ricordando Attilio Bortolotti
Un anarchico da Codroipo a Toronto
intervista ad Attilio Bortolotti1
di Angelo Principe
trascritta e presentata da Olga Zorzi Pugliese
Nell'ambito di una sua dettagliata ricerca sugli antifascisti friulani in Canada, una docente dell'University of Toronto ha curato la pubblicazione di un'intervista finora inedita, realizzata 40 anni fa, a una delle figure più significative dell'anarchismo di lingua italiana in Nord America.
L'intervista con Principe, condotta in italiano, come quella
di Rossella Di Leo del 1980, a differenza della maggior parte
delle altre che furono condotte in inglese, è stata conservata
nella registrazione originaria che ci fa sentire dal vivo la
voce forte del protagonista e le sue parole spontanee, intercalate
a volte pure dalle risate per le azioni eroiche di cui andava
fiero e a volte anche per via dell'imbarazzo causato da qualche
– rarissimo, in verità – vuoto di memoria.
Racconta con soddisfazione le sue avventure quali gli scontri
con le autorità consolari nel periodo fascista, o la
strategia che adoperava quando, ricercato dalla polizia che
chiedeva di lui, assumeva l'identità di qualcun altro
dichiarando che Bortolotti non c'era. Quasi da figura picaresca,
trovandosi per alcuni decenni senza documenti, passava il confine
tra Canada e Stati Uniti semplicemente mettendosi coraggiosamente
(o sfacciatamente) in prima fila, usando, per esempio, lo pseudonimo
di un presunto quebecchese Albert Berthelot, e vestendo in modo
elegante (come si vede nella foto conservata nel dossier del
CPC [Casellario Politico Centrale]) per non essere confuso con
gli altri immigrati. Sentiamo nella registrazione le sue forti
contestazioni vocali contro i consoli e il suo prorompere, senza
nessun ritegno, con un grido di protesta quando fu, in maniera
falsa, accusato di possesso di armi da fuoco2:
“That's not mine. This is a frame up!” (Quella non
è mia, è una denuncia falsa!).
Il testo che si presenta qui per la prima volta è
un documento prezioso in quanto rivela la personalità
di Bortolotti, mentre lui racconta con molta vivacità
le sue esperienze – personali e di gruppo – segnalando
i momenti più significativi della sua vita e della lotta
contro il fascismo.
L'intervista con Principe, insieme all'intervista fatta da
Douglas Richardson per la rivista anarchica Black Rose nel
1974, ma poi non pubblicata e rimasta dattiloscritta e inedita
nella biblioteca di Washington, rivela dei dettagli che chiariscono
– e a volte contraddicono – alcuni episodi o aspetti
della sua vita come sono stati raccontati finora. L'intervista
di Richardson mette in evidenza fra le altre sue attività,
anche quelle a favore delle donne, con la diffusione dei profilattici
per il controllo delle nascite – attività non menzionata
nelle altre interviste –, e fa capire pure le letture
vaste ed approfondite del Bortolotti. Particolarmente incisivi
i suoi commenti sul significato dell'anarchismo e l'importanza
della cultura e dell'educazione, come pure le osservazioni sul
progresso fatto nei tempi moderni. Cita, per esempio, il miglior
trattamento dei bambini e degli operai3 che lui
vuole attribuire all'influsso dell'anarchismo. A conclusione
dell'intervista con Richardson4, Bortolotti si
auspica pure una maggiore attenzione all'ecologia, segnalando
la futura importanza dell'energia solare, eolica, e idrica e
riferisce i consigli che aveva dato agli italiani (probabilmente
durante una visita nel paese di origine): “smettete di
costruire chiese, e costruite impianti per la filtrazione dell'acqua”
(”stop building churches, and build filtration plants”5).
Anche nell'intervista con Principe, Bortolotti rivela delle
notizie importanti. Spiega, per esempio, che, sebbene l'avvocato
Cohen lo avesse difeso affermando che gli articoli trovati fra
i suoi effetti erano due pistole arrugginite che lui doveva
riparare, si trattava in verità di accessori scenici
che venivano conservati insieme ai costumi per le rappresentazioni
teatrali6. Inoltre, rispetto alle altre, l'intervista
con Principe ha un valore storico unico, perché parlando
con un altro italocanadese e in risposta alle domande specifiche
dell'intervistatore, Bortolotti nomina molte persone di cui
non parla nelle altre interviste, rivelando così la partecipazione
di alcune figure non conosciute prima nel contesto dell'antifascismo
canadese. Interessante che accenni poi anche al coinvolgimento
di un italocanadese di provenienza toscana – coinvolgimento
non provato, però – in un caso di omicidio rimasto
famoso nella storia della città di Toronto. Va apprezzata
la sua precisione, dovuta alla sua eccellente memoria, testimoniata
dalla moglie. Salvo qualche rara eccezione, le cose, le persone
e i luoghi che lui ricorda sono esatti e verificabili, e il
suo racconto degli avvenimenti a cui partecipò e del
processo che subì risulta molto preciso. Se il racconto
dell'arresto e del processo è forse meno lineare e chiaro
rispetto alla narrazione degli altri episodi, si può
attribuire la minor chiarezza all'emozione che deve aver provato
anche molti anni dopo, nel ricordare quella drammatica esperienza.
L'intervista con Principe, va notato, è preziosa in
quanto riguarda non solo fatti e personalità, ma anche
idee fondamentali, quelle che lui professava e alle quali rimase
fedele per tutta la vita. Parla dei suoi ideali direttamente
e anche indirettamente quando pronuncia giudizi sulla politica
– giusta o sbagliata, secondo lui – e sulla moralità
o immoralità di molti suoi conoscenti. Fa delle riflessioni
sulla libertà necessaria agli essere umani, all'idealismo
pure fondamentale. Quando fu accusato di essere utopista e irrealista,
ribattè che gli altri erano utopisti nel credere di poter
realizzare le riforme pacificamente.
Non va trascurato il fatto poi che il testo dell'intervista,
presentato qui per la prima volta, è un documento di
innegabile valore anche linguistico. Mentre le altre interviste
apparse a stampa o in rete sia in inglese che in italiano, sono
state modificate, questa vuole essere una trascrizione fedele
della lingua e del modo di esprimersi di questo importante personaggio.
Nella registrazione viva si sente la sua ottima pronuncia delle
parole inglesi inserite nel discorso, per esempio. Nella lingua
italiana in cui si esprime, si riconoscono i calchi dall'inglese
sia nella terminologia, come viene indicato nelle note alla
trascrizione, sia anche nella sintassi (la collocazione dell'avverbio
anche, per esempio). Altrettanto pronunciato risulta l'influsso
del friulano soprattutto nella sintassi (nella congiunzione
quando che, nel verbo è per c'è,
e nell'uso della preposizione di per da).
È interessante osservare che nell'intervista con Wood
del 1983, Bortolotti riconosceva che, sebbene si trovasse a
dover redigere volantini politici in italiano, si rendeva conto
che non aveva un'adeguata padronanza della grammatica italiana,
ma proseguiva ugualmente, conscio del fatto che chi li avrebbe
letti era meno preparato di lui7.
Per realizzare una trascrizione fedele, e anche comprensibile,
del testo dell'intervista con Principe, i criteri adottati includono
l'uso delle parentesi quadre per l'inserzione di spiegazioni
ritenute opportune per una lettura più agevole. Si è
adoperato il corsivo per le didascalie inserite in parentesi
quadre e per le parole inglesi cosparse nel discorso italiano.
I puntini di sospensione semplici indicano delle esitazioni
da parte del parlante, mentre i puntini di sospensione in parentesi
quadre segnano le parti non udibili nella registrazione e quindi
omesse nelle trascrizioni.
Olga Zorzi Pugliese
Intervista rilasciata da Attilio Bortolotti ad Angelo Principe
a Toronto nel 1975.
[...] Bortolotti: Nel 1923, a pochi mesi dell'andata al potere
di Mussolini con le sue malvage orde, qui in Canada, Montreal
e Windsor, dove conosco io, certi individui hanno cominciato
a inneggiare al salvatore d'Italia.
Principe: Ha qualche nome?
Bortolotti: Beh, Luigi Meconi8 a Windsor, un brutto utensile
della polizia. Aveva la agenzia di viaggi; faceva la vece a
Windsor anche di cose consolari; era un tipo insomma di quelli
che si abbassano a tutto pur di fare soldi. E noi naturalmente
a Windsor allora, io ero appena arrivato sulla scena politica.
Avevo 19 anni poco più e insomma con molti altri, un
folto gruppo di anarchici a Windsor e molti socialisti e di
quelli che si chiamano comunisti, insomma abbiamo dato la controffensiva
subito, e li abbiamo tenuti sempre a bada. Fino al 1926 non
hanno dato attività pubbliche. Naturalmente nei loro
ritrovi, nelle loro case inneggiavano al Duce ecc. ecc. A Montreal
c'era Boschi9 e Peressi comunista. E Boschi un grande socialista,
bravo, sincero, uno dei vecchi socialisti, era più libertario
che autoritario. E anche loro là hanno cominciato a dare
la controffensiva ai fascisti, i quali si sono fortificati molto
di più perché hanno avuto subito l'appoggio della
Chiesa Cattolica.
Ma questo è stato dopo del Concilio?
Beh, anche allora, insomma, dal principio i preti avevano...
affiancavano il fascismo, dopo naturalmente, dopo il Patto del
Laterano naturalmente, ché hanno fatto il famoso mosaico
che ancora c'è a Saint Zotique, nella Chiesa di Saint
Zotique10. A Windsor, insomma, li abbiamo tenuti a bada. Ricordo
quando venne il Vice-Console [d'Italia] di Hamilton per fondare
una sezione fascista a Windsor, hanno mandato fuori un manifesto
chiedendo agli italiani di intervenire e naturalmente siamo
intervenuti tutti. E saranno state 300 persone, e molti antifascisti
hanno chiesto la parola e poi l'ho chiesta anch'io. Era Luigi
Merlo, il più grande contrattore di Windsor11; era chairman12,
e io ho chiesto la parola un'altra volta e non me l'ha data.
E c'era il fratello di Meconi ch'era un fascista, ricordo [...],
e finalmente: “Se vuoi parlare, Bortolotti, vieni qui.”
Mi invitò al palco. Due salti e arrivai fino là.
Avevano non la fotografia di Mussolini, ma quella del Re, appiccicata
dietro il palco degli oratori. [...] Mi volto, prendo questo
ritratto, lo strappo e lo butto in faccia al Vice-Console [Bortolotti
ride].
