ai
lettori
LontAno dai riflettori
A volte mi pare che ci siano due piani, tra di loro ben distinti
e perlopiù lontani, sui quali si svolgono le nostre vite,
sia quelle di noi singoli individui sia quella sociale.
C'è il piano che potremmo chiamare del “teatrino
della politica”, non solo quella sempre più insopportabile
dei giochetti di potere, delle manfrine istituzionali, dei dibattiti
a suon di grida e insulti nei talk-show televisivi. Ma anche
quello della maxi-rappresentazione mediatica, di Charlie Hebdo,
Tsipras, le guerre, gli attentati, gli scontri di piazza, della
grande politica internazionale e delle piccole vicende locali,
quelle mediatizzate intendo. Quelle di cui si parla perché
i mass-media di fatto le impongono, perlopiù per breve
durata, per poi saltare sullo scandalo successivo, sull'attentato
del momento, sul “grande evento” di turno. In un
incessante turbinio di emozioni indotte e di verità rivelate,
che poco o nulla hanno a che fare con il secondo piano.
Che è poi quello della vita e delle difficoltà
quotidiane, di quelle che per loro natura non si prestano ad
essere mediatizzate, illuminate dai riflettori della cronaca,
sparate in televisione, poste obbligatoriamente all'attenzione
dell'opinione pubblica, che pubblica è di sicuro ma opinione
(libera) sempre meno. Mi riferisco al dramma del disagio sociale,
l'assistenza ai nostri vecchi, la difficoltà di “tirare”
alla fine del mese, la disoccupazione (non solo giovanile),
le code per un esame ospedaliero, i pericoli e le morti sull'asfalto
(e spesso sulle strisce pedonali), le mille piccole violenze,
i soprusi, il non sapere a chi rivolgersi, quella solitudine
di fronte al Moloch del potere, dei mille diffusi poteri, rispetto
ai quali la stessa cittadinanza risulta un concetto astratto,
inafferrabile.
Certo, siamo anche noi di “A” un piccolo, piccolissimo,
“mass-media”, cerchiamo di “coprire”
le notizie che ci paiono più significative, ci occupiamo
con spirito critico dei piccoli e grandi fatti nostrani e internazionali,
o almeno cerchiamo di farlo.
Ma vorremmo sempre più scostarci dallo scenario imposto,
dedicare più attenzione a quello che abbiamo indicato
come il “secondo piano”, cercare di dare spazio
e proporre soluzioni libertarie e credibili per il vivere quotidiano,
ricercare le vie per una radicalità, per una concreta
diversità che parta dalle singole esperienze di riflessione,
di costruzione di percorsi alternativi, di sensibilità
costante per le fasce deboli e marginali, per quanti “non
ci stanno”. Lasciando perdere il tifo da stadio, gli schieramenti
puri e duri, quel tanto di schemi e riflessi condizionati che
caratterizzano le guerre e le tematiche mediatiche. Sempre urlanti,
mai ragionanti.
Una critica costante e puntuale del potere, dei mille poteri
che quotidianamente ci condizionano e ci opprimono, anche di
quelli che si annidano nei comportamenti di tanti alternativi
e antagonisti. Per una ricerca di relazioni e metodi non-autoritari,
nella loro concretezza anti-autoritari, a partire da nuove relazioni
e attenzioni inter-personali. Dentro grandi movimenti sociali,
certo, ma per quanto possibile senza farsi travolgere da corto-circuiti
mediatici. In altre parole, ragionando con le nostre singole
teste.
È con questa sensibilità che “A” si
muove nella galassia anarchica e libertaria, cercando di relazionarsi
e dare voce alle mille voci di quanti – anche senza la
nostra “etichetta” – portano avanti istanze
e sensibilità anche solo in parte simili alle nostre.
Alla ricerca di quel variegato anarchismo “sommerso”
che esiste, a volte nemmeno si riconosce come tale. Ma c'è.
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