pedagogia libertaria
L'educazione che ribolle
di Maurizio Giannangeli / foto
Giulio Spiazzi
Dopo il suo articolo-quadro
pubblicato nel numero estivo (“A” 391), il coordinatore
per la Lombardia della Rete per l'Educazione Libertaria affronta
da vari punti di osservazione le esperienze concrete pedagogiche,
dall'educazione familiare alla Montessori, dalle scuole libertarie
a...
Tensioni superficiali
Passato è il tempo in cui, saldamente legati da solide
forze di coesione, potevamo aspirare, insieme ad altri/e, alla
rivoluzione permanente.
Ora, tutt'al più, ci possiamo occupare di “tensioni
superficiali” grazie alle quali ciascuno e ciascuna di
noi si trova costantemente sottoposto a forze di origine molecolare
che lo tengono in superficie all'interno della propria bolla,
nella zona di confine fra questa e la contigua. I “tensioattivi”
sembrano essere in questo senso il nuovo paradigma politico
di cui ci si dovrebbe occupare.
Questo oramai il segno di un tempo, individuale e collettivo,
che forse possiamo ancora dire “nostro”. In ogni
caso questa mutata condizione disegna uno spazio, sempre diversamente
radicato in una questione di forma, del quale ne va della nostra
esistenza e in essa della nostra felicità se, come ritengo,
pensare lo spazio è innanzitutto abitare radicalmente
il “pensiero del fuori” ossia, alla radice, compiere
esperienze di autoapprendimento nella vita.
Forse bisognerebbe avere il coraggio di abbandonare il concetto,
o meglio l'idea, dell'età evolutiva. Abbracciare l'esperienza
concreta che ogni età è letteralmente un tempo
che si ha, un tempo di ora. Il che vuole semplicemente dire
che ogni età è un tempo che, nel prender forma,
genera uno spazio che ricapitola ogni tempo e in questo modo
e in quella forma possiede una propria legittima consistenza
storicamente determinata in relazione a più mondi o costellazioni.
Nella nostra vita a quattro anni non siamo “minori”
come a ottantacinque non siamo “grandi”. L'ultima
parte di me è la più giovane, come le piante.
In ogni momento, per ogni età, «l'illuminazione
profana» vale spesso di più di appassionate indagini
approfondite e «[...] riusciamo a penetrare il mistero
solo nella misura in cui lo ritroviamo nella vita quotidiana».
Più della filosofia forse la poesia può ancora
riuscire ad essere politica.
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Granarolo dell'Emilia (Bologna) – Riunione
operativa REL a I Saltafossi |
Discorsi ed esperienze
in Italia
Da anni in Italia diverse esperienze e discorsi vanno componendo
una “galassia educativa” dove la presa in carico
dei compiti educativi è appannaggio di soggetti altri
rispetto a chi, come la scuola di Stato e le varie scuole private
di natura confessionale ad orientamento prevalentemente cattolico,
se ne è fatto carico nel nostro paese sino ad oggi.
Si tratta di esperienze e discorsi che fondano la propria “dicibilità”
su alcuni presupposti comuni e, al contempo, su alcune diversità
così consistenti da renderle di fatto tra loro non assimilabili.
È mia intenzione puntare per ora l'attenzione su tre
diversi tipi di esperienze: l'educazione familiare (homeschooling
e unschooling); l'educazione scolastica di confessione
laica ispirata a filosofie e pedagogie strutturate, più
un'esperienza che nasce entro un contesto di confessione religiosa;
infine, alcune recenti esperienze di educazione libertaria vicine
alla realtà della REL (Rete per l'Educazione Libertaria).
L'educazione familiare
L'educazione familiare, chiamata anche Homeschooling
(HS), ha il suo centro nella relazione genitori figli/e. In
Italia l'HS è una realtà ancora non troppo diffusa
ma sicuramente in crescita. Mi sembra di poter dire che in Italia
la persona che da più tempo se ne occupa e la promuove
sia Erika Di Martino. Madre di 4 figli mai andati a scuola,
Di Martino è la fondatrice del network italiano www.educazioneparentale.org
e gestisce il sito/blog www.controscuola.it
(1). Le esperienze che si raccolgono intorno
a questo network vedono nella responsabilità genitoriale
l'occasione per la costruzione di relazioni educative, in seno
alla singola famiglia come anche a gruppi di famiglie che condividono
la scelta dell'educazione familiare, improntate all'apprendimento
libero, rispettoso dei tempi e degli interessi dei figli stessi.
Le esperienze di HS in Italia partono dal dato che la Costituzione
italiana obbliga i genitori a garantire l'istruzione e l'educazione
dei figli senza stabilire un obbligo di iscrizione degli stessi
ad una scuola, che sia di Stato o privata. Come recita la testata
del sito controscuola.it
«la Scuola non è un obbligo!», l'educazione
dei figli sì.
I riferimenti sono l'articolo 30 della Costituzione, “È
dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire, educare i
figli, nei casi di incapacità dei genitori, la legge
provvede a che siano assolti i loro compiti”, e l'articolo
33 “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è
l'insegnamento. Enti e privati hanno il diritto di istituire
scuole ed istituti di educazione”. Questo il quadro normativo
di base che consente in Italia, ad ogni genitore che se ne dimostri
in grado, di occuparsi personalmente dell'educazione e dell'istruzione
dei propri figli.
Visitando il sito/blog di Erika Di Martino appare subito evidente,
in quanto ripetutamente rimarcata, la critica all'istituzione
scolastica statale. Già nell'home page si legge: «Stufi
del sistema scuola? Allora benvenuti all'Educazione Parentale».
Nel suo libro, Home Schooling. L'educazione parentale in
Italia (2), Erika Di Martino rivolge
la dedica «a tutte le persone, grandi e piccole, a cui
la società ha strappato il guizzo di gioia che si prova
nel vedere la vita prendere forma tra le proprie mani, in nome
di quella prigione comunemente chiamata scuola». L'accostamento
dell'istituzione scolastica ad una istituzione totale quale
è il carcere non è proposta come iperbole. Un'intera
pagina del blog vi è dedicata (3)
e in essa non si risparmiano le critiche ad un sistema che limita
la libertà, induce al conformismo, costringe corpi, umilia
e denigra sensibilità e coscienze. Al contempo si critica
anche la famiglia laddove si rende connivente, più o
meno consapevolmente, con un sistema siffatto: «E la famiglia?
La mentalità della scuola si è estesa a tutta
la società, i genitori tarpano le ali ai loro figli tanto
quanto le istituzioni. Quanta libertà ha un bambino a
casa? Può decidere cosa fare e quando farlo? Raramente».
Anche la famiglia quindi, attraversata anch'essa da una cultura
adultocentrica, decide per il bambino cosa sia giusto fare,
come e quando farlo, impone scelte e soluzioni facendo così
perdere al bambino la fondamentale esperienza di scegliere liberamente
e in autonomia: «Madri e padri non si accontentano di
fare i genitori, essi si vedono più come guide, come
maestri e non possono lasciare i bambini giocare liberi perché
devono continuamente stimolarli ed inquadrarli. Dopo scuola
ci sono i compiti da fare, ma tanto fuori dalla casa, il bambino
solo, non può uscire. [...] I ragazzi non sanno cosa
significhi gestirsi, non sanno cosa comporti occuparsi di loro
stessi. Non hanno mai goduto del piacere di farlo».
Del pari si critica anche la società (4)
con i suoi modelli culturali orientati al solo benessere materiale,
al possesso e al consumo. Sono tali modelli a indurre nella
relazione genitori-figli una distorsione nel senso e nel valore
degli affetti che rende sempre più difficile il compito
educativo dei genitori stessi. In questo quadro si aggiunge
danno a danno in una società soprattutto colpevole di
produrre un generale abbandono a se stessi di bambini e ragazzi.
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Avesa (Verona) – Alla scuola libertaria Kether,
libera scrittura da libera proposta |
”Una società allo sbando”
Nel complesso emerge la rappresentazione di una società
allo sbando rispetto alla quale urge che qualcuno si erga ad
argine. Appare evidente che la scuola di Stato non sia più
in grado di assolvere questa funzione. L'istituzione familiare
invece, pur con tutte le difficoltà dette, può
e anzi deve assumere questo compito: ai giovani abbandonati
a se stessi «mancano gli affetti e le relazioni di una
famiglia. Quale luogo sarebbe più adatto a questi ragazzi,
anzi bambini, se non una casa? La loro casa, intendo. Quella
casa che essi hanno ovviamente vissuto troppo poco. Troppo poco
per amarla, per conoscerla, per rispettarla. Non distruggi ciò
che ami. La casa è quartiere, borgo, vicinato, ma il
punto di partenza è il nido. Senza basi non si costruisce
nulla».
In tutto ciò non manca una declinazione di come la relazione
educativa debba compiersi (5), o meglio
cosa debba sforzarsi di realizzare per cercare di cogliere «fino
in fondo qual è la vera essenza dell'apprendimento libero».
Erika Di Martino descrive la propria esperienza, per la verità
nominandola come unschooling piuttosto che homeschooling
(6) nei seguenti termini:
- l'istruzione non è lo scopo dell'unschooling.
Lo scopo della nostra famiglia è quello di vivere insieme
armoniosamente, lasciando che ognuno di noi segua le proprie
inclinazioni. L'istruzione che ne deriva è concreta,
permanente e ricca e ciò è dovuto al fatto che
insieme viviamo un'esistenza intensa ed attiva;
- il nostro scopo è di permettere ai nostri figli di
scoprire quali sono le loro passioni e di perseguirle nella
propria vita;
- troppo spesso la scuola e l'istruzione vengono prima della
famiglia, della felicità e dei propri interessi. L'istruzione
è fondamentale, ma è secondaria all'avere solide
e forti radici e fiducia nella propria famiglia.
Elenca poi cinque concetti chiave dell'educazione familiare:
- Opportunità: creare un ambiente pieno di opportunità
per apprendere cose nuove [...] soprattutto [attraverso] un
clima familiare che valorizzi la cultura e il dialogo.
- Attenzione: prestare attenzione ai bisogni (richieste dirette
e indirette) dei propri figli così come saper riconoscere
i segnali (più o meno evidenti) di stanchezza e/o infelicità.
- Interesse: questo è il motore della ricerca e dell'apprendimento.
Se non si è interessati ad un argomento, ad un gioco
o ad un libro difficilmente esso ci trasmetterà delle
emozioni e ancor meno permarrà nella nostra mente e
nel nostro cuore.
- Libertà: i bambini devono avere la possibilità
di scegliere come, dove e quando imparare.
- Sostegno: la nostra presenza fisica e mentale. Siamo al
loro fianco come testimoni di un lungo percorso di crescita.
Infine, alcune considerazioni di Erika Di Martino espresse nel
suo recente libro sull'homeschooling meritano di essere
qui riprese. Si tratta del tema dell'attaccamento parentale e
della questione dello “stile di vita”.
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Granarolo dell'Emilia (Bologna) – Una riunione
de I Saltafossi |
Il
distacco dei figli dai genitori
All'inizio dell'introduzione viene esposta una citazione dello
psicologo e psicoanalista britannico John Bowlby: «Se
il fatto che i bambini piccoli non siano mai completamente o
troppo a lungo separati dai loro genitori fosse diventato parte
della tradizione, allo stesso modo in cui il sonno regolare
e la spremuta d'arancia sono diventate consuetudini nell'allevamento
dei piccoli, credo che molti casi di sviluppo nevrotico del
carattere sarebbero stati evitati».
Questo aspetto del distacco e della separazione dei figli dai
genitori viene ripreso in più parti nel libro come nel
blog. Esso è dichiaratamente inteso come dannoso al libero
e armonico sviluppo dei figli e, come recita la citazione stessa,
ad esso sono spesso attribuite le cause di uno sviluppo psicologico
e cognitivo sotto diversi aspetti “disturbato”.
Per quanto riguarda l'homeschooling e l'unschooling l'autrice
dichiara: «La verità è che l'unschooling
è un'estensione della filosofia dell'attaccamento parentale
(attachment parenting) e si basa sulla partecipazione attiva
del genitore non in veste di controllore, bensì di coadiuvante».
In questo senso tanto l'HS che l'unschooling sembrano partire
dal presupposto che per un equilibrato sviluppo dell'essere
umano è di primaria importanza crescere in un contesto
che favorisca lo stabilizzarsi di un “attaccamento di
tipo sicuro”, per riprendere i termini di John Bowlby
(7). Tale contesto, tale “base sicura”,
per l'homeschooler è il “nido” o “nucleo”
familiare; quel luogo primario ove il «neonato [...] programmato
per ricevere determinati segnali da parte della madre. Grazie
al rapporto che s'instaura tra i due, [...] cresce e diventa
un individuo autonomo»; rapporto che l'autrice estende
teoricamente in linea di principio sino all'adolescenza. (8)
La famiglia che sceglie l'homeschooling/unschooling per
Erika Di Martino è una realtà aperta all'ambiente
esterno naturale e sociale, quindi non chiusa su se stessa.
Ciò che appare più importante però è
che il rapporto madre-figlio sia improntato a protezione, senso
di sicurezza, affetto, capacità di ascolto e di aiuto,
tutte disposizioni d'animo che la madre, ma anche il padre,
dovrà saper comunicare alla propria prole al fine di
garantire ad essa un “attaccamento di tipo sicuro”
che, per la vita, citando Bowlby, «è una buona
polizza assicurativa. Promuove la sicurezza, è emotivamente
protettivo e ha una funzione importante nella natura umana»
anche per il suo sviluppo maturo. (9)
Stile di vita
Nell'HS e nell'unschooling la figura adulta di riferimento
sembra essere ancora la madre, anche se viene riferito che anche
il padre può esserlo, e la famiglia appare ancora rappresentata
unicamente come “famiglia naturale”. Riguardo quest'ultimo
aspetto a me non sembra vengano mai fatti riferimenti alle profonde
trasformazioni che l'istituto familiare ha attraversato e sta
tuttora attraversando. Nulla viene detto rispetto alla trasformazione
dei valori, delle norme, dei modelli sociali e delle relazioni
di genere, che fanno oramai parlare, in ambito sociologico,
di “famiglie” anziché di famiglia al singolare.10
In ogni caso il principio cardine dell'homeschooling/unschooling
è la non delega ad altri, da parte della famiglia, quale
essa sia o come la si intenda, dell'educazione dei propri figli:
«Ho notato che molte persone fanno figli per poi occuparsene
poco o nulla. I genitori d'oggi delegano costantemente i propri
figli e lo fanno fin dalla più tenera età. Essi
non hanno più quell'istinto volto all'accudimento che
avevano i nostri antenati... ». E poco più avanti:
«Mi capita di ricevere lettere di genitori che desiderano
organizzarsi in gruppi per creare delle vere e proprie scuole
appellandosi al diritto di istruire a casa. Vedete subito l'incongruenza
se si istruisce a casa allora non si fonda una scuola e viceversa».
