Clandestine tra i clandestini
di Orsetta Bellani
Interviste, riflessioni, cronache sulla situazione della donna nelle comunità e nell'esercito zapatista.
“Ho dovuto lasciare il mio villaggio in cerca di lavoro, spinta dalla necessità, perché non c'era di che vivere.
Una volta arrivata in città mi sono accorta che lì la situazione della donna è diversa rispetto alla campagna.
Mi sono resa conto che non è giusto che ci trattino così, ho iniziato a capire e a prendere coscienza del fatto che noi donne ci dobbiamo organizzare”.
Comandanta Ramona1
Fabiana2 mi sveglia ogni mattina
alle 4.30, quando il giorno non ha ancora illuminato la comunità.
Assonnata, penzolo le gambe dal letto privo di materasso e mi
copro dall'umidità pungente della Lacandona.
In cucina ci aspetta una pentola di chicchi di mais bolliti,
gialli e corposi. Li versiamo in un piccolo mulino e con fatica
giriamo la manovella, finché non ne esce una farina così
fine da poter formare una grande pagnotta gialla, che basterà
a fare le tortillas3 per
tutto il giorno e per tutta la famiglia.
Fabiana ha 23 anni, è maya tzotzil e base d'appoggio
dell'Ejército Zapatista de Liberación Nacional
(EZLN). Come tutte le donne indigene messicane lavora in casa
tutto il giorno, tutti i giorni, con il figlio di due anni sempre
appeso alla schiena, avvolto da uno scialle colorato.
Il marito, che torna dai campi in tarda mattinata, aiuta Fabiana
in alcuni compiti tradizionalmente considerati “da donna”,
come sgranare il mais o spiumare i polli, e spesso gioca con
i bambini mentre lei cucina. Non è un'immagine comune
nelle comunità indigene messicane, dove la divisione
dei compiti all'interno famiglia è molto rigida.
“Sono nata nel paese di San Juan Chamula, negli Altos
de Chiapas. Quando avevo dieci anni la mia famiglia è
entrata nell'organizzazione, ma nella zona di Oventic4
non c'era terra da ripartire”, mi racconta mentre sistema
i ciocchi sul ripiano che serve da stufa. Accende il fuoco per
scaldare l'acqua e in poco tempo il fumo riempie la cucina di
assi di legno. “Siamo andati a parlare con la Giunta di
Buon Governo della Garrucha – continua Fabiana –,
che ci ha dato un terreno in questa comunità. Qui ho
conosciuto mio marito, siamo contenti dei nostri due figli e
abbiamo deciso di non averne più”.
La possibilità di pianificare la maternità è
uno dei diritti stabiliti dalla Legge Rivoluzionaria delle Donne,
che le zapatiste approvarono nel marzo 1993. Si tratta di una
proposta che l'EZLN porta avanti dal giorno della sua insurrezione,
ed è centrale nel progetto politico dell'organizzazione.
“Non sosterremo che la lotta per la terra ha priorità
sulla lotta di genere”, ha affermato il subcomandante
Marcos5.
La Legge Rivoluzionaria delle Donne è in vigore nei territori
autonomi zapatisti e prevede, inoltre, il diritto per le donne
a un salario degno, a salute, educazione, a ricoprire incarichi
politici e militari, a non essere vittima di maltrattamenti
e a poter scegliere il proprio partner. La comandanta
Susana, che ha partecipato al processo di creazione della legge
promuovendola comunità per comunità, spiega così
il cambiamento che ha portato:
“Che siano libere, molto libere. Che possano fare quello
che chiedono, quello che vogliono fare. Che se vogliono andare
in un posto o studiare, lo possano fare. Prima non si poteva
fare nulla, non si poteva neanche andare a scuola. Io non ho
ancora imparato a leggere e scrivere, perché mio padre
non mi lasciava andare a scuola, pensava ci fosse qualcosa di
male, non gli piaceva. Ora la situazione è cambiata,
ora tutta la mia famiglia, tutte le figlie vanno a scuola, ora
studiano, è molto differente da prima6”.
