autonomie
La strana coppia
di Janet Biehl
Che cosa c'entrano il pensatore americano Murray Bookchin, padre dell'ecologia sociale (morto nel 2006), e Abdullah Öcalan, leader (in carcere in Turchia) del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Partîya Karkerén Kurdîstan o Pkk)?
Una studiosa americana spiega come le idee comunaliste di Bookchin influenzino l'esperienza curda.
Nel 1923, sulle rovine dell'Impero
ottomano, nacque il moderno Stato turco, fondato come repubblica
laica. In contrasto con l'antico organismo islamico, i fondatori
della repubblica, guidati da Kemal Atatürk, speravano che
la nuova Turchia diventasse un giorno un membro a tutti gli
effetti della famiglia delle nazioni occidentali. Ma mentre
per alcuni aspetti, come il suo laicismo, la repubblica era
progressista, non lo era almeno per un importante fattore: l'incapacità
di riconoscere l'esistenza delle numerose minoranze etniche
del paese, soprattutto della più consistente, quella
curda. Si pensava che nella nuova repubblica quella minoranza
avrebbe perso la propria identità e si sarebbe assimilata
ai Turchi. I Curdi, che vantano una presenza antica e peculiare
soprattutto nell'area sudorientale dell'Anatolia, furono repressi
e scatenarono numerose rivolte tra il 1925 e il 1938, ma l'esercito
turco le soffocò tutte. Successivamente lo Stato turco
tentò di cancellare l'esistenza stessa dei Curdi, ribattezzandoli
“Turchi di montagna” e vietando per legge l'uso
della loro lingua, delle loro espressioni culturali e perfino
della toponomastica locale.
Quella repressione non poteva che produrre una reazione militante.
Negli anni sessanta e settanta del secolo scorso sorse un movimento
di liberazione dei Curdi, che rivendicava diritti culturali,
linguistici e politici. Nel 1978 Abdullah Öcalan fondò
il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), di ideologia
marxista-leninista, sulla scia dei movimenti anticolonialisti
e antimperialisti che negli anni settanta erano numerosi. Il
Pkk si poneva l'obiettivo della costituzione di uno Stato separato
socialista.
Lo Stato turco mantenne una posizione rigida e nel 1982 adottò
una costituzione, ancora oggi in vigore, che sancisce che la
Turchia è “un'entità indivisibile”
vietando la lingua curda scritta e parlata. Nel 1984 il Pkk
scatenò la rivolta con la lotta armata.
Nei decenni successivi ci sono stati più di 37.000 caduti
su entrambi i fronti. Öcalan non era una mammoletta: ha
una nomea di bruto sanguinario (in parte esagerata, ma in parte
giustificata). Ma lo Stato turco è stato ancor più
brutale e negli ultimi dieci anni dello scorso secolo ha distrutto
più di tremila villaggi curdi. Mentre da un lato accusava
i Curdi di terrorismo, spargeva il terrore tra la popolazione
del Kurdistan.
Invece di ammettere che non era possibile far sparire una minoranza
di venti milioni di persone, non ha voluto accettare nemmeno
un'opposizione curda moderata. Dal 1991 una legge contro il
terrorismo ha permesso di perseguire come terrorista chiunque
– giornalisti, intellettuali, attivisti – sostenesse
i diritti dei Curdi anche in forme non violente. Il codice penale
turco sanziona le espressioni verbali e scritte di sostegno
ai diritti dei Curdi, assimilandole a manifestazioni di odio
razziale.
Poi, nel febbraio 1999, dopo una spettacolare caccia all'uomo
a livello internazionale, Abdullah Öcalan fu catturato
in Kenya, arrestato e tradotto in Turchia per subire un processo
con l'accusa di tradimento.
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Abdullah Öcalan |
Democrazia e diritti delle minoranze
Seguì, per Öcalan, una lunga fase di ripensamento.