L'autrice consiglia chi fosse interessato ad «aprire una
scuola “alternativa” [...] di ricercare le varie
e valide esperienze italiane di scuole libertarie e democratiche»,
rispetto alle quali precisa però che, «seppur libere
ed alternative [...] non sono esperienze di homeschooling,
dato che il bambino viene comunque mandato a scuola».(11)
A conferma, da alcune ricerche emerge che i genitori pongono
sempre maggiore attenzione ai percorsi di educazione e di istruzione
che vedono coinvolti i loro figli. Tale maggiore attenzione
potrebbe essere in parte determinata dal maggiore livello di
scolarizzazione dei genitori stessi rispetto ad un recente passato.
In ogni caso questa «maggiore attenzione potrebbe determinare
nei genitori una minore volontà di delega sulle scelte
scolastiche che interessano i propri figli». «In
merito a ciò, alcuni autori ritengono che, sempre più,
le famiglie considerino le scelte relative all'istruzione e
all'educazione dei propri figli una questione privata [...]
si è in presenza di una concezione della famiglia sempre
più autocentrata e privatizzata che si pone in tendenziale
opposizione con i sistemi standardizzati e burocratizzati quali
sono, appunto, i sistemi scolastici». (12)
Oltretutto l'educazione familiare porta con sé la consapevolezza
che la disposizione adeguata da parte dei genitori nei confronti
di figli e figlie si sviluppa più facilmente in un contesto
ambientale e culturale che a sua volta la favorisce. L'homeschooling
e l'unschooling quindi, detto con molta onestà, non sono
esperienze adatte a tutti. È bene che alcuni presupposti
siano ben verificati prima di avventurarsi in un'esperienza
così impegnativa. (13)
Innanzitutto è bene che entrambi i genitori siano d'accordo
e che partecipino ad una comunicazione costante con altri genitori
homeschoolers.
Se entrambi i genitori lavorano tutto il giorno non è
pensabile fare hoomeschooling. L'educazione familiare necessita
di una grande disponibilità di tempo oltre che di un
atteggiamento disponibile a seguire i liberi interessi dei propri
figli.
Sarebbe anche preferibile che il luogo dove si risiede non sia
un contesto urbano o almeno sia prossimo a contesti naturali
non troppo compromessi dall'indiscriminato intervento dell'uomo.
Altri elementi di natura culturale sono disseminati nel testo
di Erika Di Martino e riguardano svariati aspetti della vita
familiare: il rifiuto delle logiche di mercato che spingono
al consumo alle quali è bene contrapporre un'attenzione
alla semplicità e all'essenziale che bandisca il superfluo
spesso indotto dalla comunicazione di massa, l'attenzione ad
un'educazione non sessista che rifugga gli stereotipi di genere,
una cura dell'ambiente casalingo attenta ai bisogni dei figli
al tempo stesso vissuta come condivisione delle attività
domestiche, l'attenzione al rispetto dell'ambiente naturale
e del vivente, la cura dell'alimentazione... considerazioni
sintetizzate nella formula il «nostro modo di vivere»,
il «nostro stile di vita».
Questi aspetti sono rilevanti in quanto espressione di una insistita
assimilazione della scelta dell'educazione familiare con il
desiderio di privilegiare e mantenere il proprio “stile
di vita”, il proprio “modo di vivere”, garantendo
con ciò coerenza alle esperienze di apprendimento dei
propri figli. Laddove invece l'inserimento in giovanissima età
in un contesto altro e ulteriore a quello familiare potrebbe
generare sentimenti di insicurezza e di instabilità e
quindi un “attaccamento di tipo insicuro”, ulteriormente
accentuato dall'imposto distacco, dannoso alla crescita serena
ed equilibrata dei propri figli.
Questi aspetti si intrecciano alla critica mossa alla scuola
statale e concorrono a sottolineare l'importanza del legame
familiare confermando al contempo quelle trasformazioni dell'istituto
familiare stesso che lo vedono tendere all'individualizzazione
per ciò che concerne i valori, alla privatizzazione per
ciò che concerne le norme e alla pluralizzazione per
ciò che riguarda le trasformazioni dei modelli sociali.
(14)
Tanto nel web quanto nel libro di Erika di Martino l'educazione
familiare viene presentata con frequenti riferimenti alla pedagogia
libertaria e all'attivismo pedagogico, da Goodman a Dewey,
da Tolstoj a Kerschensteiner, da Korczak a Montessori, da Neil
a Borghi, da Illich a Bernardi, da Holt a Taylor Gatto, sino
arrivare ad autori e testi più vicini a noi come quelli
di Codello, Monti, Trasatti e Zavalloni. Questi riferimenti
sono integrati anche da riflessioni culturali di natura più
spirituale, teosofica o antroposofica, come quelle di Krishnamurti
e Steiner.
Homeschooling/unschooling e...
Concludo questa parziale descrizione di alcuni aspetti dell'HS,
per come ce li restituisce la persona forse oggi più
autorevole in Italia, riportando la notizia che «i ragazzi
educati a casa negli Stati Uniti sono all'incirca 2 milioni,
mentre sono pressoché 70 mila in Inghilterra, 60 mila
in Canada, 3 mila in Francia e 2 mila in Spagna, dati relativi
al 2012». (15)
L'anno scorso in Italia, il 7 e 8 giugno, si è tenuto
a Rimini il secondo incontro nazionale sull'educazione parentale
che ha visto la partecipazione di circa centoventi famiglie
rispetto alla cinquantina presenti l'anno precedente. (16)
Va detto che le esperienze di homeschooling in Italia,
come nel mondo, non sono affatto omogenee, come è facile
immaginare. Qui mi sono limitato a riportare considerazioni
e informazioni tratte da una fonte sicuramente autorevole, cercando
di rintracciare alcuni nodi e questioni che mi sono apparsi
costanti in diverse realtà da me conosciute, elementi
utili a chiarire diversità profonde con altre esperienze
educative diverse dall'homeschooling nonostante lo sfondo di
riferimenti culturali e di principi pedagogici analoghi. (17)
Le scuole Montessori
Esistono contesti scolastici, in Italia e nel mondo, dove bambini/e,
ragazzi/e, di diversa provenienza sociale e culturale possono
vivere insieme in un ambiente favorevole alla loro crescita
libera e spontanea. Queste esperienze stanno tornando ad assumere
in Italia una certa rilevanza, forse proprio grazie a quanto
si discostano, per metodi e pratiche pedagogico educative, dal
modello oramai standardizzato e unificato della scuola di Stato.
Le scuole Montessori sono tra queste un esempio. Dopo un lungo
oblio tornano ad avere nuova diffusione e a suscitare interesse,
come conferma l'apertura di nuove sedi, non solo materne o elementari,
che adottano il metodo che porta il nome della pedagogista e
filosofa marchigiana. L'interesse per l'impostazione montessoriana
è attestato anche da una rinnovata attenzione editoriale
(18) il cui intento divulgativo riguarda
tanto la figura quanto il pensiero e l'opera di Maria Montessori.
Non è qui il caso di entrare in profondità nel
pensiero pedagogico e nella pratica educativa montessoriana.
L'intento è piuttosto quello di cogliere che cosa nella
proposta delle scuole Montessori possa ancora oggi intercettare
in campo educativo un bisogno socio-politico di educazione che
non prescinde dalla possibilità di realizzare, per bambini
e ragazzi, nelle scuole di Stato o comunque in scuole parificate,
esperienze di autoapprendimento improntate a libertà
e spontaneità.
Libertà e spontaneità
Come per altre esperienze presentate in questo articolo anche
il progetto educativo montessoriano si fonda sul principio della
libera attività dei soggetti in crescita. «La libertà
degli scolari nelle loro manifestazioni spontanee» è
per Maria Montessori il centro di una corretta esperienza educativa,
anzi, come lei stessa dichiara, di un'esperienza sostanzialmente
autoeducativa. (19)
Nei primi decenni del Novecento il “bambino” doveva
essere innanzitutto “liberato” dall'oppressiva presenza
dell'adulto. Riflettendo su cosa si intende per educazione la
Montessori afferma: «La definizione che usualmente si
dà è quella che attribuisce all'educazione lo
scopo di rendere l'individuo capace di fare da sé la
sua strada nella vita. Questo comporta da parte della società
uno standard di programmi di istruzione generale: e quindi praticamente
la necessità di avere delle classi dove siano individui
di uno stesso livello mentale, o per lo meno di uno stesso livello
di istruzione, ai quali i professori danno delle cognizioni
secondo un programma stabilito ed accettato dalla legge. In
questo modo non è la vita dell'individuo che è
presa in considerazione, ma il programma da svolgere».
[...] «Il fatto che l'istruzione di un gruppo di individui
proviene dalle istruzioni date da un altro individuo, richiede
la necessità che il gruppo di individui sia seduto passivamente
ad ascoltare quello che l'istruttore dice, ed a fare poi un
lungo lavoro mentale senza aiuto seguendo le istruzioni ricevute».
(20) Purtroppo dobbiamo ammettere che ancora
oggi questa descrizione dell'esperienza educativa vale per molti
contesti ed è parte di un pensiero comune largamente
diffuso nella società che accetta ancora che i “gruppi
classe” non possano essere composti da bambini e ragazzi
di età differenti e che essi vedano mortificate le loro
curiosità, le loro inclinazioni, capacità e attitudini,
da un'organizzazione delle attività educative e di apprendimento
scandita dalla campanella di inizio e fine orario, dalla logica
dell'obbligo e del controllo e dalla “valutazione”
come premio/punizione.
A differenza di tale modo di intendere l'esperienza di apprendimento
«Tutto il movimento moderno della educazione tende a rimuovere
questo stato di cose, per sostituirvi un altro concetto fondamentale,
quello che l'educazione debba considerarsi come un “aiuto
alla vita” che si sta sviluppando [...], se l'educazione
è un aiuto alla vita, non è più il programma
il centro dell'educazione, ma lo è la vita psichica.
Di qui la conseguenza che il lavoro forzato, necessità
inclusa nei programmi, deve essere sostituito dal lavoro spontaneo.
Ed al criterio di una classe di ascoltatori, si sostituisce
l'altro della considerazione alla singola individualità».
(21)
Il bambino osservato
Il presupposto a tutto ciò è che il bambino,
ma anche il ragazzo, è un essere completo, capace di
concentrazione, di astrazione, di ragionamento, di applicazione
spesso nel silenzio, di “metodo” appunto: «Non
era meraviglioso il fatto che i bambini imparavano; ma era meraviglioso
e stupefacente il modo della loro attività». (22)
Dal presupposto che il bambino è capace spontaneamente
di atteggiamenti positivi ed è in grado da sé
di sviluppare propria creatività e proprie disposizioni
morali, unitamente al principio fondamentale della possibilità
del “movimento libero”, consegue che, per l'adulto
che accompagna il bambino nella sua personale esperienza di
autoeducazione, sono di primaria importanza tanto l'osservazione
scientifica del comportamento quanto la conseguente creazione
di un ambiente e di oggetti adatti a favorire l'autoapprendimento
stesso. L'attenta osservazione scientifica del comportamento
del bambino porta alla necessità di costruire ambienti
e oggetti che consentano ad esso il libero compiersi di «esercizi
di vita pratica» come, in altri casi, di attività
adatte ad un naturale sviluppo cognitivo. La scuola quindi si
costituisce innanzitutto come ambiente ricco di stimoli che
“invita” «il bambino ad agire, a compiere
un vero lavoro con un reale scopo pratico da raggiungere»
grazie ad azioni che trasformano in istruzione «tutti
gli atti della “vita pratica”» e contemporaneamente
prestandosi, grazie ad adeguati oggetti utili, ad uno spontaneo
«sviluppo graduale dell'intelligenza che conduce alla
cultura», favorendo sia il movimento libero del soggetto
che “abita” l'ambiente sia la possibilità
di “sbagliare” liberamente e di potersi autocorreggere
in piena autonomia.
In questo contesto l'adulto interverrà il meno possibile
(23). L'adulto «non si mette a fare
l'insegnante, ma osserva i bambini, scoprendo che sanno scegliere
da soli e che si concentrano su ciò che fanno. Nessuno
li sgrida e loro si aiutano spontaneamente; mostrano il piacere
di rimettere a posto le cose, adorano le attività pratiche
[...] ma anche le esperienze sensoriali e le lettere».
Per l'osservazione scientifica di bambini e bambine impegnati
nelle loro attività e affinché «i bambini
mostrino le loro autentiche capacità occorrono maestri
non aggressivi, non giudicanti, capaci di dare fiducia [...]
di preparare un ambiente [...] ricco di oggetti significativi,
rispondenti alle età e alle abilità progressive
dei bambini. [...] adulti che osservano prima di intervenire».