In che anno è stato?
Nel 1926, pochi mesi prima che arrivi il generale De Nobile.
[...]
Allora naturalmente è nato un tafferuglio nella sala
così grande che la polizia ha dovuto intervenire. Insomma
sgombrarono la sala. E mio fratello [Umberto] era presente anche
e altri. Ha detto, “Attilio, è meglio che andiamo
fuori per la porta di dietro”, dice, “altrimenti
ti arrestano. Andiamo a Detroit che c'è Rigoletto
stasera. Andiamo a vedere Rigoletto”. E sono uscito.
Pochi mesi dopo, dato che sono stato ammalato, mio fratello
[Guglielmo, William]: “Vieni e lavora con me”. Lui
lavorava a Detroit. Era contrattore. E allora sono andato con
lui. E una mattina abbiamo cominciato un basement13 di
una casa. Era verso le otto. Nessuno sapeva. Non so come abbian
fatto quelli della Immigrazione a venire. Alle dieci sono venuti
sul lavoro in cerca di me. Fortunatamente io, passando da Detroit
a Windsor abitualmente, conoscevo questi ceffi dell'Immigrazione.
Ho detto: “Eh, mi pare che quelli sono dell'Immigrazione”.
Allora sono andato avanti, e mi hanno detto prima: “Dov'è
William Bortolotti?”14 “Non c'è; sono io
qui il capo squadra. Avete qualcosa da dire?” Allora m'han
fatto vedere il badge15 dell'Immigrazione e m'han detto
“Non vogliamo fermare il lavoro. Però, fammi un
favore, chiama tutti, uno alla volta. Vogliamo vedere chi siete”.
Ho detto: “Beh, cominciate con me”. Naturalmente
ho dato un nome falso [ride]. E me la sono spiccata felicemente.
E poi ho saputo che questo Luigi Meconi, per avere la rivincita
sopra “lo sprezzo” come lo chiamava lui, di avere
io rotto il ritratto del Re, m'ha fatto quello lì. Ho
dovuto ritornare a Windsor. Son stato a Windsor e naturalmente
allora la campagna per la difesa di Sacco e Vanzetti era all'apice,
si può dire, ed io ho lavorato insomma.
[...] I giornali comunitari d'allora qui in Canada [...]
hanno fatto qualcosa per Sacco e Vanzetti?
Poco, poco.
Ma hanno fatto qualcosa?
Qualche cosa sì. Qualche cosa. Negli Stati Uniti naturalmente.
Ho letto qualche numero del «Martello» di
Tresca16 [...] Ma qui non c'è materiale affatto.
No, ma si ha avuto molte conferenze, si ha fatto molte collette
insomma per; abbiamo fatto abbastanza. [...]
Abbiamo pubblicato qui il «Libertario» in italiano,
quando che venne Balbo in crociera coi suoi famosi aeroplani,
del '33 al '34 fino al '35, saltuariamente passava a Toronto.
Non so chi abbia delle copie. Nemmeno mio suocero17, che aveva
una grande collezione di giornali, aveva il Martello,
[...] ancora durante la prima guerra, non li ha tenuti. Forse,
forse li aveva Boschi ma non so dove è andata a finire
la biblioteca di Boschi. Morì alcuni anni fa a Montreal.
Ora ritornando, in verità, dopo quella batosta lì
contro il Console, il Vice-Console di Hamilton, son stati abbastanza
giù. So, lavoravano di sotto con la polizia. Se sapevano
che uno era un antifascista e andava a lavorare a Detroit gli
facevano la spia subito ecc. ecc. Poi venne Nobile. E quando
che Nobile andò al Polo Nord col dirigibile “Italia”,
Mussolini dopo il successo che ha avuto, gli diede l'ordine
di andare in tutte le città italiane del Nord America
dove erano delle comunità abbastanza grandi d'italiani.
E in ogni città fu un putiferio. Grandi dimostrazioni,
bastonate tra fascisti e antifascisti.
Tra Canada e Stati Uniti
Anche qui a Toronto?
No. A Toronto non venne. Chi sa, perché io ero a Windsor.
Insomma venne a Detroit. A Detroit fu una grande batosta; furono
arrestati una quindicina di antifascisti e altrettanti fascisti18.
E mi ricordo che li han buttati tutti su un furgone. Io sono
arrivato tardi, perché non mi volevano lasciar passare,
perché non avevo documenti, avendo io bruciato il passaporto,
quando che ho sentito che Mussolini aveva fatto uccidere Giacomo
Matteotti. E passavo senza documenti, passavo per French-Canadian19.
[...] Insomma, arrivai quando che la polizia... Ancora negli
antifascisti c'era un certo Chiarini, Ettore Chiarini20 di Windsor,
Ontario, repubblicano mazziniano. Aveva un bastone e quando
che venivano fuori i fascisti che correvano fuori dalla sala,
la Shubert Hall proprio nel Cadillac Square, e lì gli
dava una mazzata. Li faceva rotolare dagli scalini [Bortolotti
ride], e l'hanno arrestato anche lui. E due giorni dopo
venne questo Umberto Nobile a Windsor. I fascisti avevano trovato
la sala lì al Prince Edward Hotel e naturalmente poi
abbiamo saputo, passato la voce subito, ed io ed altri siamo
andati ad avvisare tutti ad essere presenti a fare una dimostrazione
contro. Insomma andammo. E le prime file, vicino al palco degli
oratori, erano tutti fascisti. Poi erano tre file di tra poliziotti
e detectives, e dietro c'era noi e poi altri poliziotti di dietro.
Insomma ci avevano messi là. Gli altri antifascisti che
son venuti dopo, sono andati tutti sopra [nella galleria]. Insomma
quando incominciò, perché io avevo, sapevo la
storia che Mussolini non fu quello che organizzò questa
spedizione. Fu Amundsen e Ellsworth21 che andarono un po' dappertutto
in America e in Europa a cercare fondi per potere volare sopra
il Polo Nord, insomma dall'Europa all'Alaska. E quando arrivarono
a Roma, Mussolini che aveva bisogno di propaganda a favor suo,
disse ad Amundsen e Ellsworth, “Io vi do il dirigibile
“Italia” con Umberto Nobile” e invece poi
Mussolini voleva avere tutto il credito lui. E quando che Umberto
Nobile incominciò a parlare, io stetti zitto un po'.
Faceva vedere delle slides22, insomma, che aveva preso
durante il viaggio. A un bel momento si vede il muso di porco
di Mussolini. E allora tutti all'unisono [grida e ride]:
“Abbasso Mussolini! Abbasso l'assassino dei migliori italiani!”23
Il Console [...] si alza in piedi e dice, diretto verso di me,
dice “Bortolotti” – non so, non l'avevo mai
visto, lui mi conosceva perché Meconi mi aveva individuato,
“quello là è Bortolotti” – “Bortolotti,
per favore, calma, calma calma”. Insomma aveva una fifa
[Bortolotti ride], insomma, perché il rombo di
“abbasso Mussolini” dalla platea e anche dalla colombaia
fu .... Insomma poi lo lasciammo parlare; ha cambiato tono subito
e quel po' d'inglese che sapeva parlare che lo parlava con accento
napoletano, nessuno lo comprendeva [ride]. Insomma fu
un, un vero fiasco.24
Poi alcuni, un paio di mesi dopo, io, noi e il gruppo anarchico
abbiamo organizzato una festa danzante con una riffa25 a pro
della difesa di Sacco e Vanzetti. Dunque era una cosa che tutti
la facevano. E a mezzogiorno del sabato, doveva essere il ballo
la sabato sera, a mezzogiorno mentre ero che mangiavo, vengono
due poliziotti e mi prelevano, dicendomi “C'è il
vecchio che ti vuol parlare, il capo della polizia Thompson”26.
E allora dico, “Sedetevi, lasciatemi mangiare prima e
poi vengo con voi”. Era il mio fratello; dice “Ma
cos'hai fatto?” “Cosa ho fatto? Ho commesso il delitto”,
dico, “da lavorare tutti i giorni e da fare propaganda
contro un governo che vuole uccidere due innocenti”. Insomma
ho finito di mangiare e poi sono uscito. E, arrivato dal capo
della polizia, quello era già preparato e aveva «Il
martello», «L'adunata», «Il mondo»
e altri giornali, insomma, e mi disse, “Quanti giornali
di questi?” Prende su un numero del Martello. “Oh”,
dico, “dieci del Martello e cinquanta dell'Adunata”.
“Poi del Mondo?” dice. “Ce ne sono
molti di più”, dissi. “Vuoi dire tu che ci
sono settanta anarchici a Windsor?” “Eh, anche di
più”. Poi mi fece vedere la traduzione di un manifesto
che io avevo scritto io e avevo pubblicato lì a favore
di Sacco e Vanzetti. E mi disse: “Guarda se la traduzione
è buona, perché son sicuro che l'hai scritto tu”.
Lo lessi pazientemente. Dico, “Sì, è una
traduzione abbastanza equa”, dico. E “Senti”,
dice, “io non voglio metterti in prigione perché
tuo fratello qui”27, dice, “è molto rispettato
e tu, in tutti gli anni da quando sei arrivato a Windsor so
che hai sempre lavorato, non hai mai avuto beghe con nessuno.
“Però”, dice, “guarda che c'è
una legge ninety-eight of the criminal code28, con la
quale noi possiamo mandarti in prigione per vent'anni. È
meglio che ti do una settimana per uscire da Windsor o dal Canada
s'è possibile”. E difatti, soldi non ne avevo per
fare viaggi lunghi e con cinque soldi di ferry29 sono
andato a Detroit e mi sono perso a Detroit, però sempre
a contatto col movimento di Windsor. Venne poi il '29, nel frattempo
nel '28 venne De Martino30, l'ambasciatore italiano a Washington,
a Detroit e anche a quello gli abbiamo fatto fare una figura
insomma poco ridente perché abbiamo incominciato a sputacchiarlo
oltre a gridarci improperi. Insomma, aveva un vestito nero e
quando [ride] i poliziotti l'hanno ... era quasi bianco di sputi.
Era l'unica cosa che si poteva fare.
Questo a Detroit?
A Detroit [...]
Quand'è venuto Balbo?
Nel 1933.
