Il
Salone della Psicoeditoria
Creativa ed Autoprodotta
dossier a
cura di Federico Zenoni / foto Greta Sorana
“Psicoeditoria
creativa ed autoprodotta”?! Ma di che diavolo stiamo parlando?
Vediamo se questa intercettazione telefonica tra i due inventori
di LIBER, Federico Zenoni e Paolo Cabrini, può dirci
qualcosa di più.
grrrzzz...driiin...driiin...
FZ- “Pronto, Paolo?
ciao, senti, siamo ormai alla quarta edizione di “LIBER-i
libri liberi”! Ma tu pensi che siamo riusciti a comunicare
cos'è questa cosa?”
PC- Mah... Federico, non
saprei come definire Liber, ho il timore che una volta definito
sparirebbe. E mi auguro anche che nessuno tenti di definirlo.
FZ- Anch'io penso che definire
precisamente LIBER possa essere un danno irreversibile...
PC- Ti confesso che la più
grande ispirazione in questa avventura è poter fare un'edizione
di Liber nel Grande Padiglione Auricolare, uno degli spazi espositivi
più ambiti per sonorità e altisonanza.
FZ- Sicuramente il G.P.Auricolare
è il posto perfetto, non per niente ce ne sono due: uno
per LIBER e uno per ascoltare i Rumori del Mondo.
PC- Giusto, quando ci siamo
incontrati anni fa per decidere di riunire alcuni creativi-psico-editori
era per conoscersi e stringere amicizia con altre persone che
condividevano il nostro progetto. E quando abbiamo iniziato,
in effetti ho trovato un amico che eri te. Certo un merito va
anche a Laura Gamucci che per ben due edizioni ci ha ospitato
in quella sorta di “ambulatorio artistico” che è
il Van-Ghè, per iniziare poi la nostra lunga terapia,
non di guarigione ma di affinamento della propria malattia di
libertà. Perché chi ha detto che la malattia è
una forma di anormalità!?
FZ- In quanto a Laura Gamucci
potremmo dire tanto e non sarebbe mai abbastanza!
PC-
La cosa bella, che spero rimanga, è che Liber non debba
chiamare nessuno a esporre ma, attraverso un passa parola, coinvolga
piccoli editori casalinghi a partecipare per pura passione...
Sai, sogno un Liber autarchico, un corpo capace di muoversi
da solo, una sorta di Frankenstein incontrollato ma che diventa
dolcissimo al solo suono del violino.
FZ- Anzi, al frastuono di
una batteria! Sicuramente possiamo dire cosa non vorremmo che
sia LIBER: non è una “fiera di piccoli editori”,
non è una “mostra di libri d'artista”, non
è “editoria indipendente”, non c'entra col
design o l'editoria “di qualità”... in effetti
non ci interessa tanto la qualità di quello che uno realizza,
quanto il TASSO di LIBERTA' che si prende rispetto alle consuetudini,
alle tradizioni, allo strapotere della norma, della regola e
del dover a tutti i costi definire e catalogare ogni attività
creativa.
PC- Dici bene Federico,
Liber sta svolgendo una funzione aggregativa di comunione d'intenti,
soprattutto quello creativo, dedicato all'autoproduzione editoriale.
È davvero interessante la poliedricità di questi
psicoeditori creativi, della loro passione nel curare e trasmettere
contenuti svariati ma che poi ben si ritrovano tra loro senza
un preciso manifesto dettato da qualcuno. Ritrovo alla fine
una comune volontà di disobbedire a delle regole di mercato
e a delle regole estetiche imposte dallo stesso mercato.
FZ- È sicuramente
così, Paolo. In fondo la disobbedienza è la forma
di creatività primordiale, accessibile a tutti. Una delle
cose più affascinanti è proprio vedere come ogni
espositore si crei il suo mondo, ed ognuno è diverso
dall'altro per tecniche, per medium utilizzati: narrativa, disegno,
poesia, fotografia, stampa a mano e fumetto... e anche per le
finalità di questo operare.
PC- Aspetta, l'originalità
è anche nell'esposizione!
FZ- Già anche perché
lasciamo mano libera nell'allestimento del proprio spazio sino
alla realizzazione ludica del sentirsi a proprio agio nel proprio
mondo creato.
PC- Infatti
il sentirsi a proprio agio ricorda molto la domesticità,
lo stile che abbiamo tenuto costante nelle edizioni di Liber,
il sentirsi a casa propria, con quella atmosfera casalinga dove
il disordine ha una sua logica e nessuno lo contesta. Uno stile
informale che non necessita di aderire a delle regole... sai,
per la IV edizione, dovremmo suggerire agli espositori di portare
da casa le pantofole!
FZ- Da questo si potrebbe
davvero diagnosticare la “Sindrome Psicoeditoriale”!!!
