Spagna
Podemos che cosa?
di Miguel Íñiguez
Il recente successo nella scena politica iberica del movimento Podemos è stato salutato da molti come un fenomeno interessante. Ma per alcuni si tratta di un ritorno al carrierismo politico e alla socialdemocrazia. Ecco il punto di vista di un militante anarchico basco.
“Podemos” dalle sue origini mi ha dato la sensazione di un disinfettante economico. Incoscientemente, quando apparve il suo eccelso predicatore, Pablo Iglesias, mi ricordò moltissimo le assemblee studentesche degli anni Settanta che erano manipolate e dominate dagli innumerevoli partiti comunisti e da gruppuscoli vari. Promettevano di conquistare il mondo e avevano soluzioni per tutto e, con il tempo, i loro esponenti finirono negli apparati del potere in seguito a rivolte più o meno numerose, contorsioni e ridefinizioni. Il loro simbolo, internazionalmente esibito, era Daniel Cohn-Bendit [leader del maggio 1968 a Parigi e ora europarlamentare con i Verdi tedeschi].
In Spagna, com'era logico aspettarsi in un paese che ricorda ancora la fame, gli sconosciuti si convertirono in facce note: molti si sistemarono nel mondo della politica dove sorgeva un grande numero di posti di lavoro di qualità. Tanti si costruirono un patrimonio corrotto a diversi livelli e si incrociarono geneticamente con gli odiati caciques [uomini di potere locale, a metà tra il mafioso e il notabile]. Non pochi si trasformarono in cattedratici, direttori, consiglieri e consulenti grazie alla loro bella faccia e grazie alla moltiplicazione di università e imprese pubbliche. Poi intrecciarono rapporti con i potenti evocando “gli interessi nazionali” e “gli impegni dello Stato”. E ciò pur non dimostrando maggiori meriti di un falegname o di un operaio edile. A dire il vero, diedero prova di capacità di manovra, dominio del linguaggio, facilità nell'accarezzare la schiena conveniente e disponibilità ad accantonare le loro convinzioni per il “bene del paese”. Erano apprendisti molto progrediti del mitico Groucho Marx: “Se questi principi non servono, dispongo qui e ora di altri”. E definirono il tutto “capacità di negoziazione e di sacrificio”, ovviamente al solo scopo di ottenere accordi e patti a vantaggio del popolo.
Il ritorno dei carrieristi
Passati trentacinque anni, ci giunge una nuova ondata di questi carrieristi che però è troppo simile alla precedente per coglierci impreparati.
Troviamo lo stesso entusiasmo e lo scontro generazionale. I vecchi affermano che i giovani hanno ragione, ma sono attaccati alle poltrone e non si arrendono. I giovani ritengono che la società non è giusta nell'apprezzare i loro meriti e si lamentano di chi comanda. E ciò soprattutto perché essi vorrebbero sostituire i vecchi e comandare: la loro vera ispirazione è gestire i posti dirigenziali in quanto sono convinti della propria qualità.
Non mi entusiasmò l'avvio di questo movimento, nel maggio di quattro anni fa, e ancora meno l'accampamento nella madrilena Plaza del Sol con le colonne di indignados provenienti dai quartieri e confluenti nella mitica piazza. Si trattava di manifestazioni affollatissime che si svolgevano in assoluto ordine, senza bloccare un'automobile, senza rompere un vetro. E gli slogan (ricchi in antitesi, pluralità di significati, raffinati giochi di parole) cercavano più la anatomia e la depurazione del linguaggio piuttosto che della società corrotta. Personalmente non intendo sollecitare dai manifestanti il lancio in massa di pietre contro edifici pubblici, l'incendio di migliaia di automobili, chiese e banche, ma quelle manifestazioni non producevano, per chi pretende di portare un cambiamento profondo, ciò che ci si aspetterebbe. I nuovi dicevano che volevano liquidare il “sistema” e si autoproclamarono rappresentanti di queste moltitudini indignate. E le hanno condotte verso terreni eccessivamente conosciuti: votate, votate, e votate. Urne, urne e urne, sempre urne, sante urne. Il fatto che abbiano convinto la gente che con il voto si può conseguire tutto indica fino a che punto la “cittadinanza” è stata ammaestrata dall'efficacia di più di trenta anni di indottrinamento “democratico”.
