dà come obiettivi impedire
la costruzione del Muos e smantellare le 46 antenne Nrtf, presenti
da oltre vent'anni.
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Niscemi
(Cl), protesta No Muos |
Le ragioni dell'opposizione
La prima ragione che muove chi si schiera contro il Muos è
la contrarietà a tutte le guerre. Industrie belliche
e multinazionali del petrolio userebbero la nuova base in territorio
siciliano come ulteriore puntello per le proprie mire imperialiste,
portando morte e distruzione. Niscemi si affiancherebbe a Sigonella
come luogo di decollo dei droni, pronti a intervenire dall'Afghanistan
alla Libia, dal Ciad al Corno d'Africa. Contro tutto ciò,
per fare uscire definitivamente la guerra dalla storia, si stanno
battendo i No Muos.
La seconda ragione è la difesa del territorio, poiché
la sughereta dove gli americani vogliono installare le parabole
è una riserva naturale, luogo tra l'altro riconosciuto
come “sito di interesse comunitario”. Nella base
già esistente ci sono stati nel corso degli anni vari
incidenti con conseguente sversamento nel sottosuolo di grandi
quantità di sostanze inquinanti.
La terza ragione è la difesa della salute della popolazione.
L'inquinamento elettromagnetico, che viene già prodotto
dalle quarantesei antenne, sarebbe decuplicato, colpendo buona
parte dell'isola con risultati pesantissimi per gli abitanti.
Negli ultimi anni, nel silenzio totale delle istituzioni, sono
aumentati i casi di malattie causate dalle antenne. Uno studio
condotto dai tecnici Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu per
il Politecnico di Torino ha messo in evidenza come le antenne
produrrebbero un campo elettrico pericolosissimo anche in prossimità
delle abitazioni. Le maxi antenne paraboliche trasmetteranno
con frequenze tra i 30 e i 31 GHz, i due trasmettitori con frequenze
di trasmissione tra i 240 e i 315 Mhz, creando così un
maxi forno a microonde attivo per un raggio di 120 km in grado
di causare danni gravissimi alla salute con varie forme di tumori,
leucemie, linfomi.
Avvolto dal mistero
I primi passi del progetto risalgono al 2005; senza che sia
mai stato discusso in consiglio dei ministri né in parlamento,
nel marzo 2006 è lo stato maggiore della difesa a dare
l'autorizzazione necessaria. Inizialmente il Muos deve essere
installato all'interno dell'aeroporto di Sigonella, ma per paura
degli effetti destabilizzanti delle onde sugli aerei, il sito
prescelto diventa la sughereta di Niscemi.
Questo cambio di sito, così come il progetto nel suo
complesso, è avvolto dal mistero grazie anche agli accordi
speciali tra Italia e Stati Uniti in campo bellico, che sostanzialmente
permettono che dal secondo dopoguerra a oggi parte del suolo
italiano sia occupato militarmente dall'esercito americano.
Il cambio di sito da Sigonella a Niscemi avviene alle spalle
di tutti e gli stessi attivisti lo scoprono solo nel 2008. Infatti,
nonostante su progetti di tal genere ci dovrebbe essere per
legge una qualche forma di consultazione popolare, come prevede
l'art. 6 della direttiva 2011/92/Ue, niente di tutto ciò
viene fatto. Il ministro della difesa La Russa e il presidente
della regione Lombardo, ravvedutosi da un iniziale rifiuto,
concedono i permessi necessari e si schierano in maniera chiara
perché si costruisca il Muos in Sicilia.
Sin dall'inizio il progetto si fa scudo di studi pseudo scientifici
di cui è evidente la mala fede. Nel 2008 la marina militare
statunitense svolge una valutazione d'impatto ambientale gravemente
carente e contraddittoria e i successivi studi, sempre dei militari
Usa, volti a indagare sugli effetti nocivi delle onde risultano
essere tanto rassicuranti quanto inaccurati e fuorvianti. Lo
stesso accade con altri studi commissionati da Lombardo ad alcuni
docenti della facoltà di ingegneria dell'università
di Palermo che certificano il “bassissimo impatto elettromagnetico”
del Muos. Probabilmente non è un caso se uno di questi
docenti è una ex ricercatrice in aziende del gruppo Finmeccanica
e se nell'ultimo biennio la facoltà di ingegneria ha
sottoscritto con il laboratorio di ricerca dell'esercito statunitense
due contratti per un valore complessivo di 70mila dollari. Intrecci,
quelli tra mondo accademico e industria bellica, caratteristici
di diverse università italiane, dove negli ultimi dieci
anni non solo sono stati ospitati ufficiali e generali dell'esercito
a presentare i propri progetti o a tenere conferenze, ma sono
anche state avviate collaborazioni “didattiche”
con convenzioni, master e corsi congiunti università-esercito
come avviene in diversi istituti da Roma a Tarento, da Catania
a Torino, a Bologna ecc.
