Rudolf Rocker/1
Aderire o sabotare?
di David Bernardini
Nel primo di una serie di tre scritti sulla vita dell'anarchico tedesco Rudolf Rocker, si affronta la questione dell'antibellicismo ai tempi della seconda guerra mondiale. Rocker era per l'adesione, gran parte del movimento no. Un dibattito per molti aspetti attuale.
Nel febbraio 1946 l'anarchico
francese André Prudhommeaux scriveva che “quando
un compagno della notorietà e della competenza di Rudolf
Rocker prende solennemente la responsabilità di una posizione
che segue una parte non trascurabile del movimento anarchico,
è dovere di ogni militante riconsiderare la questione
alla piena luce della ragione e dell'esperienza”1.
Queste parole si inseriscono in un lungo dibattito, suscitato
nel 1941 dalla presa di posizione di Rudolf Rocker di fronte
allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel corso di queste
pagine, si cercherà dunque di ricostruire le ragioni
che si opposero nell'ambito di questa dura polemica riguardante
l'atteggiamento che gli anarchici avrebbero dovuto assumere
davanti al nuovo conflitto e che toccava un nodo fondamentale:
la guerra (e come comportarsi davanti ad essa).
Nel caso dell'anarchismo, il problema potrebbe sembrare di facile
risoluzione: gli anarchici sono contro tutte le guerre e l'antimilitarismo
è un loro tratto fondamentale. Eppure i due conflitti
mondiali del Novecento hanno dimostrato che la questione non
era così semplice. Nel 1914, Kropotkin prese posizione
a fianco dell'Intesa e contro la Germania (seguito poi da altri
attivisti di primo piano), contrastato da figure come ad esempio
Malatesta, Emma Goldman e lo stesso Rocker.
In occasione della seconda guerra mondiale, le divisioni si
ripropongono e in questo contesto si colloca il dibattito che
ora verrà preso in considerazione.
Esiste una scala di priorità!
Rudolf Rocker, pur non essendo molto conosciuto in Italia, è
stato definito come una delle figure più prestigiose
del movimento anarchico internazionale ed espressione “della
natura transnazionale e cosmopolita dell'anarchismo”2.
Contraddistinto da una straordinaria parabola esistenziale e
da un particolare sguardo critico, è autore di una monumentale
autobiografia e di importanti libri come ad esempio Nazionalismo
e cultura (1937) e Anarchosyndicalism (1938)3.
Il Fraye Arbeter Shtime, giornale statunitense degli
anarchici di lingua yiddish, pubblica nel novembre 1941 un breve
articolo intitolato The Order of the Hour e firmato da
Rudolf Rocker4. Punto di partenza
della riflessione di quest'ultimo è l'affermazione dell'eccezionalità
della “presente guerra”, la quale si differenzia
sostanzialmente da tutti i conflitti del passato. L'elemento
nuovo che la caratterizza è il totalitarismo nazista,
che minaccia tutta la società. I lavoratori non sono
stati in grado di evitarla e, anzi, Rocker afferma che la classe
operaia francese è stata fin troppo attenta ai suoi interessi,
indebolendo così la resistenza “alle orde di Hitler”.
L'articolo sostiene che gli anarchici non possono rimanere passivi,
ma devono farsi parte attiva nel conflitto in corso, poiché
quest'ultimo si configura come lo “scontro di potere tra
due diverse forze dell'evoluzione umana”. Si tratta della
lotta tra il totalitarismo (collocato sulla scia dell'assolutismo,
della schiavizzazione degli esseri umani e della militarizzazione
della vita sociale) e quella tendenza che “lentamente
innalza il popolo ad un più alto livello sociale e culturale
e porta con sé l'eredità storica delle rivoluzioni
del passato”5. Rocker traccia
quindi brevemente una visione della storia secondo la quale
le rivoluzioni liberali e democratiche del passato, spazzando
via l'assolutismo feudale, avevano posto le basi per lo sviluppo
del movimento operaio e del socialismo. È necessario
allora battersi per difendere questi diritti. Rocker sottolinea
che l'esito della guerra non può lasciare indifferenti,
poiché una vittoria di Hitler significherebbe il collasso
della civiltà (o meglio di quella civiltà dei
diritti conquistati dopo una lotta secolare contro il dominio
e lo sfruttamento) e con questa la fine del movimento operaio
e di tutte le aspirazioni libertarie. Non schierarsi significa
insomma “aiutare codardamente” il Terzo Reich. La
”citizenship society”, precisa Rocker, non
è “la migliore del mondo”, ma è senza
dubbio preferibile rispetto al regime nazista. La questione
fondamentale posta da The Order of the Hour è
l'esistenza di una scala di priorità, al vertice della
quale c'è la necessità della sconfitta del nazismo
a tutti i costi6.
