donne
La Spagna libertaria nella vita di Emma
di Claudio Venza / foto AFA - Archivi Fotografici Autogestiti
Viaggi, incontri, riflessioni, scritti, tormenti della militante anarchica lituana a contatto con le incandescenti vicende iberiche degli anni '20 e '30.
Soprattutto durante le grandi speranze e la tragica fine dell'esperienza rivoluzionaria del 1936/1937.
Seguono due scritti della Goldman finora inediti in italiano *.
Un'intervista pubblicata sulla rivista “Más
Lejos” il 2 luglio 1936 (prima,
quindi, del golpe franchista) e l'intervento
al Congresso dell'Associazione
Internazionale dei Lavoratori, nel dicembre 1937 a Parigi.
Tra quelle due date, si consuma l'esperienza della rivoluzione spagnola.
E i diversi toni dei due scritti della Goldman ne testimoniano la drammaticità.
Il primo scritto di “Emma
La Rossa”, così definita dalla stampa conservatrice
degli USA, che riguarda eventi e personaggi del movimento spagnolo
è dedicato a Francisco Ferrer, il maestro assassinato
il 13 ottobre 1909 dall'alleanza tra Stato e Chiesa cattolica,
evocata come “idra mostruosa”. La Goldman ricorda
le idee pedagogiche fondamentali del maestro catalano che vedeva
nel bambino un essere da aiutare, ma non da guidare in modo
direttivo. L'anarchica di origine ebrea lituana, in quegli anni
cittadina americana, denuncia altresì la calunnia che
l'istituzione clericale aveva diretto contro Ferrer. Egli viene
presentato come un manipolatore di Madamoiselle Meunier, la
principale finanziatrice della Scuola Moderna, l'iniziativa
pedagogica libertaria a Barcellona. Lo scopo evidente era quello
di macchiare la figura del maestro che aveva osato sfidare il
quasi monopolio ecclesiastico dell'istruzione nella Spagna di
inizio Novecento. In questo scritto, la Goldman riafferma uno
dei suoi principi fondamentali: “L'intimità, di
qualunque tipo, tra un uomo e una donna è una loro questione
esclusiva e vietata alle intromissioni di estranei” (La
hipocresía del puritanismo y otros ensayos, Ed. Antorcha,
México D.F., 1977, p. 24).
L'occasione a lungo ricercata dai vertici monarchici e clericali
spagnoli venne trovata nella rivolta popolare del luglio 1909,
esplosa contro l'ennesima avventura coloniale in Marocco. Qui
i giovani soldati morivano a migliaia ogni anno e, per rimpinguare
le fila, lo Stato colonialista richiamò alle armi masse
di maturi lavoratori catalani per spedirli a morire in Africa.
Il moto spontaneo ebbe notevole riscontro e Barcellona per diversi
giorni restò in mano ai rivoltosi. Furono incendiati
una sessantina di edifici religiosi in quanto la chiesa cattolica
era stretta alleata dello Stato e del colonialismo. Nel complesso
però gli insorti evitarono di colpire gli esseri umani
inseriti nelle istituzioni clericali. Poi l'esercito “riportò
l'ordine” sparando su ogni assembramento e causando un
centinaio di vittime tra i cittadini. Ferrer fu accusato, senza
la minima prova, di essere stato il mandante di tale insurrezione
e condannato a morte. Fu fucilato, con altri imputati, nella
“tetra fortezza” barcellonese di Montjuic, collina
alla periferia della città.
Logicamente la militante anarchica collega l'evento repressivo
con il conto aperto dalla Chiesa cattolica verso questo pedagogo
che aveva osato creare dei centri educativi laici e razionalisti.
Secondo il suo punto di vista, il bilancio complessivo di questo
omicidio legale risultò sostanzialmente negativo per
il potere. Infatti, soprattutto all'estero, si moltiplicarono
i tentativi di riproporre il modello ferreriano. Ferrer diventò
così un “martire del libero pensiero” e la
sua attività si fece conoscere in molti paesi. In fin
dei conti fu resa universalmente nota la personalità
del maestro libertario che prima della sua eliminazione fisica
era molto meno conosciuto al di fuori della Catalogna.
La Goldman, come fece spesso nella sua esistenza, non si limitò
a scrivere sul caso Ferrer, ma spinse, con altri anarchici,
per la creazione di una Ferrer Modern School dedicata all'educazione
dei bambini e all'attività culturale in genere. I suoi
sforzi trovarono forti simpatie e appoggi convinti e duraturi
al punto che questa esperienza scolastica, insediata a Stelton
nel New Jersey, resterà in funzione fino al 1953.
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Emma Goldman nel 1917, dalla United States Library of Congress |
La prima volta in Spagna
Tra la fine del 1928 e l'inizio del 1929 giunge per la prima volta in Spagna per una visita di quasi venti giorni durante i quali corre attraverso una decina di città. Il viaggio in terra iberica le permette di conoscere alcuni compagni, con i quali aveva già collaborato, e di realizzare delle fugaci visite a opere e luoghi artistici. Emma vive momenti felici in questi pochi giorni nei quali aveva sospeso la scrittura, che stava realizzando nella vicina Francia, della sua enorme e complessa biografia che si ferma quindi al 1929. (L'edizione italiana risulta purtroppo divisa: Vivendo la mia vita, volumi 1-3, ed. La Salamandra, Milano, 1976; volume 4, ed. Zero in Condotta, Milano, 1993)
La militante incontra a Barcellona l'anziana Teresa Claramunt che, dopo molti decenni di grande attività e di dure repressioni, mantiene ancora la figura di “una combattente con un fascino e una grazia infinite”. Da lei si fa raccontare alcuni episodi del 1896 legati alle torture strazianti imposte agli anarchici detenuti a Montjuic in seguito ad una bomba lanciata contro una processione religiosa. Di questo fatto non si erano conosciuti esattamente gli autori e nel movimento sovversivo circolavano molti sospetti su un'ulteriore manovra poliziesca.
Un altro incontro importante è quello con la famiglia Urales (nome assunto dai Montseny), formata da Federico Urales, Soledad Gustavo e dalla figlia Federica. Può così rendersi conto di un fatto sorprendente e denso di significato: l'intera famiglia vive con i ricavi delle vendite della vasta produzione letteraria della giovane figlia. La sua “Novela Ideal” si concentra su racconti semplici che ruotano attorno a donne o uomini di ideali libertari alle prese con le ipocrisie e le malvagità di borghesi e privilegiati in genere. In effetti questi brevi racconti dal facile, e forse semplicistico, approccio tematico circolano a decine di migliaia di copie nella Spagna degli anni Venti e Trenta. Tale letteratura corrispondeva al bisogno di lettura popolare, magari da parte di persone da poco alfabetizzate e ciò accadeva spesso al di fuori dell'ambito statale e clericale.
