pornografia
Porno e libertà
con saggi di Monica Lanfranco e Wendy McElroyn e un'intervista di Michele Salsi a Marika Ferrero
La pornografia può essere uno strumento di emancipazione sociale? Un confronto tra le diverse opinioni di un'attivista femminista italiana, una femminista canadese e una lavoratrice del porno. Il dibattito resta aperto.
La finta strada per la liberazione
di Monica Lanfranco
La riduzione della donna a parti del corpo, la rimozione dei sentimenti e i vincoli economici del mercato rendono la pornografia un finto luogo liberato. Al suo interno vigono scelte obbligate e stereotipate. È questo il parere di un'attivista femminista.
“Pornografia è ciò che fanno gli altri”.
La frase (della quale non ho trovato traccia circa l'origine,
ma è dagli anni '70 che la ricordo) è significativa
di una tendenza a rimuovere dalla propria dimensione il problema,
in un senso o nell'altro: sia che la si approvi, o la si consideri
un non-problema, sia che la si condanni, o, appunto, la si veda
solo riflessa nelle azioni altrui, quindi da giudicare ma ritenendosene
immuni. [...]
Internet
ha reso la pornografia un argomento non solo legittimo culturalmente,
alla pari della teologia o della puericultura, (il mezzo è
per sua natura orizzontale, e quindi ogni tema ha la possibilità
di diventare potentissimo, basta una forte capacità di
indicizzazione) e in meno di due decenni l'ha eletta a parola,
e tema, dominante.
Il vocabolo più digitalizzato sulle stringhe di ricerca
in rete è sex, termine con il quale, immediatamente,
si accede a miliardi di siti pornografici, con video e foto
di ogni tipo, bambine e bambini compresi. [...] La grande disponibilità
di pubblico, e la sua economicità, rendono internet un
mezzo molto usato per la distribuzione e la fruizione di materiali
a contenuto pornografico. Di fatto, con l'avvento di internet,
soprattutto per la diffusione di sistemi di file e video
sharing la pornografia è divenuta immediatamente,
e anonimamente, disponibile ovunque e per chiunque.
L'ultima conseguenza di questo fenomeno ha, innanzitutto, mitigato
il generico sentimento di condanna di fronte a questa forma
espressiva, (senza però sviluppare un discorso sul “senso”
e sulle implicazioni di un suo uso frequente e sostitutivo delle
relazioni gratuite e comprendenti anche sentimenti ed emozioni,
oltre a quelle sessuali) dall'altro ha agevolato l'esplosione
di fenomeni quali il genere “amatoriale”, consistente
nella realizzazione di foto e video di carattere porno-erotico
ritraente persone comuni (spesso gli stessi soggetti autori
del prodotto). [...]
Oltre al file sharing un altro canale di distribuzione
della pornografia via internet è rappresentato dai siti
a pagamento, attività sempre più lucrosa per i
produttori di materiale professionale che stanno privilegiando
il web abbandonando i canali di distribuzione classici quali
edicole, videoteche e sexy shop.
Grazie alla rete oggi si sta sempre più affermando il
cosiddetto neoporn, ovvero il movimento di pensiero che
intende la pornografia come liberatoria e principale frontiera
antimoralista, accanto ai flashgames per adulti, ovvero giochi
elettronici le cui situazioni (pur variando dalla commedia al
fantasy) mantengono un carattere dichiaratamente pornografico.
Alcuni, di carattere violento e sessista, hanno trovato ampio
mercato anche in Italia, come nel caso di Squillo, gioco
da tavolo in cui, giocando nel ruolo di veri papponi, è
possibile usare prostitute ed escort a piacimento, spingendo
le squillo in dotazione – Lola e Hannah, Manny e Analia,
Shannon e Patty – a pratiche estreme di ogni tipo. [...]
Accanto ai giochi porno c'è la divulgazione di spettacoli
a pagamento e non, attraverso la trasmissione in webcam, una
pratica molto diffusa in tutto il web. C'è la possibilità
di assistere a spettacoli porno e comunicare via chat con chi
si sta esibendo in quel momento. Il tutto a disposizione, con
un click, anche ai minori, che di fatto sono esposti alla visione
di immagini e video anche a carattere violento (sulle donne
e sui bambini e bambine) senza alcun filtro. La domanda è:
cosa accadrà (cosa di fatto sta già accadendo?)
nella vita sessuale, nelle relazioni concrete dei corpi e nell'immaginario
erotico di chi, prima ancora che nell'esperienza graduale di
ogni persona, che ha tempi e situazioni diverse per ciascuna/o
di noi, è stato esposto in solitudine alla pornografia,
e quindi ha potenzialmente avuto questa come palestra prioritaria
per allenare corpo e fantasia alla sessualità e alla
relazione sessuale? [...]
Le posizioni emministe
Nei movimenti femministi s'individuano due posizioni contrapposte
riguardo alla pornografia. Le femministe ad essa favorevoli,
come la sociologa della Northwestern University di Chicago Laura
Kipnis, considerano la pornografia un aspetto positivo e cruciale
della rivoluzione sessuale che ha portato alla liberazione della
donna, contrariamente alla morale dei conservatori, che la vedono
invece come oppressiva per le donne.
Invece secondo l'altra posizione, rappresentata soprattutto
dalla giurista Catharine MacKinnon della University of Michigan
Law School, la prospettiva “liberazionista” della
pornografia è puramente illusoria: anzi essa, ponendo
l'esposizione della sessualità della donna al centro
del suo fuoco, la danneggia sotto vari aspetti: innanzitutto,
sostenendo un'ecologia culturale sessista che si compiace di
ridurla a oggetto e merce sessuale, e di trasmetterne un'immagine
degradata. In secondo luogo, essa si rende spesso causa o concausa
di danni a persone specifiche sia in fase di produzione (donne
forzate a posare o riprese senza loro reale consenso alla produzione
o circolazione del materiale pornografico), sia dopo, attraverso
le modalità della diffamazione o della molestia, o ancora
fornendo una spinta verso l'aggressione sessuale in persone
predisposte.
Per queste ragioni certi gruppi di femministe si sono spinti
a boicottare alcune manifestazioni pornografiche, sia cinematografiche
che letterarie. La contestazione più curiosa è
avvenuta a Napoli nel 2000: un gruppo di femministe battagliere
ha scaraventato dei pomodori contro Tinto Brass, regista noto
per il genere definito “softcore”.
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La copertina del numero “A” 72 (marzo 1979) dedicato ad anarchia e femminismo. Al suo interno un dossier sul ruolo della donna e sul rapporto tra femminismo e prospettiva libertaria |
Un falso orizzonte di modernità
Vediamo qualche spunto di dibattito sull'argomento. Cosa mi
disturba di più nell'attuale, inflazionatissimo, discorso
pubblico sulla pornografia?
Abbiamo per sommi capi visto come negli Stati Uniti, e di rimbalzo
in Europa, si è sviluppata la polarizzazione tra favorevoli
e contrarie nel movimento femminista e nel mondo intellettuale
progressista.
