Nostra patria il mondo
Sto scrivendo a fine agosto questo articolo, sono in Sardegna
a parlare di migrazioni e proprio ieri è sbarcata una
barca carica di donne e uomini su queste coste, la tragedia
ha voluto che tre di loro siano morti durante il viaggio. Aprendo
i giornali mi sento male a leggere le notizie soprattutto mi
innervosiscono le analisi e l'uso che viene fatto delle storie
migranti. Leggo e mi convinco fermamente che in questo momento
storico assume sempre più importanza essere consapevoli
che tutti siamo migranti da sempre e per sempre.
Troppo spesso accendendo la televisione o leggendo un quotidiano
siamo sommersi da parole quali “invasioni, clandestini,
criminali” e dimentichiamo che prima di tutto questi “immigrati”
sono umani come noi e dovrebbero avere la possibilità
di godere dei nostri diritti. Per quale assurdo motivo “noi”
occidentali possiamo aprire una pagina internet scegliere che
volo prendere e partire e invece una donna nigeriana o un ragazzo
egiziano no? È importante decostruire le differenze tra
migranti economici e rifugiati perché tutti gli esseri
umani devono avere il diritto di muoversi liberamente.
L'accoglienza è un concetto molto importante per l'essere
umano, indica quel luogo che offriamo all'altro in cui confluiscono
concetti molto cari a noi antropologi come: ospitalità,
fraternità, umanità.
Non dobbiamo e non possiamo pensare l'umano senza accoglienza,
provate a considerare un'umanità senza accoglienza. È
impensabile. Dalla nascita siamo accolti in un luogo che non
è il nostro, che viviamo temporaneamente come ospiti
e il ventre materno non è che il nostro primo rifugio.
Ognuno
di noi è migrante nel suo microcosmo di relazioni, accolto
e invitato ad accogliere proprio in nome di una coabitazione
con l'altro che il mondo contemporaneo rende ancor più
di prima imprescindibile.
Il cosiddetto fenomeno della globalizzazione ha portato con
sé diversi mutamenti, non solo sul piano economico e
politico, ma anche e soprattutto per ciò che concerne
l'aspetto sociale e culturale. Mutamenti che per la loro portata
rendono difficile continuare ad appellarsi al ritorno di situazioni
che si potrebbero definire pure, una purezza in realtà
mai esistita. Le nostre società, le nostre metropoli,
sono sempre più comunità ibride e meticce.
Per capire come accogliere e costruire il nostro futuro in un
momento delicato come quello che stiamo vivendo oggi è
necessario fare chiarezza sulle possibilità di interazione
con le comunità di migranti in arrivo o già presenti
in Italia. Nella società attuale l'uso, l'abuso di determinati
concetti porta a diversi problemi di comprensione. Multietnico,
multiculturale, meticcio, sono parole con significati complessi
che troppo spesso vengono usate come sinonimi, mentre veicolano
significati tra loro differenti.
Il multiculturalismo imperante nella nostra società descrive
fenomeni legati alla semplice convivenza di culture diverse,
in cui gruppi sociali di etnia e cultura dissimili occupano
uno spazio opposto e difficilmente si incontrano e dialogano.
In questo caso le culture e le identità culturali vengono
considerate come date, fissate, rigide e non suscettibili di
mutamento. Il ritorno in auge dell'etnicità quale fonte
di identificazione collettiva e spinta alle rivendicazioni,
in seno alla modernità e alla globalizzazione, ha aumentato
il multiculturalismo radicale.
L'ideologia e le pratiche multiculturali, (pensando alla società
come un mosaico formato da monoculture omogenee e dai confini
ben definiti), hanno, di fatto, aumentato la frammentazione
(e il rischio di forme di apartheid, come possiamo notare nei
fatti degli ultimi anni di Tor Sapienza a Roma, via Padova a
Milano, di Rosarno o di Castel Volturno) fra le componenti della
società, dimostrandosi validi strumenti per la costruzione
di una identità nazionale chiusa e incapace di comunicare.
In contrapposizione al modello multiculturale, per pensare a
come realmente accogliere e coabitare con i migranti dovremmo
costruire un modello anzi un pensiero “meticcio”,
una realtà che non conosce limiti e freni: si manifesta
senza regole prestabilite, fra incontri e condivisioni tra persone.
Nel “meticcio”, ovvero nel pensiero transculturale,
ogni differenza non allude a privilegi né ad alcuna discriminazione.
La transcultura esige che gli uomini, migranti o meno, godano
delle medesime “universali” possibilità e
scelgano privi di vincoli comunitari, dove, come e quando vivere.
Ogni persona ha il diritto di essere valorizzata nella sua unicità
e irrepetibilità, nella sua continua trasformazione,
nella sua continua negazione di purezza originaria.
Immagino un mondo che sappia accogliere, ascoltare e capire
le differenze e che tali differenze siano la ricchezza della
società. Non si deve assolutizzare l'identità
culturale, ma fare in modo che le diverse espressioni identitarie
siano filtrate alla luce della libertà e dell'autonomia
propria e di ogni altro essere umano. Quindi un mondo aperto,
senza muri e pregiudizi, pronto al mescolamento culturale per
un divenire trasnazionale, “un'ecumene globale”
con al suo interno una miriade di culture differenti pronte
al cambiamento, all'ascolto e all'incontro.
Per accogliere i migranti, e vivere meglio la contemporaneità,
dobbiamo creare una relazione sociale tesa a soddisfare un'esigenza,
un interesse, dove sia importante accettare di trasformarsi
nell'interazione egualitaria con gli altri.
Per accogliere e trovare una casa per tutta l'umanità
dobbiamo impegnarci a costruire un mondo di eguali per diritti,
ma differenti per culture, una società di donne e uomini
liberi di creare la loro specificità culturale, non parlo
di un programma politico ma di un atto di autodeterminazione
sociale. La cultura non è mai una conclusione, ma una
dinamica costante alla ricerca di domande inedite, di possibilità
nuove, che non domina, ma si mette in relazione, che non saccheggia,
ma scambia, che rispetta. Un pensiero meticcio come rifiuto
del falso universalismo e della purezza, un processo dinamico
di scambi reciproci, di accettazioni e di rifiuti, di rinunce
e di appropriazioni.
Dobbiamo smettere di pensarci chiusi nella nostra fortezza,
aprire le porte e costruire un futuro migliore dove gli unici
stranieri saranno gli stati nazione.
Andrea Staid
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