Federica accompagna Emma nell'ascensione al forte-carcere sulla collina di Montjuic seguendo una strada che molti detenuti chiamavano “Calvario” in quanto la percorrevano incatenati ai polsi e alle caviglie e trascinandosi con immensa fatica. Di fronte alla “tetra fortezza” nella militante di origine lituana sovviene l'immagine del carcere di Schlusselburg, la “tomba dei combattenti coraggiosi contro lo zarismo”. Anche lei, come più tardi Errico Malatesta, afferma la necessità per i rivoluzionari, una volta abbattuto il dominio oppressivo, di procedere alla completa demolizione di tali edifici carichi di memorie dolorose. Almeno in questo la rivoluzione russa aveva da pochi anni dato un esempio concreto e da imitare senza tentennamenti né incertezze. L'atto simbolico avrebbe infatti comunicato con dei fatti indiscutibili a tutto il popolo l'avvenuta rottura completa e definitiva con il sistema precedente.
Nel passaggio attraverso il “mondo strano e affascinante” costituito dalla Spagna appena conosciuta, a Emma resta un dubbio di natura politica: tutti e ovunque parlano male della dittatura del generale Primo De Rivera, iniziata nel 1923, ma non si notano segni di una vera e radicale opposizione. La Goldman, al solito, dà delle risposte alle proprie domande. In questo caso identifica la causa principale della sostanziale sottomissione popolare nel fatto che “gli ideali rivoluzionari dovevano essere piante fragili che si potevano facilmente sradicare”. E poi si avventura a cercare una somiglianza tra la dittatura militare spagnola e quella fascista italiana. Entrambe sarebbero “esempi viventi” della prostrazione di fronte al potere assoluto. Mentre afferma, giustamente, che il fascismo sia nato dal grembo della guerra mondiale, estende questa riflessione, in realtà poco fondata, alla Spagna che invece restò neutrale nel 1914-18. Gli effetti della guerra marocchina, per quanto tragica per decine di migliaia di famiglie spagnole, non possono essere assimilati al profondo sconvolgimento a tutti i livelli portato dalla Prima Guerra in Italia e in quasi tutta l'Europa.
Un altro aspetto che impressiona la militante anarchica e femminista è la condizione della donna spagnola relegata in casa ad allevare i figli ed esclusa pure dai momenti di semplice socializzazione riservati agli uomini. La donna sarebbe, proprio per la situazione di controllo e di subordinazione, vittima di un'enorme ignoranza che la fa diventare “il più forte sostegno dei preti” ai quali è abituata a comunicare, nella confessione più o meno segreta, le proprie e le altrui attività. Da qui una delle ragioni del forte anticlericalismo radicato in terra iberica. (Vedi l'articolo An Unexpetead Dash Through Spain, apparso sul periodico “The Road to Freedom”, april 1929. Questo documento è consultabile su http:sunsite.berkeley.edu/Goldman/Writings/Essay/spain1929.html)
Nella Spagna libertaria del 1936 la Goldman portò “il sapore amaro della rivoluzione tradita, un sapore che non poté mai dimenticare”. Il riferimento è alla Russia, il paese da cui era scappata nel 1886, a diciassette anni, per evitare l'autoritarismo dilagante anche in famiglia. Qui tornò all'inizio del 1920 in seguito all'espulsione dagli Stati Uniti. Anche dalla Russia, anzi dall'URSS, dovette fuggire alla fine del 1921. La delusione cocente, che prende il posto dell'entusiasmo e della passione per la Russia sovietica è per lei un evento traumatico. Aveva immaginato di trovare una vera trasformazione sociale ma, dopo intensi mesi di viaggi e di contatti durante i quali si astenne dai giudizi politici, dovette constatare il ruolo controrivoluzionario dei bolscevichi centralizzatori e autoritari. Questo shock la porterà a vedere nella Spagna un nuovo terreno per concretizzare l'utopia sognata, rivelatasi un incubo all'inizio degli anni Venti, di una società finalmente libera dall'oppressione (da José Peirats, Emma Goldman. Anarquista de ambos mundos, La Linterna sorda, Madrid, 2011).
Il sapore amaro della rivoluzione tradita
Nelle sue tre lunghe visite, dal settembre 1936 al novembre 1938, ai fronti e alle collettività, alle sedi sindacali e all'associazione Mujeres Libres, Emma cerca di capire una realtà che è ben diversa da quella statunitense e quindi troppo complessa per emettere subito dei giudizi e scegliere dei comportamenti coerenti. Inoltre la quasi nulla conoscenza della lingua spagnola, a cui ripara solo parzialmente con il francese, costituisce un ostacolo enorme per una comprensione soddisfacente del contesto iberico. Ad ogni modo, queste limitazioni oggettive non la tengono lontana dalla partecipazione a tutti i livelli allo sforzo titanico dei compagni spagnoli di cui ammira la dedizione agli ideali, il coraggio di giocare il tutto per tutto, la determinazione a realizzare il massimo possibile dei propri principi politici e valori etici.
D'altra parte la Goldman si è gettata nell'avventuroso percorso spagnolo attratta dall'esplosione di protagonismo libertario che le offriva nuove ragioni per vivere. Era in piena crisi psicologica dopo il suicidio di Alexander Berkman che era stato il suo compagno più intimo. La speranza di partecipare ad una vera rivoluzione a sud dei Pirenei aveva offerto motivi più che validi per superare gli acciacchi di un'età più che matura (ormai era vicina ai settanta anni) e per dare una mano concreta allo sviluppo di un movimento dal quale aveva ricavato la ragione principale della propria esistenza.
In questo quadro va intesa la sua disponibilità a svolgere le attività più varie: dalla propagandista all'estero all'infermiera, dalla cameriera alla divulgatrice di nuovi metodi di controllo delle nascite e di igiene. Insomma un impegno senza riserve né titubanze. Tutto ciò avviene anche se Emma non vuole negare la quantità e la qualità dei compromessi che, quasi da subito, l'anarchismo spagnolo sta accettando. Gli attacchi a cui viene sottoposto quel movimento, generoso in modo smisurato ed espressione autentica di una considerevole parte del popolo, rende prioritaria la sua difesa di fronte ad ogni critica superficiale e ingenerosa, critica che non manca tra i compagni a livello internazionale. La sua disponibilità a “servire” i compagni spagnoli le fa accettare infine l'incarico di promuovere la propaganda della CNT-FAI in Gran Bretagna, il che vuol dire l'identificazione con le posizioni delle due organizzazioni libertarie.