(24)
L'ambiente che accoglie
Tornando all'ambiente, il bambino/ragazzo non va a sedersi
al proprio posto, si “accomoda”. Per essere liberi/e
di muoversi occorre eliminare banchi, cattedra e aula, intesa
quest'ultima come spazio chiuso ad un esterno interdetto. Bambini
e bambine di tre e quattro anni devono poter spostare piccoli
e leggerissimi tavoli e sedie per organizzare a loro necessità
il proprio spazio dove agire insieme o da soli/e. Devono poter
uscire in uno spazio esterno all'edificio scolastico, magari
«un terreno coltivabile», in ogni ora del giorno
a loro piacimento. Analoghe possibilità devono avere
anche i ragazzi più grandi. Insomma, la scuola non è
più intesa per i bambini ma è, in tutto e per
tutto, la «casa dei bambini» e dei ragazzi: «Un
metodo educativo che abbia per base la libertà deve intervenire
per aiutare il bambino a conquistarla e deve avere per mira
la liberazione da quei legami che ne limitano le manifestazioni
spontanee. A mano a mano che il bambino procederà per
questa via, le sue manifestazioni spontanee saranno più
limpide di verità, rivelatrici della sua natura. Ecco
perché la prima forma di intervento educativo deve avere
lo scopo di condurre il bambino sulle vie dell'indipendenza».
(25)
Infine, una scuola «cooperativa e non competitiva, che
consente lo svolgimento di azioni diversificate all'interno
di un gruppo», orientata quindi a «quella “società
per coesione” (l'espressione è di Montessori) che,
via via più consapevole, contraddistingue le scuole libere».
(26)
L'aspetto in ogni caso più rivoluzionario della proposta
montessoriana, come ci ricorda Grazia Honegger Fresco che ha
avuto la fortuna di essere allieva in uno degli ultimi corsi
diretti da Maria Montessori (27), è
relativo al cambiamento nella relazione adulto-bambino. Quando
si realizza l'incontro tra «ogni bambino o bambina, ogni
ragazzo o ragazza, e un nuovo tipo di educatore, prudente negli
interventi, allenato a sospendere ogni giudizio e ad accettare
con empatia, equilibrio e ottimismo le differenze proprie di
ogni individuo» (28) si realizza l'occasione
di un'esperienza libera di autoeducazione e di autoapprendimento.
«Ovunque, questa modalità educativa che rinunzia
ad esprimere giudizi, premi e castighi ma predispone con cura
spazi di libertà accuratamente organizzati, produce gli
stessi effetti: gli inquieti si calmano, i passivi si risvegliano,
rivelano comportamenti sociali inaspettati». (29)
Possibili motivi di un ritorno di interesse
Appaiono con evidenza i possibili motivi di interesse che catturano
ancora oggi uno specifico bisogno socio-politico in campo educativo.
Innanzitutto la necessità di vedere affiancata all'istituzione
familiare una istituzione scolastica, dai piccoli di tre anni
sino ai licei, in grado di condividere con la prima (30)
un comune progetto educativo capace di promuovere libertà
di scelta, autoeducazione e autodisciplina intesi come «processo
di autonormalizzazione, di liberazione dei poteri sani da stati
di coscienza e di comportamento che ne impediscono l'adattamento
attivo» (31), offrendo, a garanzia
di questo, anche una necessaria e rigorosa formazione degli
insegnanti.
A ciò si aggiunge il riconoscimento che tale progetto
educativo è anche progetto di una società rinnovata,
nel quale il tema della pace è centrale a fronte della
venuta dell'”uomo nuovo”. Nella conferenza del 1932
“La pace e l'educazione” Maria Montessori affermava
che «per raggiungere la pace nel mondo, occorrono due
cose; prima di tutto, un uomo nuovo, l'uomo migliore; e poi,
un ambiente che non abbia più limiti innanzi all'infinito
desiderio dell'uomo».
«[...] Per unire fraternamente l'umanità intera,
occorrerebbe abbattere tutti gli ostacoli, così che gli
uomini di tutta la terra fossero come fanciulli che giocano
in un solo vasto giardino. Non sono sufficienti leggi e trattati:
ma un mondo nuovo pieno di miracoli. Così come miracoloso
apparve il bambino quando ci si avvide che egli cerca il lavoro,
l'indipendenza, e possiede tesori di entusiasmo e di amore.
Un mondo nuovo per un uomo nuovo, ecco l'imperiosa necessità».
(32)
Le scuole Montessori oggi
Come detto le scuole Montessori, paradossalmente molto più
diffuse nel resto del mondo che da noi, stanno comunque tornando
a diffondersi anche in Italia. Forse la stima di 500 scuole
che Luciano Mazzetti, presidente dell'Opera Montessori, ha dichiarato
nel Settembre 2010 al giornalista della Repubblica che lo intervistava
è probabilmente esagerata (33). Sarebbe
addirittura superiore ai dati relativi agli anni Trenta che
uno studio del CeSMon (Centro di Studi Montessoriani) dell'Università
degli Studi Roma 3 riporta in un'indagine sulla diffusione delle
scuole Montessori nel mondo pubblicata nel 2009 (34).
Questa ricerca evidenzia che in Italia le scuole Montessori,
all'epoca della ricerca, erano, per tipologia, prevalentemente
Case dei Bambini (68%) poi scuole elementari (19%) e nidi (13%);
mentre, per natura giuridica, prevalentemente statali (47%),
poi private (27%), paritarie (14%), comunali (14%) e provinciali
(2%). Le regioni in cui risultano maggiormente presenti sono
il Lazio, la Lombardia e le Marche. (35)
A differenza dell'Italia nel mondo le scuole Montessori non
sono solo rivolte all'infanzia. Oltre le “Case dei Bambini”,
gli Asili nido e le scuole primarie, esistono scuole di ordine
superiore. Attualmente in Italia sono presenti diverse scuole
secondarie di primo grado (Milano, Perugia, Roma, Como, Castellanza
(VA) e Bolzano) e pochissime scuole secondarie di secondo grado.
L'esperienza più nota e di maggior rilievo, che presenta
corsi dall'asilo nido a ben cinque indirizzi liceali (36),
è quella del Centro Internazionale Montessori di Perugia
fondato nel 1950.
”La scuola del gratuito”
Negli ultimi anni sono stati avviati progetti ed esperienze
in ambito educativo, anche in contesti ad orientamento confessionale,
che si dichiarano debitori di teorie e pratiche pedagogiche
che appartengono al patrimonio del movimento libertario.
Si tratta di proposte che nascono entro realtà più
ampie nelle quali l'esperienza scolastica è solo un tassello,
sebbene ritenuto assai importante. Spesso fondate su una dottrina
di riferimento fortemente caratterizzata, laica o religiosa,
risultano essere, anche per questo aspetto, esperienze poco
assimilabili ai contesti antiautoritari e libertari cui dichiarano
di ispirarsi.
Nonostante ciò riporto alcune informazioni su una di
queste proposte, La scuola del gratuito (37),
per i seguenti motivi: 1. il desiderio di chiarezza riguardo
alla dichiarata prossimità con le esperienze di educazione
libertaria e democratica (38); 2. il fatto
che tale progetto ambisca alla definizione di una legge quadro
che modifichi l'attuale realtà della scuola anche di
Stato; 3. il rinnovato interesse che in anni recenti proposte
analoghe sembrano suscitare anche in ambienti non confessionali.
L'idea e il progetto
L'idea de La scuola del gratuito si sviluppa da una proposta
di don Oreste Benzi, La società del gratuito, avviata
a metà anni '90 all'interno dell'Associazione Papa Giovanni
XXIII (39). Si tratta del progetto di una
società nuova, “alternativa” a quella del
profitto, al cui centro resta l'uomo, in relazione ad altri
uomini e a Dio: «il progetto di una società diversa
basata su meccanismi alternativi al profitto, alla legge di
mercato e al consumismo, una società il cui centro siano
le relazioni di Gratuità tra gli uomini.» [...]
«Il principio che dà forma alla società
del gratuito è l'alterocentrismo, contrapposto all'egocentrismo
della società del profitto». (40)
Il progetto della Scuola del gratuito nasce quindi in questo
solco (41). L'incipit dal Manifesto della
Scuola del gratuito riassume così: «La scuola del
gratuito nasce all'interno di un dibattito più vasto
avviato dalla Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
sulla necessità, oggi, di progettare una società
diversa basata su meccanismi alternativi al profitto, alla legge
di mercato e al consumismo, una società il cui centro
siano le relazioni di Gratuità tra gli uomini. Essa origina
dal nostro essere cristiani, convinti che in ogni persona si
manifesta l'Immagine e l'Amore di Dio creatore e di suo Figlio
Gesù Cristo». (42) Data simile
premessa il Manifesto, attraversato da riferimenti alla dottrina
della Chiesa cristiana che orienta la vita al realizzarsi di
«un nuovo mondo che anticipa il Regno di Dio», chiarisce
bene le intenzioni e le proporzioni del progetto educativo.
Ricorrono alcuni temi già visti nell'homeschooling
o nel progetto montessoriano, come anche, in termini teorici,
presenti in esperienze educative libertarie e democratiche.
Il Manifesto indica prima alcuni principi generali. Li elenco
riprendendone il senso dal testo presentato dall'Associazione
Comunità Papa Giovanni XXIII:
- «Siamo convinti che l'educazione non può che
essere Gratuità. Educare significa infatti “sviluppare”,
“far emergere” dalla persona quelle doti e quelle
potenzialità che aspettano di manifestarsi.»
In questa prospettiva ogni 'persona' contiene in sé
«un progetto originale e prezioso, unico e irripetibile»
che la Scuola del gratuito si propone di far crescere e sviluppare;
- Il centro dell'atto educativo è la relazione. «Senza
relazione infatti l'educazione decade a semplice informazione
[istruzione]: obiettivo della scuola divengono [così]
i soli contenuti su cui si sviluppano il successo personale
e la competizione, strumenti privilegiati del profitto e causa
principale di emarginazione».
- «All'interno della relazione educativa la scuola
esige dalla persona l'impegno a sviluppare tutte le sue potenzialità
come premessa e condizione per un processo di valutazione
teso a promuovere l'individuo».
A questi principi fanno seguito altre interessanti definizioni
sia di modalità e forme della relazione educativa sia
dei soggetti che ne prendono parte.
- Gli ultimi: «Gli allievi in situazione di difficoltà
costituiscono una risorsa. [...], la classe [...] impara a
riflettere sui valori, a pensare ai bisogni di ciascuno, a
darsi tempi più idonei a tutti per un sapere più
profondo. [...] L'integrazione di questi allievi è
pertanto obiettivo irrinunciabile della Scuola del Gratuito».
- No alla scuola uguale per tutti: «La Scuola del Gratuito
è una scuola che si adegua ai bisogni dell'individuo
[...] Non esiste più la scuola uguale per tutti ma
ciascuno usufruisce di un percorso proprio [...] Non esiste
una valutazione uguale per tutti [...] Ciascuno ha diritto
ad una valutazione rispettosa della propria identità
che sia atto educativo di fiducia e di valorizzazione. [...
una] valutazione compartecipata tra i membri della comunità
di classe e [...] autovalutazione personale. Non esistono
ritmi di lavoro e di apprendimento uguali per tutti. A ciascuno
viene riconosciuto il ritmo proprio modellato sui bisogni
personali».
- Non 'insegnare' quanto 'educare': «L'insegnante è
vero educatore. [...] coerente maestro di vita, capace di
cogliere e valorizzare i doni e le diversità specifiche
[...] non esercita il potere sui suoi allievi, lo condivide,
ciò gli conferisce autorevolezza senza essere autoritario».
- Il gruppo, la classe: «La classe è luogo di
esperienza della gratuità. Si sta assieme e si lavora,
educatori ed allievi, [...] per la passione dell'educare e
del crescere. La classe è vera comunità di ricerca
[...] di accoglienza e di cooperazione».
- La lezione: «La “lezione” è il
momento di ricerca della comunità di classe. [...]
di confronto, di comunicazione attiva e partecipata, di laboratorio,
al fine di realizzare un apprendimento cooperativo [...] La
lezione non obbliga l'allievo ad apprendere ma lo stimola
gratuitamente a dare risposte ai suoi bisogni di scoperta
e di vita».
- Scuola attiva: «Le attività svolte rispondono
all'interesse degli allievi che partecipano alla scelta e
alla programmazione delle stesse. [...] sono previsti tempi
specifici per lo sviluppo dei rapporti personali e della vita
comunitaria».
- La famiglia: «La famiglia, ente educativo primario,
non è cliente della scuola ma sua stretta collaboratrice
nell'educazione. La scuola chiede la partecipazione attiva
della famiglia ai progetti educativi e alle scelte metodologiche
[...] la famiglia ha diritto di partecipare attivamente al
processo di valutazione scolastica dei propri figli».
- Consulenti esperti: «[...] strumento importante di
relazione e di risoluzione dei nodi educativi, [la] consulenza
professionale di esperti nel campo psicopedagogico».
- Collaborazione tra educatori: «Gli educatori scolastici
[lavorano] in stretta cooperazione [con] spirito di accoglienza
e stima reciproca. [...]progettano e verificano [...] strategie
educative relative ad ogni allievo [...] disposti a svolgere
un lavoro comune di revisione delle cause e delle conseguenze
dei propri metodi e comportamenti».
Nell'insieme i punti proposti presentano alcuni temi ricorrenti
quali il riconoscimento di ogni singolarità e dei suoi
bisogni; la cooperazione e la condivisione delle scelte; la consapevolezza
che l'apprendimento non si risolve nell'istruzione, ancor meno
nella semplice acquisizione di contenuti preordinati; l'importanza,
nell'apprendimento, dell'aspetto metacognitivo; il privilegio
di un apprendimento attivo, di una scuola del fare; la cura e
l'attenzione all'altro da sé nel privilegio di forme di
relazione dialogica improntate al reciproco ascolto; il riconoscimento
della differenza come valore; il rifiuto di forme di valutazione
giudicanti a favore di processi partecipati di osservazione e
di auto osservazione della propria esperienza.
|
Osimo (Ancona) – La forza di Serendipità.
Un costante lavoro di incontri con i genitori |
Pedagogia
del gratuito
I singoli punti proposti trovano anche un'ulteriore articolazione
in un altro documento su Approfondimenti e indicazioni del manifesto
della scuola del gratuito (43) pubblicato
sul blog della Pedagogia del gratuito. In verità tale
documento ribadisce quanto già espresso nel Manifesto.