Nel '29 venne il Console italiano31 a Windsor. Ha mandato fuori
un manifesto dicendo che lui voleva venire a mettere in regola
tutti i giovani italiani che non avevano fatto il servizio militare
in Italia. Io ero di quelli. E allora immediatamente ho scritto
un manifesto contro, invitando tutti gli antifascisti a intervenire
a sentire il console, cosa voleva dire, e a darci [a lui] una
lezione, una buona lezione. Insomma poi io ho dovuto partire
da Windsor, però, pochi giorni prima, per altri affari.
Però quel giorno, il 20 settembre del 1929, il Console
arrivò là e non s'aspettava mai una cosa simile.
La sala era stata presa dagli antifascisti e i pochi fascisti
ch'erano, molti se la scapparono subito, e gli altri son rimasti
in un cantone, li abbiamo spinti in un cantone. Quando è
venuta la polizia, insomma, li ha presi, li ha guidati fuori.
Però gli antifascisti, che era Jack Artico32, un bravo
antifascista, morì un anno fa, quello disse “Fuori!
E mettiamoci di qua e di là del sidewalk33,ché
lui deve passare lì”. E insomma anche lì
l'hanno sputacchiato, insomma, che è stato ammalato per
una settimana dopo.
Veniva da Toronto?
Da Toronto, sì. Poco tempo dopo, insomma, la colpa ce
l'hanno data a tutti gli anarchici, perché si era i più
articolati a Windsor allora. E si aveva creato un certo che
di fiducia fra il pubblico italiano e il movimento [anarchico]
perché si cercava d'aiutare gli ammalati, quelli che
avevano bisogno, si faceva una colletta, si andava a darci un
consiglio, una cosa o l'altra. Insomma si era creata un certo
che di fratellanza, insomma, che non esisteva in tante comunità
italiane nel resto del Canada. E, insomma, per avere la rivincita,
fra Meconi e il Console, naturalmente hanno mandato i nostri
nomi in Italia34 e le nostre famiglie furono perquisite. Mia
mamma fu buttata fuori dal letto ammalata. Gli hanno perquisito
tutto. Io non avevo tanta corrispondenza con mia mamma. Quando
che avevo abbastanza dollari per tramutarli in mille lire, le
mandavo mille lire per telegramma, e basta. Non avevo nessuna
corrispondenza. Insomma, non c'era dialogo tra me e mia mamma
perché mia mamma era ancora nel Medioevo col suo Dio.
Io invece m'ero già emancipato di questa idea. A tanti
altri, a quattro altri, tra i quali due di Fossombrone nelle
Marche35, e un altro friulano [...]. Poi di lì sono stati
calmi un po' i fascisti. Facevano le cose però non in
pubblico. Io venni a Toronto allora e qui...
L'impegno per la propaganda
Quando sei arrivato a Toronto?
Nel '29 a ottobre, e ho trovato qui un certo triestino comunista,
e altri antifascisti. Polic [si chiamava]36. E poi alla fin
del '30, il 22 di agosto abbiamo commemorato, ho fatto stampare
un manifesto ricordando Sacco e Vanzetti. E son andato in giro
e con questo ho conosciuto molti antifascisti, tra i quali Giancotti37,
Palermo38, Frattini39 ecc. E allora Giancotti m'ha chiamato.
“Noi abbiamo un club. Ci troviamo al Labour Lyceum40 e
abbiamo dato il nome Giuseppe Mazzini a questo circolo. Insomma
vieni anche tu là”. E io andai la domenica dopo.
E là ci siamo affiatati un po'. Si bisticciava sempre
con Giancotti ma sempre a un'altezza, insomma, senza diventare
nemici. Naturalmente il mio punto di vista era antiautoritario,
l'altro autoritario, [ride] era sempre. E abbiamo fatto moltissima
propaganda. Dopo un anno, in otto o nove siamo usciti e abbiamo
fondato il nostro gruppo anarchico, gruppo libertario come lo
si chiamava. Abbiamo fondato la nostra filodrammatica e si dava
drammi in italiano, drammi antifascisti.
Quali sono?
La bottega, La via del paradiso, Povero popolo, e molti
altri drammi forti a fondo sociale41. Mentre che Giancotti,
lui era più che [...] dava dei drammi passionali più
che altro.
Loro avevano una filodrammatica?
Lui recitava bene, la sua compagna recitava bene anche. Insomma,
recitavano. Però abbiamo avuto sempre noi più
pubblico perché i drammi erano forti. Si era nella Depressione
e anche quelli che non avevano mai partecipato, mai sentito
o avuto un certo che di coscienza dello sfruttamento dell'uomo
sull'uomo, della tirannide che i politicanti usano contro il
popolo ecc. ecc. E insomma vedendo questi drammi forti, se li
faceva e tutto il ricavato andava a pro delle vittime politiche
in Italia.
[discussione sui giornali italocanadesi] Dove vi riunivate?
Al Labour Lyceum o a Robert Hall, Robert e College42, era una
piccola chiesa che l'avevano gli anarchici russi.
[commento su tre giornali] «La tribuna canadiana»
era di Corti43, fortemente antifascista.
Corti era un individuo ambiguo in tutti i sensi. Infatti era
stato arrestato anche per omicidio, che poi non hanno provato,
di un certo Ambrose che ancora non sanno da chi fu ucciso, il
padrone di uno stage show44. [...] Io lo incontravo spesso
questo Corti perché veniva a bere vicino a casa dove
abitavo io, da certi friulani che facevano un buon vino45. E
la domenica era lì e ... allora si facevano delle discussioni.
Io ho avuto molte discussioni, animate anche. Era ...un ...
sapeva qualche cosa. Lui si diceva antifascista. Io gli dissi,
“Ma tu sei un antifascista per modo da dire. Ma se tu
avesti [sic] la possibilità di avere il posto di Mussolini,
saresti uguale”.
L'Ordine dei Figli d'Italia, ha idea quando sono stati
introdotti qui a Toronto?
Questo non me lo ricordo.
E la Fratellanza Italo-canadese?
La Fratellanza Italo-canadese. Quella fu nel '27, '28. [...]
Erano molti marchigiani e i marchigiani erano la maggior parte
antifascisti, c'erano pochissimi fascisti. Però un giorno,
nel 1931, hanno invitato il Console a parlare perché
era Frank Marrocco46 presidente che poi è diventato poliziotto,
non so s'era poliziotto anche allora questo Marrocco. E han
invitato il console a parlare, e allora noi abbiamo mandato
fuori un manifesto subito chiedendo alla Fratellanza “Che
cazzo di antifascisti siete che invitate un console fascista
a parlare a una delle vostre sedute?” E difatti vi fu
un grande caos nella Fratellanza e molti uscirono, ecc.
Palermo, era uno dei giovani allora?
Non era più giovane di me. Palermo aveva qualche anno
di più di me.
Io ho avuto tempo fa un'intervista con Padre Balò47,
il prete della Chiesa di Santa Maria degli Angeli.
Santa Maria dei Tori48. Non era lui allora.
[...]: E la società Trinacria? Che impressione
aveva?
La Trinacria era una società di mutuo soccorso in cui
erano dei fascisti. Credo che c'era, come si chiama, quello
che vende uva ancora qui, Culotta49. Mi pare che fosse anche
lui. Culotta, almeno uno dei Culotta, era fascista [...].
[domanda a proposito del reverendo Gualtieri protestante]
Reverendo Gualtieri50 protestante era un antifascista.
E Di Stasi?51
Di Stasi anche. Di Stasi era un individuo molto bravo. Ricordo
che...
Vive ancora.
Ritornando da Windsor ho dovuto preparare delle conferenze per
Emma Goldman nel 1939 e sono andato con un amico, non avevo
soldi da prendere il treno, perché tutto quello che si
faceva si mandava in Spagna allora, prima per la rivoluzione
e dopo per i profughi, per aiutare i profughi, i bimbi ch'erano
nei campi di concentramento in Francia. E insomma, ritornando,
mentre che col dito cercavo un ride52, passa lui e quell'altro
di Montreal, come si chiamava [...] Beh insomma i fascisti qui
hanno avuto poco, poco .... Avevano giù nella Piccola
Italia a College53, avevano un piccolo seguito, i commercianti
per la maggior parte o di qualche studente bocciato ecc.
Ma del resto, per esempio nell'elemento italiano qui a Davenport,
Brandon e Dufferin54, ce n'erano pochissimi, pochissimi ce n'erano.
Fra tutti i friulani ch'erano qui allora, ce n'erano quattro
fascisti friulani. Su due- tre- quattromila friulani ch'erano
qui.
Un'altra domanda: Spada, l'ha conosciuto?55
Spada, Spada l'ho conosciuto perché siamo andati qui
io e quello di Montreal che dissi ch'era un comunista ch'era
proprio ... che un giorno mi disse: “Se viene la rivoluzione
qui, la prima pallottola sarà per te, Bortolotti”
[ride].
Ma che tipo era Spada? Ho sentito io che qualcuno l'ha
accusato di essere stata una spia dell'OVRA56.
Quando siamo andati a Montreal siamo andati da Boschi prima
e mi disse “Guarda che Spada t'aspetta a casa sua”.
Stava a Ville-Emard57 [quartiere] nel basso Montreal e siamo
arrivati là e abbiamo avuto una discussione che si protrasse
per cinque, sei ore. E naturalmente immediatamente lui mi colpì
dicendomi che sono un utopista, un irrealista, ecc. Io naturalmente
io mi difesi dicendo che lui era un utopista che credeva
che con la riforma da arrivarci [ride]. E poi ... dell'antifascismo
e di lì naturalmente siamo messi d'accordo per come che
si era d'accordo qui che quando che si bisticciavasi tra gruppo
e gruppo, però quando che c'era qualche manifestazione
fascista allora si riunivasi tutti assieme per andarsi contro
il comune nemico. Però per dirti la verità dopo
quella discussione non ho avuto più relazione con Spada
perché, rimuginando le parole da lui dette, mi parve
un individuo un po' equivoco.
Lui ha scritto un libro, Gli italiani in Canada,
ma dell'antifascismo di Toronto non parla affatto... [domanda
circa un Bortolotti di Ottawa].
Conosco Anselmo Bortolotti di Ottawa58. Era un socialistoide
allora. E vive ancora. Ha ottant'anni.
Allora, il dottor Glionna, che tipo era?59 Un fascista?
Glionna era un nazionalista, Rosario Invidiata60 era un fascista.
Mari, direttore del Bollettino?61
Mari, Mari quello era un farabutto di prima qualità,
un fascista. E quando si dice fascista si dice tutto.
