poesia
Ne abbiamo scelte sei
– di carlo oliva a cura di felice accame
Nostro collaboratore fondamentale per quasi una trentina d'anni, con i suoi scritti politicamente mirati, densi di cultura, sarcastici e spiazzanti, Carlo Oliva se n'è andato tre anni fa. Ci fa piacere ricordarlo qui pubblicando alcune sue poesie inedite, forniteci dalla moglie Nuccia e presentate dal suo “gemello”, anche lui nostro collaboratore da tempo immemore. Ci fa piacere ricordare i due - Carlo e Felice - negli anni '60, quando ci incrociammo per la prima volta sulle strade della libertà (e “A” allora non c'era ancora).
Sei poesie
di Carlo Oliva
di Felice
Accame
Detesto
le amputazioni delle vite altrui. Le considero mistificazioni
ideologiche a tutto vantaggio dell'ordine costituito di chi
sopravvive. Di Carlo Oliva (1943-2012) – con cui ho condiviso
amicizia e consapevolezze dal 1965 fino al fatale 2012 –
se ne stima la coerenza e la chiarezza dell'impegno politico
nonché la lucidità dell'analisi, la capacità
narrativa e la sua passione di lettore (anche di romanzi “gialli”),
poco pochissimo si è guardato al suo lavoro scientifico
e poco o nulla si sa della sua poesia. Che, invece, ha fatto
parte dell'espressione complessiva della sua persona fin dalla
gioventù. Per ricordarlo, allora, compagno e collaboratore
fin dai primordi, “A” ha selezionato alcune sue
opere – un minimo, invero – tra le numerose carte
conservate e messe a disposizione dalla moglie Nuccia che qui
vogliamo – tutti noi, qui il plurale è d'obbligo
– ringraziare affettuosamente.
Ballata '61 figura in una sua raccolta del 1969 e, poi,
reintitolata Ballata in ricordo dei primi anni sessanta
fu da lui stesso inserita fra i Versi per il capodanno del
2000. Memorabile era l'epigrafe con cui il fascicoletto
dattiloscritto si apriva: “Ero goffo/non lo nego/come
un boja/al primo impiego”. In morte di un piccione
viaggiatore, Senza ricerche formali, Traducendo matematici barocchi
nel mentre ascolto canti anarchici su disco e quella, senza
titolo, che inizia con il verso Il volgo si rallegra, chè
all'usato fanno parte della stessa raccolta autoriale del
1969. Di Facile facile so meno, è nel mucchio
delle poesie sparse, ma – a giudicare da stile e macchina
da scrivere usata – deve essere stata composta nello stesso
periodo.
Per comprendere appieno la ricchezza delle allusioni di Carlo
– che ha sempre saputo coniugare l'inventiva con l'ironia
che può permettersi soltanto chi ha metabolizzato i classici
della letteratura – converrà ricordare che:
a) In quegli anni la titolazione formata da una parola più
le cifre designanti la decina negli anni era piuttosto usata.
Per esempio: Carmelo Bene mise in scena un Cristo '63
(una sola rappresentazione causa pronta repressione poliziesca)
e Fellini diresse un Boccaccio '70.
b) Nel 1949, Arthur Miller aveva pubblicato Morte di un commesso
viaggiatore.
Carlo tradusse un'opera matematica di Juan Caramuel y Lobkowitz
(1606-1682).
c) Procopio di Cesarea visse nel VI° secolo e fu storico
di corte sotto Giustiniano. A lui si deve una Storia delle
guerre.
d) “Alcaico” è aggettivazione da Alceo (630-560
a. C.), poeta, la cui metrica è servita da modello per
secoli.
e) Con la “coincidentia rei et intellectus” Carlo
si riferisce all'errore (truffa?) della teoria della conoscenza
che ha contrassegnato l'intera storia della filosofia risultando
perfettamente funzionale agli assetti di potere.
