donne
Red Emma
di Camillo Levi / foto AFA - Archivi Fotografici Autogestiti
L'eccezionale vita di Emma Goldman (“Emma la Rossa” per la stampa americana). Dopo l'infanzia trascorsa in Russia, l'emigrazione negli Stati Uniti e l'adesione all'anarchismo. Comizi, processi, conferenze, carcere, clandestinità. La pubblicazione di “Mother Earth”, la partecipazione al Congresso di Amsterdam, l'incontro con Malatesta. Per la sua attività antimilitarista fu incarcerata nel 1917 insieme con il suo compagno Alexander Berkman. Seguì l'espulsione in Russia. Le grandi speranze della rivoluzione russa, l'incontro con Lenin, il lucido realismo di Kropotkin: la tragedia della contro-rivoluzione bolscevica. La grande battaglia femminista.
È mai possibile
che in tutti gli Stati Uniti solo il presidente sia morto oggi?
- Emma Goldman guardò in volto i poliziotti e gli sbirri
che numerosi avevano invaso la sua casa per conoscere le sue
impressioni, per registrare le sue prime dichiarazioni sull'uccisione
del presidente americano McKinley per mano di un immigrato russo,
fino ad allora mai salito alla ribalta della cronaca, che si
era subito proclamato anarchico. Ma lei personalmente che cosa
ne pensa di questa morte che ci ha addolorati tutti? - insistette
un giornalista. Certamente - continuò la Goldman
- molte altre persone sono morte oggi, forse in povertà
ed in rovina, lasciandosi magari alle spalle senza alcun aiuto
persone che da loro dipendevano. Per quale ragione io dovrei,
secondo voi, provare maggior dispiacere per la morte di McKinley
che per tutti gli altri?
Allora, nel 1901, quando appunto Leone Czolgosz (tale era il
nome dell'attentatore) giustiziò il presidente americano,
Emma Goldman aveva trentadue anni e già da un bel po'
era ben conosciuta dalla polizia per la sua infaticabile attività
di agitazione e propaganda anarchica. Nata a Königsberg
(in Russia) e trasferitasi poi ancora fanciulla con la famiglia
a Pietroburgo, Emma aveva conosciuto un'infanzia difficile,
in un ambiente familiare dominato dalla figura autoritaria e
conformista del padre, in un contesto sociale caratterizzato
da una latente ostilità nei confronti degli ebrei (la
sua famiglia era di origine israelita).
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Emma Goldman nel 1886. Dagli archivi del Resource Information for Emma Goldman |
Quando sua sorella Helena decise di andare in America a cercare
lavoro e fortuna, fece di tutto per aggregarsi a lei: così,
nel 1864, appena quindicenne lasciava la Russia e dopo un lungo
viaggio in nave sbarcava negli Stati Uniti. Erano anni particolarmente
caldi nella vita sociale di quella sterminata Confederazione
di stati. La giovane classe operaia mordeva il freno, sottoposta
ad un pesante sfruttamento ed in genere a dure condizioni di
vita: scioperi, agitazioni, serrate, sparatorie, scontri con
la polizia e con i crumiri armati assoldati dal padronato, ecc.
Poco tempo dopo il suo arrivo la giovane immigrata russa piena
di entusiasmo ed alla ricerca di se stessa, ebbe occasione di
interessarsi tramite la stampa alle vicende giudiziarie seguite
agli incidenti avvenuti a Chicago (3 maggio 1886) fra lavoratori
in sciopero e polizia. In seguito alla morte di alcuni poliziotti,
erano stati infatti arrestati cinque esponenti anarchici particolarmente
noti e combattivi, con l'evidente scopo di colpire il movimento
di emancipazione dei lavoratori.
La lunga odissea carceraria dei cinque anarchici tenne con il
fiato sospeso l'opinione pubblica americana (e non solo quella)
finchè il tribunale emise l'infame verdetto della esecuzione
tramite forca, che avvenne l'11 novembre 1887.
La Goldman, che sempre più si era appassionata alla vicenda,
fu sconvolta dalla tragica fine dei cinque rivoluzionari e sentì
crescere in lei l'ammirazione per quegli uomini, per il loro
comportamento coerente e fiero, per le loro idee.