In seguito le zapatiste ampliarono la legge, includendo 33 punti
che vanno dalla parità di diritti tra i generi –
ad esempio nella possibilità di viaggiare al di fuori
della comunità o possedere la terra -, al diritto di
vedere castigare i propri aggressori. Le zapatiste hanno inoltre
proibito nei territori autonomi la vendita e consumo di droga
e alcool, che considerano come cause principali della violenza
intrafamigliare. Da quando la proibizione è in vigore,
i maltrattamenti nei confronti di donne e bambini non sono spariti,
ma sono sensibilmente diminuiti. Inoltre le donne sono più
propense a denunciare la violenza intrafamigliare, che viene
castigata con il carcere. “Ci sentiamo bene perché
adesso abbiamo quel tipo di coraggio, sappiamo di poter dire
“ora basta”, spiega una donna del Caracol della
Realidad7.
Si può a ragione sperare che le prossime generazioni
di giovani, cresciuti in un clima famigliare non violento, saranno
meno inclini ad esserlo nei confronti delle propria moglie e
dei propri figli.
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Donna zapatista degli Altos de Chiapas |
Contro le disuguaglianze di genere
I diritti che le zapatiste rivendicano nella loro legge possono
sembrarci scontati, ma forse non lo sarebbero stati per le nostre
nonne, né lo sono per molte donne del pianeta. Per le
indigene del Chiapas rappresentano una vera e propria rivoluzione.
“Storicamente la condizione della popolazione indigena
in Chiapas è stata di esclusione. Le donne hanno vissuto
una triplice oppressione, per essere donne, indigene e povere”,
spiega Guadalupe Cárdenas Zitle del Colectivo Femenista
Mercedes Oliveira (COFeMO). “La loro partecipazione politica
è sempre stata invisibilizzata, ma con la Legge Rivoluzionaria
delle Donne la situazione è cambiata. Hanno iniziato
ad andare alle marce, a prendere il microfono e a parlare, a
ricoprire incarichi politici. Si è verificato un grande
cambiamento di sensibilità in Chiapas, anche al di fuori
del movimento zapatista. Gli uomini hanno iniziato a valorizzare
le donne, per lo meno nel discorso; ora non è politicamente
corretto escludere la loro partecipazione8”.
Nelle comunità zapatiste esistono uomini che affermano
di sostenere i diritti delle donne, ma non permettono che la
propria moglie contribuisca alla vita politica dell'organizzazione.
In ogni caso le zapatiste, attraverso la loro pratica di resistenza
e trasformazione quotidiana9,
hanno creato una crisi nel discorso egemonico e portato nelle
assemblee i problemi causati dalle diseguaglianze di genere,
che prima non erano concettualizzati ma considerati parte della
vita10.
Prima dell'arrivo dei conquistadores europei nelle comunità
indigene non vigeva la parità tra i generi, ma il maschilismo
e il patriarcato11 oggi imperanti
sono stati importati dal vecchio mondo. L'invasione coloniale
ha infatti imposto la religione cristiana portatrice dell'idea
che la causa di tutti i mali è Eva, la donna12.
Originariamente i popoli indigeni la rispettavano maggiormente
in quanto creatrice della vita, e in certi casi le riservavano
un ruolo centrale nella società. Ad esempio, secondo
Serge Gruzinski, prima dell'occupazione europea le donne molto
spesso ricoprivano un ruolo sacerdotale13.
Nella storia precolombiana esistono anche casi di donne ai vertici
del potere, come la regina maya chol Zac-Huk che nel 650 a.C.
fondò la dinastia di Palenque, in Chiapas, e che dopo
essersi sposata divenne sovrana della città guatemalteca
di Cobán14. Più
recentemente, nel 1712, la tredicenne tzeltal María de
la Candelaria capeggiò una ribellione indigena contro
la Corona spagnola che si propagò in buona parte del
Chiapas, e che arrivò non lontano da San Cristóbal
de Las Casas15.
Oggi le zapatiste, come molte altre donne chiapaneche, lottano
per i propri diritti cercando di coinvolgere anche gli uomini.
