Noi, i vignaioli
interviste di Orazio Gobbi
Riportiamo le nove domande sottoposte a quattro produttori di vino e le loro relative risposte. La loro opera può considerarsi una testimonianza dell'eredità culturale distribuita di Gino Veronelli; le loro attività in enologia e in agricoltura sono il tentativo di coniugare tradizione e innovazione, dignità del lavoro e cooperazione, etica solidale e difesa ambientale.
Per un presente e un futuro diverso.
Domanda 1. Avete conosciuto personalmente Gino Veronelli?
Avete condiviso con lui un'amicizia, una collaborazione, una
frequentazione? In ogni caso descrivete la vostra opinione,
anche critica se volete, sul personaggio Veronelli, su quello
che egli ha rappresentato per voi e per l'enologia italiana.
Domanda 2. Veronelli ha costantemente sollecitato
i vignaioli a prendersi cura della terra che lavorano, ha indicato
il vigneto come l'elemento più importante per ottenere
uve e vini di qualità. Ma sono necessarie anche le capacità
tecniche per fare e conservare il vino. Nella vostra esperienza
come conciliate questi due aspetti?
Domanda 3. Nel periodo più recente nuove pratiche
agricole sono state adottate in viticultura. Vignaioli che lavorano
con metodi tradizionali di coltivazione naturale o biologica
o biodinamica. Come coltivate i vostri vigneti? Avete sempre
adottato questa pratica oppure l'avete cambiata nel corso del
tempo?
Domanda 4. Veronelli, sulla scorta della tradizione
viticola francese, evocava il termine “terroir”
per indicare l'insieme degli elementi naturali che influiscono
sulla tipicità dei vini di un territorio. Ma anche il
vignaiolo con la sua opera concorre a delineare la tipicità
dei vini. Secondo voi il vignaiolo è parte attiva del
terroir?
Domanda 5. Il mutamento di clima e il riscaldamento
globale hanno ripercussioni sul nostro continente anche in viticultura:
forti escursioni termiche, vendemmie anticipate, vini con gradazioni
alcoliche elevate. Questi mutamenti possono rappresentare un
rischio per la qualità e la tipicità dei vostri
vini? Qual è la vostra esperienza in proposito e quali
rimedi state adottando?
Domanda 6. Veronelli esortava i giovani a occuparsi
non solo di “culture” ma anche di “colture”.
Lo sfruttamento del lavoro nell'attuale crisi sta producendo
l'erosione dei legami sociali. l'agricoltura, la cura della
terra e dell'ambiente possono essere per i giovani delle opportunità
per sperimentare nuove forme di socialità, di reddito,
di lavoro autogestito?
Domanda 7. Essere vignaioli e fare vino per voi è
la prosecuzione di una eredità paterna/materna che portate
avanti nel tempo oppure è una attività che avete
intrapreso come nuova? Quali sono i maggiori problemi che si
pongono di fronte alla vostra attività?
Domanda 8. I mass-media di oggi trattano con superficialità
di vini e di cibo in tv, sui giornali, nell'editoria, su internet.
Cosa ne pensate dell'attuale informazione enologica, delle guide
dei vini, della critica enogastronomica, dei winemaker?
Domanda 9. Se voleste condensare in poche parole l'eredità
che ci ha lasciato Gino Veronelli, cosa scrivereste?
Noi della cooperativa Aurora
alla cooperativa agricola Aurora
Tra le colline coltivate a viti, frumento, ulivi
e frutta si trova Aurora, una realtà comunitaria/libertaria
consolidata.
Animare lo spirito comunitario, prendersi cura della terra e
dell'ambiente sono il presente e il futuro di Aurora.
Risposta 1. Abbiamo conosciuto Veronelli in occasione
del primo Critical Wine a Verona. In precedenza aveva telefonato
in azienda per avere una campionatura dei nostri vini da assaggiare.
Dopo l'assaggio scrisse un bell'articolo sul Corriere della
Sera che ci ha aiutato a farci conoscere; gli siamo grati per
questo. Veronelli con molto garbo ha tentato di scoperchiare
un pentolone in cui lui era comunque parte del brodo. False
immagini, marketing parassitari, standardizzazione dei gusti,
necessità agronomiche o di trasformazione che hanno poco
di naturale. Ha dato, poi, delle indicazioni sul problema delle
denominazioni d'origine e sulla trasparenza dei prezzi che ancora
fanno dibattere.