Cosa è avvenuto a Mari?
Sparì appena che Mussolini attaccò la Francia
perché immediatamente il Canada essendo in guerra [...]
I fascisti insomma hanno organizzato questo meeting62
per far conoscere [con tono enfatico] ai canadesi
il perché Mussolini aveva attaccato [Principe: o intendeva]
attaccare, insomma, l'Etiopia. E andammo, come dissi, circa
cento e venti di noi. E questa era una piccola quantità
degli antifascisti, perché erano migliaia di antifascisti;
la maggioranza italiana era antifascista. E, quando entravo,
diceva, “Sei italiano tu?” “Sì, sì”,
dico, “sono italiano”. Dietro di me era Mac Leod63.
“Sei italiano tu?” “No, I'm Canadian”.
“Then you can't come in”64. Culotta era.
Un sacramento grosso, alto, pesava un 230 punti65, sicuro. Insomma,
non lo lasciavano entrare. Allora [...] ci siamo seduti a gruppi,
un gruppo qui, un gruppo lì. E prima che incominciasse
il meeting ho visto un piccolino moro che cercava una
sedia tra noi. E finalmente si sedette di dietro di me. Poi
un avvocato, che non mi ricordo il nome66, incominciò
a parlare e immediatamente colpì la Lega per la Pace,
al cui segretario avevano negato l'entrata.
E anche perché una settimana prima avevano fatto
una dimostrazione a Queen's Park67.
E allora io mi sono alzato e gli ho detto: “Vergognati,
farabutto di un fascista che non sei altro. Lanci il tuo veleno
contro quella Società”, dico, “al cui segretario
è stata negata l'entrata in questa sala. E, secondo il
vostro manifesto, questo meeting è stato indetto
per far conoscere ai canadesi il perché Mussolini
va in guerra contro l'Etiopia”. Si alza Invidiata. “Fuori
il rinnegato di Bortolotti!” E sfortunatamente si trovava
fra un gruppo di socialisti friulani, muratori con i muscoli
forti. E gli han detto: “Dottore, si sieda, lasci l'oratore
rispondere a Bortolotti”. E lui ha continuato a inveire.
E poi si è girato verso uno di questi e gli ha dato un
pugno. Non l'avesse mai fatto, perché in quattro o cinque
hanno cominciato a menargli pugni a lui e quando che hanno smesso
di dare pugni, questo dottor Invidiata cadde come un sacco di
patate [ride]. E lì fu che cinquecento sedie salirono
in aria e lì abbiamo cominciato.... I poliziotti ch'erano
dentro hanno perduto perfino il cappello. Mentre che io ero
con la sedia che mi difendevo dai fascisti che venivano sotto
gli occhi, perché noi altri si era in minoranza, erano
tre volte di loro. E un certo Ernesto Gava68 mi grida: “Attilio,
girati!” Mi girai e questo piccolino che cercava la sedia
dietro a me, aveva il pugnale in mano, e aveva cercato da pugnalarmi
alla schiena. E questo ha gridato, questo Gava, e poi gli ha
lasciato cadere la sedia che aveva in mano sulla testa del fascista
che è caduto a terra.
Non ha capito chi era?
Non ho saputo chi era perché poi siamo stati in un certo
modo sopraffatti e abbiamo rinculato verso la porta. Alla porta
erano una ventina con il bastone i fascisti. Fortunatamente
un mio amico, un simpatizzante anarchico, forte, ogni pugno
ne buttava uno a terra. Insomma questo ha sgombrato la porta
e siamo usciti. Giancotti sanguinante. E chi era l'altro che
fa il contrattore adesso, un abruzzese, che fu arrestato?
Quello che è stato arrestato è stato Jimmy
Tenaglia.69
Sì, e l'altro questo che fa il contrattore, che è
milionario ora, non mi viene il nome, con la M, mi pare, Martella
[probabilmente Mantella70]. Insomma uscimmo fuori. Ci siamo
raggruppati di nuovo sull'angolo di Spadina71 e College e lì
abbiamo fatto un meeting. Giancotti ha parlato in italiano
e io ho parlato per inglese. Perché ormai la folla era
venuta; erano migliaia di persone lì. Fortuna che Spadina
lì e un po' largo. Insomma, la polizia è venuta,
ha cercato da rinserrarci, ma insomma per un'ora abbiamo avuto
lì un buon meeting. Giancotti sanguinava. C'era
uno spicco enorme.
Insomma, dopo di quello, un giorno qui, su Jane, a Pelmo Park72,
sono venuti a dirci ch'erano i fascisti che avevano un picnic
e siamo andati là. Suonavano Giovinezza col grammofono.
Insomma... appena che ci han visti, hanno fermato di suonare
Giovinezza. Mari era lì, e c'era un altro dottore.
Quando Balbo sorvolò il nord America
Sansone73,
presidente dei combattenti?
Quello, e poi una donna friulana che anche quella, quando hanno
iniziato a dire di me: “Cosa venite qui? Noialtri abbiamo
il diritto di far quello che ci pare e piace”. “Sì”,
dissi io, “tu hai il diritto da fare quello che ti pare
e piace; però, quando che si sente Giovinezza”,
dico, “non si può fare a meno che dimenticare da
essere civili, perché quello lì è l'inno
dei barbari”, dico, “e ai barbari si risponde...”
Insomma dopo mi sono anche pentito da essere andato, perché
dopo tutto, io voglio la libertà per me, ma la voglio
per gli altri anche. Ma il fascismo era così una cosa
odiosa che, quando che si trovava uno di fronte, ti veniva la
volontà da incominciare a dargli degli schiaffi. Insomma
è passato il meeting. No, questo fu prima ...
Insomma, ritornando al '33, quando che abbiamo saputo che Italo
Balbo74 veniva in crociera con gli aeroplani e doveva fermarsi
a Toronto, allora ci siamo messi..., abbiamo avuto un meeting
e abbiamo deciso di mandare fuori un numero unico di Libertario,
dedicato tutto a Balbo. Insomma Chiarini da Windsor mi ha dato
un, non mi ricordo come si chiama, [Principe: ciclostile] e
abbiamo fatto mille copie. Sono andate a ruba. Ne abbiamo mandate
un centinaio a Windsor, un centinaio a Montreal, e il resto
li abbiamo distribuiti qui. E questo Mari, dal suo Bollettino
ha scritto: “Bortolotti, se hai il coraggio, se sei un
vero anarchico, devi avere il coraggio di dire che lo sei in
scritto”. Allora, sul secondo numero del «Libertario»
l'articolo di fondo fu il mio credo, che poi la polizia l'ha
usato contro di me nel '40 per [cercare di] farmi deportare
in Italia. Io gli ho dato una risposta adeguata a questo. Poi
vennero fuori i fascisti con Arcand75.... Balbo non si fermò
qui; andò diretto a Chicago. Non si è fermato.
È passato per il Canada; però non si è
fermato qui. Però si era preparati a darci il benvenuto
che si meritava. Perché si sapeva tutte le canagliate,
tutti gli omicidi che aveva commesso contro gli antifascisti
in Italia, ecc.
Può continuare circa Adrien Arcand nel Quebec [...].
Tra i fascisti italiani e quelli di Arcand c'era un bel po'
di dialogo fra loro. E difatti Meconi da Windsor istituì
le Camice Azzurre76 anche lui fra gli italiani. Non ha avuto
successo perché erano quei quattro gatti di fascisti
che si mostravano di quando in quando, perché erano tutte
facce odiate da tutti i lavoratori italiani da Windsor. Però
lui è venuto fuori in aiuto a Arcand.
[...] Generalmente i politici canadesi come vedevano Mussolini?
Ce n'erano molti che dicevano che Mussolini era un grande uomo,
che Mussolini aveva fatto correre i treni che arrivavano in
orario, ecc. E, insomma, che aveva messo in moto l'Italia in
tutto il mondo, ecc.
I nomi?
No, ma erano in generale i politicanti particolarmente molti
liberali e molti più conservativi [...].
Il bisticcio fra Giancotti e Palermo da una parte e, come si
chiama l'altro [ride], il comunista, Frattini, era molto...
una critica continua. Perché Frattini aveva incominciato
a formarsi un concetto di superiorità. Perché
i comunisti qui lo avevano mandato a scuola; lo facevano andare
a scuola serale e, insomma, era diventato una vera giberna di
Stalin.
Vive ancora?
No, morì molti anni fa. Divenne il business agent
del Terrazzo Workers77 qui. Insomma era più messo
da parte che altro da Giancotti.
[...] organizzato uno sciopero alla Tip Top78.
Luigi Palermo, insieme ad altri, hanno organizzato diversi scioperi
nel Ladies Garment Workers e The Amalgamated Garment Workers79.
Palermo fu quello che organizzò le donne italiane che
lavoravano a Spadina80. Credo che sia stato del '31-'32. [...]
Qui era un gruppo di anarchici, tra i quali uno, non so se era
della provincia di Avellino, era [...] un uomo molto colto e
aveva fatto un incontro, perché anche questo Corti lo
nominava sempre.
Come si chiamava?
Ostia! Adesso non ricordo più il nome [ride].
Insomma quando sono arrivato io qui nel '29 tutti parlavano
ancora di questo [anarchico] ch'era andato in Italia del '20-'21.
Cos'è successo dopo?
Abbiamo tenuto sempre fronte, controbattuto ogni attività
che loro hanno dato pubblicamente. Quando che il Consolato di
Toronto ha mandato fuori un appello alle donne da dare la loro
fede per la guerra, noi siamo venuti fuori: “Non un soldo
alla Croce Rossa”. E abbiamo fatto circa quattromila di
questi manifesti. E siamo andati in tutti i paesi del basso
Ontario qui a distribuirli. Fortunatamente avevo una Ford81
di cinque dollari, la quale ci portava dappertutto [ride].
Però sono riusciti a raccogliere 500 anelli a Toronto
[...] La manifestazione quando Mussolini ha mandato l'anello
di acciaio, l'hanno fatta nella Chiesa di S. Agnese. [domanda
a proposito dei preti conosciuti]
Beh, per dire la verità non ne ho conosciuti. Quando
sono arrivato qui, nel '29, a Santa Maria dei “Tori”82
c'era uno che fuggì d'Italia, credo da Monza, perché
aveva stuprato delle bambine e bambini, li ha infettati di gonorrea.
Fu un grande scandalo verso la fine del secolo o i primi del
Novecento.
[...] Mai provato.
