La canzone anarchica esiste (e non ha limiti di genere)
Nella mia ora di libertà: un Festival per capire cos'è
il “canto anarchico”. La rassegna di 3 giorni di
cultura libertaria “I Senza Stato”, organizzata
dal Laboratorio Perla Nera di Alessandria lo scorso giugno,
quest'anno si è conclusa con un “Festival del canto
anarchico” del quale mi son trovato a fare il presentatore.
«Cominciamo bene» direte voi! Che quando Salvatore
del Perla Nera ha cominciato a tampinarmi per questo festival
del “canto anarchico” da fare ad Alessandria mi
sono detto «pensa te che strazio!».
Cioè, tanto per cominciare, cosa vorrà mai dire
“canto anarchico”? Ci si pone queste domande quando
è un po' che si viene definiti “cantautori anarchici”.
Semmai mi verrebbe da dire che sono un “anarchico cantautore”.
Ovvero sono un militante anarchico, faccio delle canzoni con
la mia sensibilità - anche politica - e le canto in pubblico,
le registro... ma cosa sarà invece una “canzone
anarchica” in sé lo ignoro.
So che John Cage era un anarchico compositore, però non
saprei onestamente dire se le sue composizioni sono intrinsecamente
più o meno anarchiche di quelle di un qualsiasi altro
compositore, anche la libertà formale assoluta è
figlia delle forme del proprio tempo e ovviamente la più
formalmente “anarchica” delle composizioni è
difficile che resti tale (sotto il profilo della forma) dieci,
venti, cento anni dopo che è stata composta. Nulla invecchia
in fretta quanto il linguaggio dell'avanguardia. La canzone
poi è un genere popolare e come tale risente di regole
più strette di quelle della musica colta o delle poesia.
Dunque cos'è la canzone anarchica? Come la si distingue
dalla canzone socialdemocratica? Boh! Ne so proprio poco e più
vado avanti meno ne capisco, anche perché di converso
non so proprio convincermi che le espressioni artistiche appartengano
a un mondo diverso da quello degli uomini e delle loro idee,
insomma non sono nemmeno del tutto sicuro che le canzoni siano
invece a-politiche. Solo che è una relazione complessa
quella che si instaura fra le arti, gli uomini, il tempo. La
forma, il testo, la musica, l'arrangiamento, l'interpretazione
- ciò che già normalmente rappresenta la sfaccettata
essenza della canzone - si arricchisce di ulteriori significati
in relazione alla coerenza dell'interprete stesso con le tematiche
di cui canta, alla relazione più o meno complicata col
mondo del mercato nel quale o contro il quale tenta di muoversi,
al destino commerciale dei suoi prodotti (dischi, spettacoli),
ai luoghi in cui sceglie di portare il proprio lavoro, all'uso
che suo malgrado il pubblico, il popolo, i compagni faranno
delle sue canzoni.
È in questa costellazione di variabili che possiamo
provare a definire, muovendoci sui trampoli e afferrando le
parole con le pinze, cosa sia questo benedetto “canto
anarchico”.
Quando Salvatore del Perla Nera è venuto a farmi la posta
all'Isola Ritrovata - il piccolo meraviglioso locale della musica
d'autore di Alessandria, dove facevo cinque concerti di seguito,
uno a settimana - preso dall'imbarazzo di non riuscire a districarmi
in questa indefinibile definizione, ho provato a defilarmi in
tutti i modi, a rispondere evasivamente... ma provate voi a
sfuggire per 5 giovedì di seguito a qualcuno di molto
gentile e molto determinato assieme... Salvatore veniva a cercarmi
anche quando aveva la febbre!
Ho finito per dover cedere. Mi son detto «vabbé,
magari è la volta buona che capisco cos'è 'sto
“canto anarchico”».
Dunque, le condizioni erano semplici: vogliamo provare a rappresentare
la canzone anarchica senza limiti di genere: che sia Punk, che
siano corali di musica popolare, che siano singoli cantastorie
con la chitarra, che siano gruppi di World Music, o vattelappesca
cosa, tutto ha diritto di stare nella nostra festa purché
si riconosca da sé anarchica e militante. Sulla questione
del “militante” la scelta era molto semplice: non
essendoci un euro nemmeno per i rimborsi delle spese di viaggio,
la “militanza” era assicurata e l'adesione al progetto
certamente consapevole!
Mi dicevo «non verrà nessuno, alla fine tutti
troveranno una scusa e io resterò lì a presentare
una scena vuota... che poi magari il “canto anarchico”
è proprio questo». Invece sono venuti tutti, quasi
precisi e ordinati... insomma più di molti professionisti
che conosco.
L'abbiamo fatta dunque questa festa - non riesco a chiamarla
rassegna o chissà cosa - e a mio parere è venuta
follemente bene. Cosa volete che vi dica? Che questo era bravo
e quell'altro pure, ma quello era più incisivo, quell'altro
più seducente? Cosa volete che m'inventi?
