Padova/
A proposito dello sciopero del 14 novembre
Buongiorno compagni,
inviamo queste riflessioni per smentire le menzogne mediatiche
che, scientificamente, organicamente e militarmente (consentiteci
il gioco di parole), affossano ad ogni occasione i contenuti
importanti che hanno determinato la scelta, dolorosa di questi
tempi, di scioperare, e di scendere in piazza per difendere
non solo i nostri diritti, ma la stessa nostra dignità
di uomini e donne lavoratori.
Il clima sociale che stiamo vivendo è ormai vicino alla
rottura della “pace sociale”, termine usato per
indicare un equilibrio di fondo che controbilanciava le spinte
conflittuali tra le classi della società italiana, faticosamente
raggiunto dopo anni di dure lotte, sfociate nello Statuto dei
lavoratori, e la classe capitalistica dominante.
Il sistema economico globale, dopo anni di liberalismo sfrenato,
contemporaneamente alla progressiva distruzione del welfare,
sta vivendo la sua crisi strutturale più acuta, di cui
ancora non è chiaro l'esito (remember Weimar?).
Per ora viene usato come alibi per far passare scelte ancora
più dure, scaricando sulle categorie meno tutelate (compresi
i lavoratori che “godono ancora” di qell'articolo
18 rappresentato ormai come l'ostacolo per eccellenza per “ripresa”)
le conseguenze drammatiche di un sistema al collasso. Ma fino
a quando potranno spolpare l'osso delle vecchie conquiste operaie?
Si cerca di dividere i lavoratori con favolette a cui non crede
più nessuno.
Ma qualcosa, nel fronte degli sfruttati, siano essi “tutelati”
per modo di dire dall'articolo 18, siano invece i nuovi proletari
dell'intelletto, i precari, i disoccupati, le famose “partite
iva”, ecc. è cambiato!
Venerdì 14 novembre hanno incrociato le braccia tutti
insieme, lavoratori di serie A, B, C, e non lavoratori, in quello
che è stato definito “sciopero sociale”,
social strike!
Una delle componenti del sindacalismo di base ha avuto un ruolo
attivo nel promuovere e organizzare questo straordinario nuovo
movimento. Purtroppo i contenuti dello sciopero vengono sempre
messi in secondo piano, volutamente, dalla maggior parte dei
media, focalizzando l'informazione su pochi e marginali episodi
che hanno dato il solito alibi alle voci di regime per non parlare
dei veri problemi sollevati dallo sciopero, ossia diritto al
lavoro, al reddito minimo, alla casa, ad uno stipendio dignitoso
e a non vedere stravolti e calpestati diritti conquistati con
anni di lotte e di sofferenze. Qualcuno ricorda ancora i morti
di Reggio Emilia in occasione dello sciopero del 7 luglio 1960?
Lauro Farioli, Marino Serri, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi,
Alfio Tondelli, operai scesi in sciopero e uccisi dalla polizia
di Tambroni, per ottenere quegli stessi diritti che ora vogliono
farci sembrare inutili orpelli di un passato.
Noi non scordiamo, anche per questo siamo scesi in piazza.
Ecco, come rispondono i lavoratori, organizzati nell'Associazione
Diritti Lavoratori - adl cobas.
Grazie
Carlo Giacchin
ADL Cobas del Comune di Padova
via Cavallotti 2 - Padova
www.adlcobas.it
Scienza/ Il revival lombrosiano tra scienza e rivisitazioni
La ricerca dell'essenza che caratterizza le differenze fra gli
uomini (il “neuro”, il “bio”, il “corpo”,
il “gene”) va di pari passo con la riscoperta di
Lombroso. Da qualche tempo si assiste infatti alla pubblicazione
di libri ed articoli nazionali ed internazionali, a lui dedicati.
Non stupisce, quindi, che alcuni storici si consacrino alla
difesa dell'antropologia lombrosiana con l'idea che quanto prodotto
dalla storiografia del secolo scorso fosse “ideologico”,
malcalibrato e che in Lombroso, alla luce delle attuali neuroscienze,
ci fosse un fondo di buono. Così si produce una storiografia
“presentista” che individua qualcosa di progressista
nell'opera lombrosiana; una storiografia whig a cui dispiace
accostarlo al razzismo o al “nordicismo” e tende
a ritenerlo comunque parte del processo storico che gradualmente
ha migliorato l'umanità.