Risposta 2. Si conciliano benissimo se si parte con il
presupposto che un buon vino si fa nel vigneto. Il lavoro del
vignaiolo consiste nella custodia e nella cura attenta e metodica
del vigneto fino alla raccolta dell'uva, e nell'evitare che
questa si rovini durante la trasformazione. Questo può
avvenire con una cultura tradizionale e con l'uso di tecniche
innovative, tutto ovviamente nel rispetto della natura.
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Santa Maria in Carro (Ascoli Piceno), 1 maggio 2012 La cooperativa agricola Aurora |
Risposta 3. Siamo un'azienda agricola biologica dal 1980,
praticamente da sempre. Negli ultimi quattro anni abbiamo adottato
alcune pratiche biodinamiche.
Risposta 4. Il terroir oltre ad essere l'insieme del
terreno, clima, esposizione, è anche cultura di chi lavora
nel vigneto ed interagisce con esso.
Risposta 5. Se pensiamo e crediamo di interagire col
vigneto e con il vino, le nostre azioni, nella pur evidente
situazione di cambiamento climatico, sono rivolte a non danneggiare,
e ad aiutare a sopravvivere nel cambiamento. Occorre pensare
al vigneto o in generale alla natura che ci circonda come all'elemento
più importante. Se è il vignaiolo al centro dell'attenzione,
facciamo danni!
Risposta 6. Il lavoro agricolo non è solo fonte
di reddito o socialità alternativa. E' salvaguardia dell'ambiente,
difesa del territorio, produzione di cibo sano e piacevole.
Speriamo che tutto questo sia fatto da giovani animati da spirito
comunitario che si associano per non essere sfruttati e non
sfruttare e per essere solidali.
Risposta 7. Abbiamo iniziato l'attività nel 1979;
prima facevamo altri lavori. L'intento era di lavorare insieme.
Ci siamo organizzati cercando il più possibile di non
assumere ruoli definiti, con una cassa comune in cui ognuno
ha prelevato secondo i propri bisogni, pensando ad investire
nell'azienda. Le difficoltà sono derivate dalla nostra
poca esperienza nel settore. Ora, a distanza di trent'anni,
stiamo cercando di trasmettere quello che abbiamo imparato.
Risposta 8. Guardando occasionalmente qualche programma
TV del passato, anche di Veronelli o di Soldati si vede nettamente
la differenza con i programmi attuali similari. Erano programmi,
quelli vecchi, che cercavano di scoprire tradizioni e modi di
essere del mondo agricolo, per farlo conoscere; erano realmente
programmi di divulgazione. Ora sono tutti incentrati sul personaggio
di turno o con chiaro obiettivo pubblicitario.
Risposta 9. Ci ha lasciato uno spirito critico, la necessità
di chiarezza e trasparenza nelle comunicazioni. L'importanza
di dare la giusta dimensione alle cose e quindi anche al vino;
considerare il vino come strumento per socializzare e non fine
a se stesso. Ci ha lasciato uno slogan: il vino è di
tutti e per tutti.
Cooperativa agricola Aurora
Noi di Barolo
a Giuseppe Rinaldi
Per chi come la famiglia Rinaldi produce Barolo da generazioni, lavorare secondo natura non è una questione di moda.
Risposta 1. Ho conosciuto Gino personalmente e ripetutamente
sia qui nella zona del Barolo, sia a casa sua a Bergamo. Ma
ancor più lo ha frequentato mio padre Battista Rinaldi,
fondatore e primo presidente dell'Enoteca Regionale del Barolo,
ente comprensivo degli undici comuni dell'area del vino Barolo.
Considero Veronelli, insieme a Paolo Monelli e Mario Soldati,
l'antesignano della comunicazione e promozione del mondo enologico
e gastronomico. In particolare Gino è stato fautore di
una nuova dignità ed etica del mondo vitivinicolo e delle
persone che vi operano. L'ho sempre considerato, per personali
assonanze ideologiche e di militanza, uomo di alta moralità,
coraggio e lungimiranza. Per il suo impegno a coltivare la lingua
italiana, la terminologia, le aggettivazioni innovative, eleganti
e poetiche. L'ho sempre ammirato per il suo manifesto disagio
nei confronti degli stereotipi, delle massificazioni, degli
appiattimenti, e anche per le estremizzazioni, come quando diceva
“il miglior vino è quello del contadino”.
Risposta 2. Non si può prescindere dalla scienza,
ma questa, specie in campo viticolo ed enologico, non deve ammazzare
esperienza e conoscenza.
