Massenzatico (Re)/
L'avventura delle cucine del popolo
Si è concluso con successo il sesto convegno (3/5 ottobre
2014) delle Cucine del Popolo, dedicato alla solidarietà,
che ha visto la partecipazione di oltre mille persone presenti
durante le tre giornate e oltre quindicimila contatti sui social
network. Ci sono stati incontri, laboratori, sperimentazioni
eno-gastronomiche, mercati delle autoproduzioni genuine e spazio
per i bambini. Inoltre, un interessante convegno di studi storici
con professori e ricercatori sulla solidarietà a tavola
che è partito dall'ottocento, con una ricetta-programma
“Il cuore di bue alla comunista”. A seguire una
bella presentazione, in anteprima nazionale, del dossier di
A – Rivista Anarchica, dedicato
a Gino Veronelli, in occasione del decennale della sua scomparsa.
Pranzi indiani e sinti, durante le Cucine dei Popoli, la domenica;
l'immancabile Barone Rosso della Lunigiana con i suoi “Piatti
proletari”; il “Veglionissimo Rosso” composto
da antipasti, cappelletti in brodo, bolliti e salse di campagna
e zuppa inglese, il tutto innaffiato dal lambrusco rosso vivo.
Per l'occasione si è riproposto un menù socialista
del 1906. Al veglione hanno partecipato trecento persone confermando
il grande successo dell'evento gastronomico e, sopratutto, conviviale.
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Massenzatico (Re) - Foto di gruppo |
Dopo dieci anni e più di attività e sei convegni
internazionali dedicati alle cucine popolari, letterarie, utopiste,
delle locomotive, rivoluzionarie e solidaristiche, questa esperienza
aggregante continua a raccogliere significativi consensi ovunque.
Questo laboratorio unico nel suo genere fu fondato da Gino Veronelli,
dai professori Giorgio Sacchetti e Sandro Bortone, da alcuni
artisti e scrittori e dai compagni della FAI Reggiana, che fissarono
la “sede ufficiale” a Massenzatico, là dove
nacque la prima Casa del Popolo in Italia nel 1893. Hanno frequentato
le Cucine del Popolo varie personalità della cultura,
intelettuali, scrittori e scrittrici, giornalisti, studiosi,
musicisti, cuoche rosso-nere.
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Massenzatico
(Re) - Un momento della cena di sabato 4 ottobre al Teatro Artigiano |
Dal 2013 il nostro circolo ha preso in gestione il Centro Sociale
della Paradisa, a Massenzatico, realizzando feste, eventi, incontri
e concerti, per un totale di oltre quaranta iniziative, abbinate
a interessanti proposte gastronomiche.
Da sempre le Cucine del Popolo perseguono i valori della sorellanza
e della fratellanza, proponendo un'aggregazione dal basso, libertaria
e autogestionaria.
Gianandrea Ferrari
RebAl/
La rete delle biblioteche e archivi anarchici e libertari
Chissà cosa avrebbe pensato un Malatesta se, sul nascere
del ventesimo secolo, qualcuno gli avesse predetto che gli anarchici
avrebbero trovato un sistema di catalogazione digitale in grado
di connettere micro e macro realtà affini e libertarie
sulla base dei libri da essi posseduti... e di permettere una
comunicazione capillare su rete nazionale e internazionale con
solo un click su un tasto e uno schermo, a distanze anche ingenti!
Piccoli “miracoli” tecnologici a parte, da un paio
d'anni ormai a questa parte un gruppo di persone di diversa
provenienza, tutti coinvolti a diverso grado e con distinte
conoscenze nell'ambito degli archivi anarchici e libertari hanno
tentato, con inaspettato e pronto successo - se ripenso alle
prime riunioni in cui teoria e pratica sembravano su due piani
distanti ancora mi stupisco, piacevolmente -, di mettere in
piedi una rete di biblioteche e archivi anarchici e libertari,
che potesse ospitare una collaborazione virtuale tra tutti i
centri di documentazione specializzati in storia, teorie e culture
dei movimenti anarchici e libertari e che grazie ad un unico
catalogo collettivo potesse facilitare da un lato l'accesso
al patrimonio culturale libertario, dall'altro avvantaggiare
gli archivi aderenti al progetto nello scambio delle informazioni
e coloro che ne volessero o vorranno far parte in futuro, condividendo
schede di imputazione, testi e utilizzando inoltre programmi
di archiviazione liberi e indipendenti.