Le loro idee divennero le sue.
Entrò in contatto dapprima con Johann Most, un anarchico
tedesco da lungo tempo emigrato negli Stati Uniti, dove curava
la pubblicazione del periodico Freiheit (Libertà): fu
lui a scoprirne l'abilità oratoria ed a spingerla a tenere
le sue prime conferenze in russo ed in tedesco. In quel periodo
Emma incontrò quell'Alexander Berkman che le fu compagno
di lotta e d'amore per molti anni; con lui, che come lei era
emigrato russo, ebreo, anarchico militante, Emma legò
profondamente fin dall'inizio. Quando nel 1892, durante uno
sciopero, molti lavoratori furono uccisi dalle guardie Pinkerton
(crumiri armati) guidati dal padrone della fabbrica, Henry Clay
Frick, La Goldman e Berkman decisero di vendicare i lavoratori
uccisi. Emma procurò il fucile e discusse con il suo
compagno l'azione. Il 23 luglio di quello stesso anno Alexander
Berkman entrò nell'ufficio di Frick e gli sparò
a bruciapelo: non riuscì però ad ucciderlo, anche
se Frick rimase gravemente ferito. Il ventiduenne attentatore
anarchico (era nato a Vilua, in Russia, nel 1870) fu arrestato,
processato, condannato: scontò quattordici anni di carcere
e di questa sua lunga detenzione ci ha lasciato una realistica
e commovente descrizione in un grosso volume.
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Emma Goldman nel 1893. Dagli archivi della città di Philadelphia. Questo scatto della polizia, datato 31 agosto 1893, è relativo all'arresto con l'accusa di incitamento alla sommossa durante una dimostrazione di disoccupati in Union Square a New York |
Le reazioni del movimento anarchico negli Stati Uniti di fronte
all'attentato di Berkman furono contrastanti: vi fu addirittura
chi arrivò a rifiutare solidarietà politica a
Berkman. Fra questi Johann Most: Emma Goldman sempre decisa
nel suo comportamento, troncò i rapporti con lui ed il
suo gruppo.
La Goldman divenne da allora oggetto delle pericolose attenzioni
della polizia, a causa della sua instancabile attività
come oratrice e come conferenziera, chiamata ora in uno stato
ora in un altro a sostenere scioperi, a diffondere lo spirito
ribelle, a collaborare alle pubblicazione anarchiche. Nel 1894
fu condannata ad un anno di carcere sotto l'accusa di aver “incitato
alla sovversione” un gruppo di disoccupati nel corso di
un comizio. Da allora in poi anche la stampa cominciò
ad occuparsi regolarmente di lei, delle sue attività,
delle sue vicissitudini giudiziarie e le fu applicato un soprannome
di “Red Emma” (Emma la Rossa).
Approfittò del forzato “tempo libero” per
perfezionare lo studio della lingua inglese. Scontata la pena,
Red Emma poteva così parlare inglese abbastanza
bene da tenere comizi e conferenze anche in inglese, allargando
così di molto il raggio della sua propaganda.
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Emma Goldman nel 1901 |
Negli anni seguenti la vita della Goldman non cambiò.
È impossibile anche solo dare un'idea della vitalità
mostrata da questa rivoluzionaria giovane, entusiasta e (a detta
di chi la conobbe) affascinante. Tutti i principali centri degli
Stati Uniti e del Canada la ebbero veemente oratrice: teatri
stracolmi di gente a Boston, a New York, a Montreal così
come ovunque la chiamassero gruppi di lavoratori in lotta. La
polizia non sapeva più come arginare la pericolosa attività
sovversiva; più di una volta le fu impedito di parlare,
i suoi discorsi furono interrotti da funzionari di polizia,
i padroni dei teatri diffidati dal concedere i locali in occasione
delle sue conferenze. Red Emma, però, non si lasciò
intimorire. Oltre che alla specifica propaganda dell'ideale
anarchico, le sue conferenze erano dedicate ai temi più
svariati: la liberazione della donna, l'uso dei contraccettivi,
la tematica anti-religiosa ed anti-militaristica, ecc.
