L'ultimo lettore
Era un mondo che parlava continuamente di sé, approssimativo
e presuntuoso, attraversato in superficie da milioni di pensieri
che tessevano la Grande Rete Telepatica. Un mondo connesso sotto
la cupola di un cielo lattiginoso e triste.
Per questo la sua scoperta, del tutto casuale, fu così
importante. Entrò in quello che sembrava un vecchio magazzino
abbandonato. Una rete di ragnatele definiva i contorni degli
scaffali carichi di prodotti probabilmente scaduti da un pezzo.
Scatole di carta, o meglio curiosi parallelepipedi disposti
in verticale, appiccicati l'uno all'altro come un esercito di
vicini di casa che il tempo aveva reso indifferenti l'uno all'altro.
Erano di diverso spessore e volume; alcuni erano abbelliti da
decorazioni, altri ravvivati da colori e caratteri di stampa
che componevano strane etichette.
L'isola del tesoro
Poesie e racconti
L'idiota...
Tutti i prodotti avevano una fascetta bianca con impresse sigle
indecifrabili e la stessa intestazione in maiuscolo: BIBLIOTECA
COMUNALE.
<Libri!> si trovò a esclamare con un misto di deferenza
ed euforia, di paura ed eccitazione. Perché era indubbio
che quella scoperta aveva qualcosa di clandestino, e la polvere
appariva adesso come un vestito ritagliato su spettrali cospiratori
di carta.
Libri. A migliaia. Da quanto tempo se n'era persa traccia?
Si sedette su uno sgabello per riprendere fiato.
Com'era arrivato fin lì? E perché nessuno lo aveva
ancora preceduto? Aveva deciso di vagare alla periferia della
città per sfuggire a una strisciante forma di esaurimento
che s'impadroniva di lui ogniqualvolta si trovava a casa. Era
entrato in una palazzina dismessa come spinto da un riflesso
condizionato, simile a un sonnambulo dei pensieri, poi aveva
superato una porta pencolante per arrivare al mistero.
Il cuore palpitava di emozione. Da dove cominciare? Avrebbe
seguito un criterio cronologico o alfabetico? Affinità
di genere o storiche? Alla fine decise di affidarsi al caso,
lo stesso alleato che lo aveva portato lì. Iniziò
a leggere il primo, polveroso volume archiviato nella sezione
Classici. Un romanzo potente, avventuroso, carico di storia.
Lo divorò in quattro ore. Prese un altro libro, poi un
altro ancora. La luce divenne buio, il buio notte, e il preannuncio
dell'alba lo sorprese addormentato su un tomo di 900 pagine,
alcune delle quali sgretolate dagli anni.
Ricominciò a leggere con frenesia, quasi assillato dalla
paura di venire scoperto prima di trovare il libro definitivo.
Cavalcò mari tempestosi, condivise inquietudini, dolori,
allegria, ribellioni, s'immerse nelle sofferenze di poeti e
narratori, ne condivise lo slancio, dichiarò guerre e
sottoscrisse trattati di pace prima di addentrarsi nella folta
macchia delle speculazioni metafisiche, filosofiche, religiose,
politiche, estatiche, astrologiche, nichiliste, sportive…
Appena finito un libro, ne prendeva un altro. Era come un ubriaco
delle parole. Zigzagando tra le pagine, inseguiva la luce sottile
dei sogni, s'inebriava dei colori della fantasia, piangeva di
commozione nella maestosa musica del silenzio. Più si
nutriva di parole, più il suo corpo s'indeboliva. Non
riusciva a staccarsi da quella miniera di storie sepolte, nonostante
i crampi allo stomaco e la sete. Si concedeva poche ore di dormiveglia
allucinato prima di rimettersi in viaggio. Sarebbe presto morto
di consunzione se, quattro giorni dopo la sua scoperta, non
avesse alzato lo sguardo verso l'intestazione di uno scaffale
all'ingresso: ULTIMI ARRIVI.
Il mistero stava tutto lì, nel paradosso di quei volumi
la cui pretesa di novità era diventata con il tempo un
vestito dalle tinte sbiadite, perfino più demodé
delle altre copertine, come un futuro andato a male. Erano le
ultime pagine pubblicate, quelle che probabilmente contenevano
la risposta sul perché i libri fossero morti. Una rivelazione
troppo scomoda per poter essere tramandata. Almeno fino a quel
momento.
Con occhi tremanti consultò i titoli che accennavano
a trilogie, sfumature di toni, doppi sensi, a comici e divi
della televisione valutati in migliaia di copie. Alla fine chiuse
gli occhi e pescò il libro del destino, quello che gli
salvò la vita.
Ricette di cucina.
Gli bastò leggere un paio di pagine. Sentì il
rigetto violento provocato dal brusco ritorno alla realtà.
Prima una forte nausea, poi una contorsione di viscere. Gettò
via il libro, debilitato nel corpo ma felice di esserci. Ora
che sapeva, aveva voglia di uscire. Quella rivelazione gli aveva
messo un certo appetito.
Paolo Pasi
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