Rivista Anarchica Online


teatro

Milano, viale Fulvio Testi, Centro rifugiati.
Un momento di incontro teatrale


Antigone degli Incontri

intervista di Patrizia Basile a Gigi Gherzi


Rifugiati politici, senzatetto, migranti, rom, adolescenti del Tempo per l'infanzia, bambini delle scuole elementari: questa l'originale compagnia cui è stata proposta, a Milano, la tragedia di Sofocle. Ne parliamo con il regista.


A Milano, a giugno, c'è stato l'atto finale del percorso attorno alla tragedia di Sofocle che il Teatro degli Incontri ha proposto ad alcune comunità: i centri di accoglienza per rifugiati politici di viale Fulvio Testi e di via Sammartini, le scuole elementari di via San Mamete e di via Bottego, la Casa della carità e Tempo per l'infanzia di viale Monza.
Mancava, mentre scrivevo, l'atto finale a questa Antigone del Teatro degli Incontri. Sono già stati presentati al pubblico: il primo atto, Antigone dei rifugiati, il 3 marzo presso il centro di accoglienza per rifugiati del comune di Milano; il secondo atto, Antigone dei bambini, il 6 aprile, previsto al parco Adriano, poi, a causa del maltempo, ospitato dalla parrocchia Gesù a Nazareth e il terzo atto, La festa di Antigone, presentato il 12 aprile presso la Casa della carità.
Gigi Gherzi già a Bologna aveva fondato insieme a Pietro Florida il progetto La scena dell'incontro che si proponeva di affrontare il rapporto fra arti e narrazione della migrazione. Successivamente Gherzi incontra a Milano la cooperativa sociale Tempo per l'infanzia dove lavora Melina Miele e con questa comunità si crea un legame molto forte. Si forma un gruppo di persone con cui Gherzi aveva già lavorato a metà degli anni novanta nei centri sociali autogestiti.
Nasce così, quattro anni fa, il Teatro degli Incontri che, in questi ultimi tre anni, incontra diverse comunità nel quartiere Padova-Loreto con cui mette in scena performance su temi che cambiano di anno in anno e che alla fine danno vita ad un evento finale che ha il compito di rimettere insieme le tessere sparse. Non solo spettacoli, anche incontri: nel 2011 Resistere è creare con Miguel Benasayag o seminari partecipati, ad esempio Il viaggio come ribellione a cura di Gabriele del Grande, nel 2012.

Gigi Gherzi, direttore artistico del Teatro degli Incontri

Il Teatro degli Incontri, di cui Gigi Gherzi è direttore artistico, è formato da operatori teatrali: Silvia Baldini, Beppe Buonofiglio, Michele Clementelli, Elena Dragonetti, Marta Marangoni, Francesca Marcone, Antonella Piccolo, Anna Serlenga. A questo gruppo si uniscono persone che non sono professionisti del teatro ma che condividono progetto e forma artistica.
Tutte queste persone, poi, indirizzano il loro agire nelle diverse comunità con cui si è concordato di lavorare e così si aggregano migranti, bambini, rom, senzatetto, adolescenti, educatori e, intorno al tema scelto, creano testi, oggetti, segni, dipinti, musiche, performance teatrali… ma gli incontri continuano a moltiplicarsi quando presentano al pubblico i lavori, perché invitano sempre gli spettatori a partecipare arricchendo l'azione teatrale con parole, scritti, pensieri, azioni.
A Gigi ho posto alcune domande.

Perché nasce Teatro degli Incontri?
«Il Teatro degli Incontri nasce con l'idea di porsi una domanda radicale su come cambia lo statuto dell'arte in rapporto alla presenza di migranti. Non è semplicemente un teatro che si vuole occupare tematicamente di questioni legate alla migrazione, è un teatro che cerca di assumere la presenza dei migranti anche come una grande risorsa artistica. Per reinventarsi, per pensarsi in maniera differente rispetto allo spettatore, per riscoprire la propria essenza di rito, per dialogare a pieno con tutti quei linguaggi che in altre culture sono molto forti e dominanti come il linguaggio della musica, il linguaggio delle immagini, partendo dalla coscienza che quello che noi chiamiamo teatro in tante altre culture del mondo non esiste, non sanno che cos'è, non lo riconoscono. Quindi quando si parla di teatro si deve essere consapevoli del fatto che quel termine è da reinventare. Così nasciamo.»