È interessante però rilevare come il testo abbandoni
gli espliciti riferimenti alla dottrina religiosa cui appartiene
il progetto per offrirsi in una forma e in un linguaggio propri
dei contesti scolastici.
Da questo testo emerge rafforzata l'idea di come la Scuola del
gratuito intenda la relazione educativa tra adulto e giovane
in crescita, e di come alcune 'scelte' pedagogiche e didattiche
siano indispensabili per la sua corretta realizzazione al fine
di dare vita ad una più felice esperienza educativa anche
nelle scuole statali.
Alcune di queste “scelte” meritano di essere riportate:
- abolizione dei voti: l'eliminazione dei voti a vantaggio
di una “valutazione partecipata” è necessaria
al realizzarsi di un'esperienza di autoapprendimento non-competitiva
e di una relazione educativa bambino/ragazzo/adulto fondata
sulla “gratuità” anziché su premi
e punizioni;
- l'alunno è il programma: la costruzione condivisa
di attività vicine alle personali inclinazioni e motivazioni
di bambini e ragazzi è indispensabile per una reale
valorizzazione degli interessi di studio e di approfondimento
di ognuno e per il rafforzarsi di consapevolezza e autonomia.
«C'è quindi una programmazione per obiettivi
generali e un programma che viene costruito continuamente
con gli allievi e per gli allievi, costruito e scelto insieme
con un patto formativo ed educativo»;
- tempi e modi di ciascuno/a: rispetto delle differenze e
delle diversità vuole innanzitutto dire rispetto dei
differenti modi e tempi di apprendere in un contesto che al
tempo stesso è vissuto con spirito cooperativo di appartenenza
al gruppo, alla comunità. «Dare tempi adeguati
a ciascuno per le prove di verifica: ognuno deve essere messo
in grado di dimostrare quello che è capace di fare»;
- regole condivise: per vivere un'esperienza realmente partecipata
occorre che «tutte le decisioni e le regole dovranno
essere condivise e partecipate, mai imposte da parte dell'insegnante»;
- comunità di pratica e di ricerca: l'apprendimento
nasce dai problemi che bambini e ragazzi portano e si pongono.
Da questo presupposto discende che la “lezione”
è «un momento di scoperta e di ricerca e una
risposta alle curiosità e ai bisogni degli alunni»
vissuta spesso fuori dall'aula. «La lezione non sarà
stabilita a priori ma diventerà il momento in cui l'insegnante
armonizzerà le richieste e le curiosità degli
alunni con gli aspetti irrinunciabili del programma»;
- famiglia e scuola: il progetto della Scuola del gratuito
comporta un coinvolgimento attivo delle famiglie tanto nella
definizione del “progetto didattico-educativo”
quanto nella partecipazione «al processo di valutazione
dei ragazzi [...] attraverso incontri regolari tra insegnanti
e genitori».
È la stessa Associazione Comunità Papa Giovanni
XXIII a mostrare apertamente quanto l'intento del progetto sia
quello di promuovere «una legge quadro sulla scuola che
riguardi tutti i cicli scolastici, imperniata sulla centralità
della persona e sulla Gratuità dell'educazione» (44).
In effetti le Proposte di linee operative presentate arrivano
a toccare temi quali l'articolazione dei programmi; crediti, certificazioni
e diplomi; la dimensione dei contesti scolastici; il numero di
alunni per classe; la riorganizzazione degli Organi Collegiali;
il rapporto con le famiglie e con gli “esperti” esterni;
la formazione e l'aggiornamento degli insegnanti; la revisione
del sistema di determinazione degli organici. Tutte questioni
molto specifiche e soprattutto molto “scolastiche”
dove appare evidente lo sforzo di mediazione di un approccio “democratico”
entro un impianto ancora istituzionale.
Il linguaggio di questi testi tradisce ancora una visione adultocentrica
“democraticamente” convinta che la presenza dell'adulto
sia indispensabile al bambino o al giovane. Questi, proprio in
quanto minore, deve ancora scoprire quale sia il dono in sé
ricevuto e come farlo fruttare per offrirlo al mondo. Proprio
per questo l'assenza di una guida da parte dell'adulto pregiudicherebbe,
nella giovane vita in crescita, la possibilità di “formarsi”,
anche “spiritualmente”, quale “uomo nuovo”,
pilastro della prossima Società del gratuito. Un uomo nuovo
capace «di passare dall'io al noi, di esprimere la propria
originalità» ma capace anche «di camminare
insieme, [di partecipare al] vivere comunitario e sociale.»
L'obiettivo dichiarato diviene allora «educarli [bambini
e adolescenti] come nuovi cittadini alla Società del gratuito
e [...] non farli prostrare alla società del profitto»
[...] «C'è un bene comune nel quale la persona è
inserita. Un corpo sociale che significa questo camminare come
popolo. E per questo camminare come popolo la scuola è
un luogo determinante importantissimo». (45)
Da tutto ciò si coglie anche il fatto che una comunità
educante a orientamento confessionale legittimamente attribuisce
all'educazione e all'insegnamento funzioni specifiche a partire
dalla dottrina da cui prende le mosse e rimane, in relazione a
tale fonte, in un rapporto di riconoscimento di un principio di
autorità non discutibile, anche laddove tale comunità
dichiarasse di non voler svolgere alcuna funzione dottrinale.
Per quanto riguarda il convegno, La scuola del gratuito. Pedagogia
della gratuità per una società più felice,
tenutosi il 5 e il 6 ottobre del 2013 a Valdragone (Repubblica
di San Marino) è interessante ascoltare gli interventi
facilmente reperibili nel web (46): dall'introduzione
di Giovanni Paolo Ramonda all'intervento di Ferdinando Ciani su
“La pedagogia della Scuola del Gratuito: gli elementi caratterizzanti
e le sue esperienze”; dalla relazione di Irene Stella su
“L'esperienza delle scuole libertarie: gli studenti come
protagonisti” all'intervento di Riziero Zucchi sul ruolo
della famiglia “Pedagogia dei Genitori e Pedagogia del Gratuito:
dare voce alle famiglie nella scuola”, per arrivare anche
al dibattito conclusivo del primo giorno dove gli stessi Irene
Stella e Riziero Zucchi polemizzano sulla possibilità reale,
per i bambini che frequentano scuole democratiche e libertarie
in Europa e nel mondo, che siano gli stessi bambini/ragazzi a
decidere se un adulto che si propone loro come “insegnante”
educatore sia davvero la persona più adatta ad accompagnarli
nella loro esperienza di autoapprendimento. (47)
Che cos'è l'educazione libertaria
Sul sito della Rete per l'Educazione libertaria è possibile
leggere e scaricare la proposta di un Manifesto per l'Educazione
Libertaria (48) che potrà modificarsi
nel tempo e che, per ora, fissa alcuni aspetti che accomunano
alcune esperienze autoeducative libertarie nate in Italia. In
questo documento si trova descritto cosa si possa intendere
per educazione libertaria: «L'educazione libertaria è
un insieme di principi ed esperienze unite ad una pratica organizzativa
di tipo democratico che riconosce ai bambini e alle bambine,
ai ragazzi e alle ragazze la capacità di decidere individualmente
e in gruppo come, quando, che cosa, dove e con chi imparare
e la capacità di condividere in modo paritario le scelte
che riguardano i loro ambiti organizzativi. L'educazione libertaria
fonda la relazione educativa adulto-bambino sul riconoscimento
di tali capacità quali mezzi per lo sviluppo dell'autonomia
e della libertà di scelta dei bambini. Il contesto da
noi privilegiato per la messa in opera di principi e pratiche
democratiche così intesi è la scuola.»
Questa possibile definizione indica già alcuni aspetti
irrinunciabili:
- principi ed esperienze sono strettamente collegate ad «una
pratica organizzativa di tipo democratico» nella forma
della democrazia diretta. Ciò consente ad ogni soggetto
di partecipare concretamente alle scelte che riguardano gli
«ambiti organizzativi» trovando riconosciuta nel
collettivo la propria singolarità individuale;
- ogni soggetto che prende parte al contesto educativo libertario
viene considerato in grado di decidere, in piena autonomia,
forme, tempi e modi della propria esperienza di autoapprendimento,
sia da solo che insieme ad altri/e;
- il contesto privilegiato si dice “scuola” e
non istituzione scolastica, quindi di fatto esterna a qualsiasi
istituzione formale riconosciuta che opera compiti educativi
(Famiglia, Scuola e Chiesa).
Il primo aspetto, ossia l'unione indissolubile di principi e organizzazione
è centrale. Il realizzarsi di relazioni paritarie, di scelte
libere e autonome, di condivisione di regole e di attivazione
di pratiche autoeducative non si dà se non grazie ad una
forma di vita organizzata, anch'essa condivisa e partecipata,
che ne consenta la realizzazione. Nelle esperienze educative libertarie
non contano più di tanto i principi astratti quanto la
loro concreta esperibilità.
Se il primo punto è ciò che rende possibile sul
piano concreto le esperienze di educazione libertaria, il secondo
aspetto è quello che di fatto gli attribuisce senso. Non
è assolutamente possibile costruire contesti educativi
libertari se non si parte dal riconoscimento che ogni essere è
in grado da sé di decidere cosa per se stesso ha valore
ed interesse. Questo riconoscimento vale per qualsiasi età,
genere, cultura, aspetto, carattere, abilità, ecc...
Da questo presupposto discende il fatto che l'esperienza autoeducativa
in ambito libertario si fonda sul riconoscimento di ogni singolarità
al punto tale da darsi una forma organizzata che consenta ad ognuno
e ognuna di autodeterminarsi e di partecipare liberamente alla
forma più ampia dell'essere collettivo, dell'essere comunità.
Tutto ciò con uno sforzo non da poco in quanto tale forma
non si fissa una volta per tutte ma si trasforma e diviene costantemente
entro la quotidiana esperienza. Scuole
libertarie e scuole progressiste
Nel merito delle recenti esperienze di educazione libertaria
in Italia un'altra considerazione, riguardo a quanto sin qui
scritto, può ricevere luce dalle riflessioni di Alexander
Neill a proposito del fiorire di scuole dall'aspetto umanitario,
innovative e con dichiararti riferimenti al libertarismo, nella
Gran Bretagna dei primi anni Venti del secolo scorso. Quel notevole
proliferare di scuole non può essere paragonato al più
modesto diversificarsi delle esperienze pedagogico educative
attualmente in atto in Italia. In ogni caso le riflessioni di
Neill appaiono pertinenti al nostro tema e, per certi versi,
attuali.
Francesco Codello, nel suo libro La buona educazione, ripercorre
il pensiero di Neill in questo modo: «Queste scuole sottolineavano
particolarmente il loro aspetto umanitario, la loro filosofia
umanistica, ma non si possono considerare fino in fondo e consapevolmente
libertarie, anche se avevano tratti di libertarismo. Alexander
Neill, in un articolo del 1920, critica queste esperienze proprio
nel loro equivoco e nella loro non sufficiente libertà,
sostenendo che, in realtà, esse concedono ai ragazzi
solo spazi limitati di questa libertà, mascherando di
fatto tratti di forme più sottili di autoritarismo, imposta
nonostante l'etichetta di scuole progressiste. [... In esse]
il bambino, sempre secondo Neill, può esprimere il suo
essere in modo limitato e comunque dentro certi schemi precostituiti.
Insomma scuole nelle quali ancora troppo forte era l'autorità
degli adulti e l'ispirazione filosofica di questi».
Prosegue Codello: «Queste scuole e questi educatori mescolano
istanze libertarie, teosofia, pedagogia montessoriana, creando
nuove strade, nuove metodologie, nuovi sentimenti e nuove suggestioni,
per fondare comunque un mondo nuovo e diverso attraverso l'educazione.
Sarà soprattutto Alexander Neill e la sua esperienza
di “Summerhill” che segneranno in modo evidente
e chiaro le differenze tra un'educazione autenticamente libertaria
e una invece genericamente progressista. Neill rigetta non solo
la teosofia e il misticismo che l'accompagna, ma anche nei confronti
del metodo montessoriano sottolinea la sua diversità,
imputando alla Montessori un'impostazione troppo rigida e preordinata
che produce solo una libertà comunque vigilata e controllata
dall'adulto. La differenza, potremmo dire, sta nell'impostazione
di Neill tra l'educazione ad essere e quella progressista come
educazione al dover essere. In altre parole la prima è
un'educazione che prescinde da un'idea di uomo a priori e si
preoccupa della libertà rispetto all'altra che, preoccupandosi
invece del dover essere, non fa che trasmettere e imporre un'idea
precisa e pre-definita di uomo, occupandosi di formare un uomo
nuovo». (49) Rispetto alla seconda
impostazione educativa descritta da Codello si potrebbe anche
invertire i termini e sostenere che l'educatore o il contesto
educativo che si pre-occupa di formare un uomo nuovo, finisce
per trasmettere e imporre un'idea precisa e pre-definita di
uomo e con ciò a privilegiare il dover-essere rispetto
all'essere.
Esperienze non formative bensì politiche
Il brano forse un po' lungo ci serve a chiarire un punto che
ritengo importante. Le esperienze di autoeducazione libertaria,
comprese quelle attualmente presenti in Italia, prescindono
da un intento “formativo”, non puntano alla “formazione”
o, quantomeno, non appartengono a quello spirito educativo informato
da un'idea precostituita di uomo o di “essere nuovo”
cui tendere. Per quanto i soggetti che danno vita a tali esperienze
tra bambini, adolescenti e adulti, assumano o si riconoscano
in posizioni apertamente critiche e spesso divergenti nei confronti
di modelli culturali, economici e sociali dominanti, in genere
non sentono il bisogno di articolare una “programma educativo”
che disegni, nel contesto che loro stessi autonomamente conducono
e costruiscono giorno per giorno, l'obiettivo astratto di un
“essere” da formare, anche se vagamente definito,
quale compito assegnato alla comunità autoeducante. In
queste esperienze non si avverte la necessità di costruire,
seppur in forma condivisa, un “modello” di uomo
e/o di vita da raggiungere, un punto di arrivo cui l'esperienza
autoeducativa debba tendere, nemmeno in termini di generalità
o di universalità, figuriamoci di dottrina. Semmai si
tratta di lasciare la possibilità a cisacuno/a di esprimere
liberamente ciò che al presente è per vivere il
comporsi, nella relazione, di un'esperienza di autoeducazione
che non si sa dove condurrà.
