Una nuova rubrica, non necessariamente
fissa, inizia da questo numero. Valeria De Paoli propone testi
e tavole. Il titolo cui aveva pensato era “mini reportage
senza confini”. Gliel'abbiamo abbreviato per esigenze
grafiche. Valeria parte con queste pagine sul Burkina Faso.
Benvenuta.
La “rivoluzione” in Burkina Faso
Il Burkina Faso aveva trovato il suo sogno rivoluzionario, lo
chiamavano il “Che” Africano, Thomas Sankara. Nel
1983 conquista con un rapido colpo di stato la presidenza dell'Alto
Volta e ne cambia subito la bandiera, l'inno e il nome coloniale
facendolo diventare il Burkina Faso, che in due lingue locali,
il moré e il dioula, significa “Paese degli uomini
integri”.
Da subito ha instaurato una politica basata sull'educazione,
sulla parità di genere, sulla salvaguardia dell'ambiente,
sulla valorizzazione della cultura e soprattutto sull'indipendenza
economica con il motto “consumiamo burkinabé”
e tra le altre cose minimizzando da subito le spese politiche.
Sankara è il primo a parlare di vera liberazione dal
colonialismo e dal controllo del mondo occidentale “Riconoscendoci
parte del Terzo mondo vuol dire, parafrasando José Martí,
“affermare che sentiamo sulla nostra guancia ogni schiaffo
inflitto contro ciascun essere umano ovunque nel mondo”.
(...) Ebbene, i nostri occhi si sono aperti alla lotta di classe,
non riceveremo più schiaffi. (...) Non c'è salvezza
per il nostro popolo se non voltiamo completamente le spalle
a tutti i modelli che ciarlatani di tutti i tipi hanno cercato
di venderci per vent'anni. Non ci sarà salvezza per noi
al di fuori da questo rifiuto, né sviluppo fuori da una
tale rottura.” (dal discorso “Parlo in nome di tutti
coloro che soffrono in ogni angolo di mondo”, di Thomas
Sankara, a New York, 4 ottobre 1984, 39a Assemblea
generale delle Nazioni Unite).
Il Burkina Faso, un piccolo paese al centro dell'Africa occidentale
senza sbocco sul mare, divenne un esempio per tutte le altre
nazioni africane, governate da élite corrotte e prostrate
alle disposizioni delle potenze economiche internazionali. Un
grido di dolore e d'insofferenza e la dimostrazione che i problemi
che affliggevano l'Africa si potessero risolvere.
Ma il 15 ottobre 1987 Sankara, 37 anni, viene ucciso in un colpo
di stato dal suo compagno di rivoluzione Blaise Compaoré,
un colpo di stato sicuramente supportato dall'occidente colonialista.
Blaise Compaoré rimane al potere per ben 27 anni, stringendo
patti e alleanze con le grandi potenze, sostenendo le operazioni
neo-coloniali francesi e statunitensi, cambiando la costituzione
di una finta democrazia per restare al potere confermando i
timori di Sankara: “Il mio timore è che i frutti
di tanta energia siano confiscati dai Prospero [I ricchi
e i potenti. Coloro che “prosperano” a spese di
altri, nda] di tutti i tipi che - con un giro della loro
bacchetta magica - ci rimandano in un mondo di schiavitù
in abiti moderni. Questo mio timore è tanto più
giustificato in quanto l'istruita piccola borghesia africana
- se non quella di tutto il Terzo mondo - non è pronta
a lasciare i propri privilegi, per pigrizia intellettuale o
semplicemente perché ha assaggiato lo stile di vita occidentale”.
Doveroso ricordo va anche al giornalista Norbert Zongo, che
con il suo settimanale “l'Indépendant” denuncia
senza peli sulla lingua e senza timori i regimi dittatoriali
africani rivelando fatti e situazioni gravi, compresi gli affari
loschi che implicano la cerchia ristretta del dittatore Blaise
Compaoré e che viene assassinato e bruciato il 13 dicembre
1998.
Ma l'ottobre del 2014 segna una svolta. Dopo la dichiarata intenzione
di Compaoré di modificare l'articolo 37 della costituzione,
in modo da poter essere ricandidato nel 2015 e proseguire ancora
il mandato, la popolazione si rivolta, più di un milione
di persone scendono in piazza solo nella capitale (il paese
ne conta circa 15 milioni) per 3 giorni. Compaoré si
dimette e scappa in Costa d'Avorio con l'aiuto della Francia.
Dopo alcune settimane di controllo militare, la presidenza viene
data al civile Michel Kafando per un anno in vista della preparazione
delle nuove elezioni che si dovrebbero tenere questo ottobre
e che fanno sperare ad una nuova epoca. Nel frattempo viene
riesumata la salma di Sankara per far luce in maniera univoca
sul suo assassinio in nome della “riconciliazione nazionale”
come dichiarato da Kafando.
Il Burkina Faso resta ad oggi uno dei paesi più poveri
al mondo con un indice di sviluppo umano di 181/187 (HDI-Human
Development Index 2014).
Valeria De Paoli
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