Dopo i primi tentativi nebulosi e qualche timore che questa
ambizione fosse economicamente e tecnicamente insostenibile
un insieme di individui più esperti in materia ha trovato
la soluzione in Vufind, risorsa che ha dato una svolta fondamentale
all'idea tanto agognata e rendendola concreta. E così
nell'arco di una breve fase sperimentale divenuta presto operativa
è nata RebAl, strumento di condivisione dei saperi e
di un patrimonio frammentato sul territorio che finalmente trova
uno spazio accessibile a tutti in un luogo virtuale comune.
Una pubblica presentazione del progetto è già
stata fatta a Bologna, presso lo spazio pubblico autogestito
xm24 durante l'incontro annuale delle controculture digitali
italiane, l'Hackmeeting, nel giugno 2014. La prossima presentazione
sarà il 25 gennaio 2015 a Milano. Quanti fossero interessati
ad aderire al progetto, a promuoverlo o semplicemente a diffondere
la notizia della sua esistenza sono caldamente invitati a farlo.
Di seguito il link diretto al portale su cui poter ricercare
quanto vi possa essere utile nelle vostre letture: http://www.rebal.info,
ricco di strumenti, collegamenti e filtri per le ricerche. Riportiamo
il manifesto redatto collettivamente e rivisto nell'ultima assemblea
tenutasi al Berneri di Bologna nell'ottobre 2014, esortando
tutti gli interessati a contattarci e venirci a conoscere:
progettometaopac@indivia.net.
Gaia x RebAl
Ecco il manifesto di RebAl
RebAl è una rete di collaborazione tra biblioteche, archivi
e centri di documentazione specializzati in storia, teorie e
culture dei movimenti anarchici e libertari.
Il principio ispiratore di RebAl è la volontà
di facilitare l'accesso pubblico al patrimonio culturale libertario,
nella convinzione che la sua più ampia circolazione sia
uno strumento importante nei processi di trasformazione sociale
e di diffusione dei principi e delle pratiche antiautoritarie.
Il progetto RebAl parte dall'iniziativa di un gruppo di archivi
e biblioteche italiani, ma intende proporsi come punto di riferimento
a livello internazionale per la collaborazione operativa tra
centri che condividono le finalità del progetto.
Strumento fondamentale della rete è il catalogo collettivo
virtuale che offre un punto di accesso unificato al patrimonio
documentario complessivamente posseduto, consentendo al pubblico
di conoscerlo e quindi di reperirlo ed utilizzarlo. La sua unica
e semplice maschera di ricerca permette infatti di interrogare
contemporaneamente i diversi OPAC (Online public access catalog)
dei vari centri, come se l'utente avesse a che fare con un unico
catalogo. Per offrire una copertura il più possibile
estesa, vengono interrogati anche OPAC di istituti non aderenti
a RebAl ma che possiedono una significativa documentazione negli
ambiti dell'anarchismo e delle culture libertarie e che intendono
condividere il loro catalogo. Ogni istituto rimane autonomo
e indipendente nelle proprie scelte catalografiche e nella gestione
del proprio catalogo, che resta fisicamente distinto da quello
degli altri aderenti e accessibile anche tramite altri canali
(il proprio sito web, il catalogo del Servizio bibliotecario
nazionale, altri cataloghi collettivi ecc.).
Il catalogo collettivo è realizzato con il software libero
VuFind (licenza GPL) ed è ospitato sul sito web raggiungibile
all'indirizzo http://www.rebal.info, indipendente dai
siti delle biblioteche e archivi aderenti alla rete. Sarà
possibile integrare non solo cataloghi di biblioteche ma anche
ulteriori risorse come biblioteche digitali, inventari archivistici,
repertori bibliografici, riviste ad accesso aperto, per fare
del sito di RebAl un vero e proprio portale culturale libertario.
La gestione complessiva del sito e la manutenzione tecnica del
catalogo collettivo sono in carico al gruppo di lavoro che,
in maniera volontaria e a titolo gratuito, dovrà anche
agevolare l'integrazione dei cataloghi dei nuovi aderenti e
che si impegna a condividere le conoscenze tecniche necessarie
alla gestione. Strumenti di coordinamento sono gli incontri
periodici e la mailing list progettometaopac@indivia.net.