Secondo la cosmologia indigena l'universo è un'entità
duale, diviso tra un maschile e un femminile che non sono in
opposizione, ma si complementano a vicenda. Si tratta di una
continua ricerca di equilibrio, lo stesso che le zapatiste desiderano
raggiungere nella relazione tra i generi. Spiega l'educatrice
Yolanda del Caracol di Oventic:
“Quello che vogliamo è la costruzione di una nuova
umanità, è ciò che stiamo cercando di cambiare,
vogliamo un altro mondo. Quello che stiamo facendo è
una lotta di tutti, uomini e donne, perché non è
una lotta di donne né una lotta di uomini. Quando si
parla di una rivoluzione bisogna farla insieme, tra donne e
uomini, così si fa la lotta”16.
Molte rivendicazioni delle zapatiste, come di altre indigene
latinoamericane, sono simili a quelle del femminismo urbano.
Le donne chiapaneche hanno rivisto le teorie del Nord geopolitico
e le hanno trasformate a partire dalla propria cultura e cosmovisione,
producendo nuovi significati che sono stati a loro volta spunti
di riflessione per il pensiero femminista17.
È il cosiddetto “femminismo comunitario”,
che lotta contro il patriarcato a partire dal modo di pensare
indigeno e decolonizzando la parola “femminismo”,
figlia del pensiero filosofico occidentale, pur nel rispetto
della lotta delle donne europee e nordamericane18.
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Un uomo prepara una zuppa per la festa della comunità |
Un percorso non privo di ostacoli
Teresa19 vive nello stesso villaggio
di Fabiana. Ha 15 anni e nel tardo pomeriggio, prima di andare
a vedere i ragazzi giocare nella piazzetta, si siede con la
cugina davanti al piccolo negozio di alimentari della cooperativa
di donne.
Sono numerose le cooperative create dalle zapatiste, sorte con
l'idea che la donna non si possa liberare finché dipende
economicamente dall'uomo20. Quella
più nota è la Sociedad Cooperativa Artesanal
de Mujeres por la Dignidad, che ha sede nel Caracol di Oventic
e gestisce anche un negozio a San Cristóbal de Las Casas.
Sorta nel 1997, la cooperativa può contare sul lavoro
di circa 500 donne che producono tessuti al telaio con fibre
naturali, lavorano collettivamente e amministrano la loro attività
economica senza dover ricorrere a intermediari21.
Mi avvicino a Teresa e alla cugina, che mi accolgono con un
sorriso riservato tipico degli indigeni di questa zona. Teresa
mi racconta di essere stata per tre volte votana nell'Escuelita
Zapatista22, l'iniziativa
organizzata dall'EZLN per permettere a persone di tutto il mondo
di conoscere le comunità autonome. Durante l'Escuelita
ogni partecipante ha la possibilità di convivere per
una settimana con una famiglia zapatista, ed è accompagnato
tutto il tempo da un votán, una base d'appoggio
a cui potrà rivolgere tutte le sue domande. Si tratta
di uno scambio intenso ed umano tra persone di culture molto
differenti; mi chiedo cosa Teresa abbia insegnato a quelle ragazze
venute da fuori, cosa loro possano avere insegnato a lei.
Malgrado la giovane età, Teresa è molto impegnata
all'interno dell'EZLN. Essere zapatiste non è solo un'affiliazione
politica, è un'identità che impregna ogni aspetto
della vita, a qualsiasi età. L'organizzazione è
ciò che permette alle persone di avere terra da coltivare,
una casa, una scuola e una clinica, per questo chi ne fa parte
s'impegna al massimo per il suo bene. Si è esseri umani,
e subito dopo zapatisti.
Teresa mi racconta di essere nata da una coppia di braccianti-servi
liberati dall'insurrezione dell'EZLN, e di essere cresciuta
ascoltando racconti che parlavano di lavoro schiavo, fame e
mancanza di educazione. A lei, che è nata in una comunità
autonoma zapatista, educazione e cibo non sono mancati. Mi racconta
della sorella maggiore che sta studiando per diventare promotora
de salud, come vengono chiamati i medici zapatisti, e di
quanto è orgogliosa di lei. Fino a pochi decenni fa non
era concepibile che una donna ricoprisse un incarico così
importante per la collettività.