Dal mio punto di vista ciò che trovo principalmente fuorviante
è che sia avvenuto uno spostamento dal versante rimottivo “pornografia è ciò che fanno gli altri”
a quello (per me altrettanto evasivo) genericamente antimoralista:
la pornografia è, in alcuni filoni di pensiero femminista
e genericamente in certa sinistra, sempre sinonimo di liberazione.
Il porno, celebrato in ogni sua accezione, non manca mai nell'orizzonte
della modernità per chi considera pericoloso criticarne
l'uso e discutere sulla sua ipotetica responsabilità
rispetto alla violenza maschile ed è ingrediente fondamentale
anche nel discorso dell'emancipazione e della liberazione femminile.
Fioccano gruppi di studio, esperienze cinematografiche, romanzi
di planetario successo nei quali la pornografia è predominante,
salutata come strumento indispensabile per raggiungere consapevolezza
e libertà.
Ma libertà per cosa e perché? Questa è
la domanda che mi pongo di fronte alla pornografia e che faccio
a chi ne propugna l'utilità, o addirittura l'indispensabilità
(per le donne) come mezzo di liberazione.
L'età e la conoscenza mi offrono la possibilità
di accedere all'origine del dibattito, nel femminismo, sulla
pornografia: la raccolta di riviste edite tra gli anni ‘70
e ‘90, come Effe, Noi donne, Lapis,
Dwf, Grattacielo, Reti (che ad Altradimora
www.altradimora.it abbiamo disponibili grazie al lascito della
biblioteca di Emi Uccelli) raccontano di una riflessione e uno
sguardo su corpo, emozioni, sessualità e pornografia
molto sfaccettata.
Quando ancora, agli albori del femminismo, c'era tutto da guardare
per la prima volta, da vedere in profondità e in soggettiva,
quando tutto, sessualità compresa, era ancora da dire,
trovando le parole per raccontare il mondo, (e per metterlo
al mondo), raramente la pornografia risultava argomento interessante
tanto da legarla all'orizzonte della libertà.
Se se ne parlava (e non era un argomento molto trattato) era
spesso per connettere l'uso della pornografia con la violenza:
l'analisi era legata al problematico mondo dello sfruttamento
del corpo femminile nei media, nella comunicazione, nell'immaginario
e nel linguaggio, che appiattivano e banalizzavano (già
allora) il femminile, la sessualità e le relazioni costringendole
nella commercializzazione e nella riduzione di una parte per
il tutto.
Come abbiamo a dire nello storico incontro del giugno 2001 Punto
G a Genova la globalizzazione, con il primato già
all'epoca minaccioso del mercato su tutto, era paragonabile,
nell'analisi femminista, alla pornografia: si disse infatti
che, così come nel porno il corpo e le emozioni scompaiono
perché tutto è focalizzato sulla genitalità
così la globalizzazione cancella il mosaico di differenze
e ricchezze umane scegliendo solo l'aspetto del “consumo”
per categorizzare gli esseri umani.
Nulla di nuovo da dire
Ecco, forse, uno dei nodi del discorso: che oggi la pornografia
è centrale perché (in apparenza) del corpo, del
piacere, del dolore, della morte, della sessualità è
stato detto, fatto, rappresentato, sezionato, ripetuto tutto,
al punto da non avere più nulla di nuovo da dire, esperire,
raccontare, immaginare. A questo punto resta solo la pornografia,
usata (anche) da chi contesta ciò che resta del giudizio
(religioso o laico) della sessualità altrui come vessillo
per la libertà d'espressione, dimenticando però
che, mentre la sessualità è gratuita, la pornografia
è regolata dal mercato, e difficilmente sfugge alle regole
del controllo compulsivo, della ripetitività e della
reiterazione.
È in questo rischio che il mercato vince, e quindi da
presunti protagonisti si rischia di diventare pedine di un triste
e banale gioco commerciale. Nel suo La fine del desiderio
la filosofa Michela Marzano scrive, riguardo alla pornografia: “L'immaginazione è “forclusa”, non solo
nella pornografia contemporanea, attraverso la sovraesposizione
dell'atto sessuale, ma anche in quella classica, basata su un'estetica
iperrealista che, ripetitiva, monotona, codificata, esibisce
la propria inautenticità poiché mira a ridurre
lo spettatore alla propria eccitazione, imprigionando la fisicità
del corpo e delle pulsioni: la pornografia fissa un corpo smembrato;
il volto, dunque l'altro, manca, ridotto a bocca orifizio, e
assenti sono le storie”.
Certo, non mancano le eccezioni, che però rimandano ad
una capacità di non focalizzare arte e pensiero solo
nella produzione pornografica: per esempio la scrittrice Almudena
Grandes fece scandalo (anche dentro il femminismo) quando, usciti
i suoi primi romanzi, disse che in lei convivevano l'amore puro
e materno verso i figli così come la forte carica erotica
che la spingeva a scrivere di sesso, e a praticare il mondo
della pornografia, senza che questo inficiasse il suo essere
anche mamma. “Se qualcuno trova pornografico il mio scrivere
pazienza”, affermava, criticando la tendenza mai sopita
in parte della cultura cattolica oltranzista spagnola a provare
a riconfinare le donne nella gabbia della famiglia e della verginità.
Assai diverso, trovo, il fenomeno “sfumature di grigio”
e simili, che hanno trovato un pubblico di lettrici straordinariamente
vasto, che ora si sposterà negli adattamenti cinematografici
tratti dai libri e, prossimamente, anche in tv con la valanga
di serie che è presumibile aspettarsi. Nei testi protagonisti
del fenomeno di massa del “porno per tutti” (ma specialmente
per le donne del ceto medio basso) c'è l'intento di soddisfare
la curiosità per la sessualità, legittimando la
pornografia, rendendola praticabile e agibile dentro il focolare
domestico: in una sorta di interclassismo della camera da letto
che “finalmente” rende uguali ricchi e poveri, colti
e ignoranti, giovani e vecchi: la pornografia come nuova frontiera
della democrazia, un futuribile comunismo dell'alcova, che livella,
(al pari della morte), ogni differenza. Sesso, morte e denaro
erano tabù indistruttibili, prima dell'avvento della
rete: sembra che ora regga abbastanza bene solo l'ultimo della
lista.
Scelte vincolate dal mercato
È curioso, dal mio punto di vista, che le femministe
che propugnano la pornografia come massima manifestazione di
libertà, (bollando quindi le critiche e i dubbi come “moralismo”), siano oggi nella stessa schiera di chi,
consumando i libri e le produzioni di porno soft ispirate al
filone delle “sfumature”, non ha alcun intento rivoluzionario
o femminista, ma al contrario è custode dei ruoli sessuali
in famiglia e nella società, come, per esempio, è
di recente avvenuto in Italia nel deprimente dibattito su “cene
eleganti”, escort e virilità dell'ex Presidente del
Consiglio Berlusconi.
Alcune femministe italiane hanno sostenuto che la libertà
femminile si esprime e si legittima anche nella scelta di vendersi,
di farsi comprare, così come di comprare, consumare o
essere soggetto/oggetto di pornografia. In questa certezza si
lascia, però, di sfondo, un dato non secondario: non
si considera come queste scelte, propugnate come libere, sono
rigorosamente dentro l'orizzonte del mercato, che non è
per nulla libero, ma al contrario diventa l'unico elemento regolatore
delle relazioni così come delle vite individuali e delle
dinamiche collettive, causando la messa in secondo piano dei
sentimenti e delle emozioni, centrando l'attenzione e la signoria
sul denaro e il potere. Rendendoci, tutti e tutte, al servizio
acritico di un pensiero unico, e non più libere e liberi.