Che cosa si va a indagare nei vostri interventi?
«Paradossalmente non si va a indagare la differenza, si va a indagare l'uguaglianza delle situazioni, l'universalità di una situazione che unisce italiani e stranieri. Che è più difficile perché si tratta di vederla un po' lunga, di capire quali sono i percorsi sottotraccia che spingono le nostre vite a essere molto più vicine a quelle dei migranti di quanto noi pensiamo. Non solo perché viviamo in un mondo globalizzato dove gli immaginari sono stati globalizzati anch'essi, ma perché, per esempio, se parlo di precariato io so che quella è un'esperienza che è assolutamente condivisa sia da un giovane (e anche non giovane) italiano, che da un lavoratore migrante.»

Antigone dei bambini. Bambini delle scuole elementari
di via San Mamete e di via Bottego

Perché Antigone di Sofocle?
«La scelta iniziale è nata intorno a queste due parole: legale e legittimo. Noi siamo spesso di fronte ad una situazione dove ciò che è legale spesso non è legittimo e ciò che è legittimo spesso non è legale. Qui si crea uno spazio di interrogazione rispetto a quello che è la legge, la norma, anche la parzialità, la storicità della legge.
Molti affermano che proprio l'azione politica trova molta forza in quel crinale, esattamente lavorando su quella frattura fra ciò che è considerato legale e ciò che invece più propriamente ognuno percepisce come legittimo.
Antigone incarna questa differenza.
Riporta alla natura individuale di una scelta di disobbedienza, un dovere etico precipuo che motiva i comportamenti e le azioni. Quindi un archetipo universale che è assolutamente compreso anche al di fuori dell'Europa o della cultura classica come noi la conosciamo.
Un aspetto poco considerato, che invece è colto in profondità dai gruppi con cui lavoriamo, è l'interpretazione di Antigone come un'eroina dell'amore. Dice: “Io sono nata per condividere l'amore non l'odio” rispetto a quella legge che vorrebbe il nemico privato perfino della possibilità di essere sepolto. Mentre noi abbiamo un'idea di Antigone che spesso è molto severa, arcigna, giudicante, intollerante e intransigente, ma Antigone nel testo di Sofocle è una ragazzina di diciassette anni e quella intransigenza è l'intransigenza dell'amore che non viene a patti. Se l'adolescenza è degna di essere chiamata tale vive in quell'assolutezza e splendore di sentimento che è propria di quella età della vita. Questa apertura sulle ragioni dell'amore penso sia stata poco considerata nell'interpretazione di Antigone.
Hanno eccessivamente santificato questa figura, è diventata una santa coraggiosa e un po' rompiballe, emblema della purezza, del rifiuto del compromesso.
Per tutte queste ragioni Antigone ci sembrava un tema interessante da sviluppare.»

Antigone sfida le leggi dello stato per seguire le leggi del cuore

Gaia (Antigone dei bambini)

Cosa vi ha interessato in Antigone, in rapporto ai gruppi che avete incontrato?
«Pensiamo che, pur essendo una figura letteraria, Antigone abbia una grande forza di archetipo, che è stata immediatamente riconosciuta, per esempio, da un gruppo di rifugiati africani. Risultato: una grande statua alta tre metri e mezzo di un'Antigone nera, dietro la quale ci sono molte storie di donne africane che sono state capaci di segnare con la loro vita e la loro azione la differenza tra legale e legittimo. Il secondo motivo di grande interesse rispetto ad Antigone è che Antigone è una tragedia e noi siamo molto affascinati non tanto dall'ennesima messa in scena di un testo, ma dal fare i conti col fatto che la tragedia era un evento che durava tre giorni, che sospendeva il tempo quotidiano della città. Dove rito, comunicazione politica, evento artistico, incontro, cibo, festa, vino coincidevano cioè venivano vissuti nello stesso spazio-tempo. Chiaramente la tragedia greca suggerisce un modo di vivere e percepire l'arte completamente differente se non agli antipodi rispetto a quello che viviamo attualmente.»

Antigone, tu hai un cuore tutto di amore e di giustizia.
Tu non segui le leggi sbagliate di Creonte ma quelle dell'amore

Maksud (Antigone dei bambini)

Qual è, dal punto di vista umano e culturale, il senso profondo della vostra proposta di lavoro coi migranti?
«Io penso che stiamo facendo allenamento, allenamento di rapporto, allenamento di condivisione, penso che tutta la città sia in un momento di allenamento. Adesso il problema non è più la tolleranza e l'intolleranza, il problema vero adesso è: o meticciamento reale delle condizioni o vita a compartimenti stagni, ognuno dentro la sua cultura. Quello che a noi interessa è chiederci che cosa possiamo fare noi adesso insieme. Dove per comodità teniamo ancora questa differenza: noi e loro, noi e voi ma è chiaro che se si sta insieme davvero questa distinzione qua scomparirà, dovrà scomparire.»