La partecipazione attiva delle donne nell'organizzazione ha
avuto alti e bassi. All'epoca dell'insurrezione il 30% dei combattenti
dell'EZLN erano donne23, come
la maggiore Ana María, che comandò il battaglione
che il primo gennaio 1994 occupò San Cristóbal
de Las Casas24. Successivamente
le zapatiste hanno iniziato a dedicarsi soprattutto alla vita
domestica, contribuendo in questo modo all'organizzazione ma
rimanendo chiuse nei ruoli tradizionalmente assegnati25.
Negli ultimi anni, per quanto minoritaria, è cresciuta
la presenza femminile nelle Giunte di Buon Governo e alcune
comunità prevedono una loro quota di partecipazione come
autorità politiche. Ci sono donne che lavorano come maestre
o nei media dell'EZLN ed esistono ruoli che, seguendo un consiglio
del Comité Clandestino Revolucionario Indígena26,
l'assemblea della comunità27
normalmente attribuisce alle donne, ad esempio quello di partera
(ostetrica), huesera (massaggiatrice) o yerbera
(medico che cura utilizzando piante). Sono compiti che anche
in epoca precoloniale, e fino ai secoli XVI e XVII, erano praticati
quasi esclusivamente da donne28.
Per queste donne è molto importante sapere di avere avuto
la fiducia della comunità e contribuire alla crescita
dell'organizzazione. Molto spesso per studiare si trasferiranno
per un periodo nel Caracol, dove conosceranno altre donne, faranno
amicizia, si confronteranno con opinioni nuove e usciranno dall'esperienza
più coscienti e sicure di sé.
Il processo di emancipazione delle donne zapatiste non è
certo privo di ostacoli. Ad esempio, il fatto che non si occupino
a tempo pieno dei lavori di casa e dei figli può essere
motivo di scontro con la famiglia. Ana29
venne scelta dalla sua comunità per formarsi come yerbera
e aveva tutto l'appoggio del marito, un ex guerrigliero dell'EZLN.
Dopo un po' di tempo la suocera iniziò a criticare la
scelta di Ana, insinuando che andava al corso di formazione
per conoscere altri uomini. Il marito decise così di
impedirle di dedicarsi alla medicina per sei mesi, fino a quando
la giovane decise di rivolgersi all'assemblea comunitaria, che
convinse il marito a chiederle scusa30.
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Cooperativa di donne del Caracol di Oventic |
Pratiche profondamente radicate
Guardo attorno a noi la valle che si stende davanti alle poche
case del villaggio, ordinato e tranquillo. Tra quegli addossamenti
di selva tropicale si trova il Caracol della Garrucha e, più
in là, la città di Ocosingo. Chiedo a Teresa cosa
ne pensa di Ocosingo e se ci vorrebbe vivere. Ride imbarazzata,
mi dice che le piace vedere tutte quelle persone per strada,
le luci, i negozi, e che forse non sarebbe male viverci.
Passa un ragazzo e Teresa mi racconta che la fidanzata lo ha
lasciato e ora ha un'altra ragazza, non zapatista, che ha detto
di voler entrare nell'organizzazione. Se non lo farà,
la legge zapatista prevede che lui dovrà uscirne. Teresa
mi spiega che nelle comunità in resistenza le coppie
si scelgono e poi conoscono le rispettive famiglie, mentre prima
del '94 era il ragazzo a scegliere la sposa, e poi stabiliva
con la famiglia di lei un pagamento in dote. Le chiedo se vuole
sposarsi e avere figli. Ridacchia nuovamente e arrossisce, dice
che pensa di sì, ma ora è troppo giovane.
Nel paese non zapatista di San Juan Chamula, in Chiapas, le
donne si sposano ancora bambine. Il 12 marzo scorso, un'adolescente
di 14 anni ha lasciato il marito dopo tre anni di maltrattamenti.