Seppur attraversate da spirito divergente e deviante le esperienze
di educazione libertaria sembrano non fare di tale antagonismo
l'espressione principale e il tema centrale del loro stesso
esistere. Detto più semplicemente, non sono “progressiste”.
Altrimenti detto si rifiutano sia di anticipare la relazione
tra chi “abita” il contesto autoeducativo con un
obiettivo educativo predefinito, sia di trasformare a posteriori
ogni evenienza della relazione in norma generale che, in termini
di principio, possa essere estesa ad altre relazioni, ad altri
“incontri”, ad altri contesti. Semmai si tratta
di privilegiare incidentalità e incontro, fallibilità
e reciproco riconoscimento, e, soprattutto, «un'etica
che non si basi su un formalismo astratto e universalistico,
[... semmai] un'etica contestuale, libera da ipoteche fondazionali
e aperta alla provocazione delle emergenze singolari e delle
molteplici alterità, umane e nonumane» (50)
lasciando al futuro e all'aperto quel che è loro più
proprio: l'ignoto.
È così che più le forme di vita, di azione
e di pensiero che si compongono nel contesto autorganizzato
risultano divergenti da modelli precostituiti o anche semplicemente
previsti, meno, coloro che le vivono, sentono la necessità
di trasformarle erga omnes in norme valide per ogni contesto,
in principi validi per ogni “essere”, in una sorta
di “istituzione”. La condizione è perennemente
istituente, i soggetti della relazione sono costantemente in
tensione all'interno di un processo di individuazione mai definitivamente
risolto, neanche in termini teorici.
È quindi certo che non si tratti di «educare al
dover essere». Forse nemmeno di «educare ad essere»;
a meno di considerare il divenire una “dimensione dell'essere”,
per altro non soltanto umano. Forse non si tratta propriamente
nemmeno di “educare” quanto di “abitare”,
di uno “stare tra” che sia null'altro che un diveniressere
in relazione a mondi, a contesti collettivi o ambienti preindividuali
di volta in volta differenti e di cui si è “parte”
nel riconoscimento reciproco, negandosi qualsiasi forma di dominazione.
In questo senso tali vissuti credo possano dirsi, più
che formativi, pienamente “politici”.
Francesco Codello ha trovato un'espressione a mio giudizio assai
felice laddove, riportando i pensieri di Alexander Neill negli
ultimi anni della sua vita, afferma: «L'educazione di
“Summerhill” è una scommessa sulle emozioni,
sui sentimenti, sulla libertà che educa, è più
che una speranza per un futuro migliore». (51)
Sì, una scommessa vissuta quotidianamente che vale più
di una speranza per un futuro migliore. È in questo senso
che le esperienze di educazione libertaria non sono 'progressiste'.
Come a dire che il presente, il qui e ora dell'esperienza educativa
libertaria, è forma di vita continuamente rinnovata a
partire da ciò che profondamente ci attraversa: sentimenti,
emozioni, affettività, scoperta, mistero, rischio, sofferenza,
appartenenza, apprendimento, piacere, distacco, domanda, prossimità,
amicizia, inimicizia, incomprensione, complicità, distanza...
in una parola, autoeducazione liberamente vissuta con altri/e
disposti a rischiare insieme la propria felicità.
Libertà, autonomia e organizzazione
L'altro punto, già accennato in precedenza, riguarda
la relazione particolare che, in assenza di un “progetto
di uomo nuovo”, si viene ad instaurare tra esperienza
e libertà. Su questo aspetto riporto il giudizio espresso
da Michael P. Smith nel suo Educare per la libertà se
non altro per la sua estrema chiarezza: «Una delle difficoltà
che si incontra nel parlare di un'educazione libertaria
e liberatoria è che oggi praticamente tutti gli insegnanti
pensano di essere impegnati in un'educazione che è, in
qualche modo, “libera”. Con questo intendono un
regime educativo che non eserciti una pressione troppo forte
sugli alunni [...], che consenta agli alunni qualche possibilità
di scelta e di iniziativa [...], e che vagamente è volto
allo sviluppo di ciò che è latente e potenziale
nell'alunno. [...] La parola libero, in questo senso, non è
che una versione debole dei concetti pedagogici ottocenteschi
di crescita e sviluppo [...]. Questo non è affatto ciò
che i libertari intendono quando parlano di educazione libera.
Essi, prima di tutto, hanno una coscienza più precisa
di ciò da cui gli alunni devono essere liberati. [...]
In secondo luogo intendono la parola libertà in modo
più complesso. In senso lato vogliono che i bambini crescano
come persone dotate di una certa indipendenza, con la capacità
di scegliersi i propri valori, di impegnarsi effettivamente
per i valori che hanno scelto, e anche di rifiutare i valori
che non condividono. Un'espressione che descrive adeguatamente
questo stato di indipendenza morale è “la proprietà
di sé” di Max Stirner [...]. In terzo luogo pensano
che crescere in un modo libero non può essere un processo
passivo. Non è sufficiente trattare meglio i bambini,
in modo più liberale e umano». (52)
Il brano chiarisce bene un altro punto importante, o meglio
intreccia in modo da rendere tra loro inestricabili libertà,
autonomia e organizzazione. Il nodo di cosa sia la libertà
nell'esperienza autoeducativa si rafforza nella consapevolezza
che vi è libertà se vi è possibilità
di autonomia e vi è possibilità di autonomia se
alla relazione che costruiamo insieme si dà una forma
organizzata che la consente. Si è liberi nel momento
in cui si appartiene insieme ad un'esperienza che, al presente,
consente a ciascuno e ciascuna, che sia infante, adolescente
o adulto, di crescere e vivere in uno stato di indipendenza
morale, con la capacità di scegliere i propri valori,
di impegnarsi effettivamente per i valori scelti, e anche di
rifiutare i valori non condivisi. È per questo che le
esperienze di educazione libertaria, anche in Italia, si costituiscono
al di fuori di qualsiasi istituzione formale, che sia la Famiglia,
la Scuola o la Chiesa, istituzioni che appartengono al mondo
adulto, innegabilmente nate e istituite proprio al fine, nel
bene o nel male, di offrire e garantire, dal bambino all'umanità,
un indirizzo morale ovviamente ritenuto giusto e corretto. Il
riferimento di Smith a Max Stirner in questo senso è
pertinente. (53)
Nel contempo è proprio l'intreccio di libertà,
autonomia e organizzazione che rende indispensabile la costruzione
di contesti educativi in un campo aperto tanto al possibile
quanto all'imprevisto, all'organizzato quanto all'impensato,
che impediscano, o quanto meno riducano al minimo, qualsiasi
forma di dominazione a partire da quella dell'adulto e delle
sue istituzioni su bambini e ragazzi.
Caratteristiche comuni dei contesti educativi
libertari
Anche nelle esperienze educative libertarie nate in Italia
in questi ultimi anni non è tanto il principio astratto
della libertà ad essere al centro quanto piuttosto la
necessità e l'intimo bisogno di dare vita a pratiche
di relazione libere da qualsiasi forma di autorità imposta,
da qualsiasi forma di dominazione. Da questo punto di visto
persino termini come “educazione” e “pedagogia”
risultano in effetti controversi (54), laddove
parole come “libertà”, “autonomia”
e “organizzazione” risultano più significative.
Nel contesto libertario ciò che è in gioco sono
proprio le forme della relazione educativa, il loro corrispondere
alla centralità delle esperienze di autoapprendimento
il più possibile libere da forme di dominazione, quindi
anche, se non soprattutto, liberate dall'imperio delle “necessità”
dell'insegnamento proposto dall'adulto.
Di fatto è proprio dal punto di vista dell'organizzazione
che, pur nelle differenze che contraddistinguono ogni singola
esperienza, sono di fatto rintracciabili caratteristiche comuni
che segnano il punto di questo spostamento dall'insegnamento
all'autoapprendimento. Queste “caratteristiche fondative”
comuni che mirano a garantire questo spostamento sono così
riassunte da Francesco Codello (55):
- democrazia diretta nella formulazione delle decisioni
riguardanti la vita scolastica
- partecipazione facoltativa alle lezioni
- apertura totale al contesto ambientale come presupposto
indispensabile per l'apprendimento attivo e partecipe
- relazione egualitaria tra adulti e bambini/e, ragazzi/e
- valutazione condivisa e non selettiva del percorso di apprendimento
- molteplicità e varietà dei curricula
- gestione non violenta e partecipata dei conflitti
- molteplicità metodologica
- non confessionalità religiosa e/o ideologica
- ruolo di facilitatore dell'insegnante
Ciascuno di questi punti concorre quindi a costruire un contesto
che rende ragione di un principio libertario. Soprattutto però,
e questo è sicuramente più importante, le caratteristiche
fondative qui indicate consentono concretamente il realizzarsi
di esperienze di autoapprendimento, per quanti vi si trovano
coinvolti, autenticamente libere, autonome e consapevoli.
Alcune esperienze: Kether, I Saltafossi,
Mareggen...
Al fine di rendere ragione con degli esempi concreti quali
siano particolarità e caratteri delle esperienze di educazione
libertaria presenti oggi in Italia riportiamo brevi informazioni
tratte dalle stesse presentazioni di alcune di queste realtà.
Kether è la più longeva esperienza di educazione
libertaria presente in Italia in quanto «diretta espressione
e radicale rielaborazione di Kiskanu, realtà scolastica
libertaria che ha operato per sette anni (2004-2011) nel territorio
di Verona e che attualmente non esiste più. [...] Kether
- piccola scuola libertaria, [...] quotidianamente, dal 2012,
sviluppa il suo percorso educativo incidentale sulle colline
di Avesa-Verona».
«La Piccola Scuola Libertaria “kether”, nasce
a Verona da un gruppo di ragazze/i che vive percorsi di crescita
differenziati, volti, al raggiungimento dell'autonomia di studio
[...] e, alla [...] creazione di un ambiente sociale spontaneo
basato sull'incontro e la valorizzazione naturale delle differenze.
[...]
Il cammino di studi viene svolto in ambiente di pluriclasse
[...] Gli strumenti didattici [...] sono spuri e molto spesso
prodotti direttamente [...]. L'educazione [...] è [...]
incidentale, non direttiva, informale/a-formale, auto-gestita,
consapevole, autonoma e soprattutto non adultocentrica. [...]
“organismo partecipato in costante divenire”, è
l'assemblea espressa in ritmi non vincolanti, [...] ogni partecipante
l'assemblea ha diritto di voto indipendentemente dall'età,
dal “ruolo”, dalla “condizione” naturale,
sociale ecc.
Bambine/i, ragazze/i, sono liberi di decidere dell'assunzione,
del mantenimento e del licenziamento di accompagnatrici/ori
come pure della frequentazione o meno delle stesse/i, delle
loro materie proposte [...]. Il piano di studi annuale e d'intero
percorso viene deciso assieme ai singoli interessati e costantemente
dibattuto ed elaborato. L'eventuale assenza nella frequentazione
di una materia viene auto-gestita o su richiesta, accompagnata
ad un fine [...] Nella piccola scuola libertaria kether è
presente la figura di accompagnatrice/ore di riferimento, scelto
da ogni singola bambina/o, ragazza/o [...] non ha funzioni di
“maestro”, “professore”, “tutore”
e così via [...] La piccola scuola libertaria kether,
mette dunque a disposizione cicli di supporto allo studio incentrati
sull'interesse e l'autonomia all'auto-apprendimento per una
scuola realmente organizzata giorno dopo giorno da bambine/i,
ragazze/i, dunque da chi sceglie di puntare sulle proprie motivazioni
di crescita [...]. Le bambine/i e le ragazze/i che costruiscono
il loro equilibrio-kether di conoscenza, lo fanno sulla base
di continue, precise/insondabili, libere scelte». (56)
L'esperienza de I Saltafossi nasce sulle colline intorno a Bologna,
a Cadriano, a partire dalle esperienze che in campo educativo
da più anni l'Associazione Culturale Merzbau (57)
va sperimentando.
Il progetto è attivo per bambini/e e ragazzi/e dai 3
ai 14 anni. Attualmente partecipano al progetto 30 bambini dai
3 ai 12 anni e 5 educatrici/accompagnatrici.
Si tratta di «[...] un progetto educativo ispirato alle
pratiche dell'educazione non autoritaria, libertaria e democratica
[...] Finalità di questo progetto è sperimentare
un modello educativo dinamico che favorisca espressioni e relazioni
che si affinano nei bisogni e nelle potenzialità di ogni
persona. [...] Riceve ispirazione e impulso dalle esperienze
di educazione democratica (democratic education) vive e attive
in varie parti del mondo (http://www.eudec.org/home/).»
Dal documento (58) presentato dall'Associazione
sono tratte le seguenti specificazioni:
Paradigma pedagogico
- un contesto educativo basato sulle pratiche dell'educazione
libertaria è congeniale ai bisogni dei bambini/e;
- la scuola è una bottega-laboratorio permanente,
che i bambini possono abitare, [...] in cui la relazione fra
le persone grandi e piccole è basata sull'ascolto e il
rispetto reciproci;
- la scuola è una fucina dove è possibile
sviluppare punti di vista che offrano prospettive e soluzioni
molteplici [...];
- la relazione è al centro del processo educativo;
- il ruolo dell'adulto è di educatore e accompagnatore
ma anche di testimone, coordinatore e ricercatore;
- la scuola è una piazza aperta e realtà
laica aperta a tutti, [...] luogo del sapere condiviso;
- le famiglie sono attivamente partecipi.