Condivido con gli attuali storici di Lombroso l'idea che parlarne
è sicuramente utile, ma credo che lo sia soprattutto
come monito affinché in futuro siano evitati gli errori
grossolani e pericolosi compiuti da Lombroso nell'intento autocelebrativo
di costruzione del proprio mito. Lombroso è anche utile
per indagare il profondo e inevitabile rapporto con la politica
che, in ogni epoca, influenza l'intellettuale. Sotto tali aspetti
l'opera lombrosiana e dei suoi allievi è una vera e propria
fonte inesauribile di esempi.
Come messo “generosamente” in luce da Maria Teresa
Milicia (Lombroso e il brigante) fu sul “presunto”
cranio di un “presunto” brigante calabrese –
Giuseppe Villella – che Lombroso costruì il proprio
mito scientifico, intrecciando fantasia e realtà. E così
le innumerevoli pagine scritte da Lombroso sono piene di storie
di persone che varrebbe la pena riscoprire per evidenziare come
la sua tecnica fosse quella del mitico brigante Procuste che
seviziava le vittime, stiracchiandole e deformandole a suo piacimento.
Effettivamente sono forse più esemplari le singole storie
dei suoi “oggetti di studio” (ad es. Salvatore Misdea,
David Lazzaretti, ecc.) della storiografia delle pratiche lombrosiane.
A questo punto è legittimo chiedersi perché tutta
questa letteratura su Lombroso mentre pochissimo si pubblica
su molti suoi oppositori di sicuro più apprezzabili.
Ad esempio, Zanardelli che ha incarnato gli ideali della scuola
giuridica liberale, che ha promosso in anticipo sui tempi una
legge sul divorzio, sull'educazione sessuale, sul diritto di
sciopero e favorito gli investimenti nel mezzogiorno con una
visione opposta a quella dei lombrosiani. Ad esempio, Napoleone
Colajanni che di Lombroso e dei lombrosiani si beffava, riconoscendosi
in una concezione avanzata delle scienze sociologiche e statistiche.
Personalmente ritengo che il ricorso a Lombroso sia adatto,
ancora oggi, a giustificare e a tranquillizzare per mezzo della
riduzione biologica, i fenomeni più complessi della vita
e della società. La storia lombrosiana rivela infatti
nel modo più trasparente i nodi della biopolitica che
tuttavia risultano marginalmente interessanti per gli storici
che oggi si dedicano a questa “riscoperta”, politicamente
corretta, della pseudoscienza lombrosiana.
Renato Foschi
Roma
Di Renato Foschi è stata pubblicata in “A”
393 (novembre 2014) la recensione del libro “Lombroso
e il brigante'' di Maria Teresa Milicia.
Radicamento nel sociale: primo problema
“Verrà un giorno che l'uomo si sveglierà
dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente
e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente
fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo, l'uomo
non ha limiti e quando un giorno se ne renderà conto,
sarà libero anche qui in questo mondo” (Giordano
Bruno).
Questa profezia diverrà realtà solo con l'affermazione
dei valori che definiranno umana quella società che una
consistente fetta di umanità saprà costruire prima
che l'attuale folle dominio capitalista distrugga su questo
pianeta ogni forma di vita. Lo strumento vincente sarà,
pensiamo, quell'anarchismo che stanco di studiare come organizzare
il futuro, deciderà di affrontare il presente, portando
nella società una purificatrice ventata di spirito libertario.
La grande produzione di letteratura che il movimento anarchico
ininterrottamente produce si caratterizza soprattutto come arricchimento
politico/culturale e spiega la mancanza di quella concretezza
necessaria (indispensabile) alla definizione di un operativo
progetto politico. Infatti la caratteristica principale di questa
letteratura è indicare come dovrebbe evolvere dal punto
di vista anarchico una determinata situazione trascurando però
come, e con quali strumenti operativi intervenire, nella pratica
per realizzare l'intento. È quindi un ininterrotto esercizio
teorico che rimanda “il fare” a un futuro mai definito,
cosa che dà ragione del nostro isolamento in una nicchia
minoritaria del sociale da cui è impossibile incidere
nell'immaginario collettivo di massa dove anarchismo e principi
propri dello spirito libertario sono segnati da quella improponibilità
(se non negatività) che tradizionalmente il Potere non
ha mai trascurato di attribuirci e che trova pieno passivo riscontro
nel senso comune. In questa direzione opera anche la frammentazione
del nostro movimento in mille singole realtà che marciano
per proprio conto, forti ciascuna di una interpretazione “personalizzata”
dello spirito libertario, cosa peraltro legittima ma negativa
se spinta fino a trascurare le opportunità che perfino
una situazione caotica può offrire qualora si decidesse
di evolverla in un possibile, efficiente “caos organizzato!”
