Carlo Doglio
Il piano aperto. Carlo Doglio e Bologna
Iniziativa per il centenario della nascita di Carlo Doglio (1914-1995) Bologna, 27 novembre 2014, Sala Borsa.
“Ma che razza di piano, o
meglio quale società, vogliamo? Piano rigido vuol dire
società rigida, metafisicamente preordinata secondo schemi
astratti che chiedono alle rilevazioni una conferma, e cancellano
qualunque dimostrazione contraria. Il piano aperto, flessibile,
continuamente ricontrollato e confermato dalla realtà,
continuamente ricreato dall'azione degli uomini sulle cose e
delle cose sugli uomini, è evidentemente l'ideale”.
C. Doglio, Come l'albero dalla terra e dalla roccia l'acqua
e dall'uomo l'amore. Un dibattito sulla pianificazione regionale
(I), in “Comunità”, 94, 1961, p. 41-42.
Il prossimo 27 novembre, presso
l'Auditorium Biagi della Sala Borsa a Bologna, si svolgerà
il seminario di studi “Il piano aperto. Carlo Doglio e
Bologna”. L'iniziativa è promossa dall'Arch. Stefania
Proli (Università di Bologna) con il patrocinio del Dipartimento
di Architettura e del Comune di Bologna, e in collaborazione
con Urban Center Bologna e la Biblioteca Libertaria “Armando
Borghi” di Castel Bolognese (Blab). La giornata intende
ricordare il centenario della nascita di Carlo Doglio, importante
esponente del movimento anarchico e urbanista “sui generis”
che ha contribuito a diffondere e sperimentare in Italia l'urbanistica
“dal basso”, ovvero un progetto di organizzazione
del territorio incentrato sui principi del decentramento e delle
autonomie delle comunità insediate. L'iniziativa è
accompagnata da una mostra, a cura di Stefania Proli, composta
da pannelli che ripercorrono la biografia intellettuale di Doglio
– con particolare riferimento al suo legame con la città
di Bologna – e da una selezione del materiale multimediale
disponibile su di lui, fra cui: i documentari realizzati per
la mostra di urbanistica alla X Triennale (1954), curata insieme
a Giancarlo De Carlo, Ludovico Quaroni e Elio Vittorini; le
puntate del programma televisivo “Tra ieri e oggi. La
città” (1977), condotte con Giuseppe Samonà
e trasmesse sulle reti della RAI; alcune interviste a architetti
realizzate per la RAI in occasione del seminario internazionale
“La rinascita della città” (Bologna, 1982).
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Londra, 1956 (circa). Carlo Doglio in uno scatto di Vernon Richards. Questa foto è inserita nel volume V. Richards, A part time photographers. Portrait Gallery, Freedom Press, London, 1999 |
Nato a Cesena nel 1914, Doglio si trasferisce all'età
di diciotto anni a Bologna, città in cui compie gli studi
universitari e si laurea in Giurisprudenza nel 1936. Arrivato
precocemente all'antifascismo, svolge attività clandestina
contro il regime e prende parte poi alla Resistenza in Romagna
e a Milano. Aderisce in quegli anni al movimento anarchico,
di cui diviene negli anni del secondo dopoguerra un esponente
di primo piano e un attivo militante e propagandista. Di vasti
interessi culturali, in relazione con molti noti intellettuali
(tra cui Antonio Banfi, Elio Vittorini, Franco Ferrarotti, Aldo
Capitini, Giancarlo De Carlo, Franco Fortini), si interessa
inizialmente di cinema ma presto orienta i suoi studi verso
l'urbanistica, interpretata in senso marcatamente libertario.
Punti di riferimento per lui sono soprattutto Kropotkin, Geddes
e Mumford. Lavora a Milano per la Mondadori e poi a Ivrea per
Adriano Olivetti. Dal 1955 al 1960 si trasferisce a Londra,
dove tra l'altro collabora ai programmi della BBC e della RAI.
Si allontana in quegli anni progressivamente dall'anarchismo,
fino ad aderire al Partito socialista e poi al Psiup. Rientrato
in Italia, trascorre alcuni anni in Sicilia collaborando con
Danilo Dolci. Intraprende poi la carriera universitaria. Dopo
avere insegnato nelle Università di Palermo, Napoli e
Venezia, conclude la sua carriera di docente come titolare della
cattedra di “Pianificazione e organizzazione territoriale”
alla Facoltà di Scienze Politiche a Bologna, città
in cui stabilisce definitivamente la sua residenza a partire
dai primi anni Settanta. Si riavvicina in quegli anni all'anarchismo,
su posizioni marcatamente nonviolente. A queste concezioni resta
poi fedele fino alla morte, avvenuta a Bologna nel 1995. Il
suo maggiore contributo al pensiero anarchico va rintracciato
nell'essere stato uno dei principali propugnatori nel nostro
paese di una “urbanistica libertaria”, che per lui
– come già si è accennato – consiste
essenzialmente in una pianificazione territoriale che pone al
centro le esigenze e le volontà espresse dai cittadini
che vivono il territorio.
