La morte di un “matto” fra le sbarre
“Gelida desolata vuota vita piatta / Eternamente uguale
/ Che fare? / Morire o fare il pazzo / Elevarsi in volo per
essere liberi?”.
Diario di un ergastolano
www.carmelomusumeci.com
Non so perché, ma penso che le brutte notizie in carcere fanno
più male che fuori.
L'altro giorno commentando il suicidio di un giovane detenuto
di appena diciannove anni ho pensato che il carcere non è
poi così bestiale e cinico come appare, perché
esegue solo il suo compito per cui gli uomini l'hanno creato.
E semmai sono gli uomini che lo rendono cinico e crudele.
Oggi invece ho letto questa notizia sulla rassegna stampa: “Un
altro detenuto muore in cella come un cane... e gli Opg [ospedali
psichiatrici giudiziari] restano aperti. Nonostante la proroga
a marzo, le nuove strutture non saranno pronte prima di due
anni: la brutta storia dei “luoghi di tortura”.
Lo hanno trovato immobile sul letto. Insospettiti dalla sua
strana posizione, gli uomini della Polizia penitenziaria dell'ospedale
psichiatrico giudiziario di Aversa non hanno potuto fare altro
che accertare la sua morte”.
E chissà perché quando muore un “matto”
in carcere, che le persone perbene chiamano ospedali psichiatrici,
mi incazzo di più. Forse perché nelle carceri
ci si finisce perché lo vuoi tu o lo vuole la tua vita,
invece nei manicomi ci vai da innocente, perché lo vuole
Dio o la natura per lui. Forse semplicemente quando muore un
matto in carcere mi girano le palle perché mi ricordo
di quella volta, appena ventenne, che mi mandarono al manicomio
di Montelupo Fiorentino dove mi riempirono di pugni nel cuore
e calci nel corpo e mi legarono per lungo tempo al letto di
contenzione.
Fu lì che conobbi Concetto. Chissà se è
ancora vivo. Non penso, almeno lo spero per lui. Probabilmente,
a quest'ora, per sua fortuna, sarà nel paradiso dei matti.
Spero solo che non sia morto legato nel letto di contenzione
o con la camicia di forza.
Mi ricordo che Concetto per il carcere dei matti era un osso
duro. E gli operatori del manicomio potevano fare ben poco contro
di lui perché lui non aveva più né sogni
né speranze. D'altronde non ne aveva quasi mai avuti.
Non c'era con la testa. Era quasi tutto cuore e poco cervello,
ma era buono e dolce come lo sanno essere solo i matti. Non
parlava quasi mai con nessuno. Lo faceva solo con me. Mi ricordo
che Concetto viveva di poco e di niente. Il mondo non lo interessava
più. Il mondo lo aveva rifiutato e lui aveva rifiutato
il mondo. Non gli interessava neppure più la libertà
perché lui ormai si sentiva libero di suo. E non dava
confidenza a nessuno, ma non gli sfuggiva niente. Concetto mi
aveva raccontato che era cresciuto da solo. Senza nessuno. Prima
in compagnia delle suore. Poi dei preti. La sua infanzia non
era stata bella. Non aveva mai avuto famiglia. Nessuno lo aveva
mai voluto. Nessuno aveva mai voluto stare con lui. Fin da bambino
aveva imparato a tenersi compagnia da solo. Solo con il suo
cuore. E con la sua pazzia. Neppure il carcere lo aveva voluto.
E lo avevano mandato al manicomio. Si era sempre rifiutato di
sottomettersi alla vita e al mondo. E dopo si era rifiutato
di sottomettersi all'Assassino dei Sogni dei matti, per questo
lo tenevano quasi sempre legato. Tutti pensavano che fosse pazzo
da legare. Lo pensava pure lui. Io invece non l'ho mai pensato.
E non l'ho mai dimenticato nonostante siano passati quarant'anni.
Nel suo sguardo non c'era nessuna cattiveria come vedo spesso
anche adesso nelle persone “normali”.
Spero che chiudano molto presto gli Opg perché non sono
altro che luoghi di tortura. E chissà quanti Concetti
ci saranno ancora dentro quelle mura.
Carmelo Musumeci
|