È lei stessa a spiegarlo nel secondo documento, l'intervento al Congresso dell'AIT (Associazione Internazionale dei Lavoratori, di cui è più usata, non a caso, la sigla in versione spagnola) di Parigi del dicembre 1937, il cui testo è qui presentato per la prima volta in italiano. A quel punto Emma aveva già soggiornato per circa cinque mesi, con un'attività frenetica, nella Spagna libertaria sconvolta dalla guerra mentre i presunti alleati, in prima linea i comunisti staliniani, sferravano talvolta veri e propri attacchi armati come nel maggio 1937 a Barcellona. Il primo viaggio si era svolto da metà settembre a dicembre 1936, il secondo da metà settembre ai primi di novembre 1937, il terzo e ultimo da metà settembre ai primi di novembre 1938.
Il cambiamento del tono della Goldman, oltre che dei contenuti e dei giudizi, rende evidente la profonda trasformazione della sua ottica del maggio 1936, data della risposta all'inchiesta che alcuni anarchici specifici avevano fatto circolare tra vari compagni a livello internazionale. Assai perentorio e deciso era stato il suo parere sull'eventuale gestione del potere politico da parte dei libertari in Spagna: rifiuto assoluto di partecipare in qualunque forma alle istituzioni. Altrimenti gli anarchici avrebbero fatto la fine dei bolscevichi che, per mantenere il potere, erano arrivati al punto di reprimere, senza pudore e senza remore, le autentiche istanze rivoluzionarie. Anche questo documento è qui pubblicato per la prima volta in italiano.
Un anno e mezzo più tardi il suo punto di vista si è praticamente rovesciato. La conoscenza in prima persona della posta in gioco, cioè la stessa sopravvivenza del movimento, attaccato da un lato dalle truppe di Franco e sabotato dal Fronte Popolare, rende inaccettabile ai suoi occhi l'atteggiamento rudemente contrario espresso da varie delegazioni al Congresso anarcosindacalista di Parigi del dicembre 1937. Un elemento indiscutibile favorisce anche il suo sostegno verso la politica della CNT accusata di “collaborazionismo” col fronte antifranchista: nel panorama mondiale solo gli spagnoli, e in qualche misura gli svedesi della SAC, possono affermare di contare veramente sul piano delle lotte dei lavoratori e della capacità di mobilitazione. Spesso alla radicalità dei giudizi aspri provenienti da varie delegazioni non corrisponde un'adeguata forza materiale in grado di sopportare nella realtà le loro proposte. Ad esempio, non esiste alcuna possibilità realistica di proclamare uno sciopero generale internazionale per appoggiare in modo decisivo la rivoluzione libertaria spagnola. E questi dati di fatto pesano in modo decisivo sull'attitudine della nostra militante.
“Fino
al mio ultimo respiro”
Dopo la vittoria di Franco del 1° aprile 1939, la Goldman
si attiva, con immutata dedizione, all'aiuto materiale verso
gli esuli spagnoli rifugiati e in gravi condizioni di sussistenza.
E continua l'impegno gravoso anche nel suo ultimo paese dove
trova rifugio, il Canada, territorio dal quale cerca di riprendere
i contatti diretti con i compagni statunitensi, a lei più
affini. Anche qui si comporta in modo coerente con quanto scrisse,
già durante la prima visita in piena guerra nel settembre
1936: “Tanto se i nostri compagni risultino vittoriosi
come se saranno sconfitti, compartirò la loro sorte fino
al mio ultimo respiro”.
Il motivo di fondo di un coinvolgimento così completo
è l'ammirazione per la capacità costruttiva della
rivoluzione spagnola, il suo farsi carico in pieno delle necessità
dell'intera popolazione per dimostrare, nei fatti concreti e
non nelle facili parole, quanto l'anarchismo fosse in grado
di garantire la continuità della vita quotidiana subito
dopo l'abolizione del capitalismo e dello Stato. Lo aveva esplicitato
chiaramente anche in un discorso radiofonico pronunciato da
Radio Barcellona e rivolto direttamente agli attivisti: “Avete
dimostrato che l'anarchismo è la filosofia sociale più
costruttiva e quella per la quale vale la pena vivere, lottare
e, se necessario, morire”. (David Porter, a cura di, Visión
en llamas. Emma Goldman y la revolución española,
El viejo topo, Madrid, 2012)
Mentre percorreva in lungo e in largo il Canada, a settanta
anni suonati, per raccogliere fondi in favore degli spagnoli,
l'instancabile Emma si batte per la liberazione di tre anarchici
italiani incarcerati per propaganda antiautoritaria. Tra di
essi c'è Attilio Bortolotti, un friulano che ha dato
moltissimo alla stessa Goldman e fino agli anni Ottanta, sul
piano etico e materiale, all'intero movimento. E riesce a vincere
la sua ultima battaglia contro lo Stato ottenendo la scarcerazione
dei detenuti. L'età, e le condizioni molto precarie vissute
per decenni, finiranno con stroncarla nel maggio 1940. Per rispettarne
la memoria e il desiderio esplicito, i suoi eredi morali e di
ideale strappano il permesso delle autorità statunitensi
per seppellirla vicino alle tombe dei “Martiri di Chicago”,
gli anarchici che sfidarono i giudici e furono impiccati nel
1887, mentre lei aveva diciotto anni e una voglia irrefrenabile
di capire il mondo e di trasformarlo.
La loro vicenda, conosciuta in tutto il mondo come esempio eclatante
della violenza statale contro le lotte per l'emancipazione popolare,
era stato di grande impatto sulla giovane lituana da poco immigrata:
questi operai erano diventati paradossalmente, ma nemmeno tanto,
i suoi “maestri di anarchia”.
Claudio Venza
“Se
non posso ballare, non è la mia rivoluzione!”
Il programma e le speranze di Emma Goldman
potrebbero essere rappresentate da questa citazione ricca
di desiderio di libertà e felicità.