Un giudice ordinò la sua cattura e la condannò
a pagare una multa di 27mila 400 pesos (circa 1500 euro). La
ragazzina, che era stata comprata per 15mila pesos (circa 850
euro), ha denunciato di aver trascorso 29 ore nel carcere municipale
senza cibo né coperte, fra la spazzatura e gli escrementi
umani31. Secondo l'UNICEF, nel
mondo esistono circa 700 milioni di spose bambine32.
La legge zapatista non permette decisioni di questo tipo, così
apertamente lesive della dignità umana, ma non si può
pensare che abbia potuto cambiare, per decreto, un insieme di
pratiche profondamente radicate nella cultura e nelle coscienze.
Le stesse zapatiste, nei quaderni sulla partecipazione politica
delle donne nel governo autonomo che hanno distribuito agli
alunni dell'Escuelita Zapatista, scrivono che negli ultimi
venti anni c'è stato un grande progresso all'interno
delle comunità autonome, ma che ancora non si può
parlare di parità fra i generi33.
In fondo, è possibile dirlo delle nostre “avanzate”
società occidentali?
Nei quaderni dell'Escuelita Zapatista, le integranti
dell'organizzazione raccontano come la difficoltà ad
accettare la partecipazione politica femminile non sia solo
degli uomini ma anche delle donne, a causa della formazione
che hanno ricevuto. Raccontano la loro vergogna ad esporsi,
a parlare in pubblico durante le assemblee per timore di sbagliare,
scrivono dell'ansia di essere derise e giudicate per aver detto
cose non valide. È emozionante leggere queste pagine,
in cui senza peli sulla lingua criticano se stesse e le proprie
compagne, i mariti, la propria cultura. Il quaderno raccoglie
le voci di donne che provengono da differenti zone del Chiapas,
ma i problemi su cui riflettono sono essenzialmente gli stessi.
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Comandanta dell'EZLN, Caracol della Realidad |
Resistere all'interno della resistenza
“Una volta varie guerrigliere rimasero incinte e la Comandancia34
zapatista ordinò loro di abortire, con l'appoggio di
alcune organizzazioni non governative. Se avessero voluto continuare
la gravidanza avrebbero dovuto convertirsi in casalinghe, mentre
non ci fu nessuna conseguenza per gli uomini che le misero incinte”,
racconta Guadalupe Cárdenas Zitle di CoFeMO, che ha lavorato
in territorio zapatista fino al 2000. “Ad ogni modo, credo
che le zapatiste stiano imparando a resistere all'interno della
resistenza, sono clandestine fra i clandestini. Hanno imparato
il cammino della resistenza al neoliberalismo, quindi possono
intraprendere il cammino della resistenza al patriarcato. In
realtà lo stanno già facendo, non si trovano d'accordo
con molte cose della loro organizzazione e della loro cultura,
e le stanno cambiando. È un processo lento, ma si stanno
facendo carico dei cambiamenti di cui hanno bisogno35”.
Orsetta Bellani @sobreamerica
Note
- Guiomar Rovira, ¡Zapata Vive! La rebelión
indígena de Chiapas contada por sus protagonistas,
Barcelona, 1994 pag. 214.
- Nome fittizio, per motivi di sicurezza.
- Sottile focaccetta di mais che nei paesi mesoamericani si
usa per accompagnare le pietanze.
- Caracol della zona Altos de Chiapas.
- Sylvia Marcos, Mujeres, indígenas, rebeldes, zapatistas,
Ediciones Eón, México, 2011, pag. 18.
- Guiomar Rovira, Mujeres de maíz: la voz de las indígenas
de Chiapas y la rebelión zapatista, Biblioteca Era,
Distrito federal, México, 1997, pag. 212.
- Quaderni di testo della prima Escuelita Zapatista, Participación
de las mujeres en el gobierno autónomo, pag. 16.
I quaderni si possono scaricare all'indirizzo http://anarquiacoronada.blogspot.it/2013/09/primera-escuela-zapatista-descarga-sus.html.
- Intervista di Orsetta Bellani a Guadalupe Cárdenas
Zitle, San Cristóbal de Las Casas, aprile 2014.
- Violeta Zylbergberg Panebianco, Algunos Logros y Límites
de la Ley Revolucionaria de Mujeres. Un acercamiento a la vida
cotidiana de las mujeres zapatistas. In Shannon Speed, R.