Risposta 3. Ho da sempre teso, e così mio padre,
ad un rispetto dei terreni, delle piante e della fauna specifica,
specie entomologica, e a perseguire etiche di naturalità
e di tutela. Tuttavia, provo un innato disagio a essere incasellato
a sfrutto del biologico, biodinamico o legato alle mode.
Risposta 4. Penso che il vignaiolo debba essere un interprete
sano e puntiglioso di un territorio, i prodotti dovrebbero esserne
le espressioni più manifeste ed artigianali.
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Da sinistra: Beppe Rinaldi e Gianni Canonica |
Risposta 5. Nella nostra area, sinora, il mutamento climatico
non ha fatto che bene perché l'uva Nebbiolo, vitigno
tardivo, maturando anticipatamente rispetto a tempo fa arriva
alla vendemmia perfetta e sana, con ottime gradazioni alcoliche.
Ricordo quando Veronelli, negli anni passati, aveva sostenuto
e organizzato la provocazione dello zuccheraggio del vino alla
Certosa di Pavia. Quanti eravamo e quante bustine di zucchero!
W GINO e la sua anima goliardica.
Risposta 6. Alla base di un ritorno e di un impegno dei
giovani in agricoltura c'è la necessità di un
reddito sufficiente e il riconoscimento di una dignità
individuale e collettiva. Il lavoro legato alla terra è
quello più eclettico, vario ed arricchente, molto meno
faticoso di un tempo e bisognoso di capacità, informazioni
e passioni.
Risposta 7. Proseguo un'eredità di cinque generazioni.
I problemi per le aziende vitivinicole, veramente artigianali,
sono gli eccessi di burocrazia, i disagi connessi a norme insulsamente
vessatorie, bizantine e a-storiche, legate ai potentati burocratici
e mercantili. Nel mio mondo oramai tutti saltano sul carro della
naturalità, sulle pale di bianchi mulini, anche strumentalmente
e per moda.
Come dicevano Luporini-Gaber, quando moda è moda!
Risposta 8. L'informazione e la conversazione per chi
è legato ad una realtà artigianale è troppo
spesso interprete di interessi di lobby. Forse in questi tempi
di decadenza si enfatizzano in modo esagerato e strumentale
i vini e l'enogastronomia in genere. Televisioni e giornali,
e così troppe persone, parlano solo di mangiare e bere.
Risposta 9. Di Gino Veronelli si deve ricordare la spinta
ideale, la vivacità intellettuale, le doti di umanità,
l'impegno e il coraggio per un progetto di vita dichiaratamente
espresso e cocciutamente perseguito.
Giuseppe Rinaldi
Noi de “Il quarto stato”
a Giovanni Canonica
Il nome è emblema della lotta alle élite cibarie. Un agriturismo diretto da un artigiano cantiniere. Con un'idea chiara di decrescita e semplicità nei rapporti umani.
Risposta 1. Ho conosciuto Gino Veronelli a Bergamo,
al Seminario Permanente: io giovane viticoltore, lui affermato
giornalista. La cosa che più mi ha colpito è stata
la naturale gentilezza e il suo sorriso franco. All'epoca andavano
per la maggiore i vini affinati in barriques o carati, come
li chiamava lui, mentre a me non piacevano. Abbiamo parlato
un po' dell'uso dei legni di botte perchè lui era favorevole
ai carati, ma nonostante questo dopo qualche giorno ha scritto
sull'Espresso il primo articolo, per me speciale, su di me e
i miei vini. Ci siamo ritrovati molti anni dopo, lui ormai quasi
cieco, al Leoncavallo per la fiera dei Particolari e mi ha fatto
molto piacere che si ricordasse ancora di me, pur non essendo
io per niente famoso o affermato.
Risposta 2. Le conoscenze tecniche in cantina servono
se sono applicate con buon senso, questo vale anche per i lavori
in vigna. Prendersi cura del terreno va visto, secondo me, nel
senso più ampio della parola. Si parla di terreno o di
Terra? È inutile produrre in modo pulito se non si vive
in modo pulito, non sono i pannelli solari a fare bio, così
come non lo è il non diserbare o non usare prodotti di
sintesi, se poi nel garage riposano 1 o 2 suv puzzolenti o si
ha un tenore di vita votato allo spreco e al consumo.
Risposta 3. L'unica parola che ho trovato adatta per
descrivere il mio concetto di produzione è: Decrescita.
