Rivista Anarchica Online





Lo stato social


Lo stato social non rinnega il passato. Semmai lo aggiorna continuamente.
Non è una semplice etichetta che ha tolto di mezzo una vocale, ma rappresenta un nuovo e più maturo rapporto con i cittadini, chiamati sociallisti per il loro raddoppiato progressismo.
Nello stato social non ci sono frontiere, ma password. Non più documenti di riconoscimento, ma user id. La sua Costituzione è scritta a caratteri così fitti e piccoli che nessuno l'ha mai letta per intero, cosicché lo stato social è fondato sulla fiducia dei sociallisti di avere solo diritti.
Lo stato social armonizza gli opposti, dimostrandosi in questo superiore a qualunