Primo Maggio
Primo Maggio
a cura della redazione
Da quando nacque e poi per molti decenni, il Primo Maggio è stato una giornata di lotta anticapitalista internazionale. Poi vennero l'istituzionalizzazione come festa riconosciuta dallo Stato e il San Giuseppe santificato dalla Chiesa. Sulle origini (anarchiche) e sulla storia di questa giornata ripubblichiamo due scritti apparsi 40 anni fa su “A”, una bibliografia aggiornata scritta da Massimo Ortalli e un breve scritto del 1909 di Pietro Gori.
Quattro anarchici impiccati,
un quinto che, per togliere la soddisfazione al boia, si uccide
la sera precedente all'esecuzione: questo il tragico bilancio
di un processo intentato dai padroni e dalla polizia contro
i più attivi militanti anarchici e sindacalisti di Chicago,
in seguito ad un grande meeting tenutosi in una piazza
centrale il 3 maggio 1886.
Il comizio era stato tenuto da alcuni lavoratori anarchici,
che, parlando ad una folla di quarantamila operai agitanti bandiere
rosse e rosso-nere, avevano invitato il proletariato di Chicago
a prepararsi a dure lotte contro i padroni, le forze dell'ordine
ed i “Pinkerton” (poliziotti privati usati dal padronato
in funzione parapoliziesca e di difesa del crumiraggio). Verso
la fine di questa riuscita manifestazione, una bomba esplose
fra i poliziotti: nonostante l'assoluta mancanza di indizi (pare
che la bomba sia stata gettata da provocatori prezzolati), si
iniziò una vera e propria “caccia alle streghe”
contro il movimento anarchico, che rappresentava la punta di
diamante del movimento operaio, allora impegnato in una durissima
lotta di classe.
Fu proprio con l'intento di stroncare la combattività
operaia che la polizia arrestò molti anarchici, cinque
dei quali (Engel, Fischer, Lingg, Spies, Parsons) furono appunto
condannati alla forca: l'esecuzione avvenne l'11 novembre 1887,
quarant'anni prima di quella dei due anarchici italiani Sacco
e Vanzetti, ugualmente innocenti, ugualmente assassinati.
Durante il processo gli imputati denunciarono il sistema di
sfruttamento e di oppressione dominante in America, non perdendo
l'estrema occasione per fare propaganda anarchica.
“Noi siamo condannati come anarchici - dichiarò
ai giudici Albert Parsons - e io sono orgoglioso di essere anarchico.
Voi credete, signori, che allorquando i nostri cadaveri penderanno
dalla forca tutto sarà finito? Voi credete che la guerra
sociale finirà quando voi ci avrete selvaggiamente strangolato?
Al di sopra del vostro verdetto vi è quello del popolo
americano e di tutto il mondo che condannerà la vostra
ingiustizia”.
Manifestazioni di sostegno agli anarchici detenuti, e successivamente
di protesta per la loro esecuzione, si svolsero sia in America
sia in Europa. In molti congressi operai fu proposto di fare
del 1° maggio 1890 una grande giornata di sciopero generale
internazionale, per ricordare i “martiri di Chicago”
e per rivendicare nel contempo la giornata lavorativa di otto
ore. Questa proposta fu generalmente accettata, nonostante l'opposizione
disfattista di molti esponenti riformisti. Il successo ottenuto
dallo sciopero generale del 1° maggio 1890 impressionò
tutta l'opinione pubblica: in tutti i grandi centri, ed anche
in molte cittadine, lunghi cortei di lavoratori sfilarono nel
centro, dando vita a combattive dimostrazioni, a volte caratterizzate
da violenti scontri con la forza pubblica. La gente “per
bene” - scriverà due anni dopo l'organo dei gesuiti
Civiltà Cattolica (1892, II) - in quel giorno
“considerava prudente restarsene tappata in casa”.