Ogni biblioteca aderente è tenuta a pagare la quota annuale
di partecipazione per coprire le spese vive che il mantenimento
tecnico di RebAl richiede.
Londra/
Una fiera del libro anarchico nella terra dei Lord
Quando,
rientrata da Londra, ho raccontato di aver goduto di un intero
fine settimana di sole e temperature alte fuori stagione, le
battute si sono sprecate: “sei sicura di essere stata
in Inghilterra?”. Ebbene sì, sono sicura. Partenza
venerdì 17 settembre, posto in aereo assegnato numero
17, arrivo in centro previsto per le ore 17 (in barba alle superstizioni);
destinazione finale: Anarchist Bookfair, la fiera del libro
anarchico.
La mia amica Hannah mi stava aspettando; quando, qualche mese
prima, le ho parlato dell'appuntamento previsto per sabato 18
settembre nelle aule della Queen Mary University, ha subito
deciso di accompagnarmi.
Appena ci incontriamo, diamo un'occhiata al programma della
giornata seguente; noto presto che per chiunque decida di partecipare
all'evento mosso principalmente da curiosità, ma senza
un'idea chiara sul contenuto del pensiero anarchico, sono stati
organizzati alcuni meeting di avvicinamento all'anarchismo.
Un esempio? “Introduzione all'anarchismo”: un incontro
della durata di un'ora in cui sono esposte alcune delle idee
alla base del pensiero anarchico. Ho trovato l'iniziativa davvero
degna di nota, sintomo della volontà degli organizzatori
di non “parlarsi addosso”, di non rivolgersi solo
ad accademici, militanti, attivisti, studiosi, ma di portare
avanti l'idea che propaganda ed educazione siano fondamentali
per la diffusione delle teorie anarchiche e per il mutamento
sociale.
L'Anarchist Bookfair di Londra, giunta quest'anno alla 32esima
edizione, è un appuntamento che, con cadenza annuale,
si propone di far incontrare editori e lettori anarchici e libertari,
di essere luogo di confronto e dibattito, offrendo non solo
uno spazio espositivo, ma anche un calendario ricco di incontri.
Le aule dedicate ai meeting erano undici, alle quali
si aggiungeva una sala per banchetti e stand, una stanza interamente
dedicata alla proiezione di film e documentari e due spazi destinati
all'accoglienza dei bambini. Tutto ben pensato, curato e organizzato.
Arrivate alla Queen Mary intorno a mezzogiorno, non abbiamo
dovuto affidarci ad alcuna indicazione (per altro non presente)
per trovare il luogo esatto all'interno del campus; ci è
bastato seguire il suono di un banjo. Infatti, nel piccolo giardino
di fronte all'entrata del Bancroft Building, edificio che ha
dato spazio alla fiera, tre ragazzi stavano improvvisando alcune
canzoni muniti di banjo e di basso; alle loro spalle la porta
d'ingresso incorniciata da festoni rossi e neri e davanti ad
essa una piccola folla di persone. Devo dire che il colpo d'occhio
è stato suggestivo, complice anche il sole e l'atmosfera
distesa e rilassata.
Dopo aver scambiato qualche parola con alcuni giovani all'entrata,
munite di programma abbiamo organizzato la nostra giornata.
Non è stato facilissimo, le possibili cose da fare/vedere
erano moltissime. Dopo un breve consulto, abbiamo deciso di
iniziare prendendo parte ad uno degli incontri in calendario
e dare uno sguardo agli stand in un secondo momento; a breve,
infatti, nella stanza 2.40, dalle 13 alle 15 si sarebbe tenuto
l'incontro “Donne contro il fondamentalismo: 25 anni di
resistenza al fondamentalismo e al razzismo”. Organizzato
dai gruppi “Woman Against Fundamentalism” e “Southall
Black Sisters”, ha avuto come focus l'importanza delle
campagne anti-fondamentaliste per i movimenti radicali, l'impegno
delle donne nella lotta ai fondamentalismi religiosi e la questione
identitaria in relazione a femminismo e religione. Tra le relatrici,
Pragna Patel e Sukhwant Dhaliwal, membri di entrambi i gruppi,
il cui impegno nella lotta ai fondamentalismi religiosi dura
da decenni.