PC- Imparare a scrivere
storto per uscire dalle righe del quaderno o dagli spazi di
un modulo prestampato, questa è l'anticamera della psicoeditoria.
Utilizzando tecniche che si contaminano tra loro, da quelle
primitive a quelle contemporanee e tecnologiche e così
accade anche per i contenuti.
FZ- Attenzione: un pernicioso
effetto collaterale della “Sindrome Psicoeditoriale”
è il “libro d'artista”, rivolto ad una èlite
di collezionisti, la sua numerazione o addirittura il suo essere
“pezzo unico” lo rendono poco efficace come strumento
comunicativo. Invece la psicoeditoria è soprattutto comunicazione,
da qui la ricerca di tecniche, trucchi, materiali, che consentano
piccole tirature, replicabili a piacimento e accessibili a tutti...
e qui entra l'aspetto “ecologico”: pensa soltanto
all'utilizzo di tutto quello che viene scartato dalla nostra
bella civiltà dei consumi, un mare di materiali pronti
all'uso, a km zero e gratuiti! È una pratica dal basso,
molto individuale; l'autore/creativo si autoproduce, si autorappresenta
e si autodistribuisce senza intermediari scegliendo una forma
comunicativa alla portata di tutti, originale, ecologica, clandestina...
e spassosa. L'editoria creativa, la psicoeditoria, l'autoproduzione,
come tutte le forme di creatività, è una sorta
di auto-terapia; si rivolge a se stessi e poi a tutte le persone
curiose, irriverenti e maliziose, a tutti quei potenziali creativi
insofferenti alle regole e alle tradizioni.
PC- aggiungerei
che il libro, libello o fanzina qualsivoglia, autoprodotta dalla
psicoeditoria, oltre ad essere attenta al riuso o riciclo di
materiale cartaceo punta molto sulla fruibilità dei contenuti
che non sono fini a se stessi come nel libro d'artista che spesso
diventa celebrativo o autocelebrativo di un autore o artista
abbinato ad un poeta -formula questa ampiamente impiegata negli
ultimi anni-. Noto invece, con un certo compiacimento, che la
psicoeditoria crea contenuti alla portata di tutti, dal manualetto
ironico al racconto paradosso, dal vocabolario assurdo, alla
poesia fumetto, inventando il più delle volte nuovi generi
letterari che per la loro brevità possono essere letti
lungo un percorso di viaggio sui mezzi pubblici...
FZ- ...o abbandonati sui
sedili del treno, nelle aree di sosta degli autogrill, sui tavoli
delle biblioteche, per una fruizione collettiva e casuale.
PC- Ciò
che mi riempie di gioia nel mondo della psicoeditoria è
il fatto che sia contagiosa, e si è anche visto che chi
è venuto a Liber come visitatore, l'anno dopo si è
ritrovato a partecipare come psicoeditore. Il bello di questa
formula è che nessuno ne può rivendicare la paternità
e forse per questo la rende aperta a tutti e a tutte
FZ- È verissimo!
Infatti sono curiosissimo di vedere le nuove espositrici della
prossima edizione... e anche di vedere cosa avranno escogitato
tutte le altre!
Ma ora devo lasciarti, ho trovato una vecchia enciclopedia –
con dei disegni stupendi! – da saccheggiare... e poi devo preparare
il materiale per Arivista!
PC- Se hai bisogno di aiuto
chiamami... a presto!
Federico Zenoni
Ecco
il Salone dell'Editoria Creativa e Autoprodotta,
dove troverete un mondo editoriale decisamente poco allineato.
Libri cuciti a mano, libri realizzati con cartoni dei
supermercati, libri fatti con le buste usate, libri a
fisarmonica, libri da taschino, libri autoprodotti dall'inizio
alla fine, libri che si lanciano oltre lo steccato di
qualsiasi bon-ton editoriale alla volta di nuove sperimentazioni
e invenzioni. Ma attenzione: libri veri, libri da leggere,
con piccole tirature e distribuiti realmente in maniera
casalinga e creativa.
Per la terza edizione di LIBER, diversi editori creativi,
pazzi funamboli che giocano con le mille variazioni sul
tema dell'oggetto libro, si riuniscono per mostrare, scambiare,
vendere una diversa editoria, un'eco-editoria ribelle
e riciclata, una piccola sfida gentile alla serialità
diffusa.
(comunicato di Troglodita Tribe per l'edizione 2013) |
Editoria
Senza Permesso: cosa vuol dire? Che non è necessario
chiedere a qualcuno il permesso di farla, di promuoverla,
di esportarla, di divulgarla, è libera per tutti.
Il sistema vuole che si chieda il permesso per qualsiasi
cosa, perfino per esistere anagraficamente. L'editoria
autoprodotta non solo non chiede il permesso, ma non
le interessa essere riconosciuta e usufruire di quei luoghi
e liturgie che il sistema si compiace redigere e costringere
a seguire per essere riconosciuti. L'autoeditoria si
autoafferma da sola, indipendentemente da qualcuno
o qualcosa che determina i confini dell'autoaffermazione.