[...] Le critiche femministe alla pornografia tradizionale
si sono spesso incentrate sull'assenza di emozione e di relazione
nei film, nei video e in generale nella pubblicistica porno,
così come sullo scarsissimo protagonismo del corpo in
tutta la sua estensione e sull'ossessione per la penetrazione,
sul carattere passivo e violento della rappresentazione del
rapporto sessuale, sull'esaltazione delle dimensioni del fallo.
Un eccesso moralista, un timore ancestrale delle potenzialità
che la pornografia potrebbe aprire nell'orizzonte dell'autodeterminazione?
I limiti del porno femminista
Nel 1996 su Lapis di giugno Dolores Ritti annota: “La
vergogna è un sentimento elementare per le donne, una
fatalità e una punizione insieme: accompagna sia la percezione
del corpo, sia la sua immagine tanto più il corpo quando
diventa oggetto dello sguardo altrui. Il corpo al quale ci si
è avvicinate attraverso il duro lavoro dell'autocoscienza,
fonte del malessere, oggetto di seduzione e di conquista è
bandito da ogni progetto di riflessione. Limitato, offeso, equivoco,
non è più degno di essere pensato.”
Forse è per sconfiggere il senso di vergogna che ancora
viene insegnato alle bambine che si propone la pornografia come
elemento di liberazione? Possibile, anche se è necessario
avere ben chiari i limiti dello strumento e l'ambito dentro
al quale la pornografia, nel mondo, è pensata, prodotta,
commercializzata.
È, in parte, questa la missione del sito nordamericano
www.femporn.blogspot.it. Qui la ricerca è orientata dalla
visione femminista critica contro la produzione massiccia di
porno violento, ma allo stesso tempo favorevole e incentivante
la produzione e conoscenza di una pornografia “con occhi
di donna”, nella quale si offre al consumo femminile una
cinematografia che si sforza di spostare l'ottica dall'impero
del desiderio maschile a quello femminile, dando la possibilità
di mettere in scena il desiderio dal punto di vista femminile
(etero o lesbico).
Sia nell'iconografia così come nel linguaggio le differenze
sono innegabili, tra queste produzioni e quelle mainstream.
Anche il passaggio del tempo, l'uso della telecamera così
come il contesto cambiano in modo notevole se si raffronta il
porno “vintage” con quello attuale. [...]
È davvero sufficiente cambiare mano alla telecamera,
e sostituire l'occhio di una donna a quello di un uomo, o cambiare
pratica erotica principale, o essere produttrice nel mercato
del porno, per modificare l'assetto del potere simbolico sulla
sessualità che l'industria del porno alimenta e sul quale
si fonda? Forse nella scrittura, e con il cambiamento semantico
e simbolico della narrazione del racconto scritto e quindi letto,
la pornografia riesce a diventare un pezzo dell'evolvere in
senso liberatorio della sessualità: come, e se, lo possano
il video e la produzione di immagini, specialmente online, resta
un dubbio più che legittimo. [...]
La domanda è se le femministe abbiano lottato anche perché
una donna si potesse mostrare nuda, nei luoghi pubblici, reali
o virtuali, senza essere insultata, dileggiata, punita, o persino
uccisa per questo. Comincio a rispondere per me, e dico sì:
ho lottato (e lotto) contro i pregiudizi sessisti e la miseria
violenta del patriarcato, (che assume volti e versioni sempre
attuali), anche perché le giovani donne potessero scegliere
chi essere, come vestire, cosa fare nel mondo, senza che nessun
uomo le obbligasse in alcunché, nel nome della famiglia,
di un dio, o della patria.
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La copertina di “A” 85 (estate 1980). All'interno del numero, un dibattito sull'anarco-femminismo con interventi di due femministe americane, Kytha Kurin e Elaine Leeder |
Autodeterminazione, libertà e responsabilità
Il femminismo non è stato, e non è, un movimento
che ha creato teoria, elaborazioni e pratiche effimere e strumentali:
si è trattato, e si tratta, di uno sguardo e di una visione
critica della realtà, spesso ingiusta e violenta, che
ancora affligge donne e uomini a livello globale. Nel mondo
le bambine e le donne sono insultate, dileggiate, punite, e
uccise solo per il fatto di essere femmine. Cito, per chiarezza,
la nordamericana Robin Morgan, che forse riassume nel modo più
puntuale di cosa sto parlando: “Non si tratta di una minoranza
oppressa che si organizza su questioni valide ma pur sempre
minori. Si tratta della metà del genere umano che afferma
che ogni problema la riguarda, e chiede di prendere parola su
tutto. Il femminismo è questo”.
La libertà di essere non più metà della
mela, (quella meno di valore), ma un soggetto intero si è
conquistata coniugando in modo nuovo il concetto di uguaglianza
e di diritto: non a caso la parola usata dalle attiviste nelle
lotte per la conquista della possibilità di decidere
sul proprio corpo (orientamento sessuale, gravidanza, maternità,
matrimonio) è autodeterminazione. Un concetto che mette
insieme libertà e responsabilità: ti autodetermini
perché ragioni anche sulle conseguenze dei tuoi gesti,
e lo fai perché la tua libertà si mette in relazione
con il resto del mondo.
Prender parola, dunque. Nella nostra società dell'immagine
la parola la si prende anche, soprattutto, con il corpo. Viene
alla mente la forza evocativa del gesto, silenzioso e però
fragoroso in modo inequivocabile, di Amina Sboui, giovane blogger
tunisina più volte arrestata e incarcerata per aver messo
online una sua fotografia in piedi, completamente nuda. Lei,
che rischia la morte solo per questo gesto, chiama il mondo
a ragionare sull'irresponsabilità feroce di una visione
del corpo femminile che diventa costume, consuetudine, legge,
vincolo e condanna. Le donne, in questa visione, si possono
vendere e comprare, ma non possono decidere per sé. Per
questo l'attivista iraniana Maryam Namazie ideò nel 2013
il primo calendario, con enorme scalpore e visibilità,
nel quale alcune attiviste antifondamentaliste vicine all'iraniana
si ritrassero nude, protestando contro la sharia e la violenza
islamista, in appoggio alle lotte di Amina e del gruppo Femen.
Non è un gioco, non è la tv: è la vita
vera, dove le donne e le bambine vengono picchiate, mutilate,
uccise, ad ogni latitudine, nelle case ricche come nelle favelas.
Voce del verbo “dare”
Ben lungi da Amina, così come altrettanto lontana dall'emozione
che suscita il dipinto del 1866 di Gustave Courbet L'origine
du monde, è l'effimera comparsata di un'attrice emergente
del porno: prima, in un'intervista, definisce le femministe,
(senza probabilmente conoscerne nemmeno una in carne ed ossa),
come portatrici di “vagine legnose”, e sentenzia
che devono “darla di più”; poi, in un video
di circa un minuto, opina in modo confuso sulla violenza di
genere, negandone l'importanza e ribadendo il concetto, (da
partita doppia), del “darla”, una ricetta per tutte
le stagioni, chissà perché.
