Kurdistan, donne in prima linea
Nello scorso numero, negli spazi della rubrica Antropologia
e pensiero libertario, ho pubblicato la traduzione
di un articolo di David Graeber che faceva un parallelismo
tra Spagna '36 e quello che sta succedendo nel Kurdistan tra
Turchia e Siria.
Su questo numero voglio approfondire cos'è il Rojava
in Kurdistan, ovvero un territorio a maggioranza curda che comprende
il nord della Siria e che si snoda lungo tutta la linea di confine
con la Turchia. È la parte occidentale di un ipotetico
“Grande Kurdistan” che prenderebbe porzioni di territorio
anche da Iraq, Turchia e Iran. In Iraq di fatto il Krg, (Kurdistan
Regional Government) è autonomo, anche se formalmente
sempre sotto Baghdad.
La seconda parte importante per la costruzione del “Grande
Kurdistan” è proprio il Rojava, anch'esso di fatto
autonomo dal 2012, quando grazie alla lotta e alla determinazione
dei miliziani e delle miliziane è stato cacciato l'esercito
di Assad. Importante sottolineare che il territorio autogestito
dai curdi non è senza soluzione di continuità.
Infatti è diviso in tre regioni, Kobani, Efrin e Cyzire,
amministrate dal Kurdish Supreme Committee, formato da elementi
del Kurdish Democratic Union Party (PYD) e del Kurdish National
Council (KNC). I due gruppi, seppur con differenti visioni ideologiche
e con frequenti scontri a livello politico, hanno segnato un
accordo di cooperazione il 12 giugno 2012 al fine di gestire
con un governo condiviso i territori liberati dalla dittatura
Siriana.
Importante sottolineare ancora una volta che il braccio armato
del Kurdish Supreme Committee sono le Forze di Difesa Popolare,
la People's Defence Forces (YPG) e la Women's Defence Forces
(YPJ), che da oltre due anni stanno combattendo sia contro gruppi
ribelli islamisti sia contro l'Isis. I curdi, in special modo
quelli del Pys, sono sempre stati molto cauti nelle alleanze,
giocando spesso su più fronti. Il rapporto con il governo
centrale di Damasco è anch'esso ambiguo, basato sulla
non ingerenza reciproca a livello territoriale.
Anche se dei curdi se ne è parlato poco fino a quest'anno,
in realtà dal 2011 si è sviluppato un grande movimento
per una democrazia autonoma e gli attivisti curdi hanno accelerato
la formazione di consigli autonomi radicali. I consigli a seconda
della regione hanno differenti orientamenti politici, culturali,
etnici, differenti livelli di urbanizzazione e differenti livelli
di repressione di stato. Da quest'anno, invece, si è
cominciato a parlare del Rojava a causa dell'avanzata Isis in
Iraq e quindi il coinvolgimento, non solo dei peshmerga, ma
anche dei guerriglieri del Pkk e appunto, dei suoi omologhi
siriani del Pyd. Sono stati loro, e non i peshmerga iracheni,
a creare un corridoio umanitario sul monte Sinjar per permettere
a migliaia di yazidi di scappare dall'assedio dei militanti
del Califfato lo scorso agosto.
Attualmente le People's Defence Forces (YPG) stanno addestrando
centinaia di yazidi, raggruppati sotto la sigla del Sinjar Protection
Unit. Con il Pyd e i guerriglieri del Pkk impegnati in prima
persona a contenere e fronteggiare quotidianamente i miliziani
dell'Isis in Siria.
Gli uomini del Pyd e del Pkk non combattono solo in Siria o
lungo i confini dell'Iraq, ma sono arrivati a dare manforte
ai peshmerga anche a Jalawla, a 160 km da Bahgdad e a Makhmour,
a sud di Mosul.
Purtroppo non sono riuscito ad andare di persona ad intervistare
i protagonisti della lotta di liberazione, ma ho letto molte
interviste interessanti; Bujuck per esempio lotta contro l'Isis
ormai da parecchi mesi. È un'attivista del movimento
delle guerrigliere curde e, fino a un mese fa, ha vissuto sul
confine turco-siriano in un villaggio a pochi kilometri da Kobane.
Kobane si trova nella regione di Rojava, a nord della Siria,
dove i curdi vivono in totale democrazia o almeno così
loro dichiarano, chiaramente stiamo parlando di una democrazia
“quasi” diretta, costruita attraverso consigli indipendenti
una specie di confederalismo democratico non di certo del nostro
sistema di delega parlamentare. In un'intervista ci racconta
l'importante ruolo delle guerrigliere curde nel difendere la
città dalla barbarie delle milizie nere del califfato
e dalle truppe dell'Isis.
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Miliziane nel Rojava |
«Le donne curde hanno un ruolo di leadership nella resistenza
di Kobane. Offrono uno straordinario supporto militare alla
rivoluzione. Combattono solo armate di Kalashnikov contro carri
armati e mortai. Non si può immaginare una rivoluzione
curda senza la presenza delle donne in prima linea. Unirsi ai
YPG (l'unità di difesa del popolo curdo) è una
forma di liberazione. Le giovani combattenti che entrano nel
YPJ (l'unità di difesa del popolo curdo composto solo
da donne) vengono addestrate dalle donne comandanti. Le donne
sono molto più coraggiose in battaglia, non abbandonano
mai il fronte, preferiscono morire piuttosto che finire in mano
al nemico. Le donne curde sono guerrigliere che hanno scelto
questo stile di vita».
Credo che questo aspetto di determinazione nella lotta di liberazione
da parte delle donne sia particolarmente importante per comprendere
quello che sta succedendo nei monti del Kurdistan, dobbiamo
stare attenti all'uso che i mass media stanno facendo di queste
donne, la grande stampa quando ne parla lo fa in modo superficiale
e non scrive della preparazione intellettuale di queste donne
e della loro convinzione di lottare non soltanto contro l'ISIS
ma per costruire un mondo nuovo libero dallo sfruttamento dell'uomo
sull'uomo, con una forte attenzione alle tematiche dell'ecologia
sociale e del femminismo radicale.
Andrea Staid
Leggere il Kurdistan
-
Tatort Kurdistan, Democratic Autonomy in north Kurdistan,
the council movement, gender liberation and ecology in
practice, New compass press.
- Abdullah Ocalan, Liberare la vita, la rivoluzione
delle donne, Edizioni iniziativa internazionale.
- Abdullah Ocalan, Confederalismo democratico,
Edizioni iniziativa internazionale.
- Dai monti del Kurdistan, edizioni Alpi libere. |
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