L'editoria senza permesso crea incontri, amicizie, collaborazioni,
si apre alla creatività dei molti.
(Edizioni Pratiche dello Yajè) |
Dalla
Follia all'Eiaculazione
Percorso etimologico alla ricerca delle origini di Liber
(con tante scuse per i linguisti e filologi)
A
Liber la mia prima volta è stata nel 2011, era
la prima edizione. Sono stato accolto dagli avambracci
nudi di Paolo Cabrini (con Federico Zenoni ideatori della
manifestazione) che armeggiavano sul tirabozze che sputava
fogli colorati. L'ambiente del Vanghè mi è
sembrato subito magico. Il pronto soccorso creativo dell'autoproduzione
non poteva che svolgersi in un “ambulatorio d'arte”.
Lì ho finalmente toccato con mano i veri libretti
di Troglodita Tribe...e anche Fabio e Lella, i Troglodita
Tribe a cui da subito mi ero ispirato senza mai averli
conosciuti. Insomma era avvenuto il mio ingresso nel mondo
di questo nuovo meraviglioso medium che è il libro
fatto in casa. Terzo anno, 2013 (c'ero comunque anche
nel 2012), Liber è alla Scighera, l'ambiente è
spazioso, mi accoglie il festoso vortice dei 365 ritratti
ad acquerello di Claudio Jaccarino. La “fiera”
è ufficialmente “un appuntamento con la creatività
libertaria ed autogestita”. Mi ci trovo bene, sono
tra amici. La mia foto ricordo di questa edizione è
però per la Milano Nord, di fronte alla fabbrica
del Fernet, quella dei Fratelli Branca. Ricordo “pop”
per noi provinciali che a Milano troviamo sempre qualcosa
da scoprire.
Tre anni, tre edizioni e queste considerazioni. Per me
Liber è lo spazio che permette di dichiarare la
propria esistenza creatrice e indipendente, lo spazio
libero avulso ai meccanismi dell'artigianato o dell'arte
tradizionali. Trova sede naturale in contesto libertario
dove la persuasione del mercato è praticamente
assente ma sono l'individuo e la sua natura espressiva
il centro. Qui si trovano mondi interiori, fantasie lievi,
...mostri. A Liber c'è il rilegatore, il disegnatore,
il poeta, lo scrittore, il musicista, l'inventore... non
è un caso, quasi sempre ogni espositore rappresenta
se stesso. “Questo è Liber e non c'è
niente di serio” ha dichiarato Zenoni alla prima
edizione. Credo di interpretare le sue parole senza sbagliarmi
se affermo che Liber è un gioco. Non è serio
rispetto ai rituali sociali, ai bilanci economici, alle
politiche per la crescita ma è un'alchimia di follia
giocosa che, letta freudianamente, vede la sua antitesi
non nella mancanza di serietà, ma nella realtà.
In altra sede ho infatti definito quella dell'autoproduzione
creativa (di libri) un'attività erotica a tempo
pieno (tempo interiore, mentre il tempo cronologico magari
resta governato dalla quotidianità e dai suoi bisogni).
Forse è proprio in virtù di questo volutamente
labile rapporto con la realtà che, nel 2012, salta
fuori la deifinizione di “psicoeditori”, Zenoni
insomma ne sottolinea la follia. È infatti la follia,
il mantice (in latino follis è il soffietto)
che pompa, soffia (psychein in greco) sul creativo
di Liber che con la sua incoerenza di dissennato si garantisce
la libertà. A Liber, nell'epoca dei tunnel e dei
treni ad alta velocità, c'è chi tenta il
volo su assurde macchine volanti, cigolanti ed autocostruite
e questa non è tecnologia, è poesia. Va
presa così, magari coccolata, lasciata crescere.
E' da qui che forse può nascere qualcosa di nuovo.
L'espressività che circola è talvolta grezza
e vitale, altre raffinata e sofisticata, altre volte ancora
arzigogolata o pasticciata. Fa parte del gioco come dicevamo.
E c'è qualcosa di molto “Liber” proprio
nell'etimo della parola gioco. Iocus, è
burla, scherzo, è una prova di destrezza, di abilità,
di fortuna. La sua radice jak rimanda anche a ciò
che viene gettato, lanciato, così ioculor,
è anche colui che sbeffeggia scagliando frecciate.
Al plurale (ioci), sono anche i giochi amorosi,
quelli che sfociano nel godimento dell'eiaculazione (appunto
gettare, jak, come dicevamo prima). Ecco, Liber
è follia, gioco, godimento e amore.