Quando son venuto qua io, ho mandato fuori un manifesto; quando
ho sentito il nome mi sono ricordato d'aver letto su un libro
di un socialista italiano del Novecento famoso, Vallera83...
E allora mandai fuori questo manifesto a mo' di domanda. E la
settimana dopo, la domenica dopo, in prediche, rispose alla
mia domanda e mi disse [imita la voce piagnucolosa del prete]:
“Ancora mi accusano ed io sono innocente”. Però,
però, aveva ancora, la conoscevo io una ragazza che andava
in chiesa e un giorno venne a casa ed era da suo cognato, un
comunista, era un comunista lui, e mi disse [imita la voce
della giovane]: “Non vado più a confessarmi,
non vado più da quel brutto là”. “Perché?”
“'Sai', dice, 'che belle mammelline che c'hai'
e ha cominciato a toccarmele le mammelle”. Allora, porca
Madonna, dico, è lui. [ride]
Le scuole fasciste all'estero
Mi parli del ministro Bersani.
No, voglio parlare di un altro fatto che ha avuto un'eco nazionale....
Il ministro Bersani era a Montreal. Dunque Chiarini era l'antifascista
più attivo, più battagliero, ché, corporatura
grande e grosso, non aveva paura da darci pugni a nessuno e
quello lo faceva più battagliero ancora. Però
aveva la fede, un odio tremendo contro i fascisti. E all'elezioni
comunali di Windsor, un giorno mi domandò. Cioè
questo Chiarini disse, “Guardi che qui c'è una
scuola fascista” a un certo Kitching84 ch'era segretario
del Labour Council. Allora questo Kitching fece una domanda
a questo Wigle85 ch'era candidato a sindaco, e gli fece questa
domanda. E questo qui cadde dalle nuvole: “Sono stato
sindaco ma non ho mai sentito che c'è una scuola fascista”.
All'indomani Meconi rispose dicendo che lui era pronto a dare
mille dollari a una società di mutuo soccorso a chiunque
può provare che la scuola Dante Alighieri è una
scuola fascista. Allora Chiarini invitò Bersani qui a
Toronto e mi scrisse a me; poi venne qui e ci trovammo noi tre.
E abbiamo discusso, insomma, sul da fare. Bersani disse: “Io
ho un mucchio di prove, di giornali, di articoli apparsi sul
«Popolo d'Italia», dove ci sono le cifre di centinaia
di migliaia, milioni di lire che vengono devoluti dal governo
italiano alle scuole fasciste all'estero. E allora ci siamo
trovati qui diverse volte a Toronto. Abbiamo incominciato la
traduzione di questi articoli, ecc. e li abbiamo preparati.
Il 8 settembre del 1938 m'hanno dato l'incarico a me da tenere
la conferenza a Windsor, a un college86. Insomma venne
la stampa.
Quali giornali ci sono là?
Il «Windsor Daily Star», è ancora. [...]
E insomma presero fotografie dei documenti questi giornalisti,
ecc. Una settimana dopo, ci fu un battibecco poi tra me ed uno
che .... Perché nella mia conclusione [...] In conclusione,
quella volta i Giapponesi avevano invaso parte della Cina e
si sentiva ormai il rombo di un'altra guerra. Allora in conclusione,
ho detto, la macchia nera del fascismo s'allarga, non solo in
Europa e in America ma anche in Asia. E non so come, ci ho messo
il nome del papa anche dentro. Allora questo, era un tipografo,
un Irish87 si è sentito offeso e allora domandò:
“Voglio che tu mi dai le prove che il papa è un
fascista”. “Io ti posso dare qualche accenno ora”,
dico, “però, se accetti un dibattito pubblico”,
dico, “ti porterò molte prove che la Chiesa e il
papa sono i capisaldi del fascismo”. E poi alcuni fascisti
che erano lì han cominciato a gridare: “Rinnegato,
Bortolotti, rinnegato!” E poi sono usciti perché
hanno visto che gli antifascisti ch'erano presenti non rinunciavano
a dimostrare il loro [... parola non chiara]. Insomma, dopo
una settimana l'Immigrazione88 ha fermato tre maestri d'italiano
che venivano a far scuola al Saint Alphonse Church89, dove avevano
questa scuola a Windsor, e han trovato che erano membri dell'OVRA
questi tre. Hanno scoperto questo e hanno chiuso subito. Naturalmente
si aveva Chiarini attraverso, e anche Bersani; conoscevano Tizio
Caio e Sempronio qui tra i fascisti e sono venuti in possesso
dei libri stampati in Italia nei quali c'era più fascismo
in questi libri che altro. E ogni lezione aveva qualche cosa
del Duce e quello che fa il fascismo, ecc. ecc. Insomma il governo
canadese ha chiuso queste scuole90.
Questo nel '38?
Nel '38.
In Canada o soltanto a Windsor?
Windsor, Toronto e Montreal. Ma a Montreal m'han detto non son
riusciti perché c'era l'Union Nationale91. Però
insomma lì han cercato poi con le telefonate: “Bortolotti,
preparati per l'ultimo rite.”92 L'han saputo. Un
mio amico mi ha fatto avere una rivoltella. Perché io
mai ho avuto armi da fuoco. Me l'hanno portato... e quando che
uscivo, uscivo con la rivoltella in tasca.
Poi a quel tempo lì del '38 Arcand veniva qui di sovente.
Noi, dei trotskysti, la lega, The League for Workers Party (erano
i trotskysti che furono espulsi dal partito comunista qui a
Toronto) e fondarono questa lega trotskysta. Erano bravi ragazzi.
E si faceva delle dimostrazioni a cui venivano delle migliaia
di persone di fronte alla sala dove parlava Arcand. Mi ricordo,
a Lippincott e Bloor93 abbiamo fermato il traffico del street
car94 per mezz'ora. È venuta i poliziotti a cavallo
a sgombrare poi. Dopo la disfatta di Spagna, molti italiani
che erano andati a combattere in Spagna, erano specialmente
degli anarchici e la Francia li mandava, gli dava 24 ore, e
dopo li portava alla frontiera del Lussemburgo o del Belgio.
Insomma facevano il giro: Francia, Lussemburgo, Belgio; Belgio,
Francia e poi... Insomma quello era il giro di migliaia e migliaia
di antifascisti e particolarmente anarchici. E poi son stati
di quelli che han trovato un buco da venire coi piroscafi qui.
Il primo è capitato a Bersani a Montreal con [...
nome non udibile]. Due, uno era un ebreo che era stato in
Spagna e l'altro un friulano di Pordenone, dottore di Pordenone,
antifascista. Erano al Quebec in prigione lì, ché
il capitano li aveva dato in mano alla direzione, e dopo pochi
giorni dovevano uscire. Non avevano da bere e da mangiare. Insomma,
arrivati al Quebec, il capitano della nave ha dato questi due
in mano alla direzione. E dopo pochi giorni questo friulano
disse all'ebreo: “Ma qui è meglio scappare”.
Erano a venti piedi di altezza, c'era una terrazza, dove li
mettevano a prendere l'aria, era a venti piedi dal disopra a
terra, e questo friulano disse: “Beh, proviamo. Ti prendo
in braccio”, disse all'ebreo che era piccolino. E hanno
fatto, e si è rotto le caviglie...; tutte e due si è
rotto le caviglie. Però a botta calda son riusciti a
fuggire. Son andati a nascondersi fuori della città in
un piccolo bosco. Lì han aspettato il mattino e poi si
son messi, han chiesto la strada per Montreal. Parlavano francese
bene tutt'e due, e era un truck95 che andava a Montreal
che andava a portare .... E han detto, “Guarda, noi ti
paghiamo. Portaci”. E quando che erano a Montreal, disse:
“Portami al Jewish Congress, alla sede del Jewish Congress”96
Li ha portati là. Quando che fecero per smontare non
ce la facevano più perché ormai le caviglie erano
tutte gonfie. Quelli del Jewish Congress han chiamato Bersani,
il quale ha prelevato questo friulano, l'ha portato a casa sua
e poi alcuni giorni dopo è venuto qui. È stato
un po' e poi è partito per gli Stati Uniti. Poi ne son
venuti degli altri, uno dei quali venne a casa nostra. Io abitavo
con altri anarchici lì. E [...] avevano dei documenti,
delle lettere di anarchici di Parigi, ecc., certamente della
Spagna. Li abbiamo aiutati. Solo che questo97, inavvertitamente,
stupidamente, in quei giorni è venuta la guerra e senza
pensare che con la guerra c'è la censura, scrisse quattro
lettere, due a Parigi, una a Bruxelles e una a Ginevra e poi
[...]. Insomma il 4 di ottobre fummo arrestati. E io credevo
sicuro che fosse stato perché si è avuto la battaglia
contro Arcand in quella volta. E Mann e Nursey98, i capi della
Red Squad99, che ci davano sempre la caccia e cercavano
sempre d'arrestarci, noi si sfuggiva sempre, si cercava di sfuggire
all'arresto, perché era stupido da farsi arrestare, perché
noi soldi se ne aveva pochi allora [ride] e trovavamo
un avvocato che faceva pagare poco. Cohen che faceva pagare
poco.
L'avvocato nero che ha difeso Tenaglia?
Quello fu cinque anni prima. No no. Un ebreo. Erano diversi,
insomma. Ci han portati là, io mi son preso la colpa,
perché la libreria100 era la mia, avevo una stanza tutta
piena di giornali che mi arrivavano dalla Spagna in particolare.
Tutti i giorni arrivava molta letteratura. Un bollettino interno
della federazione arnarchica. Insomma avevo... ero aggiornato
continuamente su quello che succedeva in Spagna. E avevo collezioni
del «Martello», dell'«Adunata», di altri
giornali anarchici, ecc. Non solo degli anarchici, ma dei comunisti
e socialisti e molta letteratura. Insomma, portano via tutto.
E allora hanno cominciato ad interrogarmi. Dato che io ero l'unico
che non avevo famiglia101, dissi, “I libri che avete trovato
nelle altre stanze, li ho imprestati io”. Insomma a me
m'hanno prima preso, per propaganda contro la guerra, e propaganda
la facevo.
Nel '39?
Nel '39. Emma Goldman diede una conferenza qui sulla guerra.
E io gli feci delle domande a Emma Goldman. “Perché
cerchi da sviare, da non essere franca? Ché la guerra
è sempre fatta dal capitalismo per il capitalismo, contro
il popolo, è sempre stato il popolo quello che deve pagare
di sangue e di tasca. E naturalmente i poliziotti erano lì
che sentivano. Ma, insomma, in tribunale questa [accusa] cadde.