Dalle 15 alle 16 abbiamo invece deciso di prendere parte a “Kurdistan
siriano. Un'esperienza diretta”. Il relatore, un esponente
della federazione anarchica curda (KAF) appena rientrato a Londra
dalla regione di Rojava, ha messo a disposizione la propria
testimonianza per spiegare e rendere noti gli eventi che stanno
avendo luogo in quella zona. L'impegno per la creazione di un'organizzazione
non gerarchica, che soprassieda a nazionalismo, religione, differenze
di genere, ma anche lo sforzo degli abitanti nella resistenza
agli attacchi da parte dell'ISIS. L'aula designata era gremita,
posti a sedere esauriti, molte le persone sedute per terra (tra
cui anche noi), diverse quelle rimaste in piedi, alcune addirittura
fuori dall'aula. Il particolare successo di questo meeting
rispecchia l'interesse di molti anarchici e libertari nei confronti
di quanto sta accadendo nella regione curda della Siria, soprattutto
a fronte della mancanza di rilevanza mediatica data alle vicende
in corso in quella zona. In tantissimi volevano saperne di più
e l'occasione di ascoltare una testimonianza diretta ha attirato
davvero molti uditori.
Sempre nella stessa stanza, dalle 16 alle 17, abbiamo assistito
alla proiezione del documentario “Burn!”. L'incontro
è stato organizzato dal gruppo “United Families
& Friends”, famigliari e amici di persone decedute
mentre si trovavano in stato di fermo, in carcere o sotto custodia
da parte della polizia. La pellicola ha ripercorso i fatti antecedenti
i riot londinesi dell'agosto del 2011, l'uccisione di
Mark Duggan per mano della polizia e i casi analoghi verificatisi
negli ultimi anni a Londra, offrendo un'analisi delle cause
che hanno portato alle rivolte di tre anni fa.
Dalle 17 alle 18,30, invece, abbiamo avuto modo di partecipare
a “Terrorismo, femminismo e un secolo di guerra, 1914-2014”;
i tre relatori Bojan Aleksov, Laura Schwartz e Gabriel Levy
si sono occupati, rispettivamente, della figura di Gavrilo Princip,
lo studente che sparò a Francesco Ferdinando; della suffragetta
Sylvia Pankhurst, figlia di Emmeline Pankhurst, che si oppose
alla prima guerra mondiale nonostante la madre e alcune appartenenti
al movimento suffragista fossero invece favorevoli; e della
guerra civile attualmente in corso in Ucraina. Per quanto mi
riguarda, posso dire di aver particolarmente apprezzato la relazione
di Laura Schwartz, soprattutto la parte inerente al modo in
cui, tra le pagine dei libri di storia, vengono dipinte le conquiste
delle donne dopo la grande guerra: una sorta di “premio”
che, a malincuore, venne dato loro per essersi comportate in
modo encomiabile durante l'assenza degli uomini partiti per
il fronte.
Al termine della quarta conferenza ci siamo finalmente concesse
un giro tra gli stand. Confesso di non aver visto tutto quello
che la sala offriva; il numero di persone all'interno era elevatissimo
e mi è capitato, a causa della ressa, di non riuscire
a vedere in faccia lo standista o ciò che era posto sul
suo banchetto. Si trattava di espositori principalmente anglofoni,
anche se non erano la totalità. Un turbinio di volumi,
maglie, spille, poster, dischi, riviste, articoli.
Concluso il nostro tour tra gli stand, abbiamo lasciato il centro
della città per continuare la serata in periferia. Il
bilancio della giornata è stato sicuramente positivo;
relazioni interessanti, incontri divertenti, atmosfera conviviale.
Il giorno seguente, di nuovo alle ore 17, stavo già facendo
ritorno in Italia. Oltre al libro “Cazzarola!” di
Norman Nawrocki, un numero elevatissimo di volantini, un paio
di articoli e qualche rivista, posso affermare di aver portato
con me anche la voglia di tornare nuovamente a Londra per l'Anarchist
Bookfair del prossimo anno.