Tali ricerche sono risultate essere così deficitarie
che la stessa amministrazione comunale di Niscemi decide di
affidare a un ente esterno, il Politecnico di Torino, un'analisi
dei rischi. Ecco che si arriva dunque al già citato rapporto
presentato da Zucchetti e Coraddu dove i due studiosi scrivono
a chiare lettere che il Muos porterà a un deciso incremento
dell'intensità del campo anche in luoghi abitati causando
danni gravi e permanenti a chi ne venisse accidentalmente esposto.
Inoltre il fascio di microonde del Muos interferirebbe pesantemente
con tutto il traffico aereo di un'area dove sono situati gli
aeroporti di Sigonella, di Comiso e di Fontanarossa e potrebbe
causare l'innesco accidentale degli ordigni trasportati dagli
aerei da guerra, rischio, questo, ben noto ai militari statunitensi.
Da qui anche il continuo ostruzionismo, la secretazione degli
atti, il boicottaggio da parte della autorità militari
americane nei confronti di qualsiasi verifica sul progetto.
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30 marzo, Niscemi. Manifestazione nazionale No Muos |
Le ultime tappe della lotta
Nella primavera del 2012 nascono i primi comitati di base
No Muos a Vittoria, Charamonte Gulfi, Modica, Ragusa, esperienze
che si propagano in maniera rapida coinvolgendo ben presto varie
province dell'isola. Inizialmente nel sud-est dell'isola e poi
anche in altre zone, i comitati nascono uno dopo l'altro, nonostante
le innumerevoli difficoltà e grazie all'attivismo e alla
passione di alcuni gruppi di compagni. È un movimento
trasversale, con qualche contraddizione di fondo, ma che, in
particolare dopo tre giorni di dibattito e controinformazione
a Niscemi, cresce dando via via maggiore voce al protagonismo
popolare, fino alla formazione di un coordinamento regionale
dei comitati No Muos.
Nel settembre del 2012 alcune decine di attivisti tengono presidi
informativi a Niscemi, organizzano happening e mostre e infine
danno vita a un campeggio-presidio di tre giorni nella riserva
che va a disturbare, con una rumorosa “passeggiata”,
i lavori della base. È una svolta per il movimento, che
in maniera partecipata e condivisa decide di “mettersi
in mezzo” rifiutando deleghe e padrini politici.
Il 6 ottobre 2012, dopo una giornata di mobilitazione locale
nei vari territori svoltasi la settimana precedente, 4.000 manifestanti
prendono parte al primo grande corteo nazionale contro il Muos
nelle vie di Niscemi e attorno alla base americana. Questa manifestazione
combattiva e autorganizzata rappresenta una tappa importante
per tutto il movimento. Nel frattempo la procura di Caltagirone
sequestra il cantiere per gravi violazioni delle norme ambientali,
misura che però una ventina di giorni più tardi
la procura di Catania annulla. Da allora si forma il presidio
permanente davanti all'ingresso principale della base con l'obiettivo
di bloccare la gru che serve per montare le parabole sui piedistalli.
La partecipazione popolare è forte, le assemblee in città
sono piene di gente e lungo le decine di chilometri di percorso
che deve compiere la gru ci sono gruppi di solidali pronti ad
allertare il presidio. In questo periodo viene inoltre presentata
dal coordinamento dei comitati un'importante carta di intenti
che rivendica la propria autorganizzazione, l'autofinanziamento
per la campagna di lotta, un funzionamento di tipo orizzontale
e basato sull'autonomia dei singoli comitati, il rifiuto di
qualsiasi forma di subalternità da partiti e istituzioni,
e l'adesione ai valori imprescindibili di libertà, uguaglianza,
antifascismo, antimilitarismo, antirazzismo, lotta alla mafia
e all'omofobia. Anche questo è un passaggio fondamentale
di una lotta allo stesso tempo radicata e radicale.
Nel gennaio del 2013 il ministro dell'interno Cancellieri dichiara
il sito di Niscemi “di interesse strategico per la difesa
militare della nazione e dei nostri alleati” ordinando
l'inasprirsi della repressione contro chi ostacola i lavori
nella base. Nello stesso mese l'assemblea regionale siciliana
revoca l'autorizzazione per i lavori, ma centinaia di poliziotti
e carabinieri scortano la gru che deve installare le parabole,
riuscendo a farla entrare nella base dopo avere caricato violentemente
il presidio. Sin dal giorno dopo il presidio si forma nuovamente,
mentre diversi gruppi di attivisti tengono decine di serate
informative sulla questione in giro per l'Italia. La mobilitazione
è ormai nazionale.