Dopo il crollo dell'Unione sovietica nel 1991, egli era uno
dei tanti personaggi della sinistra internazionale che avevano
respinto il marxismo-leninismo, il “socialismo reale”,
lo stalinismo, in quanto autoritari e dogmatici. Il popolo curdo,
sosteneva, “deve reagire alle esigenze del momento storico”
e “riconsiderare i principi, i programmi e le modalità
di azione”. Invece di tentare di imporre un sistema rigido,
doveva “assicurare e applicare i più ampi criteri
di democrazia” (1). Così, nel
1993, dichiarò unilateralmente il cessate il fuoco e
osservò: “Turchi e Curdi sono affratellati da più
di mille anni e noi non accettiamo una separazione dalla Turchia.”
(2)
Nel 1999, però, molti non si erano accorti che Öcalan
aveva cambiato linea. Al suo processo, che inevitabilmente ebbe
un carattere politico, in tanti si aspettavano che esortasse
il Pkk a riprendere la lotta per uno Stato curdo e invece rese
pubblica una presa di posizione che spingeva per l'accettazione
dei confini esistenti in una Turchia unita e la democratizzazione
dell'intero paese, per garantire a ogni cittadino il diritto
di partecipare alla vita politica su un piano di parità,
senza differenze di etnia.
“La situazione, tanto per i Turchi quanto per il Curdi,
sarebbe migliore in una Turchia veramente democratica”,
affermò Öcalan davanti agli inquirenti. “E
la Turchia non può essere una vera democrazia se non
riconosce l'esistenza e i diritti del popolo curdo. Altri paesi
hanno imparato a convivere con le minoranze e a consentire la
partecipazione associandola a vari livelli di autonomia culturale
e linguistica. L'integrazione e la diversità hanno trasformato
le differenze in un elemento di forza e hanno reso più
potenti quelle nazioni. Un assetto democratico, inoltre, spingerebbe
finalmente la Turchia nell'ambito dei moderni paesi occidentali,
portando così a compimento il sogno di Atatürk”.
Quale che fosse l'idea che gli inquirenti si erano fatti di
quel messaggio, era del messaggero che non si curavano: incriminarono
Öcalan per tradimento e lo condannarono a morte. Pochi
anni dopo, la domanda di entrare nell'Unione europea impose
alla Turchia di eliminare la pena di morte e la sentenza di
Öcalan fu commutata in ergastolo. Fu incarcerato nell'isola
di Imrali, nel mar di Marmara.
Poiché gli erano consentite solo occasionali visite dei
suoi legali, a Öcalan non restava altro che molto tempo
a disposizione, così quello che era stato il capo della
lotta armata si dedicò allo studio. I suoi avvocati gli
portavano libri da leggere, testi di storia, di sociologia e
di altri argomenti. Tra il 2001 e il 2002 si interessò
alle opere di Bookchin, soprattutto a Ecologia della libertà
e a The Rise of Urbanization, le cui traduzioni in turco erano
state pubblicate diversi anni prima. In quelle pagine riconobbe
uno spirito affine, quello di un altro attivista di sinistra
che aveva vissuto un passaggio dal marxismo-leninismo alla democrazia
radicale.
Bookchin da ragazzo era stato stalinista, ma quando aveva visto
che il proletariato non era insorto contro il capitalismo alla
fine della Seconda guerra mondiale aveva preso atto del cambiamento
di circostanze e rotto con il marxismo. Era però rimasto
su posizioni anticapitaliste e rivoluzionarie e negli anni cinquanta
(come Öcalan quarant'anni dopo) attuò un ripensamento.
A differenza delle avanguardie autoritarie dello stalinismo,
una sinistra moderna e reinventata doveva essere completamente
democratica. Ispirandosi ai suoi studi sulle assemblee cittadine
dell'antica Atene, Bookchin arrivò alla conclusione che
un futuro movimento rivoluzionario dovesse prima di tutto evitare
i despoti e adottare l'assemblea popolare come attuazione istituzionale
della libertà. L'attuale Stato nazionale sarebbe scomparso
e i suoi poteri consegnati ai cittadini riuniti in assemblee
democratiche faccia a faccia .
Bookchin intuì anche che il peccato mortale del capitalismo
stava nel suo conflitto con l'ambiente naturale, che avrebbe
portato alla crisi; redasse così i primi manifesti di
ecologia radicale, auspicando il decentramento delle metropoli,
per poter vivere in dimensioni meno estese, producendo localmente
il cibo e utilizzando energia rinnovabile. Il governo sarebbe
stato dei cittadini, non dei padroni dell'industria, dei diktat
del mercato o delle autorità dello Stato. Bookchin si
impegnò per vari decenni a elaborare queste tesi in un
programma per una società ecologica e democratica. A
questo programma diede nomi diversi nel corso degli anni: eco-anarchismo,
municipalismo libertario e infine comunalismo.