Aída Hernández y Lynn Stephen (a cura di), Dissident
Women. Gender and Cultural Politics in Chiapas, University
of Texas Press, Austin, 2006.
- Mercedes Olivera Bustamante, Exclusión sistémica
contra resistencia de género: las mujeres zapatistas.
In http://www.ciem.ucr.ac.cr/spip.php?article152.
- Il primo è una condotta, il secondo è un sistema
sociale in cui il potere e i beni materiali sono concentrati
nelle mani dell'uomo più anziano.
- Intervento di Julieta Paredes nel CIDECI-Unitierra di San
Cristóbal de Las Casas, 3 aprile 2014.
- Serge Gruzinski, La colonisation de l'imaginaire, Gallimard,
Paris, 1988.
- Raúl Zibechi, Il paradosso zapatista. La guerriglia
antimilitarista in Chiapas, Elèuthera, Milano, 1998,
pag. 120.
- Juan Pedro Viqueira Albán, María de la Candelaria,
india natural de Cancuc, Fondo de Cultura Economica, México,
1996.
- Quaderni di testo della prima Escuelita Zapatista, Participación
de las mujeres en el gobierno autónomo, pag. 25.
- Sylvia Marcos, Mujeres, indígenas, rebeldes, zapatistas,
Ediciones Eón, México, 2011.
- Intervento di Julieta Paredes nel CIDECI-Unitierra di San
Cristóbal de Las Casas, 3 aprile 2014.
- Nome fittizio, per motivi di sicurezza.
- Laura Castellanos, Corte de caja. Entrevista al Subcomandante
Marcos, Impresos Gráficos Publicitarios, 2008, pag.
38.
- Eduardo Nachman, Mujeres por la dignidad, una cooperativa
zapatista en San Cristóbal. In desinformemonos.org/2014/05/mujeres-por-la-dignidad-una-cooperativa-zapatista-en-san-cristobal/.
- Per ora sono state organizzate tre edizioni dell'Escuelita
Zapatista, di una settimana ciascuna, nell'agosto e dicembre
2013, e nel gennaio 2014.
- Marta Lamas, Las zapatistas, ayer y hoy. In rivista
Proceso, 4 gennaio 2014.
- Jan De Vos, Una tierra para sembrar sueños. Historia
reciente de la Selva Lacandona, 1950-2000, Centro de Investigación
y Estudios Superiores en Antropología Social, Distrito
Federal, México, 2002, pag. 337.
- Itandehui Reyes Díaz, Mercedes Olivera y la construcción
del feminismo indígena. In http://www.cimacnoticias.com.mx/node/65278.
- Organo composto da comandante, comandanti e subcomandanti
del EZLN.
- Organo predisposto a conferire gli incarichi.
- Sylvia Marcos, Mujeres, indígenas, rebeldes, zapatistas,
Ediciones Eón, México, 2011, pag. 128.
- Nome fittizio, per motivi di sicurezza.
- Melissa M. Forbis, Autonomía y un puñado
de hierbas. La disputa por las identidades de género
y étnicas por medio del sanar. In Bruno Baronnet,
Mariana Mora Bayo, Richard Stahler-Sholk (a cura di), Luchas
“muy otras”. Zapatismo y autonomía en las
comunidades indígenas de Chiapas, UAM, México,
2011, pag. 371-403.
- Isaín Mandujano, En Chamula, encarcelan a niña
de 14 años por abandonar a su marido. In http://www.chiapasparalelo.com/noticias/chiapas/2014/03/en-chamula-encarcelan-a-adolescente-de-14-anos-por-abandonar-a-su-marido/.
- Comunicato stampa UNICEF del 22 luglio 2014. In http://www.unicef.org/spanish/media/media_74524.html.
- Quaderni di testo della prima Escuelita Zapatista, Participación
de las mujeres en el gobierno autónomo.
- Così si definisce colloquialmente il Comité
Clandestino Revolucionario Indígena.
- Intervista di Orsetta Bellani a Guadalupe Cárdenas
Zitle, San Cristóbal de Las Casas, aprile 2014.
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