Un ritratto vivo di Emma Goldman è riportato da
Paul Avrich nel suo importante volume di più di
800 pagine Anarchist Voices. An Oral History of Anarchism
in America (AK Press, Oakland, 2004). Qui è
consultato nella versione spagnola: Voces anarquistas
(Fundación Anselmo Lorenzo, Madrid, 2004).
«I piaceri della Goldman non erano limitati al sesso.
Fumava, beveva, cucinava, ballava e frequentava il teatro
e l'opera lirica. “A Emma le piacevano sempre le
cose buone della vita - dice l'amica Kate Wolfson (...).
Era una donna assai fisica, gustava molto i cibi, il ballo,
il sesso e tutte le cose di cui la gente dovrebbe godere”.
Le piaceva molto ballare, persino negli ultimi anni della
vita. “Era simpatico vederla – ricorda Ida
Gershoy – così bassa e grassottella mentre godeva
tanto”. Era pure una cuoca eccellente» (p.
83)
« La qualità migliore della Goldman era,
malgrado tutto, quella di parlare in pubblico. “Aveva
una voce con un accento particolare, ricorda Freda Diamond.
Però era una buona oratrice e procurava un'impressione
favorevole”. Era anche “molto efficace nelle
repliche” e sapeva come gestire i provocatori. Malgrado
tutte le sue doti oratorie aveva paura del pubblico (...)
“Ma quando stava in tribuna era di nuovo lei stessa.
Dominava la situazione” » (p.84)
C.V.
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È la storia che si ripete
intervista a Emma Goldman pubblicata su
“Más Lejos” n. 9, 2 luglio 1936
Cari compagni:
La lettera che inviaste a Berkman, arrivò nelle sue mani alla vigilia della sua operazione. A quella operazione dovette seguirne un'altra. Adesso sta migliorando, però non può scrivere.
Se io fossi stata in Francia avrei risposto immediatamente. Però mi trovavo in Inghilterra. Ritornai il 6 del mese passato. Preoccupata per la salute del mio amico e compagno di lotte, non avevo tempo per la corrispondenza. Lo faccio oggi che Berkman sta meglio.
Prima domanda: Per gli anarchici è una questione di principi l'astensione alle elezioni?
Ritengo che debba esserlo, visto che l'intervento nelle elezioni è in opposizione con i principi dell'anarchia.
Seconda: La si può considerare come una semplice questione di tattica?
No, fino a quando gli anarchici non crederanno, come i bolscevichi, che “il fine giustifica i mezzi”. L'intervento danneggia in alto grado l'anarchia, che è l'unica filosofia sociale veramente rivoluzionaria.
Terza: Gli anarchici possono, in virtù di certe circostanze e vincendo tutti gli scrupoli, esercitare il potere durante il periodo transitorio?
Confesso di essere rimasta sorpresa vedendo che questa domanda veniva dalla Spagna. Non aspettavo che gli anarchici spagnoli arrivassero a tale estremo. Tanto meno avendo visto che in nome della “necessità transitoria” del Potere, il Partito Comunista ha commesso – in Russia e in altre parti – crimini senza nome contro la rivoluzione. Il Potere transitorio? Non si concepisce che gli anarchici aspirino ad esercitarlo. Pretenderebbero essere più intelligenti e meno corruttibili degli altri? Non è l'abuso del potere ciò che corrompe. È il potere in sé. Questo continua ad affermarlo l'anarchia fin dalle sue origini. La realtà russa non lo dimostra?
Adesso appare chiaro fino a che punto la trappola del Potere transitorio è arrivata. Ha schiavizzato le masse. Ha rinviato le vere finalità della rivoluzione. Ha trasformato il transitorio in definitivo. Il “mezzo” è stato elevato alla categoria di “fine”. E con esso giustificano gli attuali padroni di Russia, come i loro seguaci, tutti i crimini che stanno commettendo. È lo stesso che accadrebbe agli anarchici spagnoli che aspirano all'esercizio transitorio del Potere. Non solo non accelererebbero il cammino verso la realizzazione dell'Anarchia, ma cadrebbero nella fanghiglia della corruzione. Non esiste un motivo, (nemmeno uno!) per credere che gli anarchici al Potere non soccomberebbero sotto il peso delle stesse influenze corruttrici degli altri.
Questa tendenza è la negazione dell'anarchismo. E se riuscisse a svilupparsi, servirebbe da freno a tutti i progressi e farebbe svanire l'idea secondo la quale gli anarchici spagnoli rappresentano una forza rivoluzionaria. Se gli anarchici prendessero il Potere e lo esercitassero causerebbero un danno incalcolabile, tanto al movimento spagnolo come a quello del resto del mondo. Mi sembra che l'intervento di alcuni dei nostri compagni nelle elezioni ha già abbastanza screditato la nostra opera.
La questione del voto
Ciò forse vuole dire che io non mi renda conto del pericolo
fascista? Significa che io non senta la necessità di
lottare contro questo fino al suo completo sterminio? No. Vuol
dire che se gli anarchici erano abbastanza forti e numerosi
per orientare le elezioni verso la sinistra, dovevano esserlo
anche per unire i lavoratori.
Il momento psicologico nel quale tutti gli anarchici di Spagna
dovettero [recte: avrebbero dovuto] far uso dell'azione diretta,
fu durante l'insurrezione dell'ottobre del 1934. Dovettero [recte:
avrebbero dovuto] unirsi con i lavoratori e lottare fino alla
fine. Però allora la CNT, dopo aver lasciato le eroiche
masse delle Asturie abbandonate al loro destino, disse che non
voleva identificarsi – o confondersi – con i socialisti,
con uomini come Largo Caballero che tante volte hanno ferito
i nostri compagni alla schiena. Tale giustificazione risultava
molto debole. Tuttavia, rispettando i motivi, può essere
ammessa. Però, come spiegarsi che più tardi alcuni
anarchici si unirono ai socialisti alle elezioni? Diciamo francamente
che è incomprensibile. La forma con cui fu valutata la
situazione rivoluzionaria di ottobre ha pochi precedenti nella
storia delle attività anarchiche. Si direbbe che alcuni
compagni vollero compensare, votando, la loro negligenza durante
l'insurrezione del 34. Però temo che la paghino molto
cara, se non la stanno già pagando.
Le elezioni hanno aiutato i comunisti a portare al Parlamento
vari deputati, con i quali potranno costituire partito, ed è
stato un modo di porgere a Largo Caballero l'altra guancia affinché
colpisca di nuovo quando gli converrà.
