Ancora una copertina di “A” affidata a Roberto Ambrosoli
e alla sua matita graffiante. Si tratta di “A”
71 (febbraio 1979) e l'Anarchik che si risvegia da un incubo,
nel corso del quale non aveva trovato alcun compagno che rispondesse
alla sua domanda “dove siete?”, è emblematico
di un'epoca – la fine degli anni Settanta – in cui
si cominciano a fare i conti con la fine delle grandi mobilitazioni
e partecipazioni, dal '68 al '77. L'aria comincia a farsi più
pesante. La sensazione, in qualche modo, di una “sconfitta”
si comincia a cogliere da tanti segni, piccoli e non piccoli.
E Anarchik, in punta di matita, funziona ancora una volta da
termometro sociale...
I temi trattati in questo numero sono, come spesso, i più
vari: il prossimo convengo internazionale di studi sull'autogestione,
che si sarebbe tenuto a Venezia qualche mese dopo e di cui “A”
sarà grande “sponsor” nei numeri successivi;
uno scritto di Luciano Lanza su Cambogia e Iran; la denuncia
del comportamento delle Brigate Rosse all'interno del carcere
dell'Asinara nei confronti dell'anarchico (detenuto) Horst Fantazzini;
informazioni sui renitenti alla leva e al servizio civile; notizie
sugli anarchici in Grecia e sulle lotte popolari in Bolivia;
il preannunciato saggio sulla pedagogia libertaria di Lamberto
Borghi, noto pedagogista tra i più impegnati nel proporre
un'educazione scolastica “laica e democratica”,
in realtà anche con grande afflato libertario; un intervento
del sociologo Gian Paolo Prandstraller sul tema della felicità.
A occuparsi di “poesia e movimento” è Gabriele
Roveda, che in quel periodo entra in redazione e per qualche
anno darà un suo contributo principalmente su tematiche
che hanno a che vedere con l'arte. Sua è l'intervista
a Fernanda Pivano, la “musa” della beat generation,
un vero e proprio ponte tra la contro-cultura statunitense e
vari filoni libertari della cultura italiana (e non solo) di
quegli anni. Sempre Roveda (con lo pseudonimo “Palluntius”)
interviene sul mondo giovanile.
Altri scritti si occupano del ruolo degli animatori, degli Indiani
d'America. C'è la recensione redazionale del primo numero
della rivista “Autogestione”, che si autodefinisce
“una rivista anarcosindacalista per l'azione anrcosindacalista”.
Intorno a questa testata si coagulerà per vari anni una
parte significtiva degli anarchici e dei libertari impegnati
nelle lotte operaie (e non solo).
Due lettere sul tema dell'omosessualità, la terza di
copertina che riferisce di un attentato contro la libreria Utopia
3 a Trieste (la 1 era a Milano e c'è ancora, la 2 era
a Venezia e non c'è più, esattamente come la 3)
e la quarta di copertina che rimanda alle pagine su “poesia
e movimento” chiudono questo numero.
Merita di essere citata, infine, la notizia data all'interno
relativamente alla distribuzione nelle edicole. Viene preannunciato
per il successivo aprile l'inizio di una maggiore diffusione
di “A” nelle edicole, a partire da quelle delle
principali edicole italiane. Un'operazione coraggiosa, che segnala
tra l'altro la volontà redazionale di allargare sempre
di più “il giro”. Ma che, come vedremo, si
risolverà alla fine in un pur generoso flop.
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