A
Roma, per fare un esempio tra i tanti possibili, le società
operaie si erano date appuntamento per il pomeriggio del 1°
maggio in piazza Santa Croce di Gerusalemme; i lavoratori accorsero
numerosi per ascoltare i discorsi previsti. Fra gli altri presero
la parola il leggendario Amilcare Cipriani, da poco uscito dall'ergastolo
di Portolongone, e gli anarchici Brandi e Palla; alla fine del
comizio scoppiarono degli incidenti, che provocarono due morti,
centinaia di feriti e ben 229 arrestati. Il successivo processo
contro i principali imputati (Cipriani, gli anarchici Palla
e Calcagno, ecc.) ebbe sviluppi clamorosi a causa del comportamento
combattivo tenuto dai rivoluzionari dietro alle sbarre, e servì
loro come tribuna per fare propaganda sovversiva.
Come a Roma così in centinaia di altre città (in
Italia, in Europa, negli Stati Uniti), il 1° maggio 1890
fu una grande giornata di lotta, un pieno successo.
Molti congressi operai, nel corso del 1890, proposero di ripetere
l'anno successivo lo sciopero generale internazionale, mantenendo
la data del 1° maggio. Fu così stabilito che, da
allora in poi, ogni 1° maggio sarebbe stato dedicato alla
riaffermazione dei diritti della classe lavoratrice contro i
padroni, nel ricordo dei martiri di Chicago.
Così infatti è sempre stato, da allora fino ai
giorni nostri, con una differenza, però, e tutt'altro
che secondaria: un po' alla volta, infatti, lo sciopero generale
rivoluzionario si è trasformato in una semplice sfilata
di lavoratori, fino a diventare in tempi più recenti
una festa istituzionalizzata dallo stato, dai padroni e dalla
chiesa. Ma andiamo con ordine.
Per molti anni, dopo la sua prima effettuazione, il 1° maggio
tenne fede alle sue origini ribelli, scomunicate, quasi insurrezionali:
continuarono così a verificarsi scontri con le forze
dell'ordine, mentre i cortei operai scandivano parole d'ordine
e canzoni particolarmente violente contro lo sfruttamento e
l'oppressione statale.
Dopo alcuni anni il 1° maggio perse mordente, e non sempre
la classe lavoratrice partecipò numerosa allo sciopero
e alle dimostrazioni. In momenti di particolare scontro sociale,
però, quando agitazioni precedenti tenevano desta la
combattività operaia, allora la giornata del 1° maggio
ritrovava le sue origini, la sua carica rivoluzionaria. Ma la
progressiva acquisizione delle otto ore nella stessa legislazione
statale, l'aumentato controllo da parte delle burocrazie sindacali
e partitiche sulla “base” operaia, ed altri fattori
ancora, determinarono un obiettivo scadimento della carica combattiva
insita nei primi scioperi generali internazionali. Com'è
naturale, le sorti e le caratteristiche del 1° maggio sono
un tutto unico con quelle dell'intero movimento dei lavoratori,
con la sua combattività, con la sua autonomia delle varie
burocrazie.
In questo contesto, per esempio, durante la prima guerra mondiale
il 1° maggio diventò anche una giornata di protesta
contro il macello voluto dagli stati, di lotta per il trionfo
dell'internazionalismo proletario. Così, durante il fascismo,
ricordare il 1° maggio costituì di per se stesso
un atto di ribellione contro il regime e costò a non
pochi antifascisti botte, domicilio coatto, carcere. Ma nell'un
caso come nell'altro, si trattava ovviamente di manifestazioni
di protesta effettuate da ristretti gruppi, se non da singole
individualità: il 1° maggio 1890 era ormai lontano!
Nel
secondo dopoguerra poi, l'originario sciopero generale internazionale
ha toccato in Italia il fondo dello svuotamento, tanto da venire
ufficialmente adottato prima dallo stato, poi dalla chiesa.