(Marco Parente, edizioni Lieve Malore) |
Ci
piace pensare LIBER come un vascello pirata... e il Van-ghè
è la sua isola di
Tortuga (van-ghe.it);
da qui è partito per nuove scorribande, passando
dall'isola
di Utopia (il circolo arci La Scighera) e puntando la
prua verso altre isole autonome e liberate dal Pensiero-Merce
tipico di Milanopoli. La ciurma è ora composta
da Federico Zenoni, Paolo Cabrini, Fra' Tricida da Lubecca,
Giulia Ferranti, Paolo Triulzi, Emanuele Rossini, Elia
Zenoni, Alessandro Re, Emanuela Mioccio... e Sally.
(FZ) |
In
poche righe,
alcune partecipanti all'ultima
edizione di LIBER
si presentano:
MUSERUOLA Edizioni
Attitudine nomadica, immagini come parole, animali di città
invisibili rinchiusi in una scatola.
La fotocopiatrice come mezzo, il bianconero come scelta, il
timbro rosso come simbolo.
Raccogliere, fotocopiare, piegare, timbrare, numerare.
30 copie bianconero in edizione limitata.
DIY rabbia morsi abbai.
I nostri denti mordono le vostre gabbie.
museruolaedizioni.blogspot.com
stop.
BARBARA X, DIY Resistance
Barbara X: “Scrivo da sempre e, nell'estate del 2011,
ho avuto l'idea di autoprodurmi, raccogliendo il materiale di
una vita e dandogli la forma del libro. Romanzi, racconti, narrativa:
i DIY Resistance vogliono essere l'espressione di una letteratura
che resiste all'ignominiosa deriva mercantil-spettacolare dell'industria
culturale.
“barbara x imieilibri” su facebook
Microedizioni AMIGDALE.
È un azzardo, un esperimento, un salto nel mondo libero
dell'immaginazione attraverso la manualità, la carta
soffice di cotone, e le miserie dei ritagli di giornale, i colori,
il disegno e tutte le tecniche di stampa più obsolete
che si possano immaginare. Mi chiamo Roberta Cerini, sono una
cacciatrice di ritagli dall'età di sei anni, lavoro con
le immagini e la manualità. Microedizioni amigdale è
appena nata, ma sembra di sana e robusta costituzione...
Casa editrice LIBERA
e SENZA IMPEGNI
Fondata ironicamente anni orsono da Federico Zenoni (disegnatore
scettico e batterista autodidatta) in società col suo
alter ego ed una cagnona meticcia; assembla manufatti psico-editoriali
con materiali scartati dalla nostra bella Civiltà dello
Spreco; tiratura frugale, tendenza al baratto postale, xerografia
a manetta. La pseudo casa ed. Libera e Senza Impegni predilige
soluzioni non-tecnologiche e non incrementa il Prodotto Interno
Lordo.
www.senzaimpegni.altervista.org
CANDILITA
Candilita nasce da un moto di insofferenza verso la gente che
si lamenta: gli autori si lamentano degli editori, gli editori
si lamentano degli autori e tutti si lamentano dei distributori.
La soluzione punk è vecchia ma sempre buona: fatti le
cose da te e chiedi (e offri) aiuto a persone amiche e affidabili,
fai le cose con dedizione, passione e precisione, che di spazzatura
il mondo bisogno non ha. Non una casa editrice ma un'esortazione
a prendere in mano la propria vita, o almeno a provarci. Ispirazioni
principali per il percorso intrapreso: Urupia e Nautilus.
www.candilita.it
CARTIERA CLANDESTINA
Cartiera Clandestina è un laboratorio artistico di sperimentazione
permanente, che, applicando le tecniche tradizionali di produzione
manuale di carta, ribalta la progettualità, la carta
diventa il progetto stesso o la base di partenza del lavoro
e non la sua naturale conclusione.
Studio-lab via Motta 93 30174 Venezia-Mestre-Carpenedo. cartieraclandestina@mail.com
www.marcobrunello.it
TROGLODITA TRIBE S.p.A.f.
(Società per Azioni felici)
Quando, sul finire degli anni '90, cominciammo a comporre i
nostri libroidi mutanti fatti di scarti cartacei, il nostro
scopo era già quello del successo! Trattavasi, però,
di un felice participio passato (del verbo succedere) da coniugare
rigorosamente al futuro. Far succedere un'utopia editoriale
la cui eco arrivava da passati d'Arte Amore e Anarchia. Far
succedere una nuova età del libro che evadesse felice
dall'oggetto serial-consumistico, che volasse molto più
in alto del prevedibile virtual-digitale, che contenesse un
messaggio di ribellione al panciuto e farcito libro d'artista,
che navigasse nel mar-popolar dada-ondeggiante di visioni libertarie.