Il seminario di studi del prossimo 27 novembre si propone di
tracciare l'eredità di Carlo Doglio all'interno dell'ambiente
culturale della città di Bologna, a partire dal concetto
di piano aperto. Il piano aperto si presenta infatti come un'immagine
che riflette perfettamente la biografia di Carlo Doglio ed il
suo approccio alla pianificazione urbanistica: un incontro assolutamente
personale, caratterizzato da numerose deviazioni di percorso
e sconfinamenti in altre discipline. Non a caso, prima ancora
che nel mondo dell'architettura e dell'urbanistica, il nome
di Carlo Doglio figura in altri contesti. Non si è infatti
mai occupato di pianificazione urbanistica in senso stretto.
“Pianificatore autobiografico”, “intellettuale
umanistico”, urbanista “libertario”, “eretico”
ed “eccentrico”, gli appellativi a lui associati
si devono non solo ai suoi continui sconfinamenti nella sfera
politica, ma anche alla molteplicità dei ruoli da lui
ricoperti senza alcun tipo di pregiudizio del confine disciplinare:
editore, segretario, traduttore, pubblicista, docente, sociologo,
riformatore sociale, conferenziere, e uomo politico (nella sua
accezione più letterale, in quanto attivista sociale
e civile). In tutti i contesti in cui è coinvolto, Carlo
Doglio dimostra una forte apertura nei confronti di tutte quelle
forze (politiche, culturali, sociali) impegnate in un processo
di trasformazione della società “dal basso”.
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Canosa, 22-24 febbraio 1948 - Convegno anarchico. Al centro con gli occhiali Carlo Doglio. Alla sua sinistra: Giovanna Caleffi Berneri, Peppino Tota, Pier Carlo Masini |
Condivide con tanti altri intellettuali della sua generazione
quella incessante ricerca, tipica del dopoguerra, mirata allo
studio e all'individuazione di possibili nuovi modelli sociali
e degli approcci disciplinari più adatti ad interpretare
il territorio e dar voce alle comunità insediate. In
un clima urbanistico che si confronta con la ormai pienamente
avvertita crisi del funzionalismo e che si misura in maniera
allargata con tutte le tematiche necessarie per la ricostruzione
di un'Italia uscita, dopo la guerra, dal lungo ventennio fascista,
Doglio si avvicina all'urbanistica perché riconosce nei
canali d'azione di questa disciplina l'opportunità di
poter contribuire, attraverso l'enunciazione dei valori a lui
più cari, all'edificazione di un nuovo sistema di relazioni
sociali e costruire una città basata su solidarietà
e cooperazione all'interno della prospettiva anarchica proposta
da liberi pensatori come Kropotkin e Reclus. Attraverso la sua
attività, Doglio contribuisce ad allargare e definire
il campo della pianificazione urbanistica come un'attività
non solo progettuale, ma anche processuale e dialogica, ridefinendo
e ampliando il ruolo del sapere tecnico in una pluralità
di compiti in cui il ruolo dei cittadini viene ad assumere una
posizione centrale per l'attuazione del piano in azioni concrete.
L'idea di piano aperto suggerita da Doglio si presenta perciò
come una fra le possibili risposte avanzate per interpretare
l'esigenza di pianificazione decentrata del territorio che,
a partire dal secondo dopoguerra, domina il dibattito urbanistico
italiano, trovando nella città di Bologna un luogo di
sperimentazione politica e sociale.
Denunciando con largo anticipo la crisi del piano “autoriale”,
Doglio immagina il piano come un processo collettivo e pluralistico
da costruire attraverso l'azione sociale degli abitanti. E il
territorio come un sistema aperto in cui è ammesso il
disordine e si negano i rapporti di dominio aprendosi alla benevolenza,
alla simpatia, alla condivisione. La posizione assunta da Doglio
si confronta in maniera diretta e indiretta con l'esperienza
del decentramento bolognese (attraverso cui l'amministrazione
comunale ricerca nuove forme, strumenti, modelli per rispondere
alle esigenze dettate dal progetto di riforma dell'ordinamento
regionale e, allo stesso tempo, interpretare le istanze di partecipazione
del tempo), allargando il dibattito anche alla ridefinizione
dei principi e delle finalità della pianificazione urbanistica.
Il centenario della nascita di Carlo Doglio si presenta perciò
anche come un'occasione per riflettere su cosa significa oggi
parlare di piano aperto. Carlo Doglio ci suggerisce che per
arrivare al piano aperto l'urbanistica deve iniziare a ragionare
in modo sistematico non sulla necessità di cambiare le
regole, ma di riformulare la struttura organizzativa del suo
pensare e agire. Attraverso la giornata di studio e la mostra
si vuole riflettere sui percorsi intrapresi (e da intraprendere)
in questa direzione.
Stefania Proli
Gianpiero Landi
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