Nel 1950, infatti, il 1° maggio viene riconosciuto ufficialmente
“festa nazionale”, come prescritto nell'apposita
legge 27 marzo 1949, e nel 1955 il monarca vaticano Pio XII
“battezza” il 1° maggio ed istituisce per questa
data la festa cattolica di S. Giuseppe lavoratore. Lo sciopero
sovversivo dei lavoratori ribelli, che aveva alle origini, come
tutto il movimento socialista, anche una forte carica anticlericale
e antireligiosa, già degradato a festa nazionale in questa
nostra repubblica “fondata sul lavoro”, è
diventata addirittura una ricorrenza religiosa. E mentre nell'occidente
detto capitalista e sedicente democratico, il 1° maggio
è occasione di discorsi governativi, di premi di anzianità
ai lavoratori fedeli, di stelle al merito del lavoro, di “ponti”
e di week-end, nell'est sedicente socialista gli sfruttati
vengono fatti scendere in piazza ad applaudire squallide sfilate
di carri armati, lancia-missili, di truppe che marciano inquadrate
sotto le tribune dei nuovi padroni...
Qualche anno fa, mentre in un 1° maggio distribuivamo volantini
in un corteo sindacale, un sindacalista ci si rivolse chiedendoci,
non so se per ignoranza storica o volontà provocatoria,
o l'una o l'altra, che cosa avessero a che fare gli anarchici
con il 1° maggio... Nulla, effettivamente, abbiamo a che
fare con il 1° maggio dei burocrati, dei preti, dei governanti,
dei padroni. Ma in Spagna, in Portogallo, in Grecia, ovunque
il 1° maggio è ancora sovversivo, lo spirito dei
martiri di Chicago è ancora vivo. Ed anche in Italia,
se nonostante tutto, i lavoratori sentono il 1° maggio come
una cosa loro, con orgoglio e fierezza, ebbene il 1° maggio
è ancora un po' anarchico.
1
Maggio 1886
Chicago. Sciopero generale. La polizia spara. Manifestazioni
“sediziose” di protesta. Arresti. Cinque anarchici,
G. Engel, A. Fischer, L. Lingg, A. Parsons, A. Spies, saranno
condannati a morte.
In onore dei cinque “martiri” di Chicago, il Primo
Maggio verrà dichiarato giorno di Sciopero internazionale.
1
Maggio 1890
Con l'organizzazione di scioperi in ogni parte del mondo, che
testimoniano l'unità di lotta di tutti gli sfruttati,
inizia la serie di annuali manifestazioni di forza del proletariato
organizzato. Manifestazioni minacciose, ribelli, cui i padroni
rispondevano con la brutalità delle repressioni poliziesche.
Lo sciopero periodico del primo maggio fu, per lunghi anni,
una solenne ed energica rivendicazione dei diritti dei lavoratori
che aveva, oltre alle caratteristiche della lotta di classe,
anche “una accesa colorazione antireligiosa ed anticlericale”
(Aggiornamenti Sociali, 1956, VI). La gente “per bene”,
in quel giorno “considerava prudente restarsene tappata
in casa”. (Civiltà Cattolica, 1892, II).
1
Maggio 1950
Per la prima volta, in Italia, si festeggia con tutti i crismi
della legalità il primo maggio, che è stato dichiarato
dalla Repubblica “fondata sul lavoro” festività
nazionale (legge 27 maggio 1949). Essa, a questo punto, non
è più naturalmente la ricorrenza ribelle, la “festa”
degli sfruttati. Essa è, almeno ufficialmente, divenuta
una vaga e imprecisata “festa del lavoro”.
Il primo maggio continua, per forza di inerzia, ad essere per
la massa dei lavoratori manuali, la “festa pagana della
rivoluzione e del vino”. Ma di rivoluzione, grazie agli
sforzi congiunti di tutti i partiti e di tutti i sindacati,
si parla sempre meno.
1
Maggio 1955
Il papa “battezza” il primo maggio ed istituisce,
per questa data, la festa di S. Giuseppe Lavoratore. Lo sciopero
sovversivo dei lavoratori ribelli, la festa repubblicana del
lavoro, sono divenuti addirittura una ricorrenza religiosa.
Una folla di “aclisti” assiste “commossa”
a questo battesimo cristiano del primo maggio.