Il video la ritrae nuda solo per la metà inferiore: una
gamba sul pavimento di un bagno come tanti, l'altra sul lavandino,
l'ordinata e coltivata vagina in primo piano. È un'operazione
commerciale pubblicitaria, una calcolatissima mossa di autopromozione,
si è detto da più parti: del resto la ragazza,
come molte della sua generazione che praticano il mondo della
televisione e del cinema, ha studiato, è mediamente più
colta di molti coetanei, sa bene l'arte del vendersi. La donna
siede sulla sua banca, è il motto che le ispira. È
in buona compagnia: non è la prima, né sarà
l'ultima a diventare, per il pochissimo tempo che la logica
del mercato offre alle presunte novità, testimonial risibile
e seriale dei nostri tempi vuoti, depilati e opachi. Non è
molto originale, come testimonial: l'eccezione, oggi, è
rappresenta da chi “non la dà”. [...]
Femminista uguale frigida e acida, pornodiva uguale gaudente
e realizzata. Nel video l'attrice parla delle morti sul lavoro
e di violenza sessuale, due piaghe sociali planetarie, che nell'eloquio
sgambato diventano risibili, perdono senso, spariscono nella
voragine dell'ignoranza della storia reale, citate così,
solo come introduzione insensata all'invito a “darla”.
[...]
Rocco Siffredi, mentore della attrice-filosofa, è amato
e ammirato da donne e uomini, pur se in modo diverso; non altrettanto
si può dire delle sue partner. Molta parte del mondo
maschile si masturba nel privato apprezzando le grazie muliebri,
ma nel pubblico sempre e solo puttana resti, e difficilmente
acquisti la rispettabilità, vitale per sopravvivere nella
nostra società, finiti i fasti effimeri del corpo giovane,
sodo e commercializzabile. Il best seller I monologhi della
vagina, della femminista (tutto fuorché legnosa)
Eve Ensler è un inno contro la violenza sulle donne e
sul mondo, lontanissimo dalle semplificazioni del “darla”:
la bellezza della vita, che è relazione e scambio e fatica
e emozione, non si può costringere in un solo verbo,
in una semplificazione così routinaria.
In fondo non sono le gambe aperte a fare scandalo: è
il cervello chiuso, quello sì, che preoccupa.
Monica Lanfranco
www.monicalanfranco.it
www.mareaonline.it
Questo articolo è composto da stralci di un saggio
apparso sul periodico femminista Marea (n. 3, 2014) con
il titolo “Grande è la confusione sotto il cielo”
Il porno fa bene
di Wendy McElroy
Le donne possono trarre beneficio dalla pornografia, sia in ambito politico sia in ambito personale. Lo afferma una femminista canadese, che respinge tutte le critiche rivolte al mondo del porno.
“La pornografia beneficia le donne, sia personalmente
sia politicamente”. Questa frase apre il mio libro XXX:
A Woman's Right To Pornography (St. Martin's Press, New
York, 1997) e costituisce una difesa della pornografia ancora
più estrema rispetto a quella con cui la maggior parte
delle femministe ha dimestichezza. Sono arrivata a sostenere
questa posizione dopo anni di interviste a centinaia di lavoratrici
del sesso.
Attualmente le posizioni femministe sulla pornografia si dividono
in tre categorie. La posizione più comune - almeno nel
mondo accademico - è che la pornografia sia espressione
della cultura maschile attraverso la quale le donne vengono
mercificate e sfruttate. Una seconda visione, la posizione liberale,
mette insieme il rispetto per la libertà di parola con
il principio di “un corpo, un diritto”, producendo
così una difesa della pornografia lungo la linea del
“non approvo, ma ognuno ha il diritto di consumare
e produrre parole e immagini”. Una terza visione - una vera
difesa della pornografia - è propria di quelle femministe
che vengono etichettate come pro-sex e che sostengono
che il porno abbia benefici per le donne.
Femminismi anti-pornografia
Tra queste tre posizioni non esiste molto dialogo. Le femministe
anti-pornografia trattano le donne in disaccordo con loro come
vittime raggirate dal patriarcato e come apologeti dei pornografi.
Nel libro Sexual Liberals and the Attack on Feminism,
la curatrice Dorchen Leidholt afferma che le femministe che
credono che le donne facciano le loro scelte in materia di pornografia
stanno diffondendo una “felice menzogna” (p. 131).
Nello stesso lavoro, Sheila Jeffreys sostiene che le femministe
pro-sex “erotizzano il dominio e la subordinazione”.
Wendy Stock accusa le femministe per la libertà di parola
di identificazione con i loro oppressori “proprio come
[...] i prigionieri dei campi di concentramento con i loro
carcerieri” (p. 150). Andrea Dworkin le accusa di gestire un “racket della protezione del sesso” (p. 136) e asserisce
che chi difende la pornografia non può dirsi femminista.
Le femministe liberali che non sono a loro agio con la pornografia
vengono forzatamente tenute sotto silenzio. Quelle che continuano
a dire la loro, come Nadine Strossen (autrice di Defending
Pornography), presidentessa (fino al 2008, ndr) dell'American
Civil Liberties Union (organizzazione non governativa statunitense
orientata a difendere i diritti civili e le libertà individuali,
ndr), vengono ignorate. Per esempio, Catharine MacKinnon
si è diverse volte rifiutata di dividere il palco con
Nadine Strossen e con qualsiasi donna difendesse la pornografia.
Le femministe pro-sex - molte delle quali sono o sono
state lavoratrici del sesso - rispondono spesso con la rabbia,
piuttosto che con le argomentazioni.
Ma andando al cuore della questione, quali sono sostanzialmente
le domande avanzate da ognuna delle tre prospettive femministe?
Page Mellish dell'organizzazione “Femministe che
combattono la pornografia” (Feminists Fighting Pornography)
ha dichiarato: “Non c'è questione femminista
che non sia radicata nel problema della pornografia”. Nel suo
libro Only Words, MacKinnon [...] considera la pornografia
un atto di violenza sessuale in sé.
Perché la pornografia è vista come argomento centrale
del femminismo moderno e come un intrinseco atto di violenza
sessuale? La risposta risiede nell'ideologia del femminismo
radicale che Christina Hoff chiama “femminismo
di genere”.
Il femminismo di genere guarda la storia e vede un'ininterrotta
oppressione delle donne per mano degli uomini che attraversa
le barriere culturali. Per il femminismo di genere, l'unica
spiegazione plausibile è che donne e uomini siano da
considerarsi come classi separate e antagoniste i cui interessi
necessariamente confliggono. Gli interessi maschili sono espressi
e mantenuti attraverso la struttura capitalistica conosciuta
come “patriarcato”.
La radice di questo antagonismo è così profonda
che si trova nella stessa biologia maschile. Per esempio nel
libro considerato “spartiacque” Against Our
Will (Contro il nostro volere) Susan Brownmiller rintraccia
l'inevitabilità dello stupro al periodo di Neanderthal
quando gli uomini usavano i loro organi genitali come armi.