Poi per propaganda scritta contro la guerra, cosa che non era
vera. Erano i trotskysti che facevano, che hanno fatto diversi
... e i Jehovah Witnesses102 che molti furono arrestati.
E non seppi il perché [del mio arresto] fino a due mesi
dopo, quando a Cohen, the prosecuting attorney103, disse
a J. L. Cohen: “Guarda che Bortolotti è stato arrestato
per questo, questo e questo”.
Menzogne e tranelli giudiziari
C'è stato qualche comunista italiano che è
stato internato?
No, no. Dopo, quando che l'Italia ha dichiarato guerra, dopo
che sono uscito io [di prigione] a gennaio, sono stato quattro
mesi dentro. E m'hanno fatto il primo processo per la propaganda
contro la guerra, dal quale fui assolto. Poi han trovato tra
un cassone dove c'era tutti i vestiti che si usava sul palcoscenico
per la filodrammatica due rivoltelle vecchie, arrugginite, senza
grilletto, insomma inservibili, e quel vigliacco di Nursey [...]
presentò in tribunale una rivoltella nuova, cromata.
Allora io ebbi uno scatto [a voce alta e grossa]: “Quella
non è mia. This is a frame up, Nursey, and
you know it”104. Allora l'avvocato gli ha fatto: “Guarda
che quello è un frame up, God damn it!”105
Allora [l'avvocato difensore] Cohen, scaltro, era piccolino
e soffriva un inferiority complex106, e odiava i poliziotti
più per questo che per idealità [ride]. Era sul
stand107, naturalmente, questo Nursey. Allora lasciò
la [accusa della] rivoltella e [...]. ”How do you know
that Bortolotti is not a Canadian citizen?” “He
told me that he is not a Canadian citizen”. “Is
that the only proof you have?”108 Lui ha detto “Sì.”
Allora il judge109 Forsyth, che presiedeva: “Case
dismissed”110. Ha visto anche lui quindi. E dopo l'avvocato
Cohen mi disse che il giudice Forsyth ha chiamato Nursey e gli
ha dato una romanzina [sic] per avere fatto questo tranello.
Dopo, insomma, Cohen m'ha preso a braccetto e dice: “Adesso
sei libero finalmente”. Andai fuori, arrivo alla porta.
“I'm from the Immigration. You're under arrest”111.
Mi arrestano e mi portano al Don Jail112 di nuovo.
Nel frattempo Meconi aveva mandato una lettera all'Immigrazione
qui dicendo che io il 23 agosto del 1929 fui arrestato a Detroit
per avere dato dei manifesti a degli operai di fronte ad una
fabbrica, nella ricorrenza del secondo anniversario dell'assassinio
di Sacco e Vanzetti. E fu per quello che io ho dovuto venire
di qui [a Toronto] per non essere mandato in Italia.
[...] I compagni m'han detto: “La tua vita vale di più
di mille dollari”.
[...] Dunque, quando Mussolini attaccò la Francia, immediatamente
in Canada hanno rastrellato tutti i fascisti, meno i capi, perché
essendo che Nursey, Mann e tutta la marmaglia reazionaria della
città di Toronto andava ai banchetti alla Casa d'Italia,
e loro sono stati quelli che hanno dato agio ai fascisti da
scappare. Il resto sono stati arrestati e mandati a Petawawa,
al campo d'internamento di Petawawa. Chiarini, e qui ho fatto
una questione con Chiarini, venne da Windsor e dice: “Bortolotti,
tu devi darmi tutti i nomi dei fascisti che conosci, perché
li voglio far arrestare”. Allora ho detto: “Senti,
è da molti anni che combattiamo il fascismo a visiera
aperta, tu lo sai; però”, dico, “il mio ideale
non mi permette di fare la spia, nemmeno contro un fascista”.
E lì ci siamo bisticciati ed è stato un po' d'anni
che non ci siamo parlati.
Di fascisti locali chi hanno arrestato?
Molti li hanno arrestati. Adesso non mi ricordo [...]
“Prende le difese di un anarchico e di un bugiardo come
Bortolotti?” il ministro [protestante] disse. Insomma,
rispetto a questo ha continuato. E poi un giorno mi ha portato
giù su Queen Street alla sede dell'United Church e là
c'era Wilcox113, cinque o sei dei maggiori, insomma, della gerarchia
della United Church. E hanno cominciato a farmi delle domande,
che libri ho letto, che scuole ho fatto, quando sono venuto
in Canada, a che età, e tutte queste storie. E in ultimo
uno dice: “Bortolotti, tu non andrai in Italia in braccio
a Mussolini, perché tu hai più diritto di noi
da rimanere in Canada perché tu hai visto prima di noi
il pericolo fascista”. E infatti furono loro che collettivamente
hanno fatto pressione, e poi c'è Woodsworth, ché
Emma Goldman tenne un giro di conferenze in tutte le città
del West [del Canada]114, e ha trovato Woodsworth e altri
del C.C.F.115, i quali hanno detto: “Guarda che, se il
caso viene che il Ministro [del governo]116 non molla, noi facciamo
una proposta contro il governo in Parlamento”. E difatti
mollò poi, tappandomi la bocca per il resto della guerra.
[commento su Spada, minacciato di deportazione e costretto
a cessare la pubblicazione del suo giornale antifascista]
No, a me m'han detto: “In casa tua puoi fare e puoi dire
quello che vuoi, fuori no”. [Seguono nella registrazione
solo frammenti udibili; Bortolotti nomina Gnudi117 che riteneva
un fascista rosso e descrive l'incontro con Tim Buck118 che
difendeva la Russia].
Io credo che i comunisti lo [Buck] abbiano fatto venire qui
per darci lezione a Frattini, perché Frattini non sapeva
né scrivere, non sapeva parlare né ragionare.
[discussione in cui segnala delle contraddizioni in quello che
diceva Frattini] e lui ha risposto: “Non posso risponderti
perché non ho il tempo da fare” [...] [a proposito
del Gruppo Mazzini] Palermo era con loro. Palermo era l'ala
più destra.
Apparentemente aveva grande ascendenza.
Sì, sì con gli ebrei nell'Amalgamated. Era un
uomo onesto come anche Giancotti [...] Giancotti era un uomo
onestissimo [...] troppo religioso.
Angelo Principe
originariamente apparso sulla rivista Metodi e ricerche
Note
- Questo è il testo ampliato e riveduto di un intervento
fatto al convegno della Canadian Society for Italian Studies
tenutosi a Venezia nel 2011. Oltre alle persone citate nel testo
e nelle note successive, le persone che gentilmente mi hanno
fornito informazioni e suggerimenti per questa parte della ricerca
sugli antifascisti friulani in Canada tra le due guerre sono
i seguenti: Elena Benelli, Lee (Libero) Bortolotti, Franco Bortolussi,
Mary Zorzi Bortolussi, Robert Campbell, George Corona, Rina
Del Nin Cralli, Giuseppina De Blasio De Luca, Elvio Del Zotto,
Marlene Elia Del Zotto, Michaele Del Zotto, Madelyn Della Valle,
Valerie Elia, Marisa Francescut, Ginny (Virgilia) Bartell Fraser,
Gino Guatto, Rita Infanti, Alexandra Johnston, Paul Mantella,
Deanna Pellegrini, Velma Zorzi Presacco, Armand Scaini, Gabriele
Scardellato, Anne-Marie Sorrenti, Lili Zorzitto Sovran, Mario
Spagnolo, Vivian Zampolin Spagnolo, Victor Turrin, Susan Elia
Zorzi, Marisa Zorzitto.
- Durante il processo del 1939, il poliziotto esibì una
pistola lucida, nuova e funzionante, che sarebbe stata trovata
fra i suoi effetti.
- Intervista Richardson, p. 17.
- Ibid., pp. 22-23.
- Ibid., p. 24.
- Lo dice anche in Guardian, p. 2.
- Intervista Wood, p. 11.
- Luigi Meconi (Faleria, Viterbo 1893 - Windsor 1967), arrivato
in Canada nel 1911, fece da maestro di cerimonie alla cena organizzata
per dimostrare l'approvazione della politica di Mussolini e
dell'invasione dell'Etiopia. Alla festa parteciparono 150 persone,
fra le quali il sindaco Bennett di Windsor e un sergente della
polizia della città, secondo il rapporto uscito sul «Windsor
Daily Star», 26 maggio 1936, pp. 19, 22. L'avvenimento
in sé e la partecipazione delle autorità canadesi
furono severamente criticati nell'editoriale del quotidiano
il giorno dopo, 27 maggio 1936, a p. 4. Meconi fu internato
nel 1940. Temelini, p. 75, parla delle sue attività come
uomo d'affari. Il fratello Clemente (Faleria, Viterbo 1901 -
Windsor 1934), nominato in seguito da Bortolotti, fu vice-console
a Ottawa fino al 1925. Sui Meconi si trovano delle informazioni
in Impronte. Italian Imprints in Windsor, a cura di Madelyn
Della Valle et al., Windsor, Windsor's Community Museum,
2009, pp. 15, 17, 33, 38, 79, 347-349.
- Come spiega Principe, The Concept of Italy in Canada and
in Italian Canadian Writings From the Eve of Confederation to
the Second World War, tesi di dottorato, University of Toronto,
1989, p. 390, nota 52, Boschi si chiamava in verità Busca;
fu schedato nel CPC (busta 905). Nato nel 1881 in provincia
di Pesaro nelle Marche, era un antifascista attivo di Montreal.
Anche Carlo Peressi (probabilmente di Coseano, come altri Peressi
immigrati in Nord America), seppure non schedato, era attivo
nell'Ordine degli Italo-Canadesi, associazione antifascista
che si contrapponeva all'Ordine dei Figli d'Italia. Nel 1934
Peressi sposò un'italocanadese nella chiesa protestante,
United Church Italian of the Redeemer di Montreal.
- Si riferisce probabilmente all'affresco nella Chiesa della
Madonna della Difesa in cui si vede Mussolini a cavallo. L'artista
Nincheri, internato, poté poi provare che era stato costretto
ad inserire la figura del Duce che non compariva nel disegno
originale dell'opera (v. Mélanie Grondin, “Introduction
to Guido Nincheri's Letters,” in Behind Barbed Wire,
pp. 93-129.
- Imprenditore edile (inglese contractor). Qualche notizia
sui membri della famiglia Merlo si trova in Impronte,
pp. 13, 16, 79.