E allora ci lanciammo alla demolizione del copyright e dell'hobbismo
lobbista, per giocarci e giocare il tutto per tutto all'interno
del libro, per inserirvi un'anima fatta di materia riciclata,
riusata, raccattata dal pattume cartaceo, un'anima fatta di
inserimenti, collage, strappi, oggetti, piegature, scherzi,
schizzi, buchi, colori ritagliati e deturnati direttamente dalla
potente pubblica pubblicità prepotente. E poi ci lanciammo
nel definir tutto ciò come editoria creativa casalinga,
orizzontale, elementare, popolare, guardare, copiare, rifare,
pubblicare pubblicare pubblicare!!! E ancora e ancora e ancora
ci lanciammo nel dire a tutte e a tutti: FATTI LIBRI TUOI! Chiuditi
nel tuo bugigattolo pieno di scartoffie, ritagli, carte, cartoni,
cordine. Prendi i tuoi testi stonati che intonano inni spregiudicati
e, invece di educarli al bon-ton-editorial-seriale, trasformali
in magici pezzi unici, in preziosissime tirature limitate, in
liberi libri che si librano come libellule belle fino alle stelle.
E questo sì che è successo!
http://trogloditatribe.wordpress.com/
UNICA EDIZIONI
Sono Claudia Vio, scrivo racconti e nel 2006 ho fondato Unica
Edizioni per pubblicarli. Penso infatti che la “libertà
di parola” di uno scrittore non può limitarsi alla
sola creazione dei contenuti, ma deve estendersi anche alle
forme economiche e sociali della loro produzione e circolazione.
Deve cioè penetrare la dimensione politica del fare libri,
permeandola con le pratiche libertarie.
Sono autrice e editrice nello stesso tempo e questo è
già un passo di libertà, perché questo
mi permette di costruire a modo mio il rapporto con il “pubblico”,
che è l'essenza del pubblicare. Con Unica sperimento
modalità editoriali alternative a quelle dell'editoria
dominante. Tra queste, il Circuito Home to Home per il baratto
digitale, che sfrutta le tecnologie digitali in chiave anticommerciale.
La pubblicazione in ebook e in epub si affianca a quella in
cartaceo, stampata manualmente in pochi esemplari che circolano
negli incontri di lettura e nel contatto diretto con le persone.
Come Unica Edizioni promuovo anche iniziative collettive di
autoeditoria, autogestite e autofinanziate, molte delle quali
in collaborazione con l'Ateneo degli Imperfetti – Laboratorio
di culture libertarie di Marghera (Ve). Nei miei “Appunti
di autoeditoria” ci sono le tracce di questo percorso
e le riflessioni che lo accompagnano.
www.unicaedizioni.com
claudia.vio@alice.it
LIBRI FINTI CLANDESTINI
Libri Finti Clandestini è un collettivo beffardo*
formato da El Pacino, Aniv Delarev e
Yghor Kowalvsky.
Lo scopo del collettivo è quello di realizzare veri e
propri libri usando solamente “carta trovata in giro”,
carta che la gente considera spazzatura: scarti di tipografie,
prove di stampa e carte di avviamento, sacchetti della spesa,
poster, buste, sacchetti del pane, carta da parati...
La carta usata proviene infatti da laboratori di stampa, festivals,
case di amici, fabbriche abbandonate in giro per l'Europa, università
di arte, biblioteche...
La carta “trovata in giro” viene assemblata
e rilegata a mano secondo un metodo non professionale,
ossia in modo diverso da come procederebbe un rilegatore professionista.
Pazienza esclusa, l'intero processo è a spesa zero, ed
è a impatto zero sull'ambiente.
Libri Finti Clandestini è un collettivo beffardo*
perchè vende alla gente la sua stessa spazzatura.
www.librifinticlandestini.tumblr.com
EDIZIONI PRATICHE dello
YAJÉ
Rievocano fin dal nome una particolare predisposizione all'evasione:
visiva e culturale. Infatti il suo termine è derivato
dal misterioso mondo degli sciamani, in particolar modo quelli
della selva amazzonica. Yajè è il curioso nome
che gli indios Shuar danno all'allucinogeno Ayawaska, un potente
spirito vegetale che una volta entrato in corpo permette di
aprire le porte dell'altrove.
Paolo Cabrini, il suo fondatore, con le edizioni Pratiche dello
Yajè, rievoca magicamente, un'azione creativa e deragliatrice
dai sistemi convenzionali ed estetici, in una sorta di spazio
cartaceo autogestito e autoprodotto.