Pratica educativa
- determinante apporto delle esperienze incidentali nell'apprendimento;
- lo strumento dell'assemblea per ricercare percorsi, regole
e scelte condivise tra adulti e bambini;
- laboratori e progetti senza suddivisioni per classi e
età;
- flessibile negli orari e nella partecipazione;
- no ai voti, costruzione di un curriculum individuale;
- approccio sistemico alle conoscenze.
Mareggen, officina del crescere (59) è
una realtà di educazione libertaria che si trova sulle
colline alle spalle di Genova dove è stato ristrutturato
un rudere «nella frazione Mareggia di Davagna [...] da sempre
chiamato dai paesani “Mareggen”». Al suo interno
è stata realizzata una “scuola” che gode anche
dello spazio naturale esterno. «Il desiderio di mantenere
un legame con la realtà territoriale e con la tradizione
del posto, ci ha spinti a mantenere il nome Mareggen. Officina
del crescere vuole dare l'immagine della scuola come realtà
di sperimentazione ed in continuo divenire. La nostra Associazione
ritiene [...] fondamentale il benessere e la felicità del
bambino [... e] aderisce alla Rete di Educazione Libertaria italiana
(REL) e all'European Democratic Education Community (EUDEC) [...]».
A nostro avviso, un'offerta educativa seria deve considerare
con attenzione sia il ruolo delle insegnanti, sia l'ambiente
di apprendimento, sia il ruolo degli allievi.
Il ruolo delle insegnanti
Il ruolo delle “insegnanti” non è quello
di trasmettere nozioni [...] ma quello di accompagnarlo [il
bambino n.d.r.] in un percorso di crescita comune. [...]
Il primo aspetto rilevante, pertanto, è il fatto che
l'adulto assuma il ruolo di regista preparando un “ambiente
educativo” adatto ai piccoli. [...] Il bambino dal momento
in cui entra, fino al momento dell'uscita, ha la possibilità
di scegliere ciò in cui desidera adoperarsi autonomamente
o richiedendo l'aiuto dell'adulto [...] La cura dell'ambiente
si declina nella scelta del materiale da offrire [...] sulla
base delle proprie conoscenze pedagogiche e dell'osservazione
costante dei bambini.
Il secondo aspetto fondamentale è l'autoeducazione, ossia
la capacità di interrogarsi sulla bontà del proprio
operato educativo, individualmente e in equipe. [...]
Il terzo aspetto è inerente alla pratica educativa quotidiana
fatta di gioia e passione nella vita con i bambini, di capacità
di giocare, di essere servizievoli [...] di presentare adeguatamente
i materiali che hanno a disposizione, di comprendere quando
intervenire e quando ritirarsi, di lasciare spazio all'autonomia
del bambino, di saper ricercare e sperimentare insieme, di avere
calma e pazienza [...].
L'ambiente educativo
L'ambiente ha stimoli sensoriali, psicomotori, grafico-pittorico-plastici,
matematici, linguistici, botanici, musicali, geografici, e così
via, tutto a portata del bambino. L'adulto a volte ne è
il tramite, mostrando l'uso di ogni cosa, a volte lascia la
libera sperimentazione permettendo l'elaborazione di ipotesi
e soluzioni e di nuovi usi del materiale stesso. Grande importanza
viene data alle attività manuali e creative [... che]
nascono da una proposta che viene fatta dall'adulto e che può
essere accettata o meno dal bambino. Il piccolo sceglie in modo
indipendente ciò che desidera fare. Si sviluppa in questo
modo non solo un'autonomia motoria legata alla grande libertà
di movimento spazio-temporale, ma anche di pensiero.
[...] L'ambiente per essere vivo [...] si modifica: nascono
nuovi strumenti, nuove attività, a volte anche imprevedibili
perché imprevedibile è l'interesse che nasce in
ogni momento dall'incontro. I bambini chiedono di costruire
ciò che l'adulto non aveva previsto, [...]. Chi accompagna
si fa umile osservatore [...]. Quotidianamente usciamo, accudiamo
gli animali portandogli cibo, seminiamo l'orto, raccogliamo
la verdura e la frutta e passeggiamo nel bosco. Pattiniamo,
andiamo in bicicletta, ci arrampichiamo sugli alberi. La natura
è lo spazio vitale dell'essere umano, ci ricarica e ci
dà quel senso di appartenenza che nessuna parola è
in grado di fornirci [...].
Il bambino
Concepiamo un bambino libero, autonomo, capace di scegliere,
gioioso quando apprende e si impegna, un bambino che assorbe
tutto quanto vive nell'ambiente, che forma nella quotidianità
la propria personalità, sensibile agli atteggiamenti,
pensieri ed emozioni di chi lo circonda. [...]
Pensiamo che ogni persona si realizzi attraverso [...] una sua
propria strada che se non percorsa può portare all'infelicità.
[...] Vi sono intelligenze multiple e ognuno di noi conosce
e struttura il mondo circostante attraverso una specifica intelligenza
che fa da filtro per le svariate esperienze [...]. L'insegnante
ha il compito di capire quale intelligenza caratterizza ogni
singolo studente [...]; in questo modo [...] intende consentirgli
un apprendimento gioioso per la formazione sana della sua specifica
personalità.
Serendipità
Oltre alle esperienze sin qui citate vi sono altri contesti
che stanno nascendo o che si sono formati di recente.
Ad Osimo (AN) ha preso avvio una scuola dell'infanzia libertaria
e montessoriana, che si chiama Serendipità. Emily e Veronica
hanno dato avvio al progetto di «una scuola che permetta
agli individui di esprimersi liberamente, di essere ciò
che sono, nel tentativo di preservare il più a lungo
possibile la loro unicità e irrepetibilità. Tutte
le attività didattiche partono da questo principio, che
non siamo noi adulti a dover plasmare i bambini, a modificarli
per quello che dovrebbero essere, ma aiutarli ad essere quello
che loro sono. Compito delle educatrici e degli educatori diventa
quello di accompagnare i bambini nella loro crescita, nella
maniera meno interventista possibile. [...] Rifiutiamo l'etichetta
di insegnanti perché vi è una bella differenza
tra l'insegnare e l'apprendere e un apprendimento può
dirsi tanto più significativo se parte da una libera
scelta frutto di una motivazione personale.»
Il progetto coniuga insieme pedagogia montessoriana, libertaria
e antiautoritaria perché «questi tre filoni [...]
presentano parecchie zone di connessione: fiducia nel potenziale
umano, libera scelta, sostegno all'autonomia e all'autogestione,
abolizione del modello adulto-centrico, preservazione della
curiosità infantile, educazione sensoriale, stretta connessione
con la natura, rispetto dei singoli tempi, importanza dell'ambiente,
connessione con il contesto circostante».
Il progetto Serendipità ad Osimo non si configura, in
negativo, come semplice «opposizione alla scuola pubblica,
ma come una possibilità», in positivo, di offrire
un'esperienza educativa con caratteristiche specifiche e particolari:
[...] vorremmo costruire un laboratorio permanente di socialità,
creatività, crescita, educazione emotiva e culturale.
Ci proponiamo con il desiderio di riuscire a creare una sinergia
con le scuole del territorio, con la consapevolezza che la verità
non risiede in nessun modello educativo». (60)
Urupia, educazione libertaria nel Salento
Concludiamo questa rassegna ricordando che proprio lo scorso
settembre ha preso avvio un'esperienza educativa libertaria
ad Urupia, una comune libertaria nel Salento, dove per altro
si è anche svolto il V° Convegno nazionale della
REL.
Anche nel testo di presentazione del progetto della comune libertaria
Urupia emergono alcune di quelle caratteristiche comuni ai diversi
contesti educativi libertari nominate prima.
Secondo le comunarde di Urupia «un'educazione vera e profonda
si sviluppa solo come autoeducazione e si realizza necessariamente
nel confronto con l'altroil resto da sè [...] il contesto
comunitario è un terreno socialmente fertilissimo per
mettersi in gioco, [...] per esplorare, conoscere e sperimentare
a contatto sia con gli elementi naturali [...] sia con le numerose
possibili attività [...] per un apprendimento reale,
pratico, che avviene grazie a un fare, [...] un conoscere che
arriva [...] dall'esperienza vissuta e non da quella trasmessa.
Un apprendimento [...] incidentale che, in quanto tale, avviene
secondo i tempi, le necessità, i modi, le specificità
e i desideri di ogni singolo individuo, con la sua diretta e
consapevole partecipazione.
Una comunità educante, autoeducante, nella quale solo
chi vi prende parte - persona grande o piccola che sia - decide
cosa e come vuole fare, [...] dove crescere al di là
di programmi già confezionati e obiettivi predeterminati.
Non ci sono metodi già istituiti [...l'autoapprendimento
si compie] in una relazione paritaria, [...], con un deciso
superamento dell'idea di un apprendimento fisso a seconda dell'età
e, quindi, abbandonando la divisione per classi.
Le cosiddette “materie” verranno apprese in modo
organico, creativo, cercando di eliminare la divisione fittizia
tra i vari ambiti del sapere [...] non abbiamo ricette, sappiamo
solo di voler imparare insieme ad essere accoglienti e aperti,
a non avere preclusioni, a non temere l'ignoto e lo sconosciuto,
nel tentativo di sviluppare la curiosità, il piacere
e l'autonomia personale imparando anche a leggere, scrivere,
far di conto... e molto altro ancora.
L'idea è di partire da settembre 2014 con particolare
riferimento ai e alle piccole dai tre anni, ma disponibili ad
accogliere anche altre fasce di età [...]
Una comunarda [...] si impegnerà come referente costante
sia nello sviluppo sia nella pratica di accompagnamento di bambini
e bambine, in collaborazione con un'amica di vecchia data di
Urupia [...] questo progetto è aperto non solo al territorio,
almeno per quel che riguarda la sua caratteristica di laboratorio
sociale e intendiamo gestirlo nel pieno rispetto delle necessità
e della sensibilità di ognuno. Confidiamo inoltre di
riuscire a creare [...] scambi aperti e pubblici: il desiderio
è di allargare ulteriormente, e con un balzo di qualità,
la rete di relazioni di cui gode la comune.
[...] crediamo che qualsiasi progetto sociale possa svilupparsi
e resistere se può contare sulle forze non solo di chi
decide di viverlo quotidianamente, ma anche di chi trova un
significato in esso, una motivazione a sentirsene parte. [...]
la sostenibilità economica di questo progetto è
uno dei punti centrali del percorso di costruzione e una sfida
aperta è riuscire a svincolare la partecipazione dal
contributo economico dei genitori: come riuscirci è tutto
da pensare». (61)
Ultime osservazioni personali
«Tra la bolla di sapone e il suo creatore regna una solidarietà
che esclude il resto del mondo.[...] Mentre le bolle si dispongono
nello spazio, colui che le ha create è autenticamente
fuori di sé – vicino ad esse e in esse. [...] il
giocatore che vive l'esperienza si precipita nello spazio aperto
e trasforma in una sfera animata la zona situata tra occhio
e oggetto. [...] Chi rimane fedele a questa giovane vita nel
suo esodo fuori dalla camera di bambino? [...] Esiste, dunque,
in ogni circostanza, qualcuno di cui i bambini costituiscono
l'estasi quando escono planando nello spazio del possibile e
continuano la loro opera? [...] Quale essere-fuori-da-sé
sarà, allora, tutto ciò che effettivamente è?»
Peter Sloterdijk
«Il bambino lavora su di sé soltanto nella misura
in cui lavora fuori di sé – e questa è,
appunto, la definizione del gioco.» Giorgio Agamben
La rassegna delle esperienze e dei progetti educativi qui presentati,
che condividono da un lato la critica al sistema scolastico
nazionale dall'altro un'attenzione alla centralità dell'apprendimento
di bambini e ragazzi il più possibile libero dai condizionamenti
e dalla direttività degli adulti, non ha certo il valore
di approfondito studio comparativo.
Quello che spero sia emerso è che, a partire dai due
presupposti appena enunciati, forme, intenzioni e pratiche dei
diversi progetti ed esperienze esposti presentano differenze
sostanziali che, positivamente, permettono di incontrare bisogni
che nella società sono effettivamente anche fortemente
diversificati se non, sotto certi aspetti, persino confliggenti.
Per non apparire superficialmente equidistante devo dire che
è mia personale convinzione riconoscere nell'esperienze
educative libertarie una maggiore concreta corrispondenza a
forme di “relazione educativa” realmente autoeducative
e di autoapprendimento in grado di ridurre quasi a zero, se
non di evitare totalmente, direttività e dominazione
adulta; cosa che ritengo di primaria importanza.
Probabilmente è così perché in me vive
la convinzione che la locuzione “relazione educativa”
è di per sé ridondante.
Non si è ancora riflettuto abbastanza su quanto il significato
della parola educare, in relazione alle concrete esperienze
di autoapprendimento, possa essere diversamente inteso. Aldilà
del suo significato etimologico la parola educare può
non essere necessariamente intesa nel senso del trarre, condurre,
o portare-fuori-da-sé un'interiorità segreta dell'essere.
Un'interiorità segreta anche a se stessa, spesso rappresentata
come forza naturale, spontanea e sorgiva, non sempre ben definita,
che va tutelata e protetta, aiutata a trovare la via di manifestarsi
all'esterno, di venire alla luce del mondo per realizzare il
proprio progetto spesso inesorabilmente in conflitto con le
forme e le regole che hanno storicamente segnato il mondo esterno,
giacché il mondo, storicamente inteso, è “concepito”
adulto.
Forse educare potrebbe anche essere inteso in altro modo, con
altro movimento. L'esperienza educativa, l'autoeducarsi, potrebbe
essere esperienza dello sporgersi su un fuori-da-sé che
ci trascende. In questo senso non si dà un'età
più idonea di altre per l'autoeducazione e l'autoapprendimento,
anzi, non c'è più età se non l'intera vita.
Mi chiedo: non è fuorviante pensare l'educare quale esperienza
che consente a ciascuno di noi di aiutare/si a condurre fuori
l'altrui o la propria interiorità segreta dell'essere?