A inizio febbraio la regione annuncia, dopo un mese di chiacchiere,
la decisione di revocare le autorizzazioni. Ma è subito
chiaro che ancora una volta la marina americana se ne infischia
dei decreti regionali ed è quindi la mobilitazione e
la revoca dei lavori dal basso l'unica forma di lotta che può
davvero funzionare. I comitati decidono di avviare una sottoscrizione
per l'acquisto di un appezzamento di terra nei pressi della
base, spazio prescelto per un nuovo presidio permanente. Il
presidio si fa forza anche della presenza di un comitato delle
mamme No Muos di Niscemi che è da mesi tra i più
attivi e combattivi nell'impedire l'accesso dei camion militari
americani alla base. La forza e l'appoggio di cui godono queste
donne è grande: quando all'inizio di marzo vengono caricate,
la polizia è costretta a negare ogni aggressione mentre
un presidio spontaneo a Niscemi manifesta la propria solidarietà.
Altri tentativi di sgombero delle mamme si rivelano infruttuosi.
Dove non arrivano i manganelli poi, ci pensano i giudici secondo
un refrain ben noto. Il movimento è criminalizzato,
soprattutto da quando si è fatto davvero partecipato:
sono decine, solo negli ultimi mesi, i controlli arbitrari,
i fogli di via, gli avvisi di garanzia, le perquisizioni in
cerca di fantomatiche armi o esplosivi.
Nella scorsa primavera i comitati lanciano una campagna di rafforzamento
della rete nazionale che collega varie lotte territoriali, a
partire da quelle contro il progetto del ponte sullo stretto
e contro il treno ad alta velocità in Valsusa. Il 16
marzo si tiene una manifestazione contro il ponte, proprio pochi
giorni dopo l'annunciata cancellazione dell'assurdo progetto;
una settimana dopo, il 23 marzo, c'è un enorme corteo
da Susa a Bussoleno di 30-40mila manifestanti; infine il 30
marzo 15mila manifestanti invadono Niscemi e le sue campagne,
mentre in quella stessa giornata si tengono presidi informativi
in varie città d'Italia.
Nei giorni precedenti il corteo, compare in Sicilia il console
americano provando a dividere il movimento tra buoni e cattivi.
Inoltre, come spesso accade prima di grandi manifestazioni popolari,
la polizia fa di tutto per terrorizzare gli attivisti nel tentativo,
fallito, di scongiurare una partecipazione di massa e prova
più volte a forzare i blocchi davanti alla base, smentendo
così di fatto gli impegni delle forze politiche che continuano
ad assicurare di avere fermato i lavori. Infatti il governatore
Crocetta, un giorno prima del corteo, annuncia di avere revocato
in via definitiva l'autorizzazione ai lavori concessa dalla
precedente giunta Lombardo.
La parte giusta
Ormai la gran parte degli attivisti e dei comitati non si
fida degli annunci e conosce la differenza tra revoca formale
e revoca sostanziale. Ed effettivamente anche dopo la grande
mobilitazione di inizio primavera gli americani continuano a
portare avanti i lavori, come dimostrato ampiamente dalle fotografie
scattate dai No Muos e pubblicate online. Le operazioni di costruzione
del Muos si fermano solo quando i presidi impediscono fisicamente
ai militari e agli operai l'accesso alla base. I comitati hanno
imparato che per raggiungere i propri obiettivi devono mobilitarsi
in prima persona. È quello che stanno facendo, proseguendo
i blocchi a oltranza e, c'è da scommetterci, dando vita
a ulteriori mobilitazioni fino a che parabole e antenne non
saranno smantellate. La lotta infatti si fermerà solo
quando parabole, torri e antenne verranno smontate e portate
via.
Quella contro il Muos è una battaglia etica ancor prima
che politica. C'è una parte giusta da cui stare, ed è
quella dei comitati. Ce ne è una criminale e inumana:
è quella degli eserciti e degli stati.
A Niscemi e in buona parte della Sicilia si stanno velocemente
ribaltando prospettive che sembravano intangibili: al fatalismo
e alla rassegnazione è subentrata la volontà di
lottare in prima persona e in maniera unitaria. Ecco perché
i No Muos hanno l'appoggio e la simpatia di tutti gli antimilitaristi.
Ecco perché quella contro il Muos è una battaglia
di tutti noi.
Antonio Senta
Per
saperne di più
Per ulteriori info:
www.nomuos.info
– www.sicilialibertaria.it
Sul MUOStro, cfr. Antonio Mazzeo, Un Eco MUOStro a Niscemi.
L'arma perfetta per i conflitti del XXI secolo, Sicilia
Punto L, Ragusa, 2012, 46 pp., 4 euro [info@sicilialibertaria.it]
Sui rapporti tra esercito e università, cfr. AA.
VV., L'Università in guerra. Le connessioni tra
mondo accademico, militare ed industria bellica, Trento,
2012, 59 pp., 1,5 euro [fuorilaguerradalluniversita@gmail.com]
Per sottoscrivere in favore dell'acquisto del terreno per
il presidio permanente, c/c di Banca Etica, IBAN: IT88Y050181201000009000673
intestato a Marino Miceli e Sandro Rinnone, causale: acquisto
terreno presidio. |
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