per cercare - senza minimamente interferire sull'autonomia delle
realtà coinvolte - di mettere in campo efficaci iniziative
alternative al fatto che l'immaginario di cui sopra è
continuamente riplasmato, rimodellato e condizionato dalle forze
che storicamente lo manipolano.
Nel lontano XVIII secolo, con l'affermazione dell'Illuminismo,
si pensò a una svolta nella quale il senso critico avrebbe
annullato superstizioni, false credenze e tutti quei prodotti
che la metafisica da millenni sforna a gloria delle caste al
potere e, finalmente, un'epoca di verità, di giustizia
e di libertà si sarebbe inverata. Successivamente sarà
l'idea che supportata da una forte componente deterministica
avrebbe dovuto affermarsi sistemando al meglio e per sempre
le cose con il sorgere - ritenuto imminente - del “Sol
dell'Avvenire”.
Ancora oggi, in pieno XXI secolo - pur immersi in una realtà
tecnicizzata, robottizzata, informatizzata, segnata dalla svolta
epocale decollata negli ultimi decenni del secolo passato e
tuttora in piena evoluzione - vediamo il movimento anarchico
di volta in volta coscientemente o no, direttamente o meno,
ancora in larga parte sostanzialmente aggrappato “all'Idea”
- quella dalla I maiuscola - quella su cui si confida nella
sua affermazione grazie a una qualche Rivoluzione o a una improvvisa
(miracolistica) presa di coscienza di massa. Intanto la storia
ci sta insegnando che le rivoluzioni vincenti non si fregiano
di lettere maiuscole ma hanno sempre vestito i panni dei lunghi
processi operanti nel tessuto vivo della società intervenendo
costantemente in ogni aspetto dell'esistente, anche quello più
secondario, per indirizzarlo nella direzione voluta.
Essere presenti nel cuore della società a contatto con
la gente a partire dai loro immediati problemi, quelli che angustiano
la loro come la nostra quotidianità, dovrebbe/deve essere
quindi il primo impegno della nostra iniziativa che si troverà
ad affrontare problemi che sono determinati dalla politica e
che devono essere contrastati a partire da specifiche posizioni
politiche socialmente elaborate. Ma parlando di politica è
necessario chiarire alcune cose prima tra tutte la politica
che determina la qualità della nostra vita e se questa
qualità sta progressivamente scadendo ciò deriva
da una gestione della politica che tradisce la sua naturale
funzione di risolutrice dei problemi sociali trasformati invece
dai “politici'' in strumenti al servizio unicamente dei
loro particolari interessi. Partendo da questo storico dato
di fatto, negli ultimi decenni del XIX secolo il nascente movimento
anarchico, individuando nella politica lo strumento principe
del dominio borghese in esclusiva mano alla stessa borghesia,
delegò alla rivoluzione sociale il compito di sovvertire
“l'ordine costituito” per rendere giustizia ad un
popolo vessato, sfruttato, affamato.
Questa posizione che a suo tempo ha avuto molte ragioni dalla
sua parte, oggi appare superata sia per i mutati rapporti tra
politica e masse popolari (seppure mutati solo in parte), sia
per il tramonto di quella specifica prospettiva rivoluzionaria,
sia per una progressiva affermazione della centralità
della persona in quanto tale a seguito di un netto ridimensionamento
dei vecchi automatici privilegi di censo e di casta e a quant'altro
che nell'insieme caratterizzano l'attuale situazione. Questa
ci vede contrapporre, all'aggressione di classe del mondo politico
(politicista) la sola disponibilità a supportare quei
movimenti spontanei di protesta - a questi aggregandoci - che
non mancheranno mai di nascere (ed estinguersi), ma che non
potranno in alcun modo rappresentare un investimento strategico.