E a leggere bene gli scritti di Gino credo che sarebbe stato
entusiasta di questa scelta.
Sembra che se un produttore di vino non produce decine di migliaia
di bottiglie non possa farcela, e allora avanti a ingrandire
aziende. Credo che sia meglio avere 10 aziende agricole con
pochi ettari, con prezzi di vendita che diano la giusta retribuzione
al produttore, piuttosto che poche grandi aziende.
Risposta 4. Purtroppo il viticoltore è parte attiva
del terroir, anche se dovrebbe cercare di esserlo il meno possibile.
Il vino dovrebbe farsi quasi da solo, accompagnandolo nella
sua maturazione, non tanto ricercandone l'eccellenza ma la semplicità,
rispettando sempre le peculiarità dell'uva annata dopo
annata. Mi capita di bere vini di annate diverse ma uguali nel
gusto e nel profumo, come è possibile? Dall'inizio dei
tempi non sono esistiti 2 giorni uguali, come possono esserci
2 annate uguali?
Risposta 5. I mutamenti climatici ci sono e bisogna conviverci.
Le ultime annate sono state calde e hanno prodotto vini con
concentrazioni maggiori in alcool, in estratti, etc…
Rifacendomi alla risposta precedente aggiungo che ci si deve
adattare al clima, non dobbiamo usare tecnologie per ottenere
prodotti uguali in annate diverse, ma convivere con condizioni
meteo differenti.
Risposta 6. Sarebbe bello se ci si potesse riunire in
cooperative di lavoro o di vendita ma purtroppo da noi, nelle
Langhe, questa collaborazione è molto difficile. La cooperazione
credo sia più facilmente applicabile in zone marginali
in cui non è ancora arrivato il benessere. Anni fa è
stato pubblicato uno scritto di un giornalista svizzero che
vedendo i cambiamenti recenti in atto nella zona del Barolo
aveva proposto di mettere cartelloni stradali con l'indicazione
“Zona colpita da improvviso benessere”. Questo mi
porta a dire che quando in un territorio girano molti soldi
è più difficile fare attività sociale.
Risposta 7. La mia famiglia da circa 200 anni ha gestito
una macelleria a Barolo, ma io non mi sentivo portato per quella
attività. Mi è sempre piaciuto lavorare in campagna
e ora, con alcune difficoltà legate alla salute di un
mio ginocchio, devo farmi aiutare nei lavori da una cooperativa,
ma la cosa mi rende triste perchè non mi piace far lavorare
e far sudare altri al posto mio.
Per noi piccoli produttori di vino i problemi maggiori sono
derivati dalla burocrazia. Nel nostro settore la macchina burocratica
produce i più forti disagi.
Risposta 8. I mass-media hanno contribuito a diffondere
la cultura del cibo e del bere, ma ora dovrebbero fermarsi.
Mi capita di invitare a cenare amici che per ogni piatto servito
in tavola ti chiedono il pedigree di quello che stanno mangiando.
Lo trovo molto deprimente perché in giro ci sono persone
che faticano a riempire il piatto e ancora più deprimente
è che molte di queste élite cibarie appartengono
a quella che una volta era la sinistra.
Risposta 9. Quello che mi rimane più impresso
di Gino Veronelli è la semplicità nei rapporti
umani.
Non so se con le mie risposte ho soddisfatto le vostre aspettative,
ma in qualunque caso se passate da Barolo venite a bere un bicchiere
da noi.
Giovanni Canonica
Noi di Valli Unite
alla cooperativa Valli Unite
In Piemonte, sui colli Tortonesi, la cooperativa agricola e agrituristica Valli Unite sperimenta da anni l'autogestione del lavoro, l'autosufficienza, la sobrietà e l'etica solidale. Tra i loro prodotti, anche il VINOTAV solidale, imbottigliato per sostenere la causa della popolazione valsusina. Intervista a Ottavio Rube e Alessandro Poretti.
Risposta 1. (Alessandro) Veronelli non ho fatto in
tempo a conoscerlo, è morto prima che io iniziassi a
lavorare come vignaiolo e cantiniere. Però Ottavio conserva
un ricordo limpido dell'incontro con Gino.
(Ottavio) Ero imbarazzato quando nei locali della Coop. 8 Marzo
mi chiesero di mangiare allo stesso tavolo con Gino, ma l'imbarazzo
svanì presto perché mi trovavo accanto a una persona
di alto spessore culturale e politico però capace di
stare nei discorsi semplici, così abbiamo chiacchierato.