Un circo in cui muovere le sue passioni letterarie e incantatrici
nell'arte editoriale del cut up e del collage per imbastire
libri dediti alla ricerca di curiosità bizzarre dal mondo
poetico, letterario e non. Per contagiare e comunicare questa
esperienza editoriale Pratiche dello Yajè ha creato uno
spazio-laboratorio: “Officina Stampa Alternativa”
dove imparare l'arte dell'incisione a rilievo e tecniche di
psicoeditoria telepatica.
www.praticheyaje.altervista.org
su Fb “Officina Stampa Alternativa”
email: paolo.cabrini67@gmail.com
EDIZIONE DELL'AUTRICE
di Antonella Barina
Intendo per 'fuori mercato' lo spazio in cui si colloca la scrittura
libera (2001). Nel 2003 distribuivo i miei lavori con la scritta
Edizione dell'Autrice, inizio registrazione nel 2004 e dal 2005
testata autoedita: in tutto oggi 55 numeri monografici di poesie
e racconti di cui creo immagini e grafica, diffondendo la pratica
in fiere e conferenze. Una decina i supplementi con circa 150
poeti/e. Ed. dell'Autrice per me è stato il raggiungimento
di un altro livello di coscienza nel campo della comunicazione,
dove l'atto fondante torna ad essere quello del creare.
www.autoeditoria.it,
www.edizionedellautrice.it,
edizioneautrice@gmail.com
SOULCAKE
Siamo due amiche che abitano a Novara con in comune la passione
per il disegno e che nel tempo libero si dedicano alla produzione
di libri e manufatti artistici.
L'unico obiettivo che ci poniamo è di fare quello che
ci pare e che più ci diverte.
Alice&Irene
Edizioni casalinghe LIEVE
MALORE
Lieve Malore è una casa editrice allucinante, fatta da
veri incompetenti, in omaggio all'etica del “do it yourself”
e contro gli intellettualismi comuni. Tra sberleffo e libertà
dal 2011 produce libretti, inizialmente rilegati con materiale
neuro-farmaceutico definiti “psico-farma-pop-art”,
ora invece avvalendosi di materiali di scarto provenienti da
un laboratorio artigiano di Mestre. Le pubblicazioni Lieve Malore
cercano di essere agili, cioè in formati piccoli, al
massimo una trentina di pagine. Attualmente le copertine sono
realizzate con stampe da incisione su Adigraf. I temi editoriali
sono racconti di vita, poesia suburbana, saggistica demenziale,
recupero di testi meno noti di autori del passato, ma in generale
è aperta a raptus creativi di vario tipo. Titoli attualmente
circolanti e distribuiti in modo irregolare sono “Psicocarcere”,
“Paidoagonia”, “Carmelo Tube” e “Sulla
Pazzia”. Prossimamente “Orazioni Estetistiche –
Wanna Marchi e il futurismo”.
Per saperne di più
http://lievemalore.blogspot.it
Laboratorio di Cromografia,
ovvero la scrittura a colori di Claudio Jaccarino
Uno spazio reale (e non virtuale) nato nel 1995 nei teatri della
compagnia teatrale Comuna Baires.
Jaccarino ha sviluppato una personale ricerca sull'intreccio
tra gesto, (di) Segno, colore, emozione.
Da alcuni anni ospite dell'Osservatorio Figurale di Via Borsieri
12 a Milano ove si svolgono corsi di pittura, disegno dal vero,
acquarello, Stages itineranti per realizzare taccuini di viaggio,
micro-editoria tra “libri d'artista” e artigianato
casalingo ove la poesia e il colore si mescolano insieme a persone
di ogni età e provenienza sociale.
P.S.: Claudio Jaccarino è direttore responsabile della
rivista anarchica ARTE a PARTE (semestrale di materiali irregolari
di cultura libertaria).
www.jaccarino.com
SEMISERIE (le immagini
che salvano il mondo)
Semiserie è un laboratorio tipografico di fantasia ad
opera di Francesca De Mai e Micaela Mariani
Un luogo dove si creano immagini utilizzando vecchi macchinari
tipografici come tirabozze, pedalina e caratteri mobili, mescolati
alla computer grafica, al disegno e alla fotografia.
Isola felice delle libere creazioni di semiserie sono le autoproduzioni:
tagli, incastri, cuciture, stampe e disegni originali, da cui
nascono piccole invenzioni su carta, biglietti “mobili”
e opere di cartotecnica.
Nessuna logica di mercato governa la produzione di queste immagini
realizzate con tecniche scomode, lente e obsolete.
Alcune sono stampate con tecniche tipografiche, altre sono disegnate
a mano e poi cucite. È un' attività irrazionale,
che non avrà lunga vita in questo mondo, ne consigliamo
percio‘ l'acquisto immediato - vista la condizione di
rarità da cui saranno presto caratterizzate.
www.semiserie.com
Edizioni A Mano Lìbera
“Io son Alessandro, camuno, eggià, nato in questa
terra più di trenta anni fa e da tempo immemore ormai
mi diletto a scrivere storie su 'sto mondo benedetto!
Mi rivolgo anzitutto a voi bambini sperando di regalarvi sentimenti
genuini; ma le mie novelle son altresì per genitori perché
facciano breccia anche nei loro cuori.
Di tali racconti non scrivo solo il testo ci metto del mio meglio
per fare tutto il resto: tant'è vero che, come potete
notare, nel mio piccolo banco l'obiettivo è riciclare''
www.libriliber.it
Quattro
anni!