Carlotta Pedrazzini
Francia/
Un ecologista ucciso dalla polizia
Si chiamava Rémi. Uno studente di Tolosa colpito a morte
da una granata assordante durante una notte di assedio al cantiere
per la diga di Sivens. La polizia francese le chiama armi non
letali. Ma fanno male. Tanti sono stati feriti, Rémi
invece è morto. Un omicidio di Stato.
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Rémi Fraisse |
Sabato 25 ottobre era stata indetta una manifestazione al cantiere
per la costruzione della diga di Sivens. Quest'opera è
contrastata dagli ambientalisti e dai piccoli agricoltori della
zona. La diga servirebbe gli interessi di alcune grandi aziende
agricole e distruggerebbe l'unica zona umida della zona. La
ditta che ha fatto “l'inchiesta pubblica” per la
realizzazione dell'opera, una procedura di consultazione tipica
della Francia, è la medesima che si è aggiudicata
l'appalto e dovrebbe gestire la diga a lavori ultimati. Una
mano lava l'altra e poi si fanno la faccia pulita.
Siamo nel Tarn, nella zona pirenaica a ovest di Tolosa.
Qui è sorta da diversi mesi una ZAD, Zone À Défendre,
un'area occupata da accampamenti, casette sugli alberi, tende,
per tentare di impedire il disboscamento preliminare all'inizio
dei lavori per la diga, che dovrebbe fornire acqua per le coltivazioni
intensive di mais.
In questi mesi gli attacchi alla ZAD si sono susseguiti in un
crescendo di violenza poliziesca. Tra i resistenti era forte
la convinzione che prima o poi ci sarebbe scappato il morto.
Migliaia di manifestanti provenienti da tutta la Francia hanno
partecipato all'iniziativa contro la diga e in solidarietà
con chi resiste nei boschi. Una grande manifestazione popolare.
Al termine del corteo qualche centinaio di attivisti aveva proseguito
per l'area di cantiere vietata e blindata dalla polizia. Le
truppe dell'antisommossa hanno usato gas lacrimogeni, pallottole
di gomma e granate. Le cariche nel bosco si sono susseguite
per ore. Molti manifestanti sono stati feriti. Rémi è
morto sul colpo. Aveva 21 anni.
Non lo conoscevamo, ma era uno dei tanti che hanno scelto di
mettersi di mezzo, di lottare contro l'imposizione di un'opera
inutile e costosa. Contro la distruzione di una zona umida,
per un'agricoltura misurata sulla qualità, non sul peso,
per una vita libera dalla feroce logica del profitto.
La piccola dimensione, l'autogestione dei territori e delle
proprie vite, un'idea di relazioni sociali che rifiuta il profitto
e sceglie la solidarietà, un'utopia concreta per tanti,
in ogni dove, uniti al di là delle frontiere che separano
gli uomini e le donne ma non le merci.
Leggendo i racconti di chi era in quei boschi, la mente è
corsa ai nostri boschi, alle nostre valli, alla nostra lotta
contro il Tav, contro le grandi e piccole opere inutili. Abbiamo
pensato ai malati senza cure, alla gente sfrattata perché
non arriva a fine mese, ai bambini stipati in scuole insicure,
senza risorse, sempre più costose. I soldi per una nuova
linea di treni, dove già c'è il treno, i soldi
per un'opera inutile, costosa e devastante li trovano sempre.
Sono l'ossatura di un sistema di drenaggio di soldi pubblici
a fini privati, che regge un'intera classe politica.
I soldi per le guerre dell'Italia – 53 milioni al giorno
– ci sono sempre. I soldi per i militari nelle strade,
per la polizia che picchia chi lotta per la propria vita, per
il proprio futuro, ci sono sempre.
Siamo in guerra. La guerra di classe, la guerra per la sopravvivenza
di un ceto di politici di professione, di cui possiamo fare
a meno. Sempre più persone lo sanno, disertano le urne,
costruiscono percorsi di autogestione e autogoverno, aprono
spazi di libertà, costruiscono il mondo nuovo che sta
crescendo nei nostri cuori.
Rémi vive. Vivrà nelle lotte di ogni dove, sarà
con noi nei mesi e negli anni a venire.
Federazione Anarchica Torinese
www.anarresinfo.noblogs.org
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