Felice Accame
ballata '61
un cavallo scalpitante
è caduto nel fosso
seguendo il desiderio di andare lontano.
il fosso era pieno di fredda
e gelida acqua
-fuori dal bordo stradale-
per cui il cavallo
cadendovi si bagnò tutto
e prese un bel raffreddore
Ma quando andò dal Farmacista
questi gli disse ' cavallo
non ti provare mai più
a cadere nel fosso '
- la dotta intransigenza
che soffoca la libera esperienza –
un bigotto se ne andava
a passeggio con un vescovo
ma quando vide il cavallo
' o signore ' gridò ' rendimi libero '
e precipitò nell'inferno
satàn arrostiva salciccie
sur una verde pietra infocata
sparso il capo di cenere
guardava un volo di rondini
e sospirava
- la poesia
che allieta le cose tristi -
vedeva il bigotto che il fiume
passava sotto un grand'arco
di cloaca, e poi si perdeva
in un arzigogolo
di fognature scarlatte
e per la prima volta
nella sua vita eterna
bestemmiava
in morte di un piccione viaggiatore
giacesti. morto. la spoglia esanime
si piegava come una foglia
piangeva lontano un triste
carro postale -
mentre nel cielo terso e sempre limpido
che campanili non solcano
altri piccioni lontani
volano liberi ...
piange il cavallo che trascina il vomere -
(lontano echeggia il telegrafo
tanti biglietti postali
: linee e punti )
ed io piccione viaggiatore alcaico
non volo se il ghiaccio è gelato
mentre il sospiro di un canto
si strozza e soffoca
addio, piccione viaggiatore amabile!
volavi scherzando nel cielo
e perforavi le nubi
senza paura
portando al piede il tubolo metallico
/messaggi d'affari, d'amore /
pensavi al troppo lontano
dì del riposo -
.. tu cercavi la riva senza gemiti
dove s'impingua il piccione
e mette pancia e s'avezza
alle pantofole
(giacere nel tuo nido metafisico ..
pensare al tempo lontano ..
alla serena giovinezza colma
d'ogni pericolo .. )
e poi, piccione che svettavi rapido
sognando lontane pensioni
sei perso in un cimitero
semicattolico
quindi sei morto, sei defunto, misero
vecchio fedele piccione :
a piangerti restano i pali
d'ogni telegrafo.
senza ricerche formali
o quando la modica instabile forma
di logorate parole
coincide (la coincidentia
rei et intellectus di cui
dicevasi è tutta una sola
incommensurabile balla)
o quando
si dice che alle cose i concetti
debbonsi destramente
sottentendere (senza pensare
al lieto mistificare
di loro pratica origine)
o quando
saltellano vocalizzando
i pitagorici (dai
vengono vengono vengono)
ci stanno fregando ! signore
traducendo
matematici barocchi
nel mentre ascolto canti anarchici su disco
la matematica è
fondazione dell'intelletto
il Caramuel è chiarissimo
a questo proposito
nostra patria è
il mondo intero la nostra
legge la libertà molto chiaro
a questo proposito è
il canto rivoluzionario
il whisky è alcoOlico e
il ghiaccio lo diluIsce
il giugno è caldo a Milano
il clima è afoso
sciupo la mia 'ntelligenza
se faccio l'intellettuale da solo
ma tra tanti editori qualcuno
pubblicherà questi versi
al massimo dopo il suicidio
per cura di un gruppo d'amici
fedeli. se poi non m'ammazzo
posso sempre sperare che appaia
reinvenimento archeologico
dopo il diluvio : prezioso
frammento cartaceo dei secoli
bui (allora anche anonimo)
quanto al resto, bimba mia,
è finita
la poesia
facile facile
a friggere il pesce
d'inverno
in un capanno
sul mare
ai margini della pineta
/aria salsa
solitudine
anita morente/
si corre il rischio di fare
della poesia
ma non d'avanguardia, ovviamente
pensare
alla sarom, agli operai
allo sfruttamento
è un metodo come un altro
di tornare
in careggiata
ma come
puoi spiegare che in
realtà stai pensando alle storie
di procopio da cesarea ?
senza titolo
Il volgo si rallegra, chè all'usato
corso delle stagioni torna il sole
e, dopo il lungo oblìo, siccome suole,
è dal suo lume l'aere rischiarato.
Ma sol io so perchè così celato
sia rimasto, perchè le pinte aiuole
prive di vaga tinta, inculte e sole
ci siano apparse, e il cielo onnubilato.
Voi, che -inferma- il dolcissimo sorriso
nella casa parterna celavate,
oggi poteste in sicurtà mostrarvi
all'aperto, e desioso di Mirarvi
il gran Febo le nuvole abbrunate
ha con i raggi fulgidi diviso.
11 maggio 1970 |