Ritornando successivamente sull'argomento nell'ultimo volume
delle sue memorie, pubblicato nel 1952, Rocker ripete ancora
una volta che il governo nazista è l'unico responsabile
del conflitto e della distruzione di quella che definisce la
“comunità culturale europea”, cosa che non
era accaduta nemmeno nel corso del primo conflitto mondiale.
Tuttavia Rocker rimprovera anche il lassismo degli Alleati,
colpevoli di aver lasciato agire troppo a lungo Hitler e di
non aver impedito ai capitalisti di fare affari con il regime
nazista mentre si preparava alla guerra. Inoltre viene precisato
che la sua posizione non ha mai implicato una rivalutazione
del capitalismo e della guerra, contro la quale è rimasto
ostile per principio. Chi l'aveva accusato di essere un guerrafondaio
senza aver mai letto i suoi articoli e si era accontentato di
ribadire opinioni preconcette, non merita risposta, scrive Rocker,
il quale conclude notando a questo proposito che la resistenza
antinazista (per esempio in Francia) non aveva voluto certo
difendere il capitalismo, bensì aveva semplicemente identificato
il pericolo principale nel Terzo Reich7.
Una responsabilità troppo grave...
La posizione di Rocker espressa in The Order of the Hour
trova il sostegno per esempio di giornali come il già
citato Fraye Arbeter Shtime e l'Arbeter Fraint
(animati entrambi da anarchici di lingua yiddish), e di attivisti
come Diego Abad de Santillan, Maximov e Virgilio Gozzoli8.
Ma, allo stesso tempo, si sollevano anche dure voci critiche.
Tra queste c'è quella di Marcus Graham, editore del giornale
libertario MAN! tra il 1933 e il 1940 e autore dell'opuscolo
The Issues in the present War, nel quale nega l'eccezionalità
della seconda guerra mondiale e accusa Rocker di essere un “pro-war
anarchist”9. Il gruppo
londinese “Freedom” supporta Graham, come del resto
fa un altro testo, il Manifesto of the Anarchist Federation
on War, il quale sintetizza la sua posizione riguardo al
conflitto in corso con queste parole: “chiunque vinca,
i lavoratori perdono”10.
André Prudhommeaux, nel già citato scritto Rudolf
Rocker et la position anarchiste devant la guerre11,
dichiara di voler contestare il contenuto del “famoso
articolo” The Order of the Hour dal punto di vista
dell'azione diretta, definita come principio irrinunciabile
per gli anarchici in qualsiasi condizione, comprese quelle eccezionali.
Secondo Prudhommeaux, il problema cruciale consiste nel fatto
che Rocker, reclamando l'intervento degli Stati Uniti nel conflitto,
si prende la grave responsabilità di spingere nel massacro
europeo operai e contadini americani e, così facendo,
mette da parte proprio quei diritti che tanto reclama, visto
che in caso di mobilitazione militare sarebbero le prime vittime
(in primo luogo il diritto di sciopero). Al contrario, Prudhommeaux
ritiene che gli anarchici non debbano farsi coinvolgere nella
guerra in corso, pena la compromissione della propria integrità
rivoluzionaria. È vero, gli anarchici sono pochi e non
hanno la forza di determinare il presente, si legge nell'articolo,
ma possono ancora impegnarsi in piccoli atti di resistenza all'interno
dei quali affermare il persistere dei loro grandi ideali. La
posizione di Prudhommeaux risulta allora chiara: le tesi contenute
in The Order of the Hour sono inaccettabili in quanto
incrinano la coerenza che ha sempre contraddistinto l'operato
degli anarchici12.