Dichiara un osservatore, cristiano naturalmente, “non
si poteva, dinanzi a quella imponente massa di lavoratori...
non esprimere il proprio affetto e la propria devozione alla
Chiesa, assetata della parola del Papa, non essere presi da
un senso di profonda commozione”. O da conati di vomito!
1
Maggio 1971
Così nell'occidente capitalistico e cristiano è
finita la ricorrenza scomunicata e rivoluzionaria: il Papa fa
discorsi commoventi e amorevoli ai suoi figliuoli lavoratori
(che stiano buoni, però, perché “L'Italia
sarebbe molto più avanti nel progresso e nell'evoluzione
se non ci fossero state idee sovvertitrici che hanno turbato
le menti dei lavoratori”) - (Paolo VI, 1 maggio 1964);
i padroni distribuiscono premi ai loro dipendenti più
fedeli... c'è addirittura il “primo maggio tricolore”
dei fascisti!...
Intanto nei paesi che si proclamano “socialisti”
e “proletari” le masse asservite dei lavoratori
vengono fatte ammucchiare lungo i viali in cui - macabra parodia
di celebrazione del primo maggio - sfilano lunghe parate di
carri armati, di missili, di squallidi eserciti che marciano
inquadrati, al passo dell'oca, e salutano sulle tribune d'onore
i rappresentanti dei nuovi padroni, della nuova classe dirigente...
Lo sciopero rivoluzionario è diventato, nelle cerimonie
ufficiali dei governanti, dei preti, dei sindacalisti, dei politicanti,
una festa reazionaria.
George
Engel
“E noi dobbiamo penzolare dalla forca perché
ci siamo ribellati alla schiavitù. In questa libera repubblica
colui che oggi parla in nome e nell'interesse della classe lavoratrice
dev'essere impiccato.
Il mio più grande desiderio è che i lavoratori
salariati possano riconoscere ovunque chi sono i loro amici
e chi i loro nemici”.
Adolphe
Fischer
“Il verdetto pronunciato dai giurati è diretto
contro l'anarchia. Credete voi che uccidendo noi uccidete la
anarchia? Vi sbagliate grossolanamente, perché gli anarchici
amano più i loro principi che la loro vita.
Se io devo essere impiccato per le mie idee anarchiche, per
il mio amore alla libertà e all'umanità, allora
io vi grido: disponete della mia vita!”.
Louis
Lingg
“Voi mi condannate, perché sono anarchico. Io vi
ripeto che sono nemico del vostro ordine, e che finché
avrò un alito di vita io vi combatterò. Io disprezzo
voi, disprezzo il vostro ordine, disprezzo le vostre leggi,
disprezzo la vostra autorità.
Se voi usate i cannoni contro di noi, noi useremo la dinamite
contro di voi”.
August
V. T. Spies
“La mia difesa è la vostra accusa, il delitto che
mi si imputa, la vostra storia. Voi violate la legge fino a
commettere un assassinio organizzato.
Se voi credete che impiccando noi arrestate il movimento ascensionale
della classe lavoratrice, quel movimento dal quale i milioni
che vivono nella miseria, nella schiavitù del salario
attendono la loro emancipazione, ebbene impiccateci!”.
Albert
R. Parsons
“Noi siamo condannati come anarchici, e io sono orgoglioso
d'essere anarchico. Voi credete, signori, che allorquando i
nostri cadaveri penderanno dalla forca tutto sarà finito?
Voi credete che la guerra sociale finirà quando voi ci
avrete selvaggiamente strangolati? Al di sopra del vostro verdetto
vi è quello del popolo americano e di tutto il mondo
che condannerà la vostra ingiustizia”.
Testi originariamente apparsi in “A” 04 (maggio
1971) e in “A” 28 (aprile 1974).
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La Prima Internazionale
Le
origini del movimento operaio organizzato coincisero in
molti paesi (Italia, Spagna, Svizzera, ecc.) con quelle
del movimento anarchico. Anarchici (o, come si diceva
allora, antiautoritari) furono, in Italia, Francia, Spagna,
nel Giura svizzero, i primi agitatori internazionalisti
e fu grazie alla loro opera instancabile che molti nuclei
di lavoratori abbandonarono ideologie genericamente umanitarie
e interclassiste per la militanza nelle sezioni dell'Internazionale.