È possibile invece intendere l'autoeducarsi come un continuo
portarsi e sporgersi verso il fuori-da-sé, l'osare dirigersi
verso un'esteriorità, verso un ignoto che non ci appartiene,
al di qua e al di là di qualsiasi atteggiamento proprietario?
Forse si tratta allora di qualcosa di ben diverso dalla manifestazione
di una interiore verità di noi stessi, se non nella forma
di un'affacciarsi vertiginoso verso ciò che costantemente
non siamo. Un'esperienza dell'essere-fuori-da-sé che
può anche il potere di non compiersi del soggetto. Uno
“stare tra”; felice espressione nata in una piacevole
conversazione/incontro con Filippo Trasatti in cui andavamo
riflettendo insieme agli amici e alle amiche del centro FOA
- Boccaccio di Monza (62) su alcuni caratteri
dell'esperienze educative libertarie.
Un operare senza opera, davvero un planare nello spazio del
possibile e dell'imprevisto che resti un planare che si sporge
su un vuoto, su ciò che viene meno. In questo senso un'estasi,
di certo un'attrazione. Chissà che la meravigliosa capacità
del bambino di concentrarsi nel ripetere lungamente gesti e
azioni fin dai primi anni di vita non sia che l'espressione
e il fuoco di questa vertigine verso ciò che egli stesso
non è ma lo attraversa e lo chiama a sé. Attrazione
che crescendo può spaventarci, persino terrorizzarci.
Chissà che l'essere adulto altro non sia che l'esito
della rimozione di questa vertigine del fuori, il negare e il
negarci al potere di questa attrazione. «Quale essere-fuori-da-sé
sarà, allora, tutto ciò che effettivamente è?»
Età della vita
Bisognerebbe avere il coraggio di abbandonare il concetto,
o meglio l'idea, dell'età evolutiva. Abbracciare invece
l'esperienza concreta che ogni età è letteralmente
un'età, un tempo che si ha, un tempo di ora. Il che vuole
semplicemente dire che ogni età è appunto un tempo
che si ha in quel preciso momento e che, nel prendere forma,
genera uno spazio che ricapitola ogni tempo e in questo modo
possiede una propria legittima consistenza. Il che vuole dire
che nella nostra vita a quattro anni non siamo 'minori', come
a ottantacinque non siamo 'maggiori'. L'ultima parte di me è
la più giovane, come le piante.
Maurizio Giannangeli
Note
- Per poter accedere al Network (www.educazioneparentale.org)
è necessario iscriversi e attendere che la propria
iscrizione venga accettata e approvata. In seguito per poter
navigare è necessario fornire una sottoscrizione. Il
sito/blog personale (www.controscuola.it),
chiaro e ricco di notizie, è invece immediatamente
navigabile.
- Erika Di Martino, Home Schoooling. L'educazione parentale
in Italia, © 2014 Erika Di Martino. Il libro è
acquistabile on line.
- http://www.controscuola.it/la-scuola-una-prigione/.
- http://www.controscuola.it/la-colpa-e-dei-padri/,
http://www.controscuola.it/cambiare-i-paradigmi/.
- http://www.controscuola.it/il-nostro-unschooling/.
- http://www.controscuola.it/homeschooling-unschooling/.
Qui trovate una compiuta descrizione delle differenze tra
homeschooling e unschooling. In breve, le famiglie che fanno
homeschooling in parte riproducono la scuola in casa ponendo
attenzione ai programmi, ai curricula ecc.; i genitori che
adottano l'unschooling (il cui 'padre' è John Holt,
http://www.johnholtgws.com/) lasciano che i propri figli siano
liberi di decidere come, dove, quando e sopratutto cosa imparare.
- John Bowlby (1907-1990) psicologo e psicoanalista britannico,
studiò soprattutto l'importanza del rapporto tra infante
e adulto di riferimento (negli anni '30 e '50 quasi esclusivamente
la 'madre naturale' entro un contesto di 'famiglia naturale')
e le possibili conseguenze sulla personalità, anche
in età adulta, di un'eventuale separazione precoce
nei primi anni di vita (dal sesto mese sino ai tre anni per
l'essere umano) elaborando la 'teoria dell'attaccamento'.
L'editore Bollati Boringhieri ha pubblicato in tre volumi
Attaccamento e perdita (1999, 2000). Altri lavori sono
stati pubblicati dagli editori Cortina e Giunti. Sull'attaccamento
parentale: http://www.attachmentparenting.org/principles/intro.php.
Dalla teoria dell'attaccamento si è anche sviluppata
una teoria del deficit parentale. Per chi fosse interessato:
http://parentaldeficit.it/blog/2014/02/22/dalla-teoria-dellattaccamento-alla-teoria-del-deficit-parentale/.
- Erika Di Martino, Op. cit., 2014, pag. 16 e pag.
12 (Da pag. 10 i riferimenti a John Bowlby).
- Dall'ultima intervista rilascita da John Bowlby nel 1990,
anno della sua morte, al prof. Leonardo Tondo (Professore
Associato di Psicologia Generale, Dipartimento di Psicologia,
Università di Cagliari) http://www.stateofmind.it/2012/06/john-bowlby-intervista/.
- Su tali argomenti vi è svariata letteratura, dalle
importanti ricerche di Chiara Saraceno (Sociologia della
famiglia, 2007/2013, Coppie e famiglie. Non è
questione di natura, 2012, ed altri), a più sintetici
studi: Anna Laura Zanatta, Le nuove famiglie, Il Mulino
(1997/2008). Con altro sguardo, comunque pertinente e molto
interessante: Filippo Trasatti, Contro natura. Omosessualità,
Chiesa e biopolitiche, 2008 Elèuthera (http://www.eleuthera.it/scheda_libro.php?idaut=127&idlib=232).
- Erika Di Martino, Op. cit., 2014, pag. 8 e pag. 15.
- Brunella Fiore, Insegnanti e famiglie: una relazione
non conflittuale?, pag.218, in Gli insegnanti italiani:
come cambia il modo di fare scuola. Terza indagine dell'Istituto
IARD sulle condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana,
a cura di Alessandro Cavalli, Gianluca Argentin, 2010 Il Mulino
– Studi e ricerche 595.
- Erika Di Martino, Op. cit., 2014, da pag. 52 a pag.
57 i due capitoli: Chi può fare Educazione Parentale?
e È una scelta che va bene per tutti?.
- Anna Laura Zanatta, Op. cit., Il Mulino (1997/2008),
pagg. 15-18.
- I dati sono riportati dal sito http://www.controscuola.it.
Controscuola è anche su facebook: https://www.facebook.com/Controscuola.
- http://www.sceltaetica.it/s-cool-secondo-incontro-nazionale-sulleducazione-parentale-in-italia/
A questo link potete trovare diversi interventi svolti all'incontro.
Oltre a quello di Erika Di Martino su L'importanza della
famiglia, sono visibili l'intervento di due genitrici,
Luisa Morici e Sybille Kramer, che raccontano le loro esperienze
di educazione familiare in Italia; quello di Maurizio Parodi,
dirigente scolastico autore di libri critici contro il sistema
scolastico attuale (La scuola fa male, Basta compiti!
Non è così che si impara, Gli adulti
sono bambini andati a male); l'intervento di Jacqueline
Pirtle di origine svizzera, vissuta a N.Y. ora a Torino, che
si occupa di naturopatia e guarigione spirituale e ha scelto
per i propri figli, insieme al marito, l'educazione familiare;
infine l'intervento di Andrea Conti, ricercatore indipendente,
fisioterapista e studioso dell'alimentazione della specie
umana. Tutti gli interventi sono anche su youtube.
- A tale proposito invito a navigare nel web. Vi è
davvero una messe di informazioni, di blog, di scambi di opinioni
e di discussione molto ricca e nutrita. Mi limito a riportare
solo alcuni indirizzi: https://istruzionefamiliare.wordpress.com/tag/homeschooling/,
http://buntglas.wordpress.com/homeschooling/,
http://www.equazioni.org/index.php/homeschooling/,
http://miofiglioascuolanoncelomando.blogspot.it/,
http://bimbifeliciacasa.blogspot.it/p/home-schooling-la-nostra-esperienza.html,
- Dal 1999 ad oggi sono state nuovamente pubblicate, da diversi
editori oltre che dall'Opera Nazionale Montessori, le sue
opere più importanti ed anche testi inediti oltre a
diversi testi critici a carattere biografico e scientifico.
È possibile anche ascoltare sul terzo canale radiofonico
della RAI la lettura integrale de La scoperta del bambino,
mandata in onda a puntate nel 2012: http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-a0772692-d9a2-4325-8bbb-49306fadb84b.html.
- Che il concetto di autoeducazione sia un concetto centrale
nella riflessione della Montessori è dichiarato sin
dal titolo del libro nel quale svilupperà appieno il
suo “Metodo della pedagogia scientifica”: L'autoeducazione
nelle scuole elementari, E. Loescher & C. – P. Maglione
e Strini, Roma 1916. Questo testo è stato recentemente
ristampato da Garzanti editore (2007).
- Principi e pratica dell'educazione, in Maria Montessori,
Il metodo del bambino e la formazione dell'uomo, 2002
Edizioni Opera Nazionale Montessori, p.111.
- Principi e pratica dell'educazione, in Maria Montessori,
Op.cit., p.113 (Anche in: http://www.operanazionalemontessori.it/index.php?option=com_content&task=view&id=388).
- Maria Montessori, Op.cit., p.9. John Holt svilupperà
questo principio arrivando a posizioni più radicali:
«In breve, mi sento di affermare che i bambini sono
dotati di un sistema di apprendimento che si adatta alla loro
condizione e che lo usano con naturalezza e bene sino a quando
non interviene l'adulto a sviarli.» John Holt, Come
i bambini apprendono, 1972 Forum Editoriale SAS, p.7.
- Ad esempio, l'attività indipendente costituisce
circa l'80% del lavoro, mentre l'attività in cui il
docente interviene in maniera diretta è circa il 20%.
Negli approcci tradizionali le due percentuali sono in genere
ribaltate.». Questa osservazione si trova in un documento,
Cos'è il metodo Montessori? Una breve introduzione
ai suoi principi, scaricabile da: http://www.montessoridesign.it/it/documenti/il_metodo_montessori.php
Il documento è un'efficace sintesi di alcuni aspetti
che ancora oggi informano le esperienze montessoriane. A tale
riguardo può essere anche utile la visione del breve
documentario Maria Montessori: itinerari montessoriani da
1 a 11 anni, dove le immagini delle attività di bambini/e
sono accompagnate da un commento che si avvale delle parole
della celebre educatrice. Visibile in: http://www.raiscuola.rai.it/articoli/maria-montessori-itinerari-montessoriani-da-1-a-11-anni/3894/default.aspx.
- Maria montessori raccontata da Grazia Honegger Fresco,
scaricabile da: www.csbno.net/documenti/iniziative/bibliografie/8marzo/montessoribiblio.pdf
efficace e puntuale documento biografico critico.
- Maria Montessori, Il metodo della pedagogia scientifica
applicato all'educazione infantile nelle Case dei Bambini,
Edizioni Opera Nazionale Montessori, 2000.
- Grazia Honegger Fresco, Dalla parte dei bambini. Fare
scuola dall'obbligo all'oblio, 2011, l'ancora del mediterraneo
editore, pagg. 113-114. In questo testo l'autrice attinge
dalla sua lunga esperienza racconti e descrizioni di diverse
scuole montessoriane, dalle medie statali di Bressanone e
di Bolzano alla primaria statale al tuscolano di Roma.
- Su Grazia Honegger Fresco, la sua esperienza e la sua attività
di pedagogista: http://www.centronascitamontessori.it/index.php/chi-siamo/16-biografie/24-grazia-honegger-fresco.
- Grazia Honegger Fresco, Op. cit., 2011, l'ancora
del mediterraneo editore, pagg. 110.
- Maria Montessori raccontata da Grazia Honegger Fresco,
scaricabile da: www.csbno.net/documenti/iniziative/bibliografie/8marzo/montessoribiblio.pdf.
- Le scuole Montessori ravvisano «nel coinvolgimento
e nella responsabilizzazione dei genitori un fattore fondamentale
del successo della nostra proposta educativa. A questo proposito
si suggerisce l'istituzione di corsi di formazione 'essenziale'
per genitori, affinché possano conoscere e condividere
i principi e i metodi.» Tratto da: Strumenti legislativi
e organizzativi per la fattibilità del progetto (pubblico
o privato) di una Scuola Media di I grado a indirizzo Montessori,
scaricabile dal sito dell'Opera Nazionale Montessori. (http://www.operanazionalemontessori.it/index.php?option=com_content&task=section&id=6&Itemid=34).
Da questa pagina è possible anche prendere visione,
nel suo complesso, del Progetto culturale pedagogico organizzativo
per l'istituzione di una scuola secondaria di primo grado
ad indirizzo Montessori, come del Progetto educativo Montessori:
3-11 anni.
- Sul concetto di 'normalizzazione', come su tutti gli altri
aspetti della proposta delle scuole Montessori si veda ancora
il Metodo, il bambino e l'adolescente – Progetto
educativo Montessori: 3-11, in: http://www.operanazionalemontessori.it/index.php?option=com_content&task=category§ionid=6&id=14&Itemid=34.
- Tratto da È nato l'uomo nuovo. La terza Dimensione,
in Maria Montessori, Il metodo del bambino e la formazione
dell'uomo, 2002 Edizioni Opera Nazionale Montessori, p.220-221.