Disperazione o necessità?
La questione non viene affatto messa da parte e nel dopoguerra
ha luogo un dibattito tra Ugo Fedeli e Vernon Richards. Tutto
ha inizio con una serie di articoli del primo dedicati alla
vita e al pensiero di Rudolf Rocker, pubblicati tra il 1953
e il 1954 sulla rivista Volontà13.
Occupandosi delle posizioni di quest'ultimo in occasione della
seconda guerra mondiale14, Fedeli
afferma che la sua posizione in merito “non risultò
contraddittoria”, tanto che “contro di lui veramente
non si può dire, come qualche compagno osservò,
che «fosse fautore e sostenitore di guerre»
(in corsivo nell'originale, il riferimento è esplicitamente
Prudhommeaux)”. Rocker infatti in quell'occasione “non
diceva; questi hanno ragione contro quelli, ma soprattutto lotta
contro quelli”. Pertanto Fedeli afferma che anche in quel
frangente si ritrovava quella “posizione attiva
(in corsivo nell'originale)” che aveva sempre contraddistinto
l'anarchico tedesco15.
Vernon Richards, che aveva animato War Commentary nel
corso del secondo conflitto mondiale, risponde a Fedeli nel
1954 con lo pseudonimo “Libertarian” sulla stessa
rivista con l'articolo La guerra e gli anarchici16.
Richards sostiene due punti fondamentali: non solo Fedeli sbaglia
a sostenere la coerenza di Rocker, ma è la stessa posizione
espressa da quest'ultimo ad essere errata per un anarchico,
poiché è inammissibile sia accettare la guerra
come mezzo, sia arrogarsi il diritto di spingere altri a fare
qualcosa in nome dei propri valori personali. Infatti, constata
Richards, è un controsenso voler costringere a combattere
per la libertà. La sfera d'azione libertaria è
necessariamente ristretta e va accettata in quanto tale, dato
che opera sulla piccola dimensione e sulla capacità di
persuasione. Dimenticare ciò, significa rifiutare le
basi dell'anarchismo. Piuttosto che la posizione “disperata”
di Rocker, è meglio il silenzio, conclude lapidariamente
Richards.
Ugo Fedeli replica a sua volta alcuni mesi dopo, sempre su Volontà,
invitando in primo luogo “ad intavolare una vasta discussione”
sul problema della “guerra e gli anarchici”. Inoltre
si focalizza sull'approccio che avrebbe contraddistinto Rocker
tanto nelle lotte a fianco dei lavoratori, quanto nella seconda
guerra mondiale. Questo metodo sarebbe rimasto sostanzialmente
il medesimo: il raggiungimento del “particolare”
(in questo caso la sconfitta del totalitarismo nazista) come
tappa necessaria verso il “tutto” (ossia il futuro
libertario)17.
L'idea della continuità della riflessione rockeriana
sostenuta da Fedeli sembra riecheggiare anche nel saggio di
Biagini sopra citato18, mentre
Mina Graur ha sostenuto che l'anarchico tedesco nel 1941 aveva
riscoperto le posizioni di Kropotkin nel 1914, identificando
nella Germania l'incarnazione del militarismo e della reazione19.
Una tesi che potrebbe apparire azzardata dato che per Rocker
il nodo cruciale non era tanto la Germania, bensì il
governo della Germania in quel momento, cioè il totalitarismo
nazista. Berti ha invece messo in rilievo la connessione tra
l'atteggiamento di Rocker davanti alla seconda guerra mondiale
e il suo ripensamento del rapporto tra anarchismo e liberalismo20.
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A sinistra l'anarchico e giornalista inglese Nicolas Walter, a destra Vernon Richards (1915-2001) |
Cosa rimane del dibattito di allora
Nel corso di queste pagine, si è presentato un frammento
della discussione all'interno del movimento libertario sull'atteggiamento
da tenere di fronte alla seconda guerra mondiale. In sintesi,
si potrebbe dire che le posizioni presenti nel dibattito qui
analizzato sono due:
1. La posizione di Rocker: gli anarchici devono intervenire
come possono, specie in condizioni drammatiche ed eccezionali
che, pur non dipendendo da loro, esistono e davanti alle quali
è impossibile chiudere gli occhi. La scelta di non agire
è quindi in determinati casi insufficiente se non dannosa.