Investimento strategico che rimanendo finalizzato all'abbattimento
dell'attuale sistema, valutando complessità e difficoltà
dell'impegno a fronte delle nostre concrete risorse (tra cui
la nostra attuale scarsissima collocazione nel sociale) non
può che partire con toni bassi seppure forte della convinzione
che la sua prima tappa sarà la conquista nel sociale
di un proprio spazio e di una attiva e riconosciuta posizione
di rispetto.
E il terreno su cui agire è oggi offerto dal disorientamento
del popolo della sinistra con il quale occorre aprire un dialogo
per ricercare insieme le cause del vuoto politico conseguente
l'evaporazione di quel mondo di partiti e partitini che fino
a ieri sbandieravano un impegno di sinistra a difesa degli interessi
delle fasce deboli della società ma che concretamente
operavano contro queste, come oggi è clamorosamente e
chiaramente acclarato! È partendo da queste considerazioni
che noi della Federazione Anarchica Empolese stiamo mettendo
in campo, relativamente alle nostre scarse potenzialità,
vari interventi sul territorio.
Ettore Pippi
della Federazione Anarchica Empolese
Un radical/anarchico (o anarco-radicale) ci scrive
Cari compagni,
ho cinquantasei anni e quest'anno ne compio quaranta che sono
anarchico. Ho letto e studiato Godwin, Stirner, Proudhon, Bakunin,
Kropotkin, Malatesta, Merlino, financo Luigi Galleani (sul quale
ho scritto su questa onorata rivista).
Perché vi dico ciò? Perché se sono quarant'anni
che sono anarchico, sono anche quarant'anni che sono radicale.
Insomma, fin dai miei sedici anni mi sono detto anarco-radicale.
E non ero isolato.
A tale proposito, occorre far riferimento a un numero di Re
Nudo, la storica rivista di controcultura diretta da Andrea
Valcarenghi, del 1976 che conteneva, oltre alla pubblicazione
della proposta di legge radicale sulla droga, i risultati di
un sondaggio sugli orientamenti politici dei lettori. Ebbene,
in pieno clima marxista o leninista, la maggioranza relativa
dei lettori esprimeva un orientamento politico nella direzione
del Partito Radicale. Ma non si tratta solo di questo. Vediamo
i dati separatamente tra uomini e donne. Tra gli uomini, il
19,7% esprimeva una preferenza per i radicali, solo il 9,8 per
LC ad esempio, mentre gli anarchici erano il 7,8% (comunque
tanti). Interessanti anche le indicazioni doppie o triple: l'11,7%
indicava la propria preferenza per il PR più qualcosa
d'altro (LC, PDUP e AO), mentre il 5,2% indicava una preferenza
congiunta per radicali e anarchici.
Insomma, sommando preferenze singole, doppie o triple, i radicali
erano oltre il 35% di preferenze, e gli anarchici attorno al
13%.
Ancora più interessanti i dati per le donne, data l'incidenza
del movimento femminista. I radicali da soli avevano anche qui
la maggioranza relativa (20%), ma le anarchiche erano ben il
18,2%. Ma, si badi, chi indicava sia radicali che anarchici
(o cani sciolti) erano, tra le donne, ben il 16,8%. Come dire
che le preferenze radicali, tra le femmine, raccoglievano quasi
il 37% e quelle anarchiche il 35%, naturalmente i dati vanno
sovrapposti.
A questo punto chiediamoci: chi erano questi anarco-radicali?
A nostro avviso si trattava di due categorie:
a) I radicali che non erano completamente appagati dalla politica
delle singole issues sui diritti civili, che pure erano
riconducibili a un unico denominatore, la politica della liberazione
del corpo, ma che intendevano collocare quest'ultima in un contesto
più ampio, in uno sfondo ideale, anche utopico, ma più
complessivo.
b) Gli anarchici che non condividevano la linea astensionista
del movimento anarchico ufficiale, e che vedevano nelle iniziative
radicali degli inveramenti concreti, anche se graduali, di una
possibile politica libertaria, fermo restando l'ideale ultimo
anarchico. Come si vede, queste due posizioni finiscono con
il sovrapporsi.
Perché ritengo di attualità questi dati, e rendo
pubblica la mia posizione? Perché nel mondo radicale
sono aumentati coloro che si definiscono “radicali anarchici”,
e sempre di più si diffondono posizioni intransigenti
su temi come in ipotesi quello carcerario: ad esempio, abolire
il carcere e la pena e non solo riformarli.