Per me la cosa importante era la mancanza di barriere, l'alternanza
asimmetrica di ogni stile e sonorità, la creatività
scriteriata.
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Santo Catanuto e Dino Porcu |
Poi non posso certo parlarvi in maniera compunta e distaccata
di un compagno caro al mio cuore da vent'anni come Santo Catanuto,
che con dita sanguinanti e passione filologica inseguiva tutte
le note nell'aria e a piè di pagine. Dei Kurkuma cantastorie
etnici alle prese con denunce e tamburi. Della Banda Putiferio,
così saggiamente retrò (e visionaria) da sposare
il “liscio” delle balere degli anni '50 alle storie
criminali cantate con piglio grottesco e con un retrogusto di
denuncia. Del RAP super militante come alle origini dei giovanissimi
EMSI Caserio. Dell'ironia apparentemente sbadata e degli apologhi
surreali di Paolo Pasi, che per colmo della sorte di mestiere
si occupa proprio di cronaca. Del tono bandistico e free-jazz
dei Ciurmanemica, che si scelgono un raffinato repertorio che
va da Vian a Pietro Gori. Dell'amico Marco Rovelli che ha un
piede nelle illuminazioni di Rimbaud e l'altro a Kobane.
La cosa più buffa però è stato vedere alternarsi
sul palco l'ortodossia skatenata dei Punk Agricolo, con i loro
2 minuti a pezzo di anticlericalismo, antimilitarismo e virulenza
No-Future e la suadente profonda compostezza musicale, tutta
arpeggi e timbro basso, di Carlo Ghirardato, così, uno
via l'altro e precisamente in quest'ordine, per «concludere
in modo delicato e acustico, dopo i suoni elettrici, per non
disturbare troppo i vicini».
Quando il tutto è finito e io ho smesso i panni del “bravo
presentatore” in salsa rosso nera (mi vergognavo come
un ladro...), tornando a casa mi sono chiesto se dopo questa
immersione di sei ore di musica e parole avessi le idee più
chiare di prima.
No, mi sono risposto, non so che cosa sia il “canto anarchico”,
però esiste!
Alessio Lega
alessiolegaconcerti@gmail.com
Tutte/i al Teatro Comunale di Gambettola (Fc) Sabato 17 ottobre, ore 21.30 Un invito, una proposta, una richiesta
La
prima volta che sono entrato nei locali del “Circolo
dei Malfattori” di Santarcangelo di Romagna sono
stato colpito dagli enormi ritratti dei due “numi
tutelari”: Gaetano Bresci e John Belushi. Questa
è casa mia, mi sono detto.
Ne è nato qualcosa di più dell'amicizia
e si è cementata - nel giro di un paio d'anni e
di una ventina di concerti - una stima professionale reciproca.
Gli animatori del Circolo - Nicola e Roberto Zamagna e
Giusi Delvecchio - sono libertari, antifascisti militanti
e splendidi musicisti, quando la loro esperienza aggregativa
è stata sopraffatta dalle spese ci siamo ritrovati
a suonare - talvolta con la complicità di Guido
Baldoni - sulla strada, nelle piazze e nei Circoli degli
altri.
Abbiamo sviluppato una passione per le “storie difficili”
raccontate nelle canzoni: è appena uscito un lungo
brano dedicato a Joe Hill nello splendido libro/CD curato
dai compagni di ApArte.
Ci caratterizza una rigorosa cialtroneria esecutiva e
una vitalità interpretativa che metta un po' di
blues dentro Pietro Gori e un po' dei Rolling Stones dentro
Brecht.
Sono concerti molto suonati e poco provati, esplosioni
di memoria nella piazza del Rock and roll globale. Nel
Festival degli artisti di strada di Pennabilli abbiamo
avuto il piacere di vedere coagularsi una torma di ragazzini
che pogavano sulle note del “Canto dei Malfattori”
(il nostro inno, of course), se cercate bene ne
trovate traccia anche su Youtube.
Insomma ci siamo detti che ci piacerebbe lasciare un segnale
di questa piccola ispirazione e di questa grande traspirazione:
un po' di pensiero e molto sudore, di questo s'impasta
l'arte.
Sabato 17 ottobre alle ore 21.30 al Teatro Comunale di
Gambettola (FC) in piazza II Risorgimento andrà
in scena lo spettacolo “Il ritorno dei Malfattori,
canti d'amore e di rabbia” che darà luogo
alla registrazione dell'omonimo CD live. Per sostenere
le spese di produzione dello spettacolo verrà richiesto
un contributo all'ingresso di 10 euro e sarà possibile
pre-acquistare il CD.
Ovviamente abbiamo bisogno della presenza di tutti quelli
che possono venire... e soprattutto di una sconsiderata
claque anarchica rumorosa e militante.
A presto.
Alessio e i Malfattori |
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