2. La posizione dei critici: la prospettiva sostenuta da Rocker
in The Order of the Hour è una deroga inaccettabile
ai principi anarchici. La questione fondamentale non sta infatti
nella necessità dell'intervento ma nella coerenza mezzi/fini,
la quale non può essere sacrificata neppure sull'altare
della necessità e dell'emergenza, pena la perdita della
propria identità.
Una volta posta in termini generali, come del resto aveva già
fatto Fedeli, la polemica qui delineata non è altro che
un capitolo particolare di una problematica molto più
generale, con la quale il movimento anarchico si è confrontato
e continua a farlo21.
Una volta terminata la seconda guerra mondiale, bisogna fare
i conti con ciò che rimane: cosa fare davanti alle macerie?
Come comportarsi davanti alla ricostruzione? Questi interrogativi
sono pressanti soprattutto per i (pochi) attivisti anarchici
tedeschi che, sopravvissuti ai campi di concentramento, alla
lotta clandestina e all'esilio, si ritrovano a vivere in una
Germania occupata dalle potenze vincitrici. Alcuni di loro chiedono
un parere a Rocker, il quale risponde con un breve scritto.
Le sue proposte solleveranno nuove discussioni. Ma questo sarà
l'argomento del prossimo articolo.
David Bernardini
(continua)
Note
- André Prudhommeaux, Rudolf Rocker & la position
anarchiste davant la guerre, “revue Agone”,
(2006), nn. 35-36, in: http://revueagone.revues.org/604, consultato
il 21.6.2015. La versione originale dell'articolo indicata dalla
Revue Agone è: “Le Réveil anarchiste”,
febbraio 1946. Sulla sua figura si può consultare: Freddy
Gomez, André Prudhommeaux 1902-1968: éléments
de biographie intellectuelle et politique, “À
contretemps”, (2012), n. 42.
- Rispettivamente: Furio Biagini, Rudolf Rocker: un “rabbino”
anarchico, “A” rivista anarchica, 21 (dicembre
1991-gennaio 1992), n. 187 e Peter Marshall, Demanding the
Impossibile. A History of Anarchism, HarperCollinsPublishers,
London 1992, p. 417. Su Rocker mi permetto di segnalare anche:
David Bernardini, Contro le ombre della notte. Storia e pensiero
dell'anarchico tedesco Rudolf Rocker, Zero in Condotta,
Milano 2014.
- Le memorie di Rocker sono composte da tre volumi, strumento
eccezionalmente interessante per la ricostruzione delle vicende
del movimento anarchico internazionale tra la fine dell'Ottocento
e gli anni Cinquanta del Novecento, che vengono pubblicati in
America Latina tra il 1947 e il 1951. Il primo volume tradotto
in italiano da Andrea Chersi è disponibile on-line: Rudolf
Rocker, La gioventù di un ribelle (1873-1895),
Centro studi libertari/Archivio G. Pinelli, Milano 2014, presso
l'indirizzo: http://www.centrostudilibertari.it/rudolf-rocker-%E2%80%9Cla-giovent%C3%B9-di-un-ribelle-1873-1895%E2%80%9D
.I due libri a cui si fa riferimento nel testo sono: Rudolf
Rocker, Nazionalismo e cultura, edizioni Anarchismo,
Catania 1977, II voll., e Rudolf Rocker, Anarchosyndicalism,
Phoenix Press, London 1987.
- L'articolo viene in seguito pubblicato: Rudolf Rocker, The
Order of the Hour, in Marcus Graham, The Issues in the
present War, Freedom Press, London, 1943, pp. 29-30.
- Ibidem, p. 29.
- Commentando questa presa di posizione da parte di Rocker,
è stato sostenuto l'esistenza di un “condizionamento
esistenziale”, che tuttavia non avrebbe danneggiato la
lucidità della sua analisi. In: Nico (Giampietro) Berti,
Presentazione dell'edizione italiana, in Rudolf Rocker,
Pionieri della libertà, Edizioni Antistato, Milano
1982, p. 11.