Rimpiango poi che Gino non abbia avuto l'occasione di visitare
Valli Unite quella volta che passava da queste parti insieme
a Marc Tibaldi. Avrei voluto che vedesse la nostra realtà,
purtroppo non c'è stata altra occasione.
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Ottavio Rube |
Gino mi ha sostenuto nel mio impegno politico nella Comunità
Montana, lui insisteva che bisognasse entrare dentro le nostre
comunità, nonostante le schifezze dei partiti, per poter
incidere sul futuro della società; le sue parole mi hanno
molto aiutato nei momenti che mi sentivo solo contro tutti.
Poi da Gino ho imparato ad assaggiare il vino con gli occhi
chiusi, come faceva lui. È una cosa semplice da fare
che però ha un grande valore. E così quando lo
faccio il mio pensiero va a lui.
Potrei dire che è morto nel momento sbagliato, perchè
in quel momento stava trasformando il suo sapere in critica
politica. L'impegno sociale, la contadinità e i suoi
aspetti critici sono parte integrante del Critical Wine che
ha contribuito a far nascere.
Sarei curioso di sapere l'opinione di Veronelli sul fatto che
Langa e Roero sono state dichiarate patrimonio dell'Unesco.
Però trovo paradossale che la rivista “Langhe e
Roero” metta in prima pagina una azienda che per piantare
una vigna ha dovuto sbancare venti metri di terra, tagliando
anche il bosco. Io penso che ogni produttore di vino debba avere
un'etica da seguire; questa idea Gino l'ha sempre sostenuta,
dichiarando in modo provocatorio “il peggior vino di un
contadino è migliore del più grande vino industriale”.
Teniamo in vista con orgoglio a Valli Unite la rivista “Veronelli”,
dove Simonetta Lorigliole e Marc Tibaldi dedicano ampio spazio
ai “vini veri di Valli Unite”.
Risposta 2. (Alessandro) Il vino di qualità si
ottiene soprattutto partendo da una materia prima sana e matura
e anche dall'andamento stagionale e dalla capacità del
vignaiolo. Quando la vite arriva sana e in salute alla vendemmia
è quasi certo ottenere un uva di alta qualità
e di conseguenza avere un vino che solo l'incuranza del vignaiolo
o del cantiniere può rovinare.
La nostra cantina accompagna l'uva a diventare vino, da noi
sono quasi scomparse le filtrazioni, le chiarifiche, i lieviti
selezionati, quindi le nostre capacità tecniche diventano
fondamentali: scelta del momento di raccolta, del numero di
rimontaggi e dei tempi di macerazione. Decidere quando travasare
il vino, quando mettere in legno e quanto tempo farlo sostare
in cantina e poi in bottiglia.
Conciliare cura della vigna e cura del vino diventa possibile
quando il vino non è un fine ma un mezzo, un mezzo per
comunicare cosa è la terra e quale è il suo rapporto
con il cielo e con l'uomo. Il vino esprime il legame tra questi
elementi, quindi un vino si conserverà meglio quando
questo legame sarà più saldo, e ugualmente emozionante
sarà capire quale elemento in una determinata stagione
è stato più o meno decisivo nella composizione
del vino.
Un vino “tecnico” figlio dell'enologia moderna invece
sarà probabilmente un vino morto, un vino solo capace
di esaltare le capacità umane e di soddisfare i desideri
richiesti dalla massa e da un sistema edonistico che non guarda
né al cielo né alla terra ma solo al terzo elemento,
l'uomo.
Risposta 3. (Alessandro) La nostra è una cooperativa
agricola biologica dalla nascita, nel 1981. Abbiamo sempre utilizzato
le tecniche tradizionali cercando di diminuire i trattamenti
e i calpestii, favorendo gli inerbimenti. Cerchiamo di interagire
con il terreno cercando di prevenire eventuali problemi attraverso
l'esperienza diretta o lo scambio di saperi con altri vignaioli.
I nostri vigneti sono allevamento col sistema Guyot, i trattamenti
sono con zolfo di cava e rame (poltiglia bordolese e idrossido),
la gestione della chioma e la vendemmia sono interamente manuali.
Per la lotta alla Flavescenza d'orata sono obbligatori due trattamenti
di piretro.