So già che molti compagni votarono solidarizzando con
i 30 mila prigionieri sociali. È un sentimento molto
generoso. Però l'amnistia è un aiuto momentaneo
e agli anarchici appare chiaro che i nuovi governanti non tarderanno
a riempire le carceri nuovamente. È la Storia che si
ripete. Trenta anni fa quando la reazione italiana produceva
stragi e riempiva le carceri di prigionieri sociali, Saverio
Merlino indicò a Malatesta la convenienza per gli anarchici
di prendere parte alle elezioni. Malatesta distrusse le argomentazioni
di Merlino, assicurando che gli anarchici intervenendo non farebbero
altro che aggiungere un anello alla catena che opprime le vittime.
Malatesta non possedeva allora le prove che offre la rivoluzione
russa, però sapeva di cosa son capaci i socialisti. I
compagni spagnoli hanno davanti agli occhi l'esempio di Russia,
però si vede che non hanno imparato nulla, o che hanno
imparato molto poco delle sue realtà. Sebbene sia tempo
di rettificare. Il futuro appartiene a quelli che continuano
a lottare contro il Potere. Solamente per mezzo dello sforzo
organizzato delle moltitudini capaci di osare, si può
porre fine alla dominazione del sistema capitalista e dello
Stato.
Le deviazioni da questo criterio non possono far altro che ostacolare
il nostro movimento e servire da piattaforma per i parassiti
politici.
Emma Goldman
Nizza, 1 maggio 1936
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New York, 1916 - Emma Goldman il giorno dell'arresto in seguito a una sua conferenza sulla pianificazione familiare |
Ma la CNT-FAI è in una
casa incendiata
intervento di Emma Goldman al Congresso
dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (AIT) a Parigi,
6-17 dicembre 1937
La vita impone strane situazioni a tutti noi. Per quarant'otto anni sono stata considerata un'estremista tra i nostri ranghi. Una persona che rifiutò di compromettere le nostre idee o tattiche per qualsiasi scopo – una che sempre insistette che lo scopo e i metodi anarchici devono accordarsi, o il fine non sarebbe mai raggiunto. Ma qui sto cercando di spiegare l'azione dei nostri compagni spagnoli agli oppositori [libertari] europei e la critica di questi ultimi ai compagni della CNT-FAI. In altre parole, dopo una vita in una posizione estrema di sinistra, mi trovo al centro, per così dire.
Dal momento del mio primo arrivo in Spagna, nel settembre del 1936, ho visto che i nostri compagni in Spagna stanno immergendo la loro testa nell'abisso del compromesso che li condurrà lontano dall'obbiettivo rivoluzionario. Successivi eventi hanno dimostrato che quelli tra di noi che videro il pericolo davanti a loro avevano ragione. La partecipazione della CNT-FAI al governo e le concessioni all'insaziabile mostro a Mosca, non hanno certamente portato benefici alla rivoluzione spagnola o nemmeno alla lotta antifascista. Ma contatti più ravvicinati con la situazione in Spagna, con l'insormontabile opposizione alle aspirazioni della CNT-FAI, mi fecero capire meglio la loro tattica e mi aiutarono a guardarmi da [emettere] qualsiasi giudizio dogmatico sui nostri compagni.
Sono incline a credere che i critici nei nostri ranghi, al di fuori della Spagna sarebbero meno rigidi nella loro valutazione se si fossero a loro volta avvicinati alla lotta per la vita e per la morte della CNT-FAI. Non che io non sia d'accordo con le loro critiche. Io penso che abbiano ragione al 95 per cento. Tuttavia, io insisto che il pensiero indipendente e la giustezza della critica sono sempre stati il più alto motivo di vanto anarchico, davvero l'autentico baluardo dell'Anarchia. Il problema con i nostri compagni spagnoli è la loro eccessiva sensibilità verso le critiche [degli anarchici non spagnoli] persino verso i consigli dei compagni al di fuori della Spagna. Perciò avranno capito che le loro critiche sono mosse non da malvagità ma dalla più profonda preoccupazione per il destino della CNT-FAI.
I movimenti anarco-sindacalista e anarchico spagnoli fino a pochissimo tempo fa hanno costituito la più evidente realizzazione di tutti i nostri sogni e di tutte le nostre aspirazioni. Non posso perciò incolpare chi tra i nostri compagni vede nei compromessi degli anarchici spagnoli un rovesciamento di tutto ciò che loro stessi hanno sostenuto per quasi settanta anni. Naturalmente qualche compagno è diventato apprensivo ed ha iniziato a disapprovare l'incerta strada che la CNT-FAI intraprese. Conosco questi compagni da anni. Sono tra i miei più cari amici. So che è la loro integrità rivoluzionaria che li rende così critici e nessun altro motivo.
Ma Lenin era un'altra cosa
Se i nostri compagni spagnoli potessero solo capire ciò sarebbero meno indignati o non considererebbero i loro critici come nemici. Inoltre, temo che anche i critici siano in errore. Non sono meno dogmatici dei compagni spagnoli. Condannano senza riserve ogni passo compiuto in Spagna. Nella loro posizione faziosa hanno tralasciato l'elemento della motivazione, elemento riconosciuto nel nostro tempo perfino nei tribunali capitalisti. Ma è un fatto che uno non possa mai giudicare l'azione umana a meno che non abbia scoperto il movente che sta dietro l'azione.
Quando l'ho fatto notare ai nostri compagni critici hanno insistito che Lenin e il suo gruppo erano anch'essi mossi dalle migliori intenzioni, “e vedi quello che hanno fatto della Rivoluzione”. Non riesco a vedere neanche la più remota somiglianza. Lenin ambiva ad una formidabile macchina di Stato, ad una dittatura micidiale. Dal primissimo momento, ciò significò la morte della Rivoluzione Russa – mentre la CNT-FAI non solo ambì, ma realmente diede vita a ricostruzioni economiche libertarie. Dal primissimo momento hanno spinto i fascisti e i militaristi fuori dalla Catalogna e quest'impresa titanica non è mai stata persa di vista. Il lavoro fatto, considerando gli ostacoli insormontabili, fu straordinario. Già alla mia prima visita ero sorpresa di vedere così tante collettività nelle grandi città e nei villaggi.