Settembre 2014: Liber, il Salone dell'editoria creativa
e autoprodotta, compie quattro anni. Sembra un miracolo,
e probabilmente lo è.
Quando muovevo i primi passi con Unica Edizioni, quasi
una decade fa, mi chiedevo se oltre a me e ad Antonella
Barina, antesignana dell'autoeditoria nel veneziano con
Edizione dell'Autrice, qualcun altro, ma chissadove, stava
percorrendo come noi le terre inesplorate di un'altra
editoria, autogestita dall'autore/dall'autrice.
C'erano un sacco di cose chiarire, legacci da cui liberarsi.
Bisognava, per esempio, far comprendere che autoeditarsi
non significa semplicemente “pubblicarsi da sé”,
aggirando in modo patetico il filtro costituito dagli
editori. Al contrario: vuol dire farsi carico in prima
persona di ciò che significa pubblicare.
Pubblicare, appunto. Cioè fare i conti con la dimensione
economica del libro e, ovviamente, con la sua natura sociale,
con il sistema dell'informazione e della circolazione
delle idee. Che, come sappiamo, non è affatto orizzontale
e libertario, non lo è mai stato, men che meno
oggi, anche se la forma reticolare del web vorrebbe far
intendere il contrario.
Oltre la scrittura, dopo l'ultima parola del “manoscritto”,
bisognava dunque inventare modi alternativi di pubblicare,
costruire circuiti altri, sottrarre il libro alla logica
economica e restituirlo a quello delle relazioni interpersonali,
umane. Con una bussola libertaria a nostra disposizione
e la memoria, preziosa, delle autoproduzioni degli anni
Settanta, quando la controcultura significava qualcosa.
Ci siamo cercati. Ci siamo trovati. Folgorante l'incontro
con la Casa Editrice Libera e Senza Impegni, a Milano,
e con i Troglodita Tribe, nelle Marche, che da anni praticano
un'editoria straordinaria. Strappato a forza dagli imperativi
del consumo culturale, costruito pezzo su pezzo con materiali
di scarto, il loro libro creativo è un condensato
d'invenzione che stravolge al tempo stesso il linguaggio
(ogni manufatto è un'anomalia a sé) e il
modo di intendere il lavoro; il cosidetto processo produttivo
nelle loro mani scompare, perché la forza creativa
irrompe azzerandone la finalità economica. Baratto
e libero scambio sono “normali” in questo
modo di fare le cose. Anche la definizione di “editoria
casalinga” identifica un luogo altro, antieconomico.
Ed ecco Liber. Importante perché offre una possibilità
di condivisione nella quale confluiscono le diverse esperienze
editoriali autoprodotte. Non solo: Liber è un propulsore.
Dalla prima edizione a oggi, in pochi anni, nuove autrici
e nuovi autori si sono messi in cammino autoproducendosi,
incoraggiati dalla possibilità concreta di esprimersi
fuori dal ricatto delle tirature, dal giogo della produzione
standardizzata, liberi finalmente dai condizionamenti
della grande e piccola editoria. Molti hanno cominciato
a “imitare” i libelli di Zenoni e dei Troglodita,
ma in questo mondo an-economico l'imitazione è
una virtù: è il segno di una koinè
che si sta formando, dove ogni “imitatore”
declina quella lingua a modo suo, diverso fra i diversi.
Liber è anche, non dimentichiamolo, una situazione
collettiva. Autogestita, autofinanziata, non gerarchica.
Presupposto relazionale, questo, per la fioritura creativa
di quanti vi partecipano.
Al Salone milanese si collegano, anche nel nome, gli incontri
di Fare Libri Liberi, organizzati a Marghera in collaborazione
con il Laboratorio di culture libertarie (Ateneo degli
Imperfetti), che continuano il percorso cominciato nel
gennaio 2007 con la rassegna “Aut Aut – Autrici
e autori autoprodotti” e “Dopo l'ultima parola”,
presso il piccolo teatro libertario Fuori Posto di Mestre,
mentre prosegue a Venezia l'annuale appuntamento “M'Editare”
di Edizione dell'Autrice.
Eppure tutto questo non è sufficiente. Occorre
che da queste iniziative germoglino dei gruppi: nuclei
più piccoli, territoriali, che si attivino per
dei mini-Liber (sull'esempio di Milano, nei mesi successivi
al Salone). È necessario, ancora una volta, spendersi
in prima persona. Il rischio, altrimenti, è di
interpretare Liber solo come un'occasione di visibilità,
vissuta in modo passivo e consumistico.
Occorre pure che gli autoproduttori che, come me, si muovono
sul versante più tradizionale del libro stampato,
affrontino la realtà del libro digitale e, specificamente,
la cosidetta autopubblicazione gestita dai siti web. Agenzie
di servizi editoriali, ma anche società dal fatturato
colossale (vedi Lulu.com) che stanno intercettando la
spinta libertaria degli autori autoprodotti, per lucrare.