Verso la fine dello scorso secolo tornò per breve tempo
in Europa, fu a Londra, a Parigi, ovunque tenne conferenze,
strinse contatti con i compagni. Nel frattempo non dimenticava
il suo primo compagno, organizzò infatti una colletta
internazionale per Alexander Berkman, che nel Western Penitentiary
stava scontando la sua condanna.
Affettivamente Red Emma visse una vita agitata.
A distanza di tanto tempo, ancora oggi, la Goldman è
(giustamente) ricordata come la compagna di Berkman: con lui,
infatti, più che con nessun altro, ella divise la sua
vita di donna e di rivoluzionaria. Ma è la stessa Goldman,
nella sua ottima ed interessante autobiografia, a dedicare più
di una pagina ai numerosi compagni che, seppur brevemente, amò
e dai quali fu riamata. Anche in questo senso, per la sua pulizia
morale, la sua onestà e la profondità della sua
sensibilità, per la coscienza del carattere sociale della
“questione femminile”, la vita di questa rivoluzionaria
è stata e resta ancor oggi uno schiaffo alla morale borghese,
alle sue falsità e meschinità.
Tornando alla agitata vita della Goldman, niente di nuovo nella
sua continua attività (soprattutto, ma non solo, oratoria)
finché, all'indomani dell'attentato su ricordato di Czolgsz,
una gigantesca campagna anti-anarchica fu montata dal regime
e da tutta la stampa a lui asservita. Emma fu costretta a passare
alla clandestinità, celandosi per qualche anno sotto
il falso nome di E. G. Smith, e lavorando come infermiera per
guadagnarsi il pane.
Nel 1906 potè tornare allo scoperto con il suo vero nome,
circondata da una fama notevole; insieme con Alexander Berkman
(appena uscito di galera) iniziò la pubblicazione del
giornale anarchico Mother Earth (Madre Terra). L'anno
successivo partecipò al Congresso Internazionale Anarchico
tenutosi ad Amsterdam ed in quell'occasione conobbe molti militanti
anarchici di primo piano provenienti da tutto il mondo (particolare
impressione esercitò su di lei la figura di Errico Malatesta).
Nel decennio successivo continuò la collaborazione co
Berkman: insieme si opposero al militarismo ed al fanatismo
che accompagnò lo scoppio della prima guerra mondiale
e a tal fine costruirono una Lega Anti-Coscrizione che intendeva
spingere i giovani a rifiutare la cartolina-precetto ed a disertare.
Naturalmente furono tutti e due arrestati e, nonostante le loro
brillanti autodifese nel corso del processo, furono infine condannati
a due anni ciascuno. Per loro fortuna, comunque, invece che
scontare la pena subita furono espulsi dagli Stati Uniti ed
imbarcati di forza. Nonostante il dispiacere dovuto all'abbandono
di tanti compagni cui si era affezionata e soprattutto alla
cessazione forzata di Mother Earth, la Goldman rispose
con fierezza al giudice che le leggeva il decreto di espulsione:
“Io considero un onore essere il primo agitatore politico
ad essere deportato dagli Stati Uniti”.
La nave “Buford”, sulla quale erano stati caricati,
era diretta in Russia. Berkman e la Goldman posero piede sul
suolo russo animati dal più grande entusiasmo. Dunque
la rivoluzione proletaria era scoppiata, non solo, ma aveva
vinto ed anche se già si profilavano grosse minacce esterne
si poteva lottare e credere concretamente nella possibilità
di una grande vittoria, della definitiva liberazione dell'umanità
dalla schiavitù.
Sull'onda del loro entusiasmo, ed a causa delle scarse e confuse
notizie che finora avevano avuto sul movimento rivoluzionario
in Russia, Berkman e Red Emma si illudevano che i bolscevichi
altro non fossero che la punta di diamante del proletariato
in lotta. Le stesse differenze fra la concezione anarchica e
quella bolscevica della rivoluzione non erano ben chiare a loro:
l'entusiasmo per il moto rivoluzionario, insieme con la gioia
di essere partecipi direttamente, offuscò nei primi tempi
della loro permanenza lucidità di giudizio e di critica.
Fu un grave abbaglio.