Sono ritornata in Spagna con apprensione a causa di tutte le voci che mi hanno raggiunta dopo gli eventi di maggio [1937] sulle distruzioni delle collettività. È vero che le Brigate Lister e Karl Marx attraversarono l'Aragona e i luoghi della Catalogna come un ciclone, devastando tutto a modo loro; ma ciononostante è un dato di fatto che la maggior parte delle collettività resse come se nessun danno gli fosse stato recato. Infatti ho trovato le collettività in settembre e ottobre 1937 in migliori condizioni organizzative e in miglior stato – e ciò, dopo tutto, è il più importante risultato che deve essere tenuto a mente in qualsiasi stima degli errori commessi dai nostri compagni in Spagna. Sfortunatamente, i nostri compagni critici non sembrano vedere questo lato di somma importanza della CNT-FAI. Ma è ciò che differenzia loro da Lenin e dal suo seguito che, lungi dal cercare di articolare la Rivoluzione Russa in termini di impegno costruttivo, distrusse tutto durante la rivoluzione civile e perfino molti anni dopo. Abbastanza stranamente, i veri sostenitori della rivoluzione civile in Russia che hanno spiegato ogni passo della dittatura come “necessità rivoluzionaria”, sono ora i principali inflessibili oppositori della CNT-FAI. “Noi abbiamo imparato la nostra lezione dalla Rivoluzione Russa” dicono. Ma visto che nessuno impara nulla dalle esperienze degli altri, dobbiamo, che vi piaccia o no, dare ai compagni spagnoli una possibilità per trovare il loro orientamento attraverso la propria esperienza. Sicuramente la nostra carne e il nostro sangue hanno diritto dello stesso paziente aiuto e solidarietà che qualcuno di noi ha dato generosamente ai nostri nemici più temibili i Comunisti.
Stanare i cospiratori
La CNT-FAI non ha tutti i torti quando ribadisce che il contesto condizionato in Spagna è abbastanza differente da quello che aveva mosso la lotta in Russia. In verità i due sollevamenti sociali sono separati e distinti l'uno dall'altro. La Rivoluzione Russa si diresse ad una popolazione esausta da una guerra, con l'intero tessuto sociale disintegrato, e la Russia era un paese assai lontano dalle influenze esterne. Qualsiasi pericolo che incontrò durante la guerra civile arrivò interamente dall'interno del paese stesso. Perfino gli aiuti dati agli interventisti di Inghilterra, Polonia e Francia erano forniti in misura limitata. Non che questi paesi non erano pronti a schiacciare la Rivoluzione per mezzo di eserciti ben equipaggiati ma l'Europa era troppo fiaccata. Non c'erano né abbastanza uomini né abbastanza armi per consentire agli anti-rivoluzionari russi di distruggere la Rivoluzione e le sue masse.
La rivoluzione in Spagna fu il risultato della congiura militare e fascista. Il primo bisogno imperante che si presentò alla CNT-FAI era di stanare la cosca di cospiratori. Il pericolo fascista doveva essere fronteggiato quasi a mani nude. In questo processo i lavoratori e contadini spagnoli presto si accorsero che i loro nemici non erano solo Franco e le sue orde di Mori. Presto si trovarono assediati da formidabili eserciti e da uno spiegamento di armi moderne fornite a Franco da Hitler e Mussolini, con tutto il branco imperialista che giocava il suo sinistro subdolo gioco. In altre parole, mentre la Rivoluzione Russa e la guerra civile erano combattute sul suolo russo e da russi, la rivoluzione spagnola e la guerra antifascista coinvolge tutte le potenze d'Europa. Non è esagerato dire che la Guerra Civile Spagnola si è allargata ben oltre i suoi confini.
Come se questo non fosse abbastanza per costringere la CNT-FAI a sorreggersi con qualsiasi mezzo piuttosto che vedere la rivoluzione e le masse annegate nel bagno di sangue preparato per loro da Franco e i suoi alleati – i nostri compagni dovevano anche contrastare l'inerzia del proletariato internazionale. Qui sta un'altra tragica differenza tra la rivoluzione russa e spagnola.
La Rivoluzione Russa aveva incontrato un riscontro istantaneo e un supporto notevole da parte dei lavoratori in ogni paese. Questo fu presto seguito dalla rivoluzione in Germania, Austria ed Ungheria; e dallo sciopero generale dei lavoratori inglesi che rifiutavano di caricare le armi destinate agli anti-rivoluzionari e agli intervenisti. Provocò l'ammutinamento nel Mar Nero e dappertutto elevò i lavoratori al culmine di entusiasmo e sacrificio.
La rivoluzione spagnola, d'altro canto, solo perché i suoi leader sono anarchici, diventò immediatamente una piaga non solo agli occhi della borghesia e dei governi democratici, ma anche dell'intera scuola marxista e liberale. Effettivamente la rivoluzione spagnola fu tradita dal mondo intero. È stato detto che i nostri compagni in ogni paese hanno contribuito generosamente con uomini e denaro alla lotta spagnola e che il nostro movimento spagnolo avrebbe dovuto invocare esclusivamente loro.
Ebbene, compagni, noi siamo membri della stessa famiglia e siamo tra di noi. Noi perciò non abbiamo bisogno di fare tanti giri di parole. Il fatto deplorevole è che non c'è un movimento anarchico o anarco-sindacalista di gran rilievo al di fuori della Spagna, e in più piccola misura in Francia, ad eccezione della Svezia. Qualsiasi movimento anarchico ci sia in altri paesi consiste in piccoli gruppi. In tutta l'Inghilterra, per esempio, non c'è nessun movimento organizzato – ma solo pochi gruppi.
La CNT al governo
Con il più fervente desiderio di aiutare la rivoluzione
in Spagna, i nostri compagni al di fuor di questo [paese] non
erano né numericamente né materialmente forti
per invertire la corrente. Quindi trovandosi completamente contro
un muro di pietra, la CNT-FAI fu obbligata a scendere dalle
sue tradizionali ed elevate vette per compromettersi a destra
e a sinistra: partecipazione al governo, qualsiasi tipo di offerte
a Stalin, tolleranza sovrumana verso i suoi seguaci che stavano
complottando e cospirando apertamente contro la Rivoluzione
spagnola.
Di tutte le sfortunate concessioni fatte dalla nostra gente,
la loro entrata nei ministeri mi sembra quella meno offensiva.