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Murray Bookchin |
Due dialettici
Öcalan avrebbe visto in Bookchin un uomo che pensava
come lui, con un'impronta dialettica ereditata dal loro comune
passato marxista. Non che fossero più materialisti dialettici,
ma restavano tali nel senso che tendevano a riflettere in termini
di uno sviluppo, soprattutto sul piano storico. I due testi
che Öcalan lesse durante la sua detenzione erano strutturati
dialetticamente, come narrazioni storiche (3).
L'ecologia della libertà è un vasto affresco della
storia umana. “Nelle primitive società 'organiche'
della preistoria – scriveva Bookchin – il popolo
delle tribù viveva in comunità non gerarchiche.
I mezzi di sussistenza erano distribuiti comunalmente secondo
il costume dell'usufrutto (utilizzo delle risorse in base alle
necessità), un'etica della complementarietà (mutualità)
e del minimo irriducibile (diritto per tutti al cibo, all'alloggio
e all'abbigliamento). Abituate a pensare in termini cooperativi,
le persone guardavano al mondo naturale come similmente armonioso”.
Per Öcalan era di particolare interesse il fatto che Bookchin
aveva dedicato molta attenzione ai Sumeri e all'antica Mesopotamia.
Lì era cominciata la civiltà: “La scrittura
cuneiforme [...] ebbe origine nelle registrazioni meticolose
che gli addetti al tempio tenevano dei prodotti ricevuti e di
quelli distribuiti” (p. 144). I Sumeri all'inizio avevano
un atteggiamento notevolmente ugualitario: “Le prime 'città-stato'
erano governate da 'assemblee ugualitarie' che disponevano di
una 'libertà a un livello fuori del comune'” (p.
129). Bookchin osservava affascinato come tra i Sumeri fosse
apparsa scritta, per la prima volta nella storia, la parola
“libertà” (amargi), su una tavoletta in caratteri
cuneiformi che descrive una vittoriosa rivolta popolare contro
un re tiranno (p. 168). Poi delineava come fosse emersa la gerarchia:
gerontocrazia e patriarcato, sciamani e sacerdoti, guerrieri,
capi e Stati, proprietà e società di classi. Anche
tra i Sumeri (e nell'antica Mesoamerica) erano emerse gerarchie
religiose e militari, dando origine a Stati, eserciti e imperi.
La modernità (col capitalismo industriale) rafforza ed
espande le antiche forme di dominio. Inoltre, invece di vivere
in armonia con la natura, le moderne società capitaliste
concepiscono la natura come un oggetto da sfruttare e ambiscono
a dominarla.
Secondo Bookchin, però, l'emergere della gerarchia, l'ascesa
dello Stato nazionale e del capitalismo non erano eventi inevitabili
e se abbandoniamo l'idea che lo fossero, possiamo elaborare
la visione di un “futuro liberato” (p. 67). Un tempo
le persone vivevano in forme cooperative e comunali, e possono
farlo anche ora. Il ricordo sepolto della società organica
“funziona inconsciamente con un implicito impegno per
la libertà” (p. 143).
La tradizione di dominio, pertanto, si oppone a un contro-movimento
di tradizione di movimenti di libertà e resistenza che
cercano di rovesciare il dominio e di creare società
libere. Questi movimenti hanno inconsciamente assorbito i principi
della società organica: usufrutto, complementarietà,
minimo irriducibile, pur dandogli altri nomi, come socialismo,
comunalismo o cooperativismo. Anche tra gli antichi Sumeri,
dopo il sorgere di regni, “ci sono prove di rivolte popolari,
forse per ripristinare l'antica gestione sociale o per limitare
l'autorità del bala (sovrano)”. Anche “i
potenti capi militari, gli ensi, erano più volte sottoposti
a giudizio da assemblee popolari” (p. 195). La storia
delle ribellioni popolari di lì in poi procede parallelamente
a quella del dispotismo.