Brownmiller scrive: “Credo che, dalla preistoria
al presente, lo stupro abbia giocato un ruolo fondamentale.
Non è altro che un processo conscio di intimidazione
attraverso il quale tutti gli uomini mantengono le donne in
uno stato di paura”. Come Brownmiller abbia acquisito questa
conoscenza sul sesso in età preistorica è comunque
sconosciuto.
Un altro cardine dell'oppressione di genere è che il
sesso sia una costruzione sociale. Le femministe radicali respingono
quello che loro chiamano “essenzialismo sessuale”
- l'idea che il sesso sia una forza naturale basata sulla biologia
che fa propendere le donne verso tendenze naturali come la maternità;
anche le preferenze sessuali, come l'eterosessualità,
non sarebbero biologiche, ma derivano dall'ideologia.
Gli uomini costruiscono la sessualità delle donne attraverso
parole e immagini della società [...]. Dopo questa
costruzione gli uomini commercializzano la sessualità
delle donne e la mettono in vendita sotto forma di pornografia.
In altre parole, l'uomo definisce la sessualità della
donna attraverso il porno - una definizione che determina ogni
aspetto del suo ruolo nella società. Per mettere fine
all'oppressione, il patriarcato e le sue narrazioni devono essere
distrutti.
Tra censura e libertà di scelta
Il femminismo liberale è un'estensione del femminismo
degli anni Sessanta che chiedeva per le donne l'uguaglianza
con gli uomini, i quali non erano considerati oppressori, ma
piuttosto partner riluttanti da educare. Eguaglianza non significava
distruzione del sistema corrente, ma riforma attraverso misure
quali la “discriminazione positiva”. Il principio
liberale “un corpo, un diritto” sottintende argomenti
che vanno dal diritto all'aborto, alla libertà di condurre
il proprio stile di vita, come per il lesbismo. L'accento era
posto sull'atto della scelta, piuttosto che sul contenuto di
questa.
Le femministe liberali condividono la tendenza liberale verso
la libertà di parola, ma hanno diverse opinioni quando
si tratta di pornografia. Alcune organizzazioni liberali come
la Feminists for Free Expression (FFE) si è sistematicamente
opposta alla censura in ogni forma. Alcune femministe liberali
come Sallie Tisdale (autrice di Talk Dirty to Me) hanno
fermamente difeso la libertà sessuale. Ma molte femministe
liberali ragionano comunemente come segue: “Come
donna sono inorridita da Playboy, ma come scrittrice comprendo
la necessità della libertà di espressione”.
Queste argomentazioni non sono favorevoli alla pornografia;
sono però contrarie alla censura per diversi motivi,
tra cui: grandi opere d'arte e letterarie sarebbero bandite;
il primo emendamento della costituzione americana sarebbe violato;
l'espressione politica sarebbe soppressa; la cultura creativa
richiede libertà di parola.
Altre femministe liberali, che hanno accettato molti assunti
ideologici della posizione anti-pornografia, sembrano voler
sacrificare la libertà di parola per il più alto
bene della protezione delle donne. Per esempio, condannano la
libera commercializzazione delle donne come “parti
di corpo” che le mortifica. [...]
Negli ultimi anni un numero crescente di femministe - rinominate
pro-sex - ha difeso la scelta delle donne di partecipare
e consumare pornografia. Alcune di queste donne, come Nina Hartley,
sono o sono state lavoratrici del sesso; sanno per esperienza
personale che prendere parte alla pornografia non è una
scelta forzata e quanto questa possa essere arricchente. Le
femministe pro-sex mantengono un'interpretazione coerente
del principio “un corpo, un diritto” e insistono
nell'affermare che ogni scelta serena sul proprio corpo deve
essere protetta in caso non venisse rispettata.
Alcune volte le argomentazioni pro-sex sembrano sovrapporsi
a quelle del femminismo liberale. Per esempio, entrambe esprimono
preoccupazione riguardo a chi agirà da censore, perché
parole soggettive come “degradante” verranno interpretate
secondo il volere del censore. La legge che ha bandito Margaret
Sanger perché ha utilizzato le parole sifilide e gonorrea
non è diversa, nel principio, da quella che oggi vuole
decifrare cosa sia osceno. [...] Sui pericoli della censura
della pornografia, le femministe pro-sex e le femministe
liberali sono spesso d'accordo; ma sui possibili benefici della
pornografia per le donne, il loro accordo finisce.
Se le critiche non sono fondate
Le critiche lanciate alla pornografia riescono a resistere ad
un esame accurato?
La pornografia è degradante per le donne. Degradante
è un termine soggettivo. Per esempio io trovo estremamente
degradanti le pubblicità in cui le donne provano felicità
orgasmica per il sapone. La conclusione è che ogni donna
ha il diritto di definire da sé cosa sia degradante e
liberatorio.
La supposta abiezione è spesso legata all'oggettivazione
delle donne: è così, il porno le trasforma in
oggetti sessuali. Ma cosa significa? Se preso letteralmente,
non significa niente perché gli oggetti non hanno sessualità;
solo gli esseri ce l'hanno. Ma affermare che il porno raffigura
le donne come “esseri sessuali” sarebbe retorica
spicciola.
Di solito il termine “oggetti sessuali” sta a
significare la messa in mostra di donne come parti del corpo,
riducendole a oggetti fisici. Cosa c'è di sbagliato in
questo? Le donne sono tanto i loro corpi quanto sono le loro
menti e le loro anime. Nessun si offende se si presentano le
donne come “cervelli” o come esseri spirituali.
È degradante se mi concentro sul senso dell'umorismo
di una donna escludendo le sue altre caratteristiche? Perché
è degradante focalizzarsi sulla sua sessualità?
La pornografia porta alla violenza contro le donne. [...]
Studi ed esperti non sono d'accordo con l'affermare che esista
una relazione tra pornografia e violenza, tra immagini e comportamenti.
Persino il Meese Commision Report, favorevole alla censura,
ha ammesso che i dati che mettevano in relazione la pornografia
con la violenza non erano affidabili.
Altri studi, come quello della femminista Thelma McCormick del
1983 per la Metropolitan Toronto Task Force sulla violenza contro
le donne non hanno trovato il modo di collegare il porno e i
crimini sessuali. Incredibilmente la Task Force ha bloccato
lo studio riassegnandolo ad un uomo favorevole alla censura
che è riuscito ad ottenere i risultati “corretti”.
Lo studio è stato così pubblicato.
E per quanto riguarda i riscontri che arrivano dal mondo reale?
In Giappone, dove i porno a fumetti e la violenza brutale sono
largamente disponibili, il tasso di stupri è molto più
basso rispetto agli Stati Uniti, dove la violenza all'interno
del porno è sottoposta a rigorose restrizioni.
La pornografia è sinonimo di violenza perché le
donne vengono costrette a parteciparvi. Nessuna delle decine
di donne riportate in materiali pornografici con le quali ho
parlato ha riportato di essere stata costretta; nessuna delle
donne che conosco lo è stata. Tuttavia non ignoro i report
sulla violenza: ogni industria ha i suoi abusi. E chiunque usi
la forza o minacci una donna per farla esibire dovrebbe essere
accusato di rapimento, aggressione e/o stupro. Ogni foto o film
di questo genere dovrebbe essere confiscato e bruciato poiché
nessuno ha il diritto di beneficiare di qualcosa che sia frutto
di un atto criminale.