- Si veda: Rudolf Rocker, Rivoluzione e involuzione (1918-1951),
Centro studi libertari/Archivio G. Pinelli, Milano, di prossima
pubblicazione, pp. 547-556.
- Si veda anche: GDL, Cinquanta anni fa moriva Rudolf Rocker,
“Umanità Nova”, (2008), n. 30.
- Marcus Graham, The Issues in the present War, cit.;
su Graham e il giornale MAN! per esempio si può
vedere il saggio del 2011 di: Hillary Lazar, Man! And the
International Group: American Anarchism's Missing Chapter,
disponibile presso il sito: https://libcom.org/history/man-international-group-american-anarchism%E2%80%99s-missing-chapter,
consultato il 15.07.2015.
- Contenuto in: Marcus Graham, The Issues in the present
War, cit., p. 31.
- André Prudhommeaux, Rudolf Rocker & la position
anarchiste davant la guerre, cit.
- Prudhommeaux fu profondamente coinvolto nella difesa di Marinus
van der Lubbe, autore dell'incendio del Reichstag nel
1933, mentre Rocker ancora nelle sue memorie lo accusava di
essere stato manovrato dai nazisti. Visto l'accenno alla questione
all'inizio dell'articolo di Prudhommeaux qui considerato, si
potrebbe ipotizzare una certa connessione tra le due polemiche.
- Ugo Fedeli, Rudolf Rocker. La sua opera e il suo pensiero,
“Volontà”, (1953), nn. 6-7, pp. 340-346;
(1953), n. 8, pp. 421-429; (1954), n. 11, pp. 593-604, (1954),
n. 12, pp. 662-665; (1954), n. 1, pp. 47-55; (1954), n. 2, pp.
113-118; (1954), n. 3, pp. 168-176. Su Ugo Fedeli: Antonio Senta,
A testa alta! Ugo Fedeli e l'anarchismo internazionale (1911-1933),
Zero in Condotta, Milano, 2012. Senta nota che “Fedeli
condivide con Valerio Isca una grande ammirazione per Rudolf
Rocker”, in Ibidem, p. 126, n. 151.
- L'articolo in cui Fedeli si concentra sulla posizione di
Rocker davanti alla seconda guerra mondiale è: Ugo Fedeli,
Rudolf Rocker, cit., “Volontà”, (1954),
n. 2, pp. 113-118.
- Ibidem, pp. 117-118.
- Libertarian (Vernon Richards), La guerra e gli anarchici,
“Volontà”, (1954), n. 4, pp. 245-248. Su
Vernon Richards si può vedere il ricordo di Colin Ward:
Colin Ward, Ricordando Vernon Richards, “A”
rivista anarchica, (2002), n. 372.
- Ugo Fedeli, Rudolf Rocker. La guerra e gli anarchici,
“Volontà”, (1954), n. 8, pp. 454-458.
- Per esempio Biagini afferma a questo proposito che: “le
motivazioni ideali che lo spingevano in questa battaglia erano
le stesse che lo avevano sempre mosso contro l'autoritarismo,
contro il totalitarismo di qualunque forma e colore”,
in: Furio Biagini, Rudolf Rocker: un “rabbino”
anarchico, cit.
- Mina Graur, An Anarchist “Rabbi”. The Life
and Teachings of Rudolf Rocker, St. Martin's Press, New
York 1997.
- Nico Berti, Presentazione dell'edizione italiana,
cit. e il capitolo dedicato al pensiero di Rocker in: Giampietro
Berti, Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento,
Pietro Laicata Editore, Manduria- Bari- Roma 1998.
- Significativamente, i due articoli della discussione Richards-Fedeli
sono stati riproposti dal sito “Finimondo” che li
introduce con queste parole: “riproponiamo una discussione
vecchia di sessant'anni, ma purtroppo sempre giovane, il cui
titolo originario era La guerra e gli anarchici. Vecchia
nel suo oggetto, non certo nelle sue argomentazioni”.