Non sono editori, non vogliono esserlo. Fanno intendere
che l'editore è l'autore stesso. Il loro slogan
è il “do it yourself”, rapinato alla
controcultura.
Che tipo di editoria rappresentano? Come si disegnano
i rapporti di potere all'interno di una editoria che appare
democratica, inclusiva, diffusa, e che si avvale apertamente,
necessariamente, del contributo personale degli autori?
Dove si annida la mente pensante che manipola i novelli
autori/editori? È invisibile, globale, neutra.
Queste domande richiedono una risposta urgente.
Claudia Vio |
Milano,
2 marzo 2014
caro Federico,
mi chiedi un breve commento su “Liber” e sull'editoria
autoprodotta, un fenomeno che conosco in modo molto superficiale
per avere visitato un paio di edizioni del vostro salone
e per avere pubblicato un libello con il tuo marchio.
Quello che posso offrirti sono alcune impressioni molto
personali e forse poco utili a chi ne sa più di
me, perché vive questa esperienza dall'interno.
Intanto devo dire che, sebbene con mio padre sia nato
dentro l'editoria e poi ci abbia lavorato per molti anni,
per me il libro rimane soprattutto un veicolo, un mezzo
per diffondere immagini, pensiero e poesia; sono poco
interessato al libro come cosa in sé, come feticcio
editoriale e culturale. Già questo fatto mi rende
molto simpatica la vostra iniziativa, in cui il libro
come oggetto di culto e di consumo viene costantemente
smitizzato. Per me il libro è prima di tutto una
fonte di conoscenza e di arricchimento per quello che
contiene, perciò non sono molto impressionato né
dalla sua progressiva estinzione in favore dei mezzi elettronici,
né, come nel vostro caso, dalla sua rielaborazione
in forma artigianale. Mi chiedo piuttosto se questi due
estremi non siano due facce della stessa medaglia, cioè
della crisi del libro tradizionale.
Il libro è lo specchio di una società e
di un periodo storico. Attraverso la modificazione dei
libri e del loro ruolo si capisce lo stato in cui si trova
la cultura. La mia generazione ha vissuto il trauma di
una inarrestabile lobotomia culturale (da alcuni, essendo
appunto lobotomizzati, neppure avvertita) messa in atto
dalla società dei consumi; uno scempio paragonabile
a quello, più facilmente visibile, perpetrato nei
confronti del territorio e dell'ambiente. Per lobotomia
culturale intendo il passaggio da una condizione in cui
la cultura poteva essere un fattore attivo e dirompente
– un fenomeno dalle forti connotazioni esistenziali
e creative; elitario, ma capace di incidere nella vita
e nella società – a una condizione di completa
passività e di livellamento pseudo-democratico,
in cui la cultura (e perciò anche il libro) è
ridotto a una merce qualsiasi e come tale viene prodotto
e venduto. La scelta di un titolo, il modo in cui viene
scritto, la sua confezione editoriale, la sua promozione
e infine il giudizio su di esso, tutto viene subordinato
alla logica del prodotto: ciò significa letteralmente
la morte del libro come veicolo di poesia e di conoscenza.
Dietro il volto tranquillizzante dell'edonismo consumistico,
per cui tutto vale e non vale – e dunque per cui
tutto, se adeguatamente promosso, può diventare
“arte” e “cultura” - si è
costituita una sottocultura totalizzante e repressiva,
nella quale non esistono più critica e opinioni
e in cui perciò il libro ha perso quasi completamente
il suo ruolo.
Di fronte a questa situazione, l'editoria autoprodotta
è come una ventata di aria fresca. Per certi versi
mi ricorda l'arte “brut” o “outsider”,
cioè quell'arte (ancora troppo sconosciuta) che
viene prodotta da creatori autodidatti e marginali. Non
solo perché in entrambi i casi il bricolage viene
usato in modo creativo, ma anche per il senso di estrema
frontiera, di liberazione dalla asfissiante negazione
della creatività individuale che contraddistingue
la società attuale. In altre parole, vedo la vostra
attività come una cellula sana in un organismo
malato, una sorta di rivalsa creativa per ricostituire
una vita fatta di poesia e pensiero (l'unica che vale
qualcosa, credo, anzi l'unica vera); per fronteggiare
cioè con pochi mezzi e molto coraggio quella che
già quarant'anni fa, all'inizio della vicenda,
Pasolini definiva “la peggiore delle repressioni
della storia umana”.
Ti abbraccio con affetto
Francesco Porzio |
La
quarta edizione di LIBER
è a MACAO, viale Molise 68, Milano.
Il 27 e il 28 settembre 2014,
www.libersalone.altervista.org
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