La polemica contro l'ala autoritaria (marxista) dell'Internazionale
da parte di molte sezioni operaie influenzate dagli anarchici
(primo fra tutti Michele Bakunin) caratterizzò
la breve ma importante esistenza dell'”Associazione
Internazionale dei Lavoratori”. Limitandoci all'Italia,
basterà ricordare l'attività delle prime
sezioni italiane aderenti all'A.I.L., quelle di Napoli
e di Castellammare di Stabia, formatesi per diretta influenza
della propaganda di Bakunin, e ancora le sezioni di Sciacca,
di Girgenti, di alcuni centri della Romagna, dell'Anconetano,
ecc.; tutte decisamente orientate in senso libertario.
Da qui i primi scioperi, le agitazioni contro padroni
e governo, i tentativi di insurrezione armata, da qui
i primi convegni operai, fino a giungere alla Conferenza
di Rimini (agosto 1972) che sancì la diffusione,
a livello nazionale, del movimento operaio italiano ed
il suo orientamento rivoluzionario antiautoritario. Da
quel congresso si fa datare la “nascita” del
movimento anarchico italiano e da quello immediatamente
successivo di St. Imier (delle Federazioni antiautoritarie
dell'Internazionale) la nascita del movimento anarchico
internazionale.
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Leggere il 1° maggio
La
storia del 1° Maggio, delle sue origini, del suo significato,
sono una delle costanti della letteratura socialista ed
anarchica di questi ultimi anni. Qui mi limiterò
a citare solamente alcuni testi, anche se non tutti ancora
reperibili in libreria, ma che comunque sostanzialmente
rappresentano una rassegna significativa sull'argomento.
Innanzitutto intendo partire da un lavoro di Maurizio
Antonioli, Vieni o Maggio. Aspetti del Primo Maggio
in Italia tra otto e novecento, Milano, Franco Angeli,
1988, testo il cui interesse risiede principalmente nella
accurata descrizione del profondo significato simbolico
che questa giornata di lotta, di rivendicazione, ma anche
di festa ebbe nell'immaginario del proletariato italiano
a cavallo del diciannovesimo e ventesimo secolo.
Di Andrea Ferrari è 1886-1986 Primo Maggio.
Origini e prospettive di un giorno di lotta internazionale
sovversivo e scomunicato, Carrara La Cooperativa Tipolitografica,
1986, volume uscito in occasione del primo centenario
di questa giornata. Ferrari parte dalle tragiche giornate
di Chicago, quando una manovra poliziesca, preceduta da
stragi proletarie, innescò una gigantesca provocazione
che portò alla morte per impiccagione di cinque
operai anarchici, ritenuti ingiustamente colpevoli di
aver gettato una bomba contro la polizia che stava sparando
ancora una volta contro una pacifica manifestazione popolare
indetta per la giornata di otto ore. Il testo prosegue,
con piglio militante e coinvolgente, descrivendo come
questa data sia divenuta patrimonio del movimento operaio
e rivoluzionario internazionale.
Dagli avvenimenti di Chicago prendono le mosse altri due
volumi editi dalla casa Editrice Spartaco di Santa Maria
Capua Vetere: il primo, di Martin Duberman, Haymarket
– Chicago, 2005, è un avvincente romanzo
che vede i due protagonisti, gli anarchici Lucy e Albert
Parsons, partecipare alle prime lotte operaie del proletariato
americano. Albert Parsons sarà uno dei cinque martiri
impiccati dalla giustizia americana al termine di un processo
che, se non si fosse concluso così drammaticamente,
potremmo tranquillamente definire “farsa”.
Il secondo volume, Il nostro maggio. All'origine della
festa dei lavoratori: autobiografie e testimonianze da
Chicago, 2005, vede riportati alla luce dall'autrice,
Claudia Baldoli, tutti i momenti del processo di Chicago.