- Presidente di seduta. Dall'intervista Di Leo, p. 15, si ricava
che la riunione fu tenuta al pianterreno di una scuola cattolica.
- Le fondamenta seminterrate di un edificio che, secondo l'intervista
Di Leo, p. 16, si trovava a una ventina di chilometri da Detroit.
- Il fratello Guglielmo Bortolotti.
- Cartellino d'identificazione.
- Giornale dell'antifascista italoamericano Carlo Tresca (Sul-mona,
L'Aquila 1879 - New York 1943).
- Martignago anarchico, di cui si parla sopra nella biografia
di Bortolotti. La collezione di Martignago, ereditata dalla
figlia Libera, venne data dai proprietari ad Angelo Principe.
- Il conflitto avvenuto il 12 dicembre 1926 alla cena per Nobile
fu riportato sul «Detroit Free Press» il 13 dicembre
1926, a pp. 1-2. Secondo il giornalista, fra le mille persone
presenti, tutte coinvolte in qualche modo nella battaglia, sei
antifascisti (fra i quali Chiarini) furono arrestati. Nonostante
il suo evidente pregiudizio a favore dei fascisti, il giornalista
dedica un paragrafo a commentare sulla pronuncia incomprensibile
di Nobile.
- Franco canadese. Bortolotti usava spesso anche il nome Albert
Berthelot. Nell'intervista Di Leo, 16, spiega che era il nome
del chimico francese Pierre Eugène Marcellin Berthelot
(Paris 1827-1907).
- Ettore Chiarini (S. Vito Chietino, Chieti 1896 - Windsor
1981), schedato nel CPC (busta 1295) come comunista muratore.
- Roald Amundsen, esploratore norvegese, e Lincoln Ellsworth,
avventuriero americano.
- Diapositive.
- Secondo i Moritz, p. 175, che si basano su altre interviste,
non quella inedita di Principe, Bortolotti avrebbe detto “lavoratori
italiani”, anziché i “migliori italiani”.
- I giornali anglocanadesi riportarono una versione molto più
positiva. Era l'epoca in cui Mussolini e il fascismo erano ancora
visti favorevolmente all'estero. «Windsor Daily Star»,
14 dicembre 1926, 12.
- Sorteggio (calco dall'inglese raffle).
- Daniel Thompson, assunto nel 1920, era allora capo della
polizia di Windsor.
- William stava ancora a Windsor.
- Novantotto del codice penale.
- Traghetto.
- Giacomo De Martino, ambasciatore italiano arrivato negli
Stati Uniti nel 1926.
- Vice-Console Giovanni Battista Ambrosi, arrivato a Toronto
nel 1929, secondo John E. Zucchi, Italians in Toronto: Development
of a National Identity, 1875-1935, Kingston and Montreal,
McGill-Queen's University Press, 1988, pp. 169-178.
- Jack (Egidio) Artico (Meretto di Tomba 1906 - Windsor 1974),
figlio di Giovanni Artico Meretto di Tomba 1878 - Windsor 1959),
quest'ultimo schedato nel CPC (busta 202 contenente documenti
che vanno dal 1929 al 1940).
- Marciapiede.
- Si riferisce al documento discusso sopra.
- Si tratta dei due marchigiani Ernesto Serafini e Giulio Ghetti.
- Alcuni di cognome Polic emigrati in Canada si trovano nell'elenco
degli schedati nel CPC. Nell'intervista Di Leo, p. 19, Bortolotti
descrive il primo periodo a Toronto: “In quel periodo
incontrai l'amico di mio fratello, il carnico, che mi disse
che c'era un sovversivo, un triestino, che parlava sempre come
me di unirsi contro i fascisti. Insomma una sera mi portò
da lui ma dalle prime battute capii che era comunista, e dopo
dieci minuti che parlavamo gli dissi: 'tu sei un comunista e
per me equivali a un fascista.'”
- Si veda nota sopra.
- Luigi Palermo era il rappresentante (“business agent”)
del sindacato locale dell'Amalgamated Clothing Workers, vale
a dire degli operai tessili–notizia riportata in Angelo
Principe, The Darkest Side of the Fascist Years, p. 148,
e nell'articolo del 1980, p. 136. Il sindacato degli operai
tessili era fortemente antifascista.
- Giovanni Frattini (Trecate Novara 1906 - Toronto 1954), schedato
nel CPC (busta 2173) come antifascista, arrivò in Canada
nel 1923, e venne classificato come contadino e quindi senza
mestiere. Acquisì la cittadinanza canadese nel 1928 e
sposò Mary Shapiro. Come indica Principe, articolo del
1980, p. 136, Frattini diventò direttore del giornale
«Il lavoratore».
- Il Labour Lyceum, centro del mondo del lavoro di Toronto
dal 1928 al 1968, era situato in via Spadina 346. In quella
sede Emma Goldman teneva spesso delle conferenze.
- Un volantino nel dossier di Cesare Saccaro (Arsiè,
Belluno 1885 - Dearborn, Michigan 1981) (busta 4513) pubblicizza
la rappresentazione di alcuni di questi drammi a Windsor, probabilmente
nel 1933. Altro volantino simile viene riprodotto in Impronte,
p. 188.
- Nomi di due strade di Toronto.
- Enrico Corticelli (Henry Corti), nato a Lucca e arrivato
negli Stati Uniti nel 1897 all'età di 29 anni, fu proprietario
e direttore del giornale «La tribuna». Su Corti
e sul suo giornale, si veda Principe, The Darkest Side,
pp. 46-47, 187-188.
- Spettacolo teatrale. Ambrose Small, impresario teatrale di
Toronto, sparì il 2 dicembre 1919, subito dopo aver venduto
i suoi teatri e depositato in banca un milione di dollari. Fu
sospettata la moglie che, secondo una delle ipotesi, avrebbe
ingaggiato un assassino per ucciderlo e nascondere il cadavere,
che non fu mai ritrovato. La voce che, secondo Bortolotti, correva,
implicando Corti, non è stata convalidata.
- Probabilmente la casa di Vittorio Valoppi e Lisa Zampolin
Corona, di cui sopra.
- Frank Marrocco, poliziotto a Toronto dal 1914 al 1934, era
presidente della Società Fratellanza italiana nel 1933.
Sul caso dell'attacco contro di lui da parte dei fascisti si
veda Principe, A Lost World, cap. 5.
- Reverendo Settimio Balò, nato a Civitella di Val di
Chiana, Arezzo nel 1891, arrivò in Nord America nel 1928.
Dopo la residenza a Toronto si trasferì nella British
Columbia nel 1939 (Principe, The Darkest Side, p. 178).
- Ironizza sul nome della Chiesa di Santa Maria degli Angeli
in via Dufferin.
- Gia nel 1934 veniva citata sul repertorio Might la ditta
Peter Culotta and Company Limited di Toronto, importatori, fra
l'altro, di uva californiana per la produzione di vino casalingo.
Leonardo Culotta fece un contributo per la Casa d'Italia, secondo
Principe, The Darkest Side, p. 206.
- Reverendo Domenico Gualtieri, ministro protestante che pubblicava
in italiano un bollettino della chiesa. Principe ne parla in
The Darkest Side, a pp. 47, 48, 183, 193.
- Reverendo Dominic Di Stasi (Toronto 1919-2001), capo dell'Orange
Lodge protestante dal 1993 al 1996.
- Passaggio. Stava facendo l'autostop.
- Riferimento alla Piccola Italia di Toronto situata vicino
alla strada College.
- Nomi di altre tre strade di Toronto, più a nord, dove
abitavano molti italiani settentrionali.
- Su Spada si veda la nota sopra.
- Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell'Anti-fascismo,
polizia segreta fondata nel 1927.
- Iacovetta-Ventresca, p. 212, citano un documento del dossier
CPC di Spada in cui si spiega che era un quartiere abitato da
molti sovversivi.
- Anselmo Bortolotti (Maiano 1897 - Ottawa 1990) contribuì
all'organizzazione dell'Ordine degli Italo-Canadesi (si veda
l'intervista con Anselmo Bortolotti in Salvatore, pp. 188-202).
- Il medico George Glionna, nato in Canada in una famiglia
originaria di Laurenzana, Potenza, aveva molti pazienti italiani.
Il suo studio era sito a 204 St. Clair Avenue West. Su di lui
si veda Principe, The Darkest Side, p. 237. Notizie sulla
famiglia Glionna si trovano in Zucchi, passim.
- Il dottor Rosario Invidiata, altro medico, siciliano, contribuì
alla raccolta di fondi per l'istituzione della Casa d'Italia
di Toronto (Principe, The Darkest Side, p. 205). La pubblicità
per il suo studio a 1053 College Street, che si pubblicava sul
giornale «Il messaggero italo-canadese» il primo
luglio 1933 lo segnalava come “medico chirurgo della R.
Università di Palermo, ex-ufficiale medico del R. Esercito
italiano”.
- Quando Tommaso Mari (nato nel 1899 a Cerreto d'Esi, Ancona)
arrivò in Canada nel 1928, dichiarò che andava
a Thorold, Ontario, dove c'era un suo paesano, padrone della
ditta Caboto Macaroni. Mari diventò direttore del «Bollettino
italo-canadese», giornale che, come spiega Principe (The
Darkest Side, p. 88 e passim), serviva da portavoce
per il Consolato Italiano. Nel capitolo terzo del suo libro
nuovo (A Lost World) dedicato al giornale di Mari e al
suo fascismo, cattolicesimo e antisemitismo, Principe spiega
le idee di questo personaggio e segnala il fatto che, come impiegato
del Consolato, Mari fu rimpatriato quando l'Italia entrò
in guerra nel 1940, mentre i colleghi furono internati (p. 184).
- Riunione.
- Albert Alexander Mac Leod (Black Rock, Nova Scotia 1902 -
Toronto 1970) era il direttore della Lega Canadese contro la
Guerra e il Fascismo (Canadian League Against War and Fascism)
di Toronto, fondata dal partito comunista canadese. Mac Leod
contribuì all'organizzazione del comitato canadese per
aiutare la democrazia spagnola (Canadian Committee to Aid Spanish
Democracy) e, più tardi nel 1961, all'istituzione della
Commissione per i Diritti Umani (Human Rights Commission) per
la provincia dell'Ontario.
- “No, sono canadese”. “Allora non puoi entrare”.
- Calco sull'inglese pounds, i.e. Libbre.