No, non ho cambiato il mio atteggiamento nei confronti del governo
in quanto dannoso. Come in tutta la mia vita, ancora reputo
che lo Stato sia un freddo mostro e che divori qualsiasi persona
stia alla sua portata. Se non sapessi che il popolo spagnolo
vede nel governo un mero rimedio provvisorio, di cui sbarazzarsene
quando si vuole, che non è mai stato illuso e corrotto
dal mito parlamentare, io dovrei forse essere più allarmata
per il futuro della CNT-FAI. Ma con Franco alle porte di Madrid,
posso difficilmente incolpare la CNT-FAI per aver scelto il
male minore – la partecipazione nel governo piuttosto
che la dittatura, il male più fatale.
La Russia ha più che provato la natura di questa bestia.
Dopo vent'anni ancora prospera sul sangue dei suoi artefici.
E nemmeno il suo schiacciante peso è sentito esclusivamente
in Russia. Da quando Stalin iniziò la sua invasione in
Spagna, la marcia dei suoi seguaci ha lasciato morte e rovina
dietro di sé. La distruzione di numerose collettività,
l'introduzione della Tcheka con i suoi metodi “gentili”
di trattare gli oppositori politici, l'arresto di migliaia di
rivoluzionari e l'omicidio in pieno giorno di altri. Tutto questo
e di più, la dittatura di Stalin ha dato alla Spagna,
a partire da quando lui vendette armi al popolo spagnolo in
cambio di oro. Innocente del trucco gesuitico del “nostro
amato compagno” Stalin, la CNT-FAI non poteva immaginare
nei suoi più ingenui sogni il progetto senza scrupoli
nascosto dietro la solidarietà apparente nell'offerta
di armi dalla Russia.
Il loro bisogno di essere all'altezza dell'apparato militare
di Franco era una questione di vita o di morte. Il popolo spagnolo
non aveva un momento da perdere se non voleva essere annientato.
Cosa c'è da meravigliarsi se videro in Stalin il salvatore
della guerra anti-fascista? Da allora hanno imparato che Stalin
aiutò a salvare la Spagna di fronte ai fascisti e a salvarla
ancora di più per i suoi propri fini.
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Emma Goldman nel 1936 |
Le mancate radici dei comunisti
I compagni critici non sono del tutto in torto quando dicono che non sembra valer la pena sacrificare un ideale nella lotta contro il fascismo se ciò significa solamente fare spazio al comunismo sovietico. Sono completamente d'accordo con questa visione – cioè che non c'è differenza tra di loro. La mia consolazione è che, con tutti i loro intensi sforzi criminali, il comunismo sovietico non ha messo radici in Spagna. So di cosa parlo. Nella mia recente visita in Spagna ho avuto sufficienti opportunità di convincermi che i comunisti hanno fallito totalmente nel conquistare la simpatia delle masse; esattamente il contrario. Non sono mai stati così odiati dai lavoratori e dai contadini come adesso.
È vero che i comunisti sono nel governo e hanno potere politico – che usano a scapito della rivoluzione, della lotta anti-fascista, del prestigio della CNT-FAI. Sebbene possa sembrare strano, ciononostante non esagero quando dico che in un senso morale la CNT ha vinto smisuratamente. Porto alcune prove.
Dagli eventi di maggio [a Barcellona] la circolazione del [giornale] della CNT è quasi duplicata, mentre i due giornali comunisti della città hanno solo 26.000 [copie]. La [testata] della CNT da sola ha 100.000 in tutta Castiglia. Lo stesso è successo con il nostro giornale Castilla Libre. Inoltre, c'è il Frente Libertario, con una circolazione di 100.000 copie.
Un fatto più significativo è che quando i comunisti indicono un incontro questo è poco seguito. Quando la CNT-FAI tiene una riunione le sale sono straboccanti di gente. Ho avuto occasione per convincermi di questa verità. Andai ad Alicante con la compagna Federica Montseny e sebbene l'incontro era tenuto in mattinata, e la pioggia scendeva a scrosci, ciononostante la sala era riempita al massimo della capienza. La cosa più sorprendente è come i comunisti riescono a tiranneggiare su tutti; ma è una delle molte contraddizioni della situazione in Spagna.
Se i nostri compagni hanno sbagliato nel permettere l'invasione comunista è stato solo perché la CNT-FAI è nemico implacabile del fascismo. Erano i primi, non solo in Spagna ma nel mondo intero, a rifiutare il fascismo e sono determinati a restare gli ultimi sul campo di battaglia, fino a quando la bestia sarà ammazzata. Questa determinazione suprema mette in rilievo la CNT-FAI nella storia degli indomabili campioni e combattenti per la libertà che il mondo abbia mai conosciuto. Paragonato a questo, i loro compromessi appaiono in una luce meno abbagliante.
Vero, il tacito consenso alla militarizzazione dalla parte dei nostri compagni spagnoli era una rottura violenta con il passato anarchico. Ma grave come era, deve essere anche considerato alla luce della loro totale inesperienza militare. Non solo loro ma anche nostra. Tutti noi abbiamo parlato piuttosto loquacemente dell'antimilitarismo. Nel nostro ardore e rifiuto della guerra abbiamo perso di vista la moderna guerra, la totale debolezza di uomini inesperti e mal equipaggiati faccia a faccia con eserciti motorizzati e armati fino ai denti per la battaglia in terra, mare e cielo. Sento ancora la stessa ripugnanza del militarismo, la sua disumanizzazione, la sua brutalità e il suo potere nel trasformare gli uomini in automi. Ma il mio contatto con i nostri compagni nei vari fronti, durante la mia prima visita nel 1936, mi convinse che un qualche allenamento era certamente necessario se i nostri militanti non erano destinati ad essere sacrificati, come bambini appena nati, sull'altare della guerra.
È vero che dopo il luglio 1936 decine di migliaia di vecchi e giovani si arruolarono spontaneamente per andare al fronte – loro andarono a bandiere spiegate e con la determinazione di sconfiggere Franco in poco tempo – ma non avevano un addestramento o esperienza militare. Vidi moltissime milizie quando visitai il fronte dove agiva Durruti e quello di Huesca. Erano tutti motivati dal loro ideale – dall'odio al fascismo e dall'amore appassionato per la libertà. Nessun dubbio che ciò li avrebbe portati molto lontano se avessero avuto solo i fascisti spagnoli da affrontare; ma quando la Germania e l'Italia iniziarono a versare centinaia di migliaia di uomini e ammassi di materiale bellico, le nostre milizie si dimostrarono manchevoli davvero. Se era contraddittorio da parte della CNT-FAI di acconsentire alla militarizzazione, era anche contraddittorio per noi cambiare la nostra posizione nei confronti della guerra che qualcuno ha mantenuto durante le nostre vite.