La pornografia è violenza perché le donne che
prendono parte a un porno sono così traumatizzate dal
patriarcato che non possono dare un autentico benestare. Nonostante
le donne che prendono parte alla pornografia sembrino consenzienti,
le femministe anti-pornografia sostengono che nessuna donna
psicologicamente sana acconsentirebbe alla degradazione derivante
dal porno. Di conseguenza, se sembra essere presente un accordo
è perché le donne “si sono innamorate
dei loro oppressori” e devono essere salvate da loro stesse.
Una caratteristica comune a tutte le porno attrici che ho intervistato
è l'amore per l'esibizionismo. Già se una di queste
donne dichiara il proprio divertimento nello sfoggiare il proprio
corpo, le femministe anti-pornografia rispondono che non si
tratta semplicemente di un essere umano unico che risponde in
base alla diversa personalità e al diverso background;
si tratta di una donna psicologicamente danneggiata e non più
responsabile delle proprie azioni. In sostanza, siamo di fronte
alla negazione del diritto della donna di scegliere qualsiasi
cosa al di fuori del ristretto corridoio delle scelte politicamente
e sessualmente corrette.
Il diritto di scelta dipende dal diritto di fare scelte “sbagliate”,
esattamente come la libertà di religione sottintende
la libertà di essere atei. Dopotutto nessuno può
evitare ad una donna di fare quello che ritiene di dover fare.
Fornire informazioni e rompere stereotipi
In quanto femminista pro-sex sostengo fermamente che:
la pornografia benefici le donne, sia personalmente sia politicamente.
Le fornisce informazioni sulla sessualità ad almeno tre
livelli:
- fornisce una visione panoramica delle possibilità sessuali
nel mondo. Questo è vero persino per informazioni sessuali
basilari come quelle sulla masturbazione. Non è infrequente
per le donne arrivare all'età adulta senza conoscere
il modo per fornirsi da sole il piacere;
- permette alle donne di sperimentare in modo “sicuro”
le alternative sessuali e soddisfare una sana curiosità
sessuale. Il mondo è un posto pericoloso. Per contro,
la pornografia può essere una risorsa di solitario apprendimento;
- offre informazioni emotive che arrivano o dall'esperienza
diretta o dall'esperienza per conto di altri. Ci fa capire come
ci “sentiremmo” se facessimo una determinata cosa.
La pornografia permette alle donne di godersi situazioni e scene
che nella vita reale rifuggirebbe fortemente. Prendiamo, per
esempio, una delle fantasie più comuni riportate dalle
donne – la fantasia di “essere prese”. La
prima cosa da capire è che la fantasia dello stupro non
rappresenta il desiderio per la cosa reale. Perché una
donna sana dovrebbe fantasticare sull'essere stuprata? Forse
perdendo il controllo, perderebbe anche tutto il senso di responsabilità
e di colpevolezza che la legano al sesso. Forse è esattamente
l'opposto del sesso educato e gentile che fa solitamente. Forse
trova lusinghiero immaginare che un uomo sia così sopraffatto
da lei che debba per forza averla. Forse è curiosa. Forse
ha pensieri masochisti che affiorano attraverso le fantasie.
È meglio reprimerli?
La pornografia rompe gli stereotipi culturali e politici in
modo che ogni donna possa interpretare da sé il sesso.
Le anti-femministe dicono alle donne che devono vergognarsi
dei loro appetiti e dei loro desideri sessuali. La pornografia
dice loro di accettarli e di goderseli. La pornografia può
essere una terapia. La pornografia fornisce uno sfogo a quelli
che - per qualsiasi ragione - non hanno un partner sessuale.
Forse sono lontani da casa, vedovi da poco, isolati a causa
di una infermità. Forse semplicemente scelgono di stare
da soli.
Anche le coppie usano la pornografia per migliorare la loro
relazione. Talvolta lo fanno da soli, guardando video e esplorando
insieme le loro reazioni. Talvolta le coppie si rivolgono ad
un sessuologo che consiglia di usare la pornografia come un
modo per aprirsi alla comunicazione sul sesso. Condividendo
la pornografia, le coppie sono in grado di fare esperienza della
varietà della loro vita sessuale senza dover commettere
adulterio.
La pornografia beneficia le donne sul piano politico in molti
modi. Storicamente, pornografia e femminismo sono state compagne
di viaggio e alleati naturali. Nonostante non sia possibile
tracciare una linea tra l'ascesa della pornografia e l'ascesa
del femminismo, entrambe fanno appello alla stessa condizione
sociali - vale a dire, la libertà sessuale.
La pornografia è la libertà di parola applicata
al campo della sessualità. La libertà di parola
è l'alleato di coloro che sono alla ricerca del cambiamento:
è il nemico di chi cerca di mantenere il controllo. La
pornografia, insieme alle altre forme di eresia sessuale come
l'omosessualità, dovrebbe godere della stessa protezione
di cui godono le eresie politiche. Questa protezione è
ancora più importante per le donne, la cui sessualità
è stata controllata dalla censura attraverso i secoli.
Guardare pornografia potrebbe avere un effetto catartico sugli
uomini che hanno desideri sessuali violenti nei confronti delle
donne. Se questo è vero, limitare la pornografia significa
rimuove la barriera protettiva tra le donne e l'abuso.
Legittimare la pornografia proteggerebbe le lavoratrici del
sesso che sono stigmatizzate dalla società. Quando le
femministe anti-pornografia trattano le lavoratrici del sesso
come “donne indottrinate”, di fatto indeboliscono
la loro sicurezza.
La dottoressa Leonor Tiefer, una professoressa di psicologia,
ha osservato nel suo saggio On Censorship and Women:
“Queste donne hanno fatto appello alle femministe
per avere supporto, non rifiuto. [...] Le lavoratrici dell'industria
del sesso, come tutte le donne, stanno combattendo per la sopravvivenza
economica e per una vita decente e se il femminismo significa
qualcosa, questo qualcosa è sorellanza e solidarietà
con queste donne”. [...]
Wendy McElroy
traduzione di Carlotta Pedrazzini
Originariamente apparso in Free Inquiry magazine (vol.
17, n. 4) con il titolo “A Feminist Defense of
Pornography”
Ma il sesso è un'arma rivoluzionaria
intervista di Michele Salsi a Marika Ferrero
Liberarsi dalle sovrastrutture in ambito sessuale può farci progredire anche sul piano socio-politico.
Marika Ferrero è fondatrice dell'associazione culturale
Bocca di Rosa. Composta da lavoratori del porno, propone performance
in cui pornografia e arte si incontrano, per affermare la libertà
di ognuno di vivere ed esprimere la propria sessualità
nella piena libertà e nel rispetto del prossimo.
