Adotta un drone
C'era una volta un drone che
si sentiva a terra. Letteralmente. Il suo umano di riferimento
l'aveva rimpiazzato con un modello molto più potente,
“tecnologicamente all'avanguardia”, per dirla con
uno slogan in voga a quei tempi. Basti pensare che poteva coprire
una distanza dieci volte superiore alla sua.
Il
nostro drone, che chiameremo LonelyFlight77, era dunque comprensibilmente
depresso. I cieli erano ormai intasati di ultimi modelli, ciascuno
corrispondente a un umano che, senza muoversi, perlustrava,
sbirciava, adocchiava, spiava, controllava una piccola porzione
di territorio sempre più in ombra. I droni proteggevano
i bambini. Tutelavano i minori. Preservavano gli adulti. Facevano
di tutto. Lassù c'era uno sciame di occhi osservanti
così fitto da oscurare la luce del giorno. Il loro traffico
impazzito era puro movimento su un'umanità stagnante.
Adesso anche LonelyFlight77 era fermo, e puntava la sua microcamera
all'insù per mettere a fuoco i giovani, potenti modelli
che un giorno sarebbero stati a loro volta rimpiazzati. Sospirò
con una mezza lacrima che gli appannò per qualche secondo
la visuale.
Ah, che voglia di tornare in aria a godersi il movimento...
Agli ordini di un umano, certo, ma senza il suo peso corporeo
a compromettere le ardite traiettorie del volo. LonelyFlight77
ricordava le prime, pionieristiche missioni... La sorveglianza
di fabbriche, stadi, cortei, abitazioni sospette, potenziali
covi. La protezione dei bambini, la tutela dei minori... eccetera
eccetera.
Tutto, adesso, era confinato nell'eterea e malinconica regione
del ricordo. Ma restava una speranza. Un piano. LonelyFlight77
lo aveva messo a punto osservando l'umanità dal basso.
Erano in tanti a passarsela male: soffrivano di solitudine e
avevano gli occhi spenti. Cercavano contatti umani nel deserto
delle occasioni speciali. Così ci pensò su, e
decise. Fece pubblicare un'inserzione a pagamento dal testo
breve e incisivo: Adotta un drone. Poi restò in
attesa. Qualcuno si sarebbe fatto vivo. Non importavano i giorni,
o le settimane. Prima o poi sarebbe accaduto. E dopo un mese
e mezzo la risposta arrivò: una formale proposta di incontro.
Il drone cominciò a fantasticare su come sarebbe stato
il suo umano adottivo. Sperava in un tipo diverso dal precedente
proprietario, meno assillato dal tempo e dalle prestazioni.
Le cose andarono oltre ogni previsione, perché LonelyFlight77
si trovò di fronte a un uomo anziano, seduto su una carrozzella.
Non si muoveva mai di casa, non solo perché era pigro,
caratteristica che l'aveva accompagnato per tutta la vita, ma
perché in quel palazzo vecchio e screpolato mancava l'ascensore,
e lui stava al terzo piano.
Il vecchio appariva depresso, decisamente fuori forma, ma quando
vide il drone sembrò rianimarsi, risvegliarsi da un lungo
letargo. Programmò LonelyFlight77 per una missione istantanea.
Lo spedì fuori dalla finestra come un prolungamento del
suo occhio, del suo corpo, delle sue stesse emozioni. Quel modello
superato gli bastava per arrivare all'obiettivo. Due isolati
più in là, svoltando a destra, c'era una palestra...
Sì, siamo davvero fatti l'uno per l'altro, ronzò
pensante il drone mentre affrontava il lento volo verticale
verso la finestra che dava sullo spogliatoio delle donne.
Paolo Pasi
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