No alla guerra?
Avevamo sempre condannato la guerra perché serviva il capitalismo e nessun altro proposito; ma quando comprendemmo che i nostri eroici compagni a Barcellona dovevano continuare la lotta anti-fascista, immediatamente ci raccogliemmo in loro aiuto, cosa che era indubbiamente un allontanamento dalle nostre precedente posizioni sulla guerra. Una volta che ci eravamo resi conto che sarebbe stato impossibile far fronte alle orde di fascisti armati fino ai denti, non potevamo sottrarci al seguente passo, che era la militarizzazione. Così come tante azioni della CNT-FAI, indubbiamente contrarie alla nostra filosofia, non erano causate o scelte da loro. Erano imposte dallo sviluppo della lotta che. se non avesse portato ad una fine vittoriosa, avrebbe sterminato la CNT-FAI, distrutto i risultati costruttivi ed ostacolato il pensiero e le idee anarchiche non solo in Spagna ma nel resto del mondo.
Cari compagni, non è una questione di giustificazione di tutto ciò che la CNT-FAI ha fatto. È soltanto un cercare di capire le forze che la condussero e la conducono avanti. Se trionfare o essere sconfitti dipenderà da quanto possiamo svegliare il proletariato internazionale per venire in sostegno della lotta in Spagna; e se noi non possiamo creare unità tra noi stessi, non vedo come possiamo chiamare in aiuto i lavoratori del mondo per unirsi nello sforzo di sconfiggere il fascismo e salvare la rivoluzione spagnola.
I nostri compagni hanno un ideale sublime che li motiva; hanno un nobile coraggio e una volontà di ferro per sconfiggere il fascismo.
Tutto ciò tende di gran lunga a tenere su il loro morale. Aerei che bombardano città e villaggi e tutti gli altri meccanismi mostruosi non possono essere fermati dai valori spirituali. Sfortunatamente il nostro fronte non era preparato, né aveva mezzi fisici per eguagliare le inesauribili forniture spiegate nel fronte di Franco.
È un miracolo dei miracoli che la nostra gente sia ancora pronta e più che mai determinata a vincere. Non posso pensare altro che l'addestramento che i nostri compagni stanno ricevendo nelle scuole militari li renderà più adatti alla lotta e con maggior forza. Ho rafforzato questa convinzione attraverso discorsi con i giovani compagni nelle scuole militari – con qualcuno di loro al fronte di Madrid e con membri della CNT-FAI che occupano elevate posizioni militari. Tutti mi hanno assicurato che avevano guadagnato molto attraverso l'addestramento militare e che si sentono più competenti e sicuri di loro stessi per affrontare le forze nemiche. Non sto dimenticando il pericolo della militarizzazione in una guerra prolungata. Se questa calamità dovesse capitare, non rimarranno molte delle nostre coraggiose milizie da far pesare come ultimatum militare. Io spero ferventemente che il fascismo sia sconfitto velocemente e che i nostri compagni possano tornare dal fronte in trionfo per ritornare da dove sono venuti– le collettività, le terre, le industrie. Al momento non c'è pericolo che divengano un dente della ruota marziale.
Tutti questi fattori che hanno indirizzato il percorso della CNT-FAI dovrebbero essere presi in considerazione dalle critiche dei compagni che, dopo tutto, sono assai lontani dalla lotta, quindi in realtà non sono in una posizione da cui vedere l'intera tragedia attraverso gli occhi di quelli che sono dentro il vero combattimento.
Dalla parte dei compagni spagnoli
Non intendo dire che non posso anche raggiungere il punto dolente
di disaccordo con la CNT-FAI. Ma fin quando il fascismo non
sarà sconfitto, non alzerei la mia mano contro di loro.
Per il momento il mio posto è dalla parte dei compagni
spagnoli e della loro grande lotta contro un intero mondo.
Compagni, la CNT-FAI è in una casa incendiata; le fiamme
stanno divampando attraverso ogni crepa, stanno avvicinandosi
sempre più per bruciare i nostri compagni. In questo
momento cruciale, e con poche persone che stanno cercando di
aiutare a salvare la nostra gente dalle fiamme distruttive,
sembra un venir meno alla solidarietà gettare l'acido
delle vostre critiche sui loro visi in fiamme. Per quanto mi
riguarda, non posso unirmi a voi in questo. So che la CNT-FAI
è andata di gran lunga oltre la sua e la nostra ideologia.
Ma questo non può farmi dimenticare la sua gloriosa tradizione
rivoluzionaria di settant'anni. La sua coraggiosa lotta –
sempre perseguitata, sempre messa con le spalle al muro, sempre
in prigione e in esilio. Questo mi fa pensare che la CNT-FAI
sia rimasta fondamentalmente la stessa e che il tempo non è
lontano quando loro stessi daranno prova di nuovo del ruolo
di simbolo e di forza ispiratrice, [forza] che gli anarcosindacalisti
e gli anarchici spagnoli sono sempre stati per il resto degli
anarchici nel mondo.
Dal momento che ho avuto il privilegio di stare in Spagna due
volte – vicino ai compagni, vicino al loro splendido lavoro
costruttivo – dal momento che ho potuto vedere il loro
altruismo e la loro determinazione nel costruire una nuova vita
sul loro suolo, la mia fede nei nostri compagni è aumentata
ed è diventata una ferma convinzione che, qualsiasi siano
le loro contraddizioni, essi ritorneranno sui loro iniziali
principi. Messa a prova dal fuoco della guerra e rivoluzione
antifascista, la CNT-FAI emergerà illesa. Perciò
sono con loro, nonostante tutto. Un migliaio di volte sarei
piuttosto rimasta in Spagna per rischiare la mia vita nella
lotta invece di ritornare alla cosiddetta salvezza in Inghilterra.
Ma visto che ciò non potrebbe accadere, io intendo tendere
ogni muscolo e nervo per far sapere, fin quando la mia penna
e la mia voce potranno arrivarci, la grande forza morale e organizzativa
della CNT-FAI e il valore e l'eroismo dei nostri compagni spagnoli.
Emma Goldman
traduzione di Annalisa Detela
I due scritti di Emma Goldman sono l'Appendice della tesi L'anarchica
e femminista Emma Goldman di fronte alla guerra e alla rivoluzione
in Spagna (1936-1939) di Annalisa Detela discussa nel marzo
2014 al Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università
degli Studi di Trieste. |