Oggi più che mai le persone, che vivono in economie capitaliste
e sono dominate da Stati nazionali, ambiscono a una società
profondamente trasformata, che sia comunale e cooperativa, che
si sia liberata sia del capitalismo sia degli Stati nazionali,
che sia in un rapporto cooperativo con la natura. Le speranze
di una società liberata ed ecologica poggiano sul potenziale
di questo rinnovamento sociale. Bookchin ha chiamato questo
insieme di tesi “ecologia sociale”.
Nell'altro libro letto da Öcalan, Urbanization Without
Cities, Bookchin poneva le basi storiche di una rivolta municipalista
contro lo Stato nazionale e il capitalismo. Individuava una
tradizione di assemblee democratiche di cittadini che era nata
con l'antica ekklesia, era proseguita con i primi comuni medievali
in Italia, in Germania e nei Paesi bassi, i vece Pskov e di
Novgorod, le assemblee del comuñero della Spagna del
cinquecento, quelle della Parigi rivoluzionaria del 1789, i
comitati e i consigli della Rivoluzione americana, la Comune
di Parigi del 1871, i soviet del 1905 e del 1917, i collettivi
della Spagna rivoluzionaria del 1936-37 e i meeting cittadini
del New England. Contrariamente a quanto sosteneva il marxismo,
l'agente della rivoluzione non è l'operaio, ma il cittadino
e il luogo della rivoluzione non è la fabbrica, ma la
municipalità.
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Militante curdo |
Öcalan ecologista sociale
Il “principio di speranza” offerto dalla Ecologia
della libertà deve avere ispirato Öcalan in carcere.
Quando riprese la penna, le sue parole erano influenzate dalla
tesi secondo la quale un tempo si sarebbe vissuto in comunità
solidali e che ne resterebbero oggi le possibilità. “La
vittoria del capitalismo non è una semplice fatalità”
ha scritto Öcalan nel 2004. “Avrebbe potuto esserci
un'evoluzione diversa.” Anzi, “c'è sempre
stata una scelta di libertà” (4),
scriveva a proposito delle primitive forme sociali comunali,
come la “società organica” di Bookchin, che
Öcalan ha ribattezzato “società naturale”.
Secondo lui, la gerarchia ha avuto origine tra i Sumeri (5),
nelle ziggurat, le piramidi a gradoni della Mesopotamia che
erano in parte templi, con le divinità che abitavano
il piano superiore, ma anche centri amministrativi e, ai piani
inferiori, siti per la produzione di merci (6).
Poiché inglobavano l'autorità religiosa, quella
statale e quella economica, le ziggurat rappresentavano un ordine
sociale nel quale il popolo faticava per servire un ipotetico
sovrano divino. I sacerdoti che costruivano le ziggurat erano
“architetti del potere politico centralizzato”,
le costruzioni erano “laboratori per codificare le concezioni
degli umani [...] dove venne creata la creatura succube”.
Col tempo i templi crebbero e si trasformarono in città,
le città in Stati, imperi, civiltà, ma la natura
del fenomeno restava la stessa: “La storia della civiltà
altro non è che la prosecuzione della società
sumera [...] che si ramifica e si diversifica, ma conserva l'identica
configurazione di fondo.” (7) Viviamo
ancora nel paese dei Sumeri, “questa incredibile invenzione
intellettuale [che] controlla da sempre la storia intera”
(8). Inoltre, rileva Öcalan riprendendo
Bookchin, l'emergere della gerarchia ha introdotto l'idea del
dominio sulla natura: “Invece di essere parte della natura”
la società gerarchica la considera “sempre di più
una risorsa” (9).
Ispirato dalla tesi di Bookchin della “tradizione di libertà”,
Öcalan ha affermato che gli aspetti comunitari della “società
naturale” permangono nei gruppi etnici, nei movimenti
di classe e in quelli religiosi, nei gruppo filosofici che si
battono per la libertà. Tutta la storia dell'Occidente
è attraversata da una contraddizione dialettica tra libertà
e dominio, perché “la società comunale è
in conflitto permanente con quella gerarchica” (10).