Si veda: http://www.finimondo.org/node/1359, consultato il 15.7.2015.
Vita di Rudolf Rocker
In
Germania, 1873-1892: Nato il 25 marzo 1873 a Magonza
(Germania), Rocker rimane presto orfano. Avviato alla
professione di rilegatore, aderisce al partito socialdemocratico
all'inizio del 1890, ma ne è presto espulso. Assiste
al congresso socialista internazionale di Bruxelles nel
1891 e, avvicinatosi all'anarchismo, fonda a Magonza alla
fine dell'anno un gruppo anarchico. Minacciato dall'arresto
per la sua attività politica, Rocker è costretto
a lasciare la Germania, dove gli si prospettava anche
il servizio militare obbligatorio.
A Parigi, 1892-1894: Rocker si rifugia a Parigi
e qui frequenta l'ambiente degli esiliati tedeschi ed
entra in contatto con quello degli anarchici di lingua
yiddish. Nel 1893 nasce il suo primo figlio (di nome Rudolf).
L'anno successivo, dopo dell'attentato di Sante Caserio
e della seguente ondata repressiva, Rocker è costretto
a lasciare la Francia.
In Inghilterra, 1894-1914: Trasferitosi a Londra,
Rocker frequenta i rifugiati politici tedeschi, dai quali
si distacca per impegnarsi tra gli anarchici di lingua
yiddish. Inizia la sua relazione con Milly Witkop, militante
anarchica ed emigrata ucraina di origine ebraiche, che
durerà fino alla morte di lei. Rocker in questo
periodo si afferma come importante punto di riferimento
per gli anarchici di lingua yiddish residenti in Inghilterra,
tanto da meritarsi il soprannome di “rabbi goy”.
Dirige tra l'altro il resuscitato Arbeter Fraint
e ha un ruolo di spicco nell'organizzazione sindacale
dei lavoratori di origine ebraica. Nel 1907 partecipa
al congresso internazionale anarchico di Amsterdam, entrando
a far parte del bureau internazionale. Nello stesso anno
nasce Fermin, il figlio di Rocker e Milly.
Inghilterra (in campo di concentramento), 1914-1918:
Rocker, oppositore della prima guerra mondiale, viene
arrestato e internato in campo di concentramento in quanto
alien enemy, cioè straniero di nazionalità
nemica, dove rimane per quattro anni.
Di nuovo in Germania (repubblica di Weimar), 1918-1933:
Rocker si trasferisce con Milly e Fermin a Berlino, dove
diviene uno degli esponenti di spicco della Libera Unione
dei Lavoratori tedeschi (FAUD), organizzazione anarcosindacalista.
Successivamente è tra i promotori dell'AIT (Associazione
Internazionale dei Lavoratori), fondata a Berlino
tra la fine del 1922 e l'inizio del 1923, di cui sarà
anche segretario. Nel corso degli anni Venti Rocker è
assorbito dalla sua attività di conferenziere e
giornalista, si impegna al fianco dei rifugiati politici
anarchici che giungono a Berlino e pubblica diversi libri
e opuscoli. Nel 1933 Rocker e Milly devono lasciare precipitosamente
la Germania a seguito dell'incendio del Reichstag. Dalla
Svizzera passano per la Francia e dall'Inghilterra, infine
salpano verso gli Stati Uniti per un giro di conferenze,
invitato dagli anarchici di lingua yiddish.
Stati Uniti, 1933-1958: Rocker si concentra soprattutto
nell'attività di scrittore. In questo periodo pubblica
libri importanti come Nazionalismo e cultura, Anarchosyndicalism,
I pionieri della libertà e Max Nettlau: el Herodoto
de la anarquia. Nel 1937 gli anarchici di lingua yiddish
donano a Rocker e a Milly una casetta nella colonia libertaria
Mohegan, nel Maine, dove i due si stabiliscono. Rocker
porta inoltre a termine i tre volumi delle sue memorie,
pubblicati tra la fine degli anni Quaranta e l'inizio
degli anni Cinquanta. Affranto dalla morte di Milly nel
1955, Rocker muore il 10 settembre 1958, all'età
di 85 anni.
a cura di D.B. |
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