In definitiva, penso sia interesse reciproco di anarchici e
radicali che molti dei primi si avvicinino al movimento radicale:
i primi guadagnerebbero in pragmatismo, i secondi rinforzerebbero
la propria tensione ideale e si doterebbero di più solida
cultura politica.
Saluti libertari
Fabio Massimo Nicosia
Milano
L'assenza di interessi di classe nelle nuove generazioni
Un elemento determinante per comprendere la cultura politica
attuale, e la sua tendenza nei prossimi anni, è l'ammissione
di una totale assenza nelle nuove generazioni dei cosìddetti
“interessi di classe” (quelli per cui se sei un
imprenditore vuoi determinate cose e ti comporti in un certo
modo mentre se sei un lavoratore salariato vuoi cose diverse
e, nella maggior parte dei casi, diametralmente opposte).
La società dei consumi ha totalmente appiattito qualunque
tipo di conflitto di classe, eliminando quindi dalla cultura
politica delle persone la coscienza di ciò che si sta
facendo e le responsabilità che ne conseguono. L'impressione
che si ha è che la maggior parte delle persone nate fra
la fine degli anni 80 e la fine dei 90 abbia sostituito i propri
interessi di classe con i propri consumi. Mi spiego, il crimine
fondamentale del consumismo è il far credere alle persone
che, visto che tutti possono permettersi di comprare uno stesso
oggetto, questo renda tutti uguali socialmente. La corruzione
dettata dalla società dei consumi porta a far pensare
al ragazzino di periferia di poter essere uguale al figlio della
famiglia ricca, piuttosto che al ragazzo figlio della classe
media, grazie agli oggetti che egli può comprare.
“Se entrambi abbiamo l'ultimo iPhone dove sta la differenza
fra noi due?”.
Questo elemento emerge particolarmente nei pareri sulle nuove
politiche del governo Renzi, in questo caso non si mette sotto
accusa solo la generazione in questione quanto tutti coloro
che hanno abboccato a questo nuovo fenomeno mediatico. Sta di
fatto che si possono vedere rampanti studenti universitari e
giovani disoccupati, provenienti da famiglie più o meno
benestanti, appoggiare le politiche lavorative proposte da questo
governo non domandandosi minimamente un domani a quale classe
apparterranno e come queste politiche potranno influenzare il
loro futuro.
Si sta arrivando all'assurdità totale secondo la quale
il disoccupato chiede che il governo tolga più diritti
e tassi meno l'imprenditore credendo che questo, un domani,
possa dargli lavoro.
Quest'ultimo discorso può essere tranquillamente esteso
all'attuale settore operaio (con le dovute differenze) ma necessiterebbe
di un discorso e una contestualizzazione a parte.
Il sistema capitalistico basato sulla competizione e l'individualismo
ha infuso nelle nuove generazioni la credenza che la meritocrazia
paghi e che la libertà incondizionata nei settori economici
e commerciali possa portare benefici a tutti quanti. Le nuove
generazioni abboccano senza fermarsi a riflettere se, nell'impresa
senza diritti del domani, occuperanno gli ultimi posti della
produzione o i posti di comando. Si viaggia verso l'ultracapitalismo
con un livello di fiducia che paragonarlo alla fede religiosa
è dir poco.
Il problema vero è: quando arriveremo alla resa dei conti
quante di queste persone prenderanno coscienza del loro sbaglio
e sapranno porvi un rimedio?
E nel frattempo? Cosa sarà successo?
Questa fede incondizionata nel capitalismo, nella competizione
e nel libero mercato ci porterà ad un nuovo feudalesimo
dei diritti, ci stiamo dando la zappa sui piedi e, nell'arco
istituzionale, non c'è nessuna forza politica che voglia
far emergere questo problema fondamentale (cosa che fa dedurre
che non ci sarà un'inversione di tendenza nei confronti
di questo tema da parte della società civile). Le classi
sociali esistono, gli interessi di classe sono determinanti
e spero che, prima o poi, torneremo a prenderne coscienza.
Nel frattempo godiamoci il baratro.
Gabriele Lugaro
Neive - contro-informazione, politica, musica e idee.
Savona
Cuba-USA/ Gli anarchici cubani dopo l'accordo
1. La “normalizzazione” delle relazioni tra i poteri
governativi degli Stati Uniti e di Cuba dovrebbe aiutare a eliminare
numerosi e antiquati impedimenti imposti (da questi stessi governi)
ai legami umani elementari tra le due nazioni.