Sappiamo cosa sono state la liberazione femminista e la
rivoluzione sessuale nel movimento del ‘68, nel movimento
hippie in America e in generale negli anni ‘70: si è
arrivati ad una maggiore libertà per la donna e per il
sesso. Tuttavia resta ancora molto da fare, perché forse
quella avvenuta è stata una rivoluzione dell'immagine
più che della sostanza. Per esempio, oggi è accettato
che già ragazzi di 13 anni abbiano rapporti sessuali
e provino ogni tipo di trasgressione e si tende ad identificare
questi fatti con la libertà, mentre forse la vera rivoluzione
(o evoluzione) resta ancora da fare. Oggi non si percepisce
più la necessità o l'urgenza di affrontare problemi
di questo tipo, perché ci si sente appagati da una finta
libertà esposta in vetrina. Sono infatti ancora attuali
le parole di John Lennon: ”Viviamo in un mondo
dove bisogna nascondersi per fare l'amore, mentre la violenza
è alla luce del sole”. Qual è la posizione
della vostra associazione a riguardo e come pensi si possa agire
per migliorare le cose?
Pensiamo anche noi che la vera rivoluzione debba ancora venire,
per citare un esempio tra i più palesi, la maggior parte
dei ragazzini di 13 anni di cui mi parli consumano pornografia
e purtroppo ne traggono ispirazione, per cui vivono spesso complessi
interiori per paura di non esser all'altezza di quelle performance
mitizzate e innaturali. E questo purtroppo avviene non solo
tra i ragazzi in età adolescenziale, ma anche tra uomini
adulti. Miriamo a combattere quest'idea di pornografia superata
e maschilista, che non ha un minimo interesse per il piacere
individuale e per far cadere questi muri di sessismo, cercando
di creare un'armonica ricerca della complementarietà
tra l'universo maschile e quello femminile. Se riuscissimo a
tramandare l'idea che fare l'amore dev'essere un'esperienza
gioiosa e naturale, e non un tabù da condannare, molte
persone riuscirebbero a trovare una risposta o uno sfogo alle
proprie pulsioni, senza farle sfociare in repressione, e quindi
in violenza. In questo modo si potrebbe davvero fare l'amore
alla luce del sole, e iniziare a rendere tabù la violenza.
Un'esperienza anche artistica
La liberazione sessuale ha coinciso con il periodo della
mercificazione del mondo, con la trasformazione dell'essere
umano in consumatore e, sulla scia di questi cambiamenti, anche
il porno è diventato un grande business. Hai dichiarato
che l'intento dell'associazione Bocca di Rosa è anche
di cambiare il mondo del porno, visto come un establishment
con i suoi schemi e le sue regole. Questo ha infatti dei risvolti
piuttosto tristi, con il prodotto-porno (anche quando “gratuito”)
che viene consumato in un contesto di isolamento, attraverso
media tecnologici, magari per sfogare delle pulsioni che devono
esser represse nella vita quotidiana. Il tuo approccio, da quanto
mi è sembrato di capire, vuole tentar di cambiare il
porno integrandolo con la sfera artistica. Tu quali benefici
pensi possa trarre dalla contaminazione artistica? E, per contro,
può il porno dare nuova linfa al mondo dell'arte?
Siamo fermamente convinti che la sessualità debba essere
usata come mezzo di espansione mentale, è un po' questo
il nostro obbiettivo finale e, contaminando l'ambiente della
pornografia con l'arte, questo non può che risultare
più semplice. La nostra idea è di illuminare un
luogo ancora così sconosciuto come la sessualità
con l'esperienza e la creatività performativa che contraddistinguono
tutti/e quelli/e che ci seguono nel nostro progetto, ma anche
nella nostra filosofia di vita.
L'arte può essere utilizzata in maniera meravigliosa,
dall'autoproduzione alla fotografia, dai video all'arte di strada
unita all'erotismo, per spettacoli completamente nuovi; noi
ce la metteremo tutta per riuscirci.
Il regista Silvano Agosti ama rimarcare come la famiglia
sia una delle grandi catene che mantengono prigioniero l'uomo
nella sua ”servitù volontaria”;
famiglia intesa soprattutto come il legarsi ad una persona e
vivere nello stesso spazio per una vita intera. Alla famiglia
non sfuggono nemmeno le pornostar, che pur avendo tanti rapporti
sessuali con persone diverse, percepiscono il sesso principalmente
come un'attività professionale a cui è affiancata
una vita sentimentale più o meno ”normale”
con un partner fisso. Non voglio fare la classica domanda se
esiste il sesso senza amore e altre banalità del genere.
Piuttosto chiedo a te in quanto pornostar, ma anche “attivista
del sesso”, se pensi sia nell'essenza dell'essere umano
legarsi ad una persona e condividere esclusivamente con quella
la vita sessuale e affettiva. Quali e quanto ampi sono i margini
di cambiamento che riesci ad intravedere, in un contesto culturale
che è largamente condizionante e limitante?
Amo sottolineare che per noi il nostro non è solo un
progetto, è una filosofia di vita e io personalmente
credo si possa mettere amore in tutto ciò che si fa,
amando la persona con cui interagiamo in quel momento, qualsiasi
sia il tipo di interazione. Io ho sempre vissuto la mia vita
con totale libertà e apertura sessuale, perché
vedevo vicino a me, nelle persone che la vivevano tutti i giorni,
che funzionava, funzionava perfettamente. Per la società
alcune pratiche sessuali vengono dichiarate perverse o anormali,
rispetto a una supposta normalità, che poi è quella
eterosessuale e monogama. Liberandosi da alcune strutture e
sovrastrutture mentali si riescono a fare dei passi avanti anche
nella società, per questo secondo me l'esclusività
sessuale e affettiva non è nell'essenza dell'essere umano,
ma un target che ci è stato imposto culturalmente, e
che può rientrare o meno nei nostri piaceri e gusti personali.
Qualunque sia la nostra preferenza, restando in armonia con
il/i partner, oggi come oggi non dovrebbe esser più oggetto
di discriminazione.
|
La copertina del numero “A” 159 (novembre 1988). Al suo interno, un dossier curato dal CIRA (Centro internazionale di ricerca sull'anarchismo di Losanna) sulla vita di trenta femministe (e anarchiche) impegnate nella lotta per la trasformazione sociale |
Liberarsi dai tabù
Voi sottolineate come l'associazione Bocca di Rosa sia
prevalentemente formata da donne e che l'obiettivo dell'associazione
è quello di unire la liberazione del sesso alla condizione
della donna. La “filosofia” che state avanzando,
però, è in un certo senso in antagonismo con altri
gruppi femministi, penso ad esempio al caso delle ucraine di
Femen che si son fatte conoscere con proteste spettacolari per
denunciare il dilagare della prostituzione femminile e la mercificazione
delle donne nei paesi dell'est europeo.
Nello specifico, la tua attività mi sembra invece
più in assonanza con quella della “porno-rivoluzionaria”
Valentina Nappi, che si è fatta notare in questi ultimi
anni: per quanto davvero esistano situazioni drammatiche dietro
a tante prostitute che stanno giorno e notte sulle strade, Valentina
vuole rivendicare il diritto ad essere ”zoccole”,
che è uno dei tanti tabù rimasti dietro all'immagine
fittizia dell'estrema libertà sessuale nel nuovo millennio.