- Principe (The Concept, p. 298) aveva identificato
l'avvocato Nicholas F. A. Scandiffio. Nato a Pomarico in provincia
di Matera nel 1903, arrivò in Nord America nel 1910,
raggiungendo il padre sarto a Toronto. Si laureò all'Università
di Toronto ed esercitò la professione legale in questa
città dove morì nel 1996. Secondo il necrologio
apparso sul «Globe and Mail» 4 marzo 1996, fu presidente
della Società di San Vincenzo di Paola e decano di una
chiesa cattolica. Del caso descritto da Bortolotti, gli articoli
apparsi sui quotidiani (segnalatimi da Principe), vale a dire
«The Toronto Daily Star», 13 agosto 1935, pp. 1,
21 e «The Toronto Telegram» dello stesso giorno
a p. 2, spiegano che a questa riunione dell'associazione degli
ex-combattenti italiani, presieduta dal dottor Donato Sansone,
parteciparono 400 persone, di cui 150 dimostranti, i quali obiettarono
alla critica che l'avvocato Scandiffio, difendendo la guerra
in Etiopia, diresse contro la Lega. Le sedie volarono, colpendo
l'elmetto di un poliziotto. Furono arrestate due persone. Usciti
dalla sala gli antifascisti furono raggiunti da altri 100 simpatizzanti,
compresi molti membri del Circolo Mazzini e della sezione italiana
del partito socialista C.C.F.
- Sede del governo provinciale a Toronto. Si era trattato di
una dimostrazione contro la guerra in Etiopia.
- Già citato sopra.
- Conosciuto come Jimmy, Vincenzo Tenaglia, non elencato fra
gli schedati del CPC, era nato a Vasto in provincia di Chieti
nel 1897 ed emigrò in Canada nel 1913. Era socio del
Circolo Mazzini di Toronto (Principe, articolo del 1980, p.
136).
- Sebbene i giornali inglesi riportassero il nome come Tony
Mondello (e storpiarono in modo simile il nome di Tenaglia),
dalla descrizione che dà Bortolotti, si riesce a identificare
per la prima volta questo secondo uomo arrestato. Si tratta
di Antonio Mantella, nato a Toronto nel 1907; cresciuto in Italia,
a Castelforte in provincia di Latina; rientrato giovane in Canada;
e morto a Toronto nel 1982. Dopo aver fatto vari mestieri, compreso
il manovale, diventò costruttore nel 1942 e in seguito,
come imprenditore edile, ottenne notevole successo. Nel 1933
a Toronto aveva sposato Erminia Elia, nata in Calabria e sorella
di un altro noto imprenditore Mariano Elia, fondatore fra l'altro
della cattedra per gli studi italocanadesi della York University
di Toronto. Insieme a Bottos e Frattini, Mantella nel 1937-38
aveva contribuito fondi per il giornale «Il lavoratore»
(Principe, A Lost World, cap. 7).
Per i due arrestati l'udienza in tribunale ebbe luogo il 15
agosto davanti al giudice Browne. Come venne riportato sul «Toronto
Daily Star», 16 agosto 1935, p. 26, e sul «Mail
and Empire», il 17 agosto, p. 5, Tenaglia fu accusato
di aver lanciato una sedia colpendo l'elmetto di uno dei poliziotti,
e Mantella avrebbe colpito il poliziotto al braccio con la gamba
di una sedia. Sebbene l'avvocato difensore, Bertrand Joseph
Spencer Pitt, uno dei primi avvocati neri della città,
cercasse di spiegare che era stata la presenza dei fascisti
a causare la battaglia, il magistrato non accettò l'argomentazione.
Tenaglia e Mantella furono rilasciati su cauzione di 500 dollari.
In seguito dovettero subire un processo e furono assolti.
- Spadina, College, Jane sono nomi di strade di Toronto.
- Parco in via Jane.
- Il dottor Donato Sansone, nato a Laurenzana, Potenza nel
1899, emigrò in Canada nel 1913, raggiungendo il padre
Egidio. Laureatosi a Toronto, divenne cofondatore della sezione
torontina dell'associazione degli ex-combattenti. Come spiega
Principe (The Darkest Side, pp. 47, 205, 251), Sansone
contribuì al fondo per la Casa d' Italia ma, dopo la
guerra affermò che non approvava l'alleanza italiana
con la Germania.
- Italo Balbo (Ferrara 1896 - Tobruk 1940), uno degli ideatori
della Marcia su Roma e fondatore della reale aeronautica italiana.
Sulla sua visita a Toronto, si veda Bruti-Liberati, pp. 75-76.
- Adrien Arcand (Montreal 1899 - 1967), capo del partito fascista
canadese.
- Dei Blue Shirts, movimento di destra dell'Ontario parla Roberto
Perin, Making Good Fascists and Good Canadians: Consular
Propaganda and the Italian Community in Montreal in the 1930s,
in Minorities and Mother Country Imagery, a cura di Gerald
L. Gold, St. John's, Institute of Social and Economic Research,
1984, p. 151.
- Rappresentante sindacale per l'associazione dei terrazzieri.
Il necrologio di Frattini apparso sul «Toronto Daily Star»,
22 luglio, 1954, p. 35, indica che era stato “Business
agent of Marble, Tile, Terrazzo and Cement finish locals”,
cioè agente dei sindacati locali dei marmisti, piastrellisti,
terrazzieri e cementisti.
- Azienda tessile per abbigliamento maschile fondata a Toronto
nell'Ottocento.
- Il sindacato degli operai tessili.
- Molte delle fabbriche tessili erano situate in via Spadina.
Dirette da immigrati ebrei, impiegavano anche molte operaie
italiane.
- Automobile.
- Il racconto spiega l'ironia sul nome della Chiesa di Santa
Maria degli Angeli. Secondo Zucchi, p. 124, il prete della chiesa
in quel periodo sarebbe stato Joseph Longo (Torino 1869 - Toronto
1937).
- Forse Venanzio Vallera (Raiano, L'Aquila 1900 - Los Angeles
1972).
- Oscar Kitching, presidente del Consiglio per i Mestieri e
il Lavoro (Trades and Labour Council) viene citato più
tardi al momento del processo di Bortolotti, lodandolo per aver
contribuito all'eliminazione del fascismo a Windsor («Windsor
Daily Star», 2 marzo 1940, p. 6).
- Ernest S. Wigle, sindaco di Windsor nel 1937-38.
- Si tratta di Patterson Collegiate, come viene indicato nell'articolo
in riguardo apparso sul «Windsor Daily Star»,
10 settembre 1938, p. 3.
- Irlandese (inglese Irishman). Si tratta di Harry Finch,
nominato nel rapporto uscito sul giornale di Windsor il 10 settembre
1938, citato sopra, p. 3.
- Funzionari degli uffici governativi dell'immigrazione.
- Chiesa di Sant'Alfonso.
- Tuttavia non ricevettero i mille dollari promessi, come Bortolotti
spiegò nell'intervista Wood, p. 15.
- Partito politico del Quebec di tendenza nazionalista e conservatrice.
- l'estrema unzione (letteralmente ultimo rito). Nella trascrizione
dell'intervista con Bortolotti del 1983, Lea Wood scrive “last
ride”, ultimo passaggio–in automobile, per esempio.
La nostra interpretazione sacramentale ci sembra più
corretta.
- Nomi di strade a Toronto.
- Il tram.
- Camion.
- Sede dell'associazione ebraica.
- Già si è discusso sopra di Jose Marcos Joaquin
(in realtà Agostino Confalonieri), giovane di cui la
Goldman in una sua lettera del 21 dicembre 1939 segnala l'ingenuità.
Bortolotti riuscì a salvarlo facendolo trafugare oltre
confine con destinazione Messico.
- I Moritz, p. 173, hanno identificato questi detective di
nome William Nursey e Dan Mann e forniscono un resoconto molto
dettagliato del caso giudiziario che non si sarebbe risolto
fino al mese di aprile del 1940.
- Questa categoria di polizia, che la Goldman descrive come
particolarmente feroce (“a vicious police squad”),
esisteva nelle grandi città nordamericane con la funzione
di controllare i sindacati, comunisti, anarchici e, generalmente,
i cosiddetti 'sovversivi'.
- Biblioteca o collezione (calco sull'inglese library).
- Bortolotti non aveva ancora conosciuto Libera Martignago.
- I testimoni di Geova.
- Il procuratore.
- Questa è una denuncia falsa [per incastrarmi], ...,
e lei lo sa. In una lettera non datata ma del 1939 la Goldman
parla del tranello di cui si era accorto anche il giudice.
- Una denuncia falsa, maledizione.
- Complesso d'inferiorità. Bortolotti offre un'analisi
alquanto originale da aggiungere alle lodi dell'abilità
dell'avvocato date dalla Goldman, la quale segnalava anche il
suo spirito combattivo: “he is a fighter”, scriveva
il 20 ottobre 1939.
- Banco dei testimoni in tribunale.
- Come fa a sapere che Bortolotti non è un cittadino
canadese? Mi ha detto che non è un cittadino canadese.
È quella l'unica prova che lei ha?
- Giudice.
- Causa prosciolta.
- Sono dell'ufficio dell' Immigrazione. Lei è in arresto.
- Nome della prigione di Toronto.
- Principe, The Concept, p. 296, parla del ruolo principale
della chiesa protestanta nella campagna canadese contro la guerra
in Etiopia, e nella formazione della Lega contro la Guerra e
il Fascismo. Il Wilcox nominato da Bortolotti non è stato
identificato, a meno che non si tratti del reverendo Alex J.
Wilson, che era allora direttore del «Church Observer»,
pubblicazione della United Church con sede in via Queen Street
West.
- Ovest.
- La C.C.F. (Co-operative Commonthwealth Federation) era il
partito socialista canadese fondato dal ministro protestante
James Shaver Woodsworth (1874 - 1942).
- Thomas Alexander Crerar del Department of Mines and Resources
che comprendeva l'Immigration Branch.
- Enio Gnudi (alias Antonio Verdi) (1893 - 1949), sindaco
di Bologna, era un socialista e sindacalista della corrente
comunista. Perseguitato dai fascisti fu esule in vari paesi,
compreso il Canada, dove fece parte del comitato di redazione
del giornale «La vittoria» prima di rientrare in
Italia nel 1945. Su Gnudi in Canada si veda Bruti-Liberati,
pp. 206-208.
- Timothy (Tim) Buck (1891 - 1973) fu segretario del partito comunista canadese.
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