2. Noi condividiamo la felicità di coloro che sono usciti
di prigione e delle loro famiglie che finalmente possono riabbracciare
i loro cari, in libertà - finalmente! - dopo molti anni
di incarcerazione “legale”.
3. Nonostante ciò, conosciamo i termini di questa negoziazione.
Si tratta di un colpo di scena che contribuisce a una mentalità
che crede nei miracoli e ci lascia come spettatori passivi.
4. Ci preoccupa inoltre che si generino nuove opportunità
per il capitale di sfruttare “più” e “meglio”
le nostre genti.
5. Ci preoccupa che si intensifichi il conformismo, l'insignificanza
e la miseria, a causa di un maggior consumismo, maggior devastazione
dei territori e maggior invasione della cultura di massa; inoltre...
6. L'imperialismo nordamericano rimane in piedi.
7. L'autoritarismo cubano rimane in piedi.
8. La Base Navale di Guantánamo non è stata smantellata
e continua ad ospitare una prigione internazionale dotata di
un centro di torture.
9. Non basta liberare un gruppo di prigionieri, né basterebbe
chiudere un carcere particolarmente odioso: tutte le prigioni
del mondo devono chiudere.
10. Non basta nemmeno che due Stati smobilitino la loro “guerra
fredda” e si mettano d'accordo sopra una serie di punti:
la vera riconciliazione tra la gente avverrà quando non
ci saranno più Stati.
11. Men che meno basta sbloccare dei mercati affinché
i possessori dei mezzi di sfruttamento del lavoro altrui e della
natura commercino tra loro: tale sfruttamento deve scomparire
subito.
12. Pertanto speriamo che, ora che all'orizzonte si intravede
il possibile smantellamento del blocco/embargo, non solo questo
si faccia tramite istanze esecutive ma che tutti i cubani e
gli statunitensi vi prendano parte con le loro volontà.
Continueremo la nostra lotta contro tutte le dominazioni: lotta
ecologista, antimperialista, anticapitalista e antiautoritaria,
in solidarietà con i compagni e le compagne nel resto
del mondo.
La libertà senza socialismo è privilegio
e ingiustizia;
Il soocialismo senza libertà è brutalità
e tirannia.
Laboratorio Libertario Alfredo
López
L'Avana, 19 dicembre 2014
traduzione a cura di Selva e Davide
Milano/Un appello per la sede FAI
Sono 38 anni che i locali ed il salone di viale Monza 255, sono
luoghi di attività sociale, libertaria e rivoluzionaria.
Sono 38 anni che ci impegniamo a mantenere questi locali punti
di riferimento per iniziative di solidarietà e di lotta,
di dibattito e di riflessione, di convivialità e di buona
cucina.
Sono 38 anni che raccogliamo materiali, pubblicazioni, libri,
manifesti per trasmettere memoria, per diffondere conoscenza.
Ora ci troviamo ad un punto di svolta. Dopo un periodo di inattività
dovuto alla pesante ristrutturazione dello stabile in seguito
al cedimento di un pavimento al primo piano, ora stiamo riprendendo
possesso non solo dei nostri spazi, ma anche di locali nuovi.
Il salone è ora in grado di ospitare eventi; la cucina
è stata completamente rinnovata nel pavimento e nelle
dotazioni; stiamo predisponendo i nuovi locali al primo piano
per ospitare ed organizzare un archivio finalmente consultabile
e disponibile. E ci siamo impegnati nell'installare l'impianto
di riscaldamento in più locali possibile, in modo da
renderli più confortevoli.
Inutile dire che ci siamo sottoposti ad uno sforzo notevole,
e non solo fisico...
Molti lavori (il nuovo impianto elettrico, la posa delle piastrelle
in cucina, la demolizione di pareti, ecc.) sono stati garantiti
dalla grande generosità di compagni, che hanno offerto
le loro competenze e professionalità; delle attrezzature
sono state messe a disposizione gratuitamente; un frigo nuovo
ci è stato regalato, ma altri lavori si possono fare
solo ricorrendo a prestazioni d'opera.
Avrete già capito che siamo a chiedervi di mettervi una
mano sul cuore e l'altra sul portafoglio e di inviarci un contributo
– qualunque esso sia – che ci aiuti a portare a
termine i lavori intrapresi e che ci faccia sentire la vostra
vicinanza.