Sul tema della pace: Maria Montessori, Educazione e pace,
2004 Edizioni Opera 'Nazionale Montessori. Sul tema dell''uomo
nuovo' anche Maria Montessori, Educazione per un mondo
nuovo, 2000 Garzanti. Chiaro e sintetico anche il breve
testo di Catia Giaconi, La pace come costruzione in Maria
Montessori, dove vengono puntualmente indicati i nessi
tra «il paradigma della “pace” [e] molti
vettori teorici-esperenziali della proposta pedagogica montessoriana
come: 1. la ricerca dell'armonia e del “bello”;
2. il senso dell'equilibrio; 3. la cultura del silenzio e
della riflessione; 4. il valore dell'amore e della comunicazione
affettivo-emotiva». L'autrice rintraccia anche tre costanti
nella concezione montessoriana della pace, intesa come concetto
positivo di riforma sociale e morale costruttiva: 1. la denuncia
dello sbilanciamento a favore del progresso tecnico-scientifico
a discapito della formazione morale dell'uomo, da cui discende
la necessità di una “nuova morale” a favore
di una “società di uomini valorizzati nel loro
io e non nell'efficienza delle loro macchine”; 2. il
rifiuto del nazionalismo a favore di una interdipendenza fra
tutti i popoli della terra come consapevole solidarietà
universale e svolgimento di un “piano cosmico”
per una “società conviviale” basata sulle
realtà di “un Bambino Nuovo” e di una umanità
come “Nazione Unica”; 3. la diffusa incomprensione
dell'adulto nei riguardi del bambino e nel mancato riconoscimento
del suo essere “Padre e Maestro della terra”.
L'autrice ne conclude che per Maria Montessori, nell'ambito
della scienza della pace, la “scienza dell'educazione”
è centrale, e da tale relazione stretta tra educazione
e pace discendono le indicazioni di cosa dovrebbero fare la
scuola, la famiglia, ma anche le altre “agenzie formative”.
Il breve testo è reperibile dal sito montessoridesign.it
(http://www.montessoridesign.it/it/documenti/la_pace_come_costruzione.php).
Infine, in relazione ad una visione spirituale del bambino
e dell'uomo ricordiamo che Maria Montessori si iscrisse alla
Società Teosofica dall'età di 29 anni, come
documenta Paola Giovetti nel suo libro Maria Montessori.
Una biografia, 2009 Edizioni Mediterranee (http://www.eti-edizioni.it/orizzonti/maria-montessori-una-biografia,2,462).
La stessa Società Teosifica attesta di una relazione
stretta tra Montessori e l'ambiente teosofico (http://www.teosofica.org/it/news/una-donna-straordinaria-maria-montessori,3,816).Una
presentazione del libro da parte dell'autrice Paola Giovetti
è visibile da https://www.youtube.com/watch?v=NBQ5SZatnVs.
- http://www.repubblica.it/scuola/2010/09/27/news/scuole_alternative-7463576/.
- http://www.montessori.uniroma3.it/categoria/attivit%C3%A0-di-ricerca/diffusione-delle-scuole-montessori-nel-mondo.
- Sulle scuole Montessori in Italia e nel mondo vedi anche
un articolo del 2007 sul quotidiano La Repubblica: http://www.repubblica.it/2006/09/sezioni/scuola_e_universita/servizi/montessori-studio-americano/montessori-bilancio/montessori-bilancio.html.
- http://www.centrointernazionalemontessori.com/pages/.
- Informazioni sulla Scuola del gratuito sono disponibili
nel web da http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/convegno-2013/cose-la-scuola-del-gratuito.
- La notizia del convegno La scuola del gratuito –
Pedagogia della carità per una società più
felice - 5/6 ottobre 2013 Valdragone (San Marino) è
stata riportata da Paolo Guiducci il 3 ottobre 2013 in un
articolo sul quotidiano L'Avvenire. Il giornalista così
conclude: «Una scuola senza voti, la ricchezza della
diversità, il gusto di conoscere. Le intuizioni
di don Benzi tradotte in un modello pedagogico per una
scuola del gratuito, in realtà hanno dei “genitori”
illustri. [...] esperienze del genere si registrano alla “Summerhill”
in Gran Bretagna, alla “Kapriole” di Friburgo
(Germania), “Hadera” in Israele o “Kiskanu”
a Verona. Irene Stella (relatrice al convegno insieme a studiosi
come Riziero Zucchi, Università di Torino; Leonardo
Becchetti, Università di Roma Tor Vergata; e Andrea
Canevaro, Università di Bologna) e autore del libro
“Liberi di imparare” sintetizza così lo
spirito di queste scuole: «Il migliore adulto che un
bambino può diventare è se stesso». Per
la lettura completa dell'articolo: http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/la-scuola-del-gratuito-ne-voti-ne-bocciature.aspx
Alcune delle esperienze riportate come «“genitori”
illustri» sono, che io sappia, sicuramente laiche ed
autenticamente libertarie; come “Kiskanu-Kether”
per restare in Italia, o la più nota “Summerhill”
di Alexander Neill.
- Sulla vocazione e lo spirito dell'Associazione e su don
Oreste Benzi: http://www.apg23.org/la-comunita.
- Nel breve testo leggibile al link http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/societa-del-gratuito
don Oreste Benzi esprime i concetti chiave della sua proposta
per una Società del gratuito. Gratuità e dono
non sono qui intesi nel senso di una critica all'utilitarismo
e al modello di sviluppo economicista come ad esempio in certa
sociologia francese (es. MAUSS – Mouvement anti-utilitariste
dans les sciences sociales - http://www.revuedumauss.com/);
men che meno hanno la ben che minima parentela con pratiche
e culture antagoniste e devianti note ai lettori di questa
rivista. Nel progetto preso in esame la centralità
dell'uomo in relazione ai suoi simili e al mondo, come il
rapporto economia-carità, sono considerati parte di
un disegno escatologico che informa un filone teorico, ma
anche di azione sociale, che attraversa buona parte del mondo
cristiano 'di base' come quello di istituzioni importanti
come la Caritas. In questa corrente si collocano anche i progetti
della Società e della Scuola del gratuito. Al riguardo
si trovano sul web diversi materiali, tra i quali gli atti
del convegno Fede, economia e società del gratuito,
11 novembre 2013, Diocesi di Faenza. La relazione svolta dal
Card. Agostino Vallini in quel convegno così esordisce:
«Il tema che fa da titolo a questo Convegno, si ispira
al salmo 85 [“Misericordia e verità si incontreranno,
giustizia e pace si baceranno” Sal 85,11] e ci prospetta
un ideale altissimo che, diciamolo subito, avrà pieno
compimento soltanto nell'escatologia, cioè alla fine
del mondo in Dio. Nel cammino della storia a noi è
chiesto di avvicinarci ad esso, di tendere ad esso, cooperando
con retta intenzione, con le nostre deboli forze umane.»
Per altri interventi al convegno: http://www.youtube.com/watch?v=O1A3bqlPWgA.
- Un testo che brevemente illustra cosa sia la Scuola del
gratuito con il link al Manifesto è in:
http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/convegno-2013/cose-la-scuola-del-gratuito.
Esiste anche un intero blog sul progetto: http://scuoladelgratuito.wordpress.com/about/.
Il Manifesto completo si trova in: http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/manifesto-della-scuola-del-gratuito.
- Una versione del Manifesto leggermente rivisitata, che ne
modera i riferimenti alla dottrina cristiana, si trova in:
http://scuoladelgratuito.wordpress.com/about/. Non si comprende
quale dei due documenti sia quello originale. In ogni caso
è interessante cogliere le differenze probabilmente
determinate dal fatto che il sito dell'Associazione Comunità
Papa Giovanni XXIII si rivolge ad un lettore più orientato
dottrinalmente di quanto non sia invece il pubblico del blog.
- http://scuoladelgratuito.wordpress.com/manifesto/approfondimenti-e-indicazioni-del-manifesto-della-scuola-del-gratuito/.
- Ancora in: http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/manifesto-della-scuola-del-gratuito.
Sulle posizioni dell'Associazione riguardo ai cambiamenti
introdotti nella scuola di Stato dal riordino dei cicli scolastici:
http://www.apg23.org/ambiti-dintervento/scuola/la-riforma-della-scuola.
- Dall'introduzione di Paolo Ramonda (Educare la gratuità:
educare è prima di tutto creare una relazione)
al convegno La scuola del gratuito – Pedagogia della
carità per una società più felice
- 5/6 ottobre 2013 http://www.youtube.com/watch?v=nWPhUKh-Bd8&index=1&list=PLQwb7oxrkzOOwGWnrBdGSTsKZPi3rtDAi.
- http://www.youtube.com/watch?v=nWPhUKh-Bd8&list=PLQwb7oxrkzOOwGWnrBdGSTsKZPi3rtDAi.
- Giovanni Paolo Ramonda è il responsabile generale
della Comunità Papa Giovanni XXIII. Irene Stella partecipa
in Italia alle attività della Rete per l'Educazione
Libertaria (REL) e in Europa a quelle dell'European Democratic
Education Community (EUDEC). Insegna matematica ed è
coautrice con Francesco Codello del libro Liberi di imparare
(2011, Terra Nuova ed.); Riziero Zucchi è docente all'Università
di Torino (http://www.pedagogiadeigenitori.info/?page_id=35).
Il loro breve scambio polemico è a 30':05'' del Dibattito.
Ferdinando Ciani è insegnante e ha pubblicato diversi
libri sulla scuola e sull'educazione. Tra questi: Ferdinando
Ciani, A scuola senza profitto. Pedagogia della gratuità
per una società più felice, 2008 Sempre
comunicazione ed.
- http://www.educazionelibertaria.org/istituto-scuole-democratiche/manifesto-per-leducazione-libertaria/.
- Francesco Codello, La buona educazione. Esperienza libertarie
e teorie anarchiche in Europa da Godwin a Neill, 2005
Franco Angeli, pp. 622-623.
- Filippo Trasatti, L'identità anarchica, tra purezza
e ibridazione, in A rivista anarchica n. 368 febbraio
2012, recensione al libro Pensare altrimenti. Anarchismo
e filosofia radicale del novecento, a cura di Salvo Vaccaro,
2011 Elèuthera. Il testo si trova anche sul web: http://www.arivista.org/?nr=368&pag=51.htm.
- Francesco Codello, Op. cit., 2005 Franco Angeli,
p. 674.
- Michael P. Smith, Educare per la libertà,
1990 Elèuthera, pp. 106-107.
- Smith dedica nel suo libro alcune pagine al pensiero di
Max Stirner in relazione alla questione educativa nelle quali
evidenzia come il contributo fondamentale di Stirner sia stato
quello di dichiarare che «la base della libertà
è una volontà libera. Per educare alla libertà
si deve quindi rispettare la libera volontà dell'individuo
e contribuire a svilupparla e rafforzarla. [...] dunque, i
libertari sono alla ricerca di pratiche che massimizzino le
opportunità del bambino di sviluppare attraverso l'esercizio
la sua volontà e che minimizzino le opportunità
in cui la volontà di altri si sostituisca a quella
del bambino. [...] lo scopo principale è quello di
incoraggiare lo sviluppo della volontà, bisogna allora
cambiare completamente l'approccio, insistendo sull'iniziativa
da parte del discente, sulla sua capacità di scelta»
Michael P. Smith, Op. cit., 1990 Elèuthera,
pp. 116-117. Su Max Stirner anche: Max Stirner: l'educazione
come liberazione totale, in Francesco Codello, Op.
cit., 2005 Franco Angeli, pp.71-82.
- Sulla critica all'educazionismo vedi il prezioso articolo
curato da Filippo Trasatti, pubblicato su
A rivista anarchica n.391 Estate 2014, Contro l'educazionismo.
Ovvero critica dell'educazione in quanto tale, che riporta
stralci dal libro di Yves Bonnardel, La Domination adulte.
L'articolo così si conclude: «L'abolizione del
dominio degli adulti passa necessariamente attraverso la critica
del concetto di educazione, richiede la decostruzione dell'ideologia
pedagogica che la sostiene e la messa a nudo della brutale
realtà dei rapporti sociali tra adulti e minori che
sono mascherate dalle connotazioni positive (in quanto conseguenti
all'ordine adulto) della parola “educazione”.».
- L'elenco è di Francesco Codello ed è tratto
da: Per una pedagogia libertaria, in: Filippo Trasatti,
Lessico minimo di pedagogia libertaria, 2014 Elèuthera,
p. 09-10 Un prezioso approfondimento su queste caratteristiche
comuni a molte esperienze di educazione libertaria si trova
in: Francesco Codello, L'educazione libertaria alla prova
dei fatti, in: L'anarchismo oggi. Un pensiero necessario,
a cura di Luciano Lanza, 2013 Mimesis Libertaria 2014, p.
47-65.
- Il testo completo su: http://www.kether.it/.
- http://associazionemerzbau.wordpress.com/about/.
- Il documento completo su: http://associazionemerzbau.wordpress.com/33-2/.
- Il progetto educativo di Mareggen, officine del crescere:
http://mareggen.jimdo.com/il-progetto-educativo/.
- Sull'esperienza Serendipità di Osimo: http://lilliput-osimo.blogspot.it/,
http://www.anconatoday.it/cronaca/progetto-serendipita-intervista-emily-mignanelli-ancona-2013.html,
http://snacksofmarketing.wordpress.com/tag/scuola-libertaria/.
- Il testo completo su: http://urupia.wordpress.com/2014/02/04/la-chiameremo-scuola/.
- L'audio della conversazione/incontro in: http://scuolalibertariabrianza.noblogs.org/post/tag/filippo-trasatti/.
Lo scorso anno
ci siamo occupati di pedagogia libertaria, pubblicando,
tra l'altro:
A partire dalle esperienze concrete di Maurizio
Giannangeli (in “A”
386 febbraio 2014);
Il vento sulla pista di Gianni Milano (in “A”
389 maggio 2014);
Contro l'educazionismo. Ovvero critica dell'educazione
in quanto tale di Yves Bonnardel, a cura di Filippo
Trasatti (in “A”
391 estate 2014);
Incidentalità/progetto. Note sul tema spinoso
e poco compreso dell'educazione libertaria di Giulio
Spiazzi (in “A”
391 estate 2014);
L'educazione che ribolle di Maurizio Giannangeli
(in “A”
391 estate 2014);
Noi della REL di Giulio Spiazzi (in “A”
392 ottobre 2014);
Una scuola in comune di Thea Venturelli (in “A”
393 novembre 2014).
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