Time is the prison
Mi chiamo Crono, e sono prigioniero.
Osservo le stelle dall'alto di una torre, perché la mia
cella è ampia. Copre tutte le distanze dell'universo
in espansione. Ormai ho smesso di contare gli anni, tanto i
giorni scorrono lenti e prevedibili.
Tic,
tac. Tic, tac.
I secondi calano dall'alto come fossero gocce che scavano vuoti
nella mente. Una tortura meticolosa confonde e intacca i ricordi.
Aspetto.
Ogni giorno mi carico di fatica per addormentarmi e sognare,
ma il sonno è lontano, come sempre, e la notte una compagna
di cospirazione. Evadere è difficile, non impossibile.
Si tratta solo di evitare le trappole. Quando ho creduto di
liberarmi con la ricchezza e il potere, ho scoperto di essere
ugualmente soggiogato dal mio carceriere. Ossessionato dalla
paura di perdere, ho trascorso giorni paralizzanti, fermi sull'angoscia,
mentre il tempo mi stringeva addosso la catena dell'invecchiamento.
Non parliamo dell'età, dunque. È la peggiore trappola
in circolazione. Essere giovani è come vivere una breve
parentesi di libertà condizionata. Nel momento in cui
scopriamo di poter volare, i nostri piedi sono già saldamente
a terra, pronti a camminare lungo il tracciato risaputo della
maturità.
Vecchio, mi sembra di esserlo da sempre, ed è quindi
illusorio che cerchi di colmare le rughe con sorrisi artificiali,
o peggio con le lacrime del ricordo. Guardandomi allo specchio
mi concentro sulle pupille. C'è ancora una vena inesplorata,
lì dentro, una via di fuga. La sovversione del tempo.
È qualcosa di simile a un'infanzia che deve ancora accadere,
oppure l'immagine di un futuro già accaduto. Per questo
sono convinto di potercela fare. Forse custodisco da sempre
le chiavi che possono farmi uscire dalla cella. Basta solo che
gli occhi si accendano come propulsori della fantasia, e io
mi abbandoni al viaggio dentro me stesso.
Attendo.
Sto cercando di sabotare il mio orologio interiore, portandolo
dalla mia parte, sospendendo la cadenza lineare e ossessiva
delle lancette. Mi affaccio dall'alto della torre. Presto mi
getterò dal precipizio delle cose risapute, convenienti,
calcolate, meschine, perfino eroiche. Mi affiderò alle
correnti inesplorate della mente. Aspetto solo che le parole
arrivino, e sarò pronto a scrivere la cronaca della mia
evasione.
Adesso.
Mi chiamo Crono, e il mio tempo non conosce limiti né
confini. Un mistero perfino per me stesso. Posso andare avanti
e indietro. Passato e futuro. Est e ovest. Luce e buio. Sono
una storia scritta al passato per immaginare ciò che
accadrà, oppure declinata al futuro per raccontare i
ricordi.
Ecco le parole.
Respiro.
Sto scappando.
Paolo Pasi
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