Infine Öcalan ha fatto propria l'ecologia sociale. La “società
naturale” era in un certo senso una società ecologica.
Le stesse forze che distruggono dall'interno la società
troncano importanti legami con la natura. Il capitalismo è
anti-ecologico e noi abbiamo bisogno di un “consapevole
impegno etico” contro di esso, ci serve “un sistema
con fondamenti morali che comporti relazioni dialettiche sostenibili
con la natura [...] ove il comune benessere sia conseguibile
con la democrazia diretta.” (11)
La lotta per la libertà dei Curdi è coerente con
l'ecologia sociale, perché è in parte una lotta
che rivendica i valori della società organica: “Molti
tratti e molte caratteristiche della società curda [...]
hanno somiglianze con quelli delle comunità del neolitico,”
(12) soprattutto quelle di una società
organica. Inoltre, “per tutta la loro storia i Curdi hanno
favorito il sistema dei clan e delle confederazioni tribali
e si sono battuti per resistere ai governi accentratori.”
(13) Ancora, non sono i Curdi che incarnano
in modo particolare la lotta per la libertà: “Qualsiasi
soluzione dovrà prevedere opzioni non valide solo per
il popolo curdo, ma per tutto il popolo.” Öcalan
rimane, come Bookchin, un internazionalista: “Affronto
questi problemi sulla base di un umanesimo, di una umanità,
una natura e un universo.” (14)
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19 aprile 2011, Instanbul, Turchia. Marcia dimostrativa curda |
Confederalismo democratico
Anche se languiva dietro le sbarre, Öcalan riusciva a
comunicare con il popolo curdo attraverso i propri legali. Cominciò
così a raccomandare Bookchin. Invitò tutti i sindaci
dei territori curdi a leggere Urbanization Without Cities e
tutti i militanti a studiare L'ecologia della libertà.
(15) Nella primavera del 2004 fece contattare
Bookchin dai suoi legali per avviare un dialogo con lui. Öcalan
spiegò a Bookchin, attraverso i suoi intermediari, di
considerarsi un suo allievo, di avere acquisito una buona comprensione
della sua opera e di aspirare ad rendere le sue idee applicabili
nelle società mediorientali. Gli mandò anche uno
dei suoi manoscritti.
Se quel colloquio fosse avvenuto, sarebbe stato un evento straordinario.
Ma a ottantatré anni Bookchin era troppo ammalato per
accettare. Comunque nel maggio di quello stesso anno scrisse
a Öcalan: “La mia speranza è che un giorno
il popolo curdo riesca a fondare una società razionale
e libera, che renda possibile far rifiorire il suo splendore.
Ha la fortuna di avere leader come il signor Öcalan.”
(16) Questo messaggio, come apprendemmo
in seguito, fu letto pubblicamente alla Seconda assemblea generale
del Congresso del popolo del Kurdistan, tra le montagne.
Öcalan ha continuato a elaborare un concreto programma
ecologico-sociale per i Curdi, per spingere alla democratizzazione
e all'organizzazione comunale. Ha auspicato che i Curdi costituissero
consigli e assemblee nei quartieri urbani, nelle città
e nei villaggi. Ha chiamato questo programma “confederalismo
democratico”. Nel marzo del 2005 ha pubblicato la “Dichiarazione
del confederalismo democratico in Kurdistan” che esortava
a creare “una democrazia di base, fondata sulla struttura
di comuni democratici della società naturale. Essa costituirà
assemblee di villaggio, di città e metropolitane, e ai
loro delegati saranno affidati i compiti decisionali, il che
in pratica significa che saranno il popolo e la comunità
a decidere.”
Il confederalismo democratico di Öcalan sostiene i diritti
individuali e la libertà di espressione per chiunque,
al di là delle differenze religiose, etniche e di classe.
Esso “promuove un modello di società ecologico”
e non solo sostiene la liberazione della donna, ma la considera
un aspetto centrale: “Faccio appello a tutti i settori
della società, soprattutto a tutte le donne e ai giovani,
perché formino le proprie organizzazioni democratiche
e si autogovernino.”