Accompagnano queste preziose testimonianze alcuni interessanti
articoli della stampa dell'epoca. A distanza di quasi
centotrenta anni, le parole dei condannati a morte sono
ancora capaci di commuovere per la loro profonda dignità
e fiducia in un futuro di libertà.
Sempre di queste vicende parla il testo di Ricardo Mella,
Primo Maggio. I martiri di Chicago, Milano, Zeroincondotta,
2009, particolarmente interessante perché l'autore,
importante militante anarcosindacalista spagnolo nato
nel 1861, scrive queste pagine a ridosso degli avvenimenti,
fornendoci così una testimonianza, non solo storica
ma anche drammaticamente evocativa, delle emozioni e dei
sentimenti che animarono protagonisti e testimoni.
Ancora del 2009 è il libro di Francesco Renda,
Storia del Primo Maggio dalle origini ai giorni nostri,
Roma, Ediesse, “arricchito” dalla prefazione
dell'ex sindacalista della Cgil, Guglielmo Epifani. Dopo
un breve cenno sulle vicende americane, l'autore si concentra
soprattutto sulle aspettative che questa Festa internazionale
del lavoro fu in grado di suscitare fra le masse proletarie
di tutti i continenti. Aspettative che in questi ultimi
decenni di sostanziale pace sociale sono state definitivamente
messe in soffitta.
Per finire il corposo volume Storie e immagini del
1° Maggio. Problemi della storiografia italiana ed
internazionale, Manduria, Lacaita, 1990. Curato da
Gianni C. Donno, e introdotto da Giorgio Benvenuto, raccoglie
gli atti dell'importante convegno di studi omonimo, tenuto
a Lecce nel 1988, al quale hanno partecipato oltre una
quarantina di studiosi italiani e stranieri. Come si può
immaginare dal numero delle relazioni, vi vengono praticamente
affrontate tutte le tematiche, politiche, sindacali, letterarie,
che riguardano questa giornata, patrimonio del proletariato
mondiale.
Massimo Ortalli |
La leggenda del 1° maggio
Un
giorno, dal sepolcro di cinque martiri fatti impiccare
da una società di mercanti, in una metropoli delle
Americhe perché avevano predicati i diritti dei
lavoratoti, ed una giornata di fatica meno lunga e meno
bestiale per sé e per i loro compagni, partirono
in pellegrinaggio per un convegno di operai, che si teneva
in una metropoli europea, molti uomini di buona volontà
i quali si chiamavano cavalieri del lavoro come
manipolo di combattenti contro i cavalieri dell'ozio.
E là, nel congresso mondiale, essi portarono questa
idea, semplice e grande – come tutte le cose che
zampillano dal cuore del popolo: che il giorno 1°
di maggio (il mese degli ozii dolci per il vagabondaggio
elegante e felice) dovesse venir rivendicato per volontà
delle plebi, al riposo delle plebi stesse. Che in codesto
giorno, i lavoratori del mondo gettassero in un angolo
gli arnesi del loro mestiere; incrociando le braccia,
in faccia agli ignavi di ogni ora, per vedere se il mondo
camminava per opera di chi produceva, morendo di stenti,
o per merito di chi restava inoperoso pur diguazzando
nel superfluo.
Che nel pomeriggio del calendimaggio i figli della varie
nazioni, guardando il sole, comprendessero che esso cominciava
a risplendere sopra uno spettacolo nuovo: la unificazione
della patria universale dell'uomo, in nome del lavoro.
E la data memoranda cominciò a decorrere dal primo
anno dell'ultima decade del XIX secolo.
Alla mattina del giorno fatidico le genti umane, cui solo
blasone erano le mani incallite ed i ventri semivuoti,
si svegliarono come alla fanfare di un inno misterioso.
Quell'inno veniva da lontano, da tutti gli angoli più
appartati del mondo, e passava tra le macchine immote,
sui cantieri taciturni, sulle città attonite. Qualche
cosa che sapeva della dolcezza d'un alba e dell'approssimarsi
di una tempesta.
Pietro Gori
tratto dall'opuscolo La leggenda del primo maggio
(Roma - Firenze, casa editrice Serantoni, 1905) |
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