Antigone dei rifugiati. Il momento del seppellimento dei dolori

A giugno l'evento finale...
«Evento è una parola un po' strana e ambivalente. È molto bello quando sta a segnare davvero l'interruzione radicale di un tempo quotidiano per liberare uno spazio che nel tempo quotidiano è negato.
Dodici ore, da mezzogiorno a mezzanotte, in uno spazio nei pressi di viale Padova.
Queste dodici ore non sono solo la raccolta dei tre atti ma l'immagine di poter cucire un percorso di mezza giornata, per lo spettatore, in cui poter incontrare registri e segni diversi, in cui poter lavorare concretamente, ascoltare una conferenza, confrontarsi con un'assemblea teatrale dei rifugiati di Milano, vedere cinquanta attori sparsi nel bosco che cuciono parti della storia di Antigone e andare a scoprirlo, assistere a un spettacolo vero e proprio, montato su questi temi dal gruppo “stabile”.
Il problema è cercare un evento che abbia una tenuta drammaturgica, far scivolare una dimensione nell'altra: noi vogliamo che ci sia una cena teatrale, vogliamo uno spettacolo teatrale dentro cui si mangia.
È solo quando le cose non rimangono come blocchi a sé stanti ma si compenetrano che diventano interessanti. Vogliamo un aspetto teatrale dell'assemblea politica dei rifugiati ma anche un aspetto politico nello spettacolo teatrale che presentiamo noi. Il gioco è che ci sia una regia che dura dodici ore e un'idea drammaturgica che fa da collante. Questa è la conclusione a questo percorso su Antigone, ma pensiamo che debba continuare perché ci piacerebbe che alcune forme nate prendessero sempre più forza.
Per cui l'anno prossimo continueremo a parlare di Antigone con nuove comunità in via Padova: lavoreremo con scuole di italiano per migranti, all'interno di condomini della zona Bicocca, lavorando proprio nelle case.»

Patrizia Basile

Teatro degli Incontri e Cooperativa Farsi Prossimo
danno vita a


La festa di Antigone
da mezzogiorno a mezzanotte

Fondazione Bertini - via Caroli 6 a Milano

Dodici ore il cui il tempo si ferma.
Per assistere a performance e a spettacoli teatrali,
partecipando a laboratori, condividendo pensieri e riflessioni,
cenando e mangiando assieme,
nel tempo e nello spazio di Antigone
che riconnette tempo dell'arte e tempo della vita,
nella dimensione dell'incontro
attorno ai grandi temi della giustizia, del coraggio e dell'utopia.

Antigone quest'anno ci è venuta incontro.
Con la sua domanda di giustizia, di utopia, di coraggio.
L'abbiamo poetata in giro nella città, nella nostra città.
Ha incontrato un gruppo di cinquanta italiani
ognuno di loro ha creato un regalo teatrale per Antigone,
partendo dalla propria vita e dalle proprie esperienze.
Poi ha incontrato due centri per rifugiati politici,
in Viale Fulvio Testi e in Via Sammartini,
gli ospiti della Casa della carità di Milano,
quattro classi e ottanta bambini
di due scuole elementari nella zona di Via Padova,
gli adolescenti di Tempo per l'infanzia, in Viale Monza.
Da ogni incontro sono nate scene, performance, video,
pupazzi, grandi oggetti,
racconti ed emozioni di vita,
vita che oggi chiede di nuovo, con urgenza assoluta,
spazio per l'incontro e per la dignità,
ci chiede di spezzare la catena di tristezza e d'ingiustizia
che spesso avvolge le nostre vite.

Ora Antigone ci chiede una festa grande,
in cui stare con lei dodici ore,
nel tempo della Tragedia Greca,
che era tempo di serietà e insieme di leggerezza,
di riflessione e di festa,
di poesie e di vino.

Popoleremo gli spazi interni ed esterni alla Fondazione Bertini,
con le parole e gli atti dedicati ad Antigone,
costruiremo con il pubblico dell'evento nuove parole e nuovi atti.
Teatro dell'Incontro che si fa utopia teatrale e di vita,
spazio per la felicità e la gioia,
nel tempo antico di Antigone.

per saperne di più
gigigherzi.org

per informazioni:
347 338 32 53
teatrodeglincontri@gmail.com