Tanto per quantificare, ecco la lista delle spese preventivate
ed in parte già finanziate, almeno in piccola parte:
- impianto di riscaldamento (salone e locali del piano superiore)
9.000 €
- allacciamento impianto a gas 400 €
- acquisto cucine a gas e tavoli 1.725 €
- acquisto plafoniere e materiale elettrico per illuminazione
locali 300 €
- nuova serratura 100 €
- scaffalature per archivio 1.291 €
Per fare fronte a questi impegni lanciamo una sottoscrizione
con l'obiettivo di raggiungere 15.000 € in un anno: pranzi,
concerti, iniziative varie non mancheranno ma contiamo soprattutto
su di voi e sulla vostra partecipazione ed il vostro sostegno
diretto.
Certi della vostra solidarietà vi abbracciamo con affetto
e tanta anarchia!
le compagne ed i compagni della
Federazione Anarchica Milanese
Conto corrente bancario intestato a Francesco Ponticelli. Iban:
IT 52 S 03599 01899 050188526465 / Bic: CCRTIT2TXXX
I
nostri fondi neri
|
Sottoscrizioni. Paolo Guaitani (San Giuliano
Milanese – Mi) 10,00; Giuseppe Loche (Cortemaggiore
– Pc) ricordando Aldo Braibanti, 20,00; Nicola
Piemontese (Monte Sant'Angelo – Fg) 20,00; François
Argenziano (Imola – Bo) 10,00; Fabiana Antonioli
(Coassolo – To) 50,00; Enrico Calandri (Roma)
100,00; Libreria San Benedetto (Genova Sestri Ponente
– Ge) 4,70; Aurora e Paolo (Milano) ricordando
Amelia Pastorello e Alfonso Failla, 500,00; Agostino
Perrini (Brescia), 20.00; Giancarlo Attena (Napoli)
100,00; Marc Rives (Firenze) 50,00; Biagio Barbaro
(Sesto San Giovanni – Mi) 30,00; Gianni Pasqualotto
(Crespano del Grappa – Tv) 200,00; Daniele Proietti
(Piglio – Fr) per versione PDF, 4,00; Paolo
Sandrone (Cherasco – Cn) 10,00; Arnaldo Androni
(Vigolo Marchese – Pc) 40,00; Antonio Ciano
(Gaeta – Lt) 10,00; Fabrizio Cherubini (Firenze)
10,00; a/m M. Botta (Aymavilles – Ao) parte
ricavato dalla festa per Umanità Nova
a Chatillon, 40,00; Laura Cipolla (Casalmaiocco -
Lo) 10,00; Cristiana Pauletti (Verona) in memoria
di Luigi Veronelli, 20,00; Dorotea Cerra (località
non specificata) 25,00; Giacomo Dara (Certaldo
– Fi) 10,00; Giuseppe Posteraro (Amante –
Cs) 10,00; Franco Schirone (Milano) 100,00; Master
Alarm (Brescia) per un abbonamento a un carcerato,
40,00; Roberto Morolli (San Giovanni in Marignano
– Rn) 3,70; Cariddi Di Domenico (Livorno) 100,00;
Santi Rosa (Novara) 10,00; Domenico Angelino (Sant'Antimo
– Na) 10,00; Daniele Ferro (Voghera –
Pv) 20,00; Loredana Palermo (Adrano – Ct) 10,00;
Gianni Forlano e Marisa Giazzi (Milano) augurando
buon anno ad “A”, 100,00; Mirko Giacomini
(Nuvolento – Bs) 4,00; Gianlorenzo Tondelli
(Castelnuovo ne' Monti – Re) 40,00; Roberto
Palladini (Nettuno – Rm) 20,00; Massimo Teti
(Roma) 10,00; Angelo Zanni (Sovere – Bg) 20,00;
Diego Giachetti (Torino) 40,00; Saverio Nicassio (Bologna)
10,00; Carlo Capuano (Roma) 40,00; Benedetto Valdesalici
(Villa Minozzo – Re) 10,00; Antonio Pedone (Perugia)
30,00; Rino Quartieri (Zorlesco – Lo) 60,00;
Daniele Noè (Dairago – Mi) 12,00: Luca
Galletti (Lancenigo – Tv) 20,00; Rolando Paolicchi
(Pisa) 10,00; Simone Gatti (Borgo Val di Taro –
Pr) 10,00, Tommaso Regazzo (Selavazzano Dentro –
Pd) 10,00; Lele Odiardo (Frassino – Cn) 20,00;
Gino Perrone (Brindisi Casale) ricordando Paolo Friz,
10,00; Domenico Bevacqua (Leinì – To)
100,00; Alessandro Lelli (Gallese – Vt) 20,00.