Adesso, come in passato, si illudono le persone semplici. Il paese continua a credere nei miracoli. Non si va a messa, non si crede in Dio, il papa dice che la Spagna è terra di missione, l'antica riserva spirituale dell'Occidente importa preti e monache, ma malgrado tutto si continua a credere nella Madonna dei miracoli. La gente non crede in Dio, ma vogliono che appaia loro la Vergine. “Podemos” è la Vergine, il miracolo che deve farci uscire dallo stato di malessere. È incredibile, ma vero che fanno credere nei miracoli e nei sortilegi. Promettono loro mille meraviglie e non chiedono nulla, solo che li votino, che tocchino la tastiera e depositino una scheda. La gente ha fiducia, crede, delega, fa la comunione. Loro, i nuovi evangelisti angelici, faranno sì che bontà e bellezza celestiali si adattino a questa terra inospitale.
I diritti dei piccoloborghesi
Senza dubbio, c'è una certa infelicità nella società. C'è gente che si è stancata di essere solo una casta piccola: consiglieri comunali, professori a tempo parziale e non ben pagati e poco valorizzati per i loro meriti, avvocati con scarsa e impoverita clientela, precari con mille lavori. Tutti questi hanno deciso di essere una casta potente e rispettabile. I recenti diplomati e dottori in mille materie, disoccupati o quasi, vogliono la loro fetta di torta. E se la prenderanno perché nella loro apparente rottura sono semplicemente quelli che in altra epoca chiamavamo piccoloborghesi.
In pochi mesi hanno perfezionato le loro pretese. Gli “antisistema” di un anno fa ora dicono che vogliono imporre “soluzioni socialdemocratiche”. In pratica sono dei nuovi Alfonso Guerra e Felipe González, [i due leader del PSOE post 1975] redivivi e ringiovaniti. Adesso dicono di lottare per il voto del centro e di catturare i “senza ideologia”. Ora non si rifiutano di pagare il debito, e non parlano di uscire dall'euro, il famoso salario universale diventa oggetto di studio e si sono dimenticati il problema degli sfratti. Cosa non si sono dimenticati? Di sicuro, a differenza degli antichi [politici ambiziosi] qui non c'è un settore operaio. Si tratta piuttosto della protesta della “rivoluzione” degli scamiciati piccolo borghesi. È il momento degli antropologi, politologi, archeologi, giovani diplomati in diritto ed economia e in genere ricercatori di tutti i tipi. Ognuno è alla caccia di una poltrona, amaca, panchina (o quello che sia) purché sotto un tetto: qui il sole picchia non meno che in Sicilia o nel Magreb.
Delegare e servire
Forse a qualcuno piace parlare di piani sibillini per fermare
le tendenze centrifughe degli uni o degli altri. Forse qualcuno
sollecita analisi di profondità oceanica per spiegare
i fatti e considera banale e superficiale il nostro discorso.
E ci possono essere tanti altri “forse”. Però
all'interno della semplicità di argomentazione, dell'ironia,
del sarcasmo e perfino dell'umorismo nero che si può
ricavare da queste righe, ritengo sinceramente che le cose stiano
proprio così: semplici, prosaiche e poco epiche. Catilina
era un rivoluzionario onesto o, come denunciava Cicerone, un
opportunista ambizioso? La soluzione è la scelta tra
Catilina e Cicerone? La soluzione per chi?
Quelli di sempre ci chiedono che deleghiamo, che li nominiamo
capi, che ci comportiamo volontariamente da servi. In fin dei
conti sono fatti loro e non nostri.
Detto ciò sui leader della rottura, non resta molto altro
da scrivere.
P.S.: Dopo le elezioni di maggio abbiamo assistito allo spettacolo
del compromesso. Argomenti etici, politici, ideologici di rinnovamento
di ogni tipo sono stati usati per nascondere la realtà
primordiale. Il lettore di queste righe lasci da parte le storielle
e i discorsi confusi e pieni di trabocchetti: si tratta di affari
e di ansia insopprimibile di potere. “Podemos”,
l'“antisistema” sta partecipando senza complessi
alla ripartizione del potere. In sostanza alle elezioni di maggio,
la cittadinanza è stata privata della propria libertà.
Due mesi dopo i politici si dividevano i guadagni e i profitti.
Miguel Íñiguez
traduzione dal castigliano di Claudio Venza
Miguel
Íñiguez è tra i fondatori, negli
anni Ottanta a Vitoria (nei Paesi Baschi), di un importante
archivio-biblioteca dedicato al medico anarchico e naturista
Isaac Puente, fucilato dai golpisti nel 1936. Ha realizzato
la grande Enciclopedia del anarquismo español,
pubblicata nel 2008 con 60.000 voci e più di 2000
pagine.
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