È la stessa Goldman a raccontare nella sua autobiografia,
con la consueta onestà, la gelida accoglienza riservata
ad alcune sue affermazioni invitanti alla collaborazione con
i bolscevichi, nel corso di un'assemblea (già allora
tenuta clandestinamente) degli anarchici di Pietrogrado - poche
settimane dopo la rivoluzione d'Ottobre. Alla gelida accoglienza
di quei compagni fece eco il discorso di un vecchio anarchico,
che cercò di spigarle la vera situazione della Russia
rivoluzionaria, parlandole delle persecuzioni di Lenin e dei
suoi seguaci contro gli anarchici ed i socialisti rivoluzionari.
La Goldman rimaneva scettica, quasi non credeva a quanto le
andavano raccontando i compagni. “Tu non ci credi - le
gridarono alcuni compagni - Aspetta, aspetta di aver visto le
cose con i tuoi occhi. Allora la penserai in maniera completamente
differente”. Infatti fu così.
Emma Goldman contattò quanta più gente le fu possibile,
parlò con Jack Reed, Massimo Gorki, Angelica Balabanoff,
Alexandra Kallontai, Anatol Lunacharsky, con tanti altri: lavoratori
anarchici, bolscevichi, donne studenti, ecc. Importante fu per
Berkman e per lei il colloquio con Lenin, il dittatore bolscevico:
al di là della formale cordialità, la loro stima
per i bolscevichi cominciò a vacillare. Lenin ebbe la
spudoratezza di “fare il tonto” quando Berkman gli
chiese perché tanti anarchici si trovassero in galera.
“Noi abbiamo in galera solo banditi e machnovisti, non
veri anarchici” - gli rispose Lenin.
Ben più significativo, umanamente commovente e profondamente
rivelatore fu per Red Emma il colloqui da lei avuto con
il vecchio ed ammalato Pietro Kropotkin, che viveva isolato
tutto intento alla stesura dell'Etica e altri scritti.
Il vecchio rivoluzionario le confermò quanto le avevano
già detto tanti altri anarchici: la rivoluzione non era
ancora stata sconfitta, c'erano ancora speranze, bisognava lottare.
Ma non solo contro i nemici esterni, anche contro lo strozzamento
che dall'interno i bolscevichi stavano effettuando contro le
loro stesse parole d'ordine della prima ora.
I lunghi mesi di permanenza in Russia furono sempre più
tristi per Berkman e la sua compagna. Militarizzazione del lavoro,
arresti di anarchici, divieto di ogni opposizione, autoritarismo
e dittatura burocratica: la tremende realtà russa non
aveva ormai più niente da nascondere agli occhi di chi
in poco tempo aveva visto raggelarsi l'entusiasmo più
puro, le speranze più belle. Dopo la carneficina di Kronstadt
(centinaia di proletari massacrati dall'Armata Rossa di Trotsky)
i due anarchici decisero di lasciare la Russia e di continuare
altrove, in migliori condizioni la lotta anarchica.
Da allora l'attività della Goldman riprese pur tra molte
difficoltà, espulsioni, noie ed arresti. Fu a Stoccolma,
a Monaco di Baviera, in altre città, finchè si
stabilì per un periodo a Londra. Fece conferenze, comunicò
la sua diretta triste esperienza russa, creò gruppi di
lettura e di studio. Si stabilì definitivamente in Canada,
ove morì nel 1940 in seguito ad un malessere che la colse
durante una conferenza. Nel frattempo, nel 1936, a Nizza era
morto suicida Alexander Berkman, dal quale si era separata.
A chiusura di questa breve biografia (l'autobiografia della
Goldman, lunga circa mille pagine, è appena sufficiente
per dare un'idea della sua intensa attività) mi sembra
giusto e bello ricordare Emma Goldman durante la sua ultima
venuta in Europa. Fu a Barcellona, nella “capitale”
dell'anarchismo catalano ed iberico, in occasione del comizio
internazionale anarchico di solidarietà con la rivoluzione
spagnola in corso. Accanto ai rivoluzionari ed ai lavoratori
accorsi da ogni dove c'era anche lei: la stessa che mezzo secolo
prima aveva pianto la morte dei “martiri di Chicago”
e si era ripromessa di continuarne la lotta.
Camillo Levi
Originariamente apparso in “A” 32 (estate 1974).
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