Risposta 4. (Alessandro) Certamente il vignaiolo è
parte attiva della tipicità quindi del terroir, lo dimostrano
alcuni vignaioli naturali nostri vicini di vigna che ottengono
uve e vini differenti da noi. Sicuramente abbiamo la terra uguale,
i vitigni uguali ma evidentemente si sente la mano differente
dell'uomo.
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Alessandro Poretti |
Risposta 5. (Alessandro) Noi non siamo interventisti
ma custodi, ci adeguiamo al clima, siamo persino arrivati a
vendemmiare in agosto, cosa inimmaginabile prima del 2000. Cerchiamo
di assecondare la natura col rischio di scontentare l'uomo ma
il risultato per noi è interessante: vini di alta gradazione
alcolica, più equilibrati, ma la tipicità per
noi non cambia. La tipicità ne risente se modifichi la
raccolta e cerchi di assecondare i gusti massificati, se i gradi
alcolici di un vino sono alti, basta bere di meno. Per esempio
nell'annata 2011 la forte concentrazione zuccherina ha bloccato
molte vasche in fermentazione naturale. Abbiamo deciso di non
intervenire e con l'annata 2012 abbiamo passato sulle bucce
il vino del 2011, portando a fine fermentazione il vino. Così
facendo abbiamo perso la DOC 2011 e 2012 ma abbiamo salvato
il vino.
Risposta 6. (Alessandro) Con questa domanda sfondi una
porta aperta. Qui a Valli Unite è stato sempre così,
i giovani si avvicinano proprio perché coltivare in comunità
crea nuove forme di socialità con la terra e il cielo
come custodi, e dopo questa esperienza molti giovani si fermano
ed altri costruiscono situazioni analoghe, magari più
piccole. L'autogestione e l'agricoltura per esistere hanno bisogno
di regole precise però danno la possibilità di
spaziare con le idee e rendere reale i propri desideri. L'agricoltura
ha la capacità di dare un senso pratico e un risultato
palpabile agli sforzi fisici e mentali che fai, ci dà
come premio il cibo e la sussistenza e ci consente di tenere
i piedi ben saldi nel nostro paesaggio e nella nostra tradizioni
storica.
Risposta 7. (Alessandro) È un eredità che
passa di generazione in generazione, un passaggio di saperi
tra chi è nato già vignaiolo e chi invece vuole
farlo per innamoramento, per una scelta di vita, perché
fare il vignaiolo e fare il vino non è un lavoro ma qualcosa
di più affascinante e romantico. Non vivo grossi problemi
col mio lavoro, la difficoltà maggiore è la fase
della vendita dei nostri prodotti, cercare di affrontare e conoscere
il mercato non come agricoltore passivo ma piuttosto affrontarlo
come imprenditore attivo.
Risposta 8. (Alessandro) Noi non siamo particolarmente
attenti ai mass-media e non li seguiamo, le guide enologiche
non ci interessano perché molte volte sono false o fuorvianti.
Fortunatamente Internet offre molte finestre sul mondo dell'enologia,
lì è possibile trovare cose che tv e giornali
non fanno vedere. I blogger che trattano di vini sono numerosi
e in certi casi riescono ad informare bene sul mondo del vino
naturale.
Risposta 9. (Alessandro) Gino ci ha lasciato un modo
differente di osservare, spiegare, raccontare e bere il vino.
Ci ha dato degli strumenti unici per interpretare il vino, per
renderlo molto più vicino alla terra a dispetto di chi
lo voleva portare sulla Luna. Ha fatto scoprire territori meravigliosi
che vivono con il vino e per il vino, ha contribuito a fare
uscire dalla marginalità alcune zone bellissime e dimenticate
d'Italia. Arrivando a Valli Unite c'è una scritta sul
muro che dice: “Ma il vino che cos'è? È
il canto della terra verso il cielo”. Grazie Gino.
Ottavio Rube & Alessandro Poretti
Bere
No-Tav
Dalla
collaborazione tra movimento Notav e cooperativa Valli
Unite nasce con la vendemmia 2012 questo VINOTAV solidale,
prodotto utilizzando Barbera dei colli tortonesi. Questo
progetto vuole coniugare la passione e il rispetto per
la terra con la resistenza ai soprusi e alle devastazioni.
Il ricavato della vendita viene utilizzato per sostenere
le iniziative e le spese legali del movimento. Acquistare
questo vino è un atto di solidarietà, è
portare un frammento di resistenza valsusina in ogni parte
d'Italia e oltre.
Per info, contatti, richieste:
vinotav@autistici.org
info@valliunite.com
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