Totale € 2.193,40.
Abbonamenti sostenitori. (quando non altrimenti
specificato, trattasi di euro 100,00). Fabrizio
Tognetti (Larderello – Pi); Nicola Casciano
(Novara) 140,00; Marco Breschi (Capostrada - Pt) 200,00;
Renzo Bresciani (Campi Bisenzio – Fi); Luciana
Castorani (Malagnino – Cr) 500,00; Andrea Tognina
(Berna – Svizzera); Gianni Pasqualotto (Crespano
del Grappa – Tv); Renzo Sabatini (New Yor –
Usa) 200,00; William Cattivelli (Cremona); Salvatore
Piroddi (Arbatax – Og); Loriano Zorzella (Verona);
Giorgio Sacchetti (Arezzo); Milena Soldati (Francia)
ricordando Paolo; Marcella De Negri (Milano); Alberto
Ramazzotti (Muggiò – Mb) 150,00; Luca
Magni (Monza); Aimone Fornaciari (Nattari –
Finlandia); Mario Perego (Carnate – Mb) 250,00;
Luca Todini (Torgiano – Pg) 150,00; Tomaso Panattoni
(Coventry – Gran Bretagna); Angelo Tirrito (Palermo);
Luca Denti (Oslo – Norvegia); Giancarlo Baldassi
(Sedegliano – Ud); Alfredo Gagliardi (Ferrara)
seconda rata abbonamento 2014, 200,00; Massimo Merlo
(Lodi); Pietro Steffenoni (Lodi); Nicola Farina (Lugo
– Ra); Claudio Stocco (Saonara – Pd);
Ettore Valmassoi (Quero – Bl); Giancarlo Gioia
(Grottammare – Ap); Loredana Zorzan (Porto Garibaldi
– Fe); Giulio Zen (Gualdo Tadino – Pg).
Totale € 4.190,00.
No-Tav. Sergio Quartetto (Asti) ci
ha inviato 100,00 euro in solidarietà con i
No-Tav. Li abbiamo girati alla Federazione Anarchica
Torinese, da sempre impegnata nella lotta No-Tav e
in particolare (anche) nella solidarietà ai
No-Tav colpiti dalla repressione.
Fausta Bizzozzero è
stata tra le fondatrici della nostra rivista, presente
alle tante serate e nottate di progettazione che nel
corso del 1970 ne prepararono l'uscita del primo numero,
avvenuta poi nel febbraio 1971. Già da qualche
anno attiva tra gli anarchici milanesi (ai tempi di
Pino Pinelli, per capirci), Fausta è stata
responsabile della nostra amministrazione negli anni
'70 e ha fatto parte del collettivo redazionale di
“A” fino al 1989. Nel 1977 è stata
tra i fondatori della Libreria Utopia – allora
in via Moscova – e sua anima fino a pochi anni
fa: libraia appassionata e stimata, organizzatrice
di presentazioni di libri/mostre/eventi, punto di
riferimento culturale per una marea di persone, per
decenni.
Nel 1978 ha assunto la responsabilità legale
di “A” e ha voluto mantenerla anche quando
gli impegni connessi con la libreria l'hanno allontanata
dalla vita redazionale. E tuttoggi, dopo 35 anni,
mantiene questo suo ruolo, tra l'altro avendo sempre
provveduto di tasca sua al pagamento delle quote dovute
all'Ordine dei Giornalisti per poter sostenere questo
ruolo. Complessivamente migliaia e migliaia di euro
che non sono mai stati contabilizzati né in
bilancio né tra le sottoscrizioni, come pure
avrebbero dovuto essere. “Colpa” della
sua riservatezza.
Ci fa piacere rendergliene pubblicamente grazie
in questo spazio riservato ai nostri “fondi
neri”. Anche se il sostegno di Fausta va ben
oltre le finanze, perché – certo dopo
la libreria cui ha dato anima e l'anima - “A”
è sempre stata e rimane anche una sua cosa
- e la sua casa.
p.f.
|
|