alle lettrici, ai
lettori
Dal ChiapAs al Kurdistan
Dal mondo. Con la sua dodicesima
“lettera dal Chiapas” si chiude il reportage
di Orsetta Bellani sull'esperienza zapatista, che iniziò
il 1° gennaio 1994 ed è tuttora in corso. La prima
di queste corrispondenze è stata pubblicata nel numero
estivo del 2014 (“A” 391) e successivamente
su tutti i numeri (con l'eccezione dello scorso). “A”
ha ospitato i testi e le foto di Bellani, particolarmente interessanti
– a nostro avviso – perché frutto di una
conoscenza diretta e prolungata della vita delle comunità
zapatiste.
Subito dopo lo scritto di Bellani, ne pubblichiamo uno di Claudio
Albertani – da molto tempo residente in Messico –
che analizza la vicenda dello zapatismo, dalle sue origini ai
giorni nostri, mettendone in risalto aspetti positivi e anche
alcuni limiti. Il tutto nell'ambito di una scelta di campo ben
precisa, dalla parte di chi rifiuta la sudditanza ai modelli
di “sviluppo” dominanti e si propone di operare
concretamente con metodologie almeno in parte diverse, tendenzialmente
libertarie.
Dal cuore dell'Impero arriva la terza corrispondenza
da New York di Santo Barezini, ormai già un “classico”
della nostra rivista.
Abbiamo da un paio d'anni una rubrica (“9999,
fine pena mai”) affidata all'ergastolano Carmelo Musumeci.
Un mondo, quello del carcere, presente in tutto il mondo, ma
dal mondo “normale” perlopiù ignorato.
Sempre della serie “dai nostri inviati sul posto”,
potete leggere (alle pagg. 17-20) il sintetico resoconto che
Giulio D'Errico ha scritto,
a nome del collettivo “RojavaResiste”, al ritorno
da un viaggio nel Kurdistan turco. Pur in una drammatica situazione
di guerra, emergono elementi interessanti per chi – come
noi – intende valorizzare qualsiasi elemento di difformità
libertaria rispetto agli schemi dominanti. Senza, d'altra parte,
perdere il senso della misura ed enfatizzare questi aspetti
come se fossero più radicati e sviluppati di quanto in
effetti siano.
Ancora in terra asiatica, e precisamente nella parte asiatica
della Turchia attuale, ebbe luogo un secolo fa l'episodio centrale
della strage degli Armeni, che Francesco
Berti ricostruisce con una particolare attenzione alla sue
caratteristiche di fondo. Accompagnano questo scritto sei
tavole disegnate da Paolo Cossi, in un suo bel libro del
2007 recentemente ripubblicato.
Dopo le Americhe e l'Asia, l'Africa. A uno degli stati più
poveri di questo continente, il Ciad, è dedicata la rubrica
“Senza confini” di Valeria
De Paoli, che principalmente attraverso le sue tavole rende
conto della situazione sociale (e anche naturalistica) di questo
Paese peraltro ricco di ingiustizie sociali, rifugiati, guerra,
dittature.
Di taglio completamente diverso lo scritto che Steven
Forti ci ha inviato per ricordare i 25 anni di Radio Contrabanda,
storica emittente “contro”, a Barcellona. E così
anche l'Europa ha il suo spazio.
Manca in questo numero, per completare la lista dei continenti,
una corrispondenza dall'Oceania. Ce ne scusiamo.
Punti-vendita. Potrebbe sembrare un arido elenco di edicole,
librerie, centri sociali, ecc. Invece – a nostro avviso
– l'elenco
dei punti-vendita meriterebbe più attenzione, o meglio
più “partecipazione”.
La nostra proposta è quella di un'assunzione di responsabilità
da parte di tutti coloro che ritengono importante che “A”,
oltre ad esistere (e a essere disponibile e scaricabile gratis
online) sia anche reperibile e acquistabile. Sarebbe positivo
se si riuscisse ad individuare almeno un punto-vendita, un'edicola,
una libreria, una bottega del commercio equo e solidale, un
sede anarchica, un centro culturale, insomma un posto che accetti
di ricevere (da noi) anche solo qualche copia di “A”.
Nel primo interno di copertina di ogni numero di questa rivista,
sotto il titolino “PiazzamolA”, si spiega bene questa
procedura.
Le copie invendute le lasciamo al punto-vendita, evitiamo i
costi di (ri)spedizione e ci basiamo sulla fiducia. Fiducia
che nella nostra esperienza è sempre stata ben riposta,
perché chi si rende disponibile a “tenerci”
non lo fa certo per avidità di denaro...
È questa una delle tante cose belle, piccole ma certo
significative, che capitano lavorando ad un progetto editoriale
come questo di “A”. Fuori e contro la mentalità
commerciale dominante e dilagante.
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