Un approccio che mi sembra più simile alla visione poetica,
ma anche rivoluzionaria, della Bocca di Rosa di De André.
La vostra associazione cos'ha da dire su questa dualità
tra la mercificazione del corpo e la poesia delle prostitute?
Questo è uno dei punti su cui ho cambiato opinione nella
mia vita, prima di riuscire a ritrovare la mia vera armonia
con il mio corpo e con l'universo maschile. Penso davvero che
esistano molte Bocca di Rosa, e se la prostituzione dev'essere
chiamata mercificazione del corpo e la pornografia no, io non
ci sto. Ho visto un sacco di puttane felici, e un sacco di pornostar
che vivevano tutti i giorni sull'orlo di una crisi di nervi.
Ogni donna deve avere il diritto di esprimere emozioni attraverso
il proprio corpo come meglio crede, combattendo i target imposti
dalla nostra società condizionata da maschilismo, femminismo
e sessismo in genere. Come il grande De André vogliamo
superare l'immagine di prostituta che tanto si tende a condannare,
regalando all'amor pagato un'immagine poetica e allo stesso
tempo (come nella battaglia per l'assistenza sessuale ai disabili)
socialmente e culturalmente utile.
Oggi ci sono donne capo di stato, ministri donna, sindaci
donna, forse si avranno anche donne sacerdotesse. Possiamo dire
che negli anni le donne si sono guadagnate il diritto di portare
i pantaloni. Ma dal mio punto di vista di maschio femminista
la sfida è tutt'altra, ossia non fermarsi a rimpiazzare
gli uomini nei loro ruoli, ma portare al potere l'amore generatore
di vita che la donna può rappresentare.
Nella disputa sull'equiparazione dei sessi, qual è
la vostra posizione?
Non vogliamo rivendicare diritti e pretendere doveri, ma esaltare
e far conoscere, attraverso il nostro progetto, le potenzialità
femminili, metterle a confronto con quelle maschili, e avviare
un processo di crescita umana che possa arricchirsi nel tempo
grazie alla condivisione di esperienze e all'interazione tra
le più diverse realtà personali e sociali. Ogni
donna ha le proprie aspirazioni e i propri sogni, lottando può
trovare mezzi per realizzarli e questa è proprio una
delle sfide nate con la nostra associazione. Per farvi capire
il mio pensiero, vi cito una frase di Beatriz Preciado: “Considero
la pornografia un dispositivo di controllo biopolitico che storicamente
è stato funzionale alla società patriarcale per
imporre una determinata visione della sessualità. Il
nostro modo di vivere la sessualità, e possiamo esserne
consapevoli o meno, è strettamente correlato ai modelli
visuali e narrativi coi quali entriamo in contatto”. Da qui
l'obbiettivo di far percepire la pornografia diversamente, dare
messaggi e stimoli differenti a uomini e donne, e creare con
la sessualità una condivisione fisica e mentale di esperienze.
Ad anni di distanza dalle performance della pornostar
Cicciolina, oggi spesso ridicolizzata per le sue performance
con i cavalli, tu da pornostar e da persona direttamente coinvolta
nelle tematiche, ti senti di dare un giudizio sul partito dell'amore?
Pensi che la politica di partito possa allearsi con il porno?
L'idea del Partito dell'Amore di base era molto valida, dare
vita alla prima esperienza italiana di antipolitica, anche se
realmente non so quanto sia stato così. Il porno aveva
allora attorno un grande business, e il business con l'antipolitica
non va molto d'accordo. C'è da dire che per fortuna sono
nati davvero dei movimenti. Il Post-Porno vuole anche essere
una forma di lotta politica. Nel sesso c'è politica:
se ci liberiamo da certe sovrastrutture nel privato, potremo
fare dei passi avanti anche nella società.
Così come l'uso della cocaina, le macchine di lusso
e i cenoni, anche la frequentazione di prostitute viene vista
come caratteristica di certi ambienti elitari e quindi segno
di benessere, di godimento della vita, che genera addirittura
invidia sociale. Si può usare invece il sesso come strumento
di liberazione dal basso? Avete mai pensato a quali sono le
azioni concrete che possono portare a un'evoluzione del sesso
e a una sua liberazione generalizzata?
Il bisogno di sfoggiare continuamente la nostra ricchezza è
una delle più grandi rovine della società odierna.
Come può un uomo pretendere di ricevere rispetto da una
donna che tratta come un oggetto? Ci sarebbe bisogno di più
prostitute come quelle descritte nelle frasi di De André,
lì si potrebbe davvero pensare al sesso come uno strumento
di liberazione dal basso. Le azioni concrete possono essere
moltissime, per ora noi ci limitiamo a viverle tutti i giorni
come principi della nostra vita, e a trasmettere il nostro pensiero
alle persone che incontriamo sul nostro cammino attraverso i
nostri lavori.
Contro i criteri mainstream
Leggendo la descrizione della vostra associazione ho notato
che viene spesso ripetuta la parola Eros e suoi derivati. La
differenza generica tra porno ed erotismo è data dal
fatto che l'eros risulta essere una versione più politically
correct o se vogliamo meno “scandalosa” e “volgare”
del porno. In realtà la distinzione è una questione
filosofica, affrontata anche da Carmelo Bene che ha distinto
l'Eros, romantico e sentimentale, dal Porno, visto come abbandono,
smarrimento dell'Io nel desiderio del desiderio. Ora non ti
chiedo una disputa filosofica, ma in quanto testimone diretto,
come puoi descrivere la tua attività di porno-attrice,
quale sono le sensazioni che provi a livello emozionale, quali
emozioni pensi di trasmettere ai tuoi partner e ai tuoi osservatori
esterni?
Penso che ci siano molte persone che hanno voglia di “raccontare”
il proprio erotismo e io sono una di quelle. L'energia che provo
quando sono davanti alla telecamera è amplificata, perché
ho una voglia viscerale di trasmetterla a chi è dall'altra
parte, con la gioia e la semplicità che per me caratterizzano
il sesso. Crediamo sia questo il segreto, valorizzare menti
e corpi troppo offuscati dai finti canoni estetici e mitizzati
di fisicità e piacere, caratteristiche del porno mainstream.
Michele Salsi
Noi, Bocca di Rosa
Non
solo un omaggio a De Andrè, ma l'omaggio all'idea
della gioia per il sesso che si respira nella canzone
e alla denuncia del falso perbenismo che lo ostacola.
L'associazione Bocca di Rosa nasce dalle esperienze trasversali
nell'ambito del mondo hard, e non solo, dei soci fondatori
e si propone come obbiettivo fondante la ricerca della
libertà di ognuno di vivere ed esprimere la propria
sessualità nella piena libertà e nel rispetto
del prossimo.
L'associazione si batte per dare vita ad una pornografia
che si fondi sul rispetto, che sappia mettere in risalto
la naturalezza della sessualità senza gravarla
di beceri “stereotipi e pregiudizi”; per far
conoscere il mondo poco conosciuto e spesso frainteso
del BDSM; per sdoganare il tabù di sessualità
e disabilità; per la libertà di scelta di
genere.
Associazione Bocca di Rosa
associazioneboccadirosa@gmail.com |
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