La possibile diffusione di queste organizzazioni democratiche,
suggerisce Öcalan, porterà ad avviare un processo
di democratizzazione in Turchia. Si creerebbe una rete che travalica
i confini nazionali, portando la cultura democratica in tutta
l'area mediorientale, e non solo libertà per i Curdi
ma un'unione confederale democratica in tutto il Medio oriente.
Alla morte di Bookchin, nel luglio 2006, l'assemblea del Pkk
ha reso omaggio a “uno dei maggiori scienziati sociali
del ventesimo secolo”. Bookchin “ci ha introdotto
al pensiero dell'ecologia sociale, – ha dichiarato l'assemblea
– e ha contribuito a sviluppare la teoria socialista per
farla avanzare su basi più solide.” Ha indicato
come tradurre in realtà un nuovo sistema democratico.
“Ha avanzato il concetto di confederalismo, un modello
che noi crediamo creativo e realizzabile.”
L'assemblea ha anche affermato: “Le tesi [di Bookchin]
sullo Stato, il potere, la gerarchia saranno messe in pratica
e attuate attraverso la nostra lotta [...]. Realizzeremo questa
promessa come prima società che stabilisca un concreto
confederalismo democratico.”
Nel luglio 2011 un congresso straordinario a Diyarbakir (la
capitale curda de facto) ha dichiarato “l'autonomia democratica”,
intendendo con ciò che le città e i centri urbani
curdi tradurranno in pratica questo principio costituendo istituzioni
democratiche e organizzazioni della società civile. In
seguito è sorta un'elaborata struttura consigliare, con
basi nelle città, nei quartieri e nei villaggi, che assicura
l'autogoverno dei Curdi a livello locale e affianca le istituzioni
regolari dell'amministrazione turca. Le organizzazioni sono
in fase di attuazione, ma se si considera che sono state create
in condizioni di costante repressione e di guerra, è
notevole quanto si è già realizzato. (17)
Con tali mezzi è auspicabile che il popolo curdo conquisti
un giorno la sua tanto sognata amargi.
Janet Biehl
traduzione dall'inglese di Guido Lagomarsino
Note
- Abdullah Öcalan, Declaration on the Democratic Solution
of the Kurdish Question, 1999, trans. Kurdistan Information
Centre, Mesopotamian Publishers, London 1999, qui a seguito
Defense, pp 106 sgg.
- Cit. in Michael Gunther, The Kurds Ascending,
2nd ed. Palgrave Macmillan 2011, p. 65.
- Murray Bookchin, L'ecologia della libertà. Emergenza
e dissoluzione della gerarchia, Elèuthera, Milano
2010; The Rise of Urbanization and the Decline of Citizenship,
Sierra Club, San Francisco, 1986.
- Abdullah Ö, In Defense of the People (inedito),
p. 41. Per la traduzione inglese del manoscritto si ringrazia
l'International Initiative Freedom for Ö, Peace in Kurdistan.
Il testo è stato pubblicato in Germania con il titolo
Jenseits von Staat, Macht und Gewalt, Mesopotamien
Verlag, Neuss, 2010.
- Abdullah Ö, Prison Writings, The Roots of Civilization,
trad. Klaus Happel, Pluto Press, London 2007; e Prison
Writings, The PKK and the Kurdish Question in the 21st Century,
Klaus Happel, Transmedia, London 2011.
- Öcalan, Roots, p, 6.
- Ibid. p. 35, 25, 98.
- Öcalan, PKK and the Kurdish Question, p. 96.
- Öcalan, Defense of People, cap. 12. 10 Öcalan,
PKK and the Kurdish Question, p. 51, 65, 60.
- Öcalan, Defense of People, cap. 3,4.
- Öcalan, PKK and the Kurdish Question, p. 22.
- Öcalan, “The Declaration od Democratic Confederalism”,
4 febbraio 2005, online su http://www.kurdmedia.com/article.aspx?id=10174.
- Öcalan, PKK and the Kurdish Question, p. 52.
- Così mi è stato riferito dall'intermediario
tra i legali di Öcalan e Bookchin, che desidera rimanere
anonimo.
- Copia in possesso dell'autrice.
- Per lo studio delle istituzioni di autonomia democratica,
vedi TATORT Kurdistan, Demokratische Autonomie in Nordkurdistan
(2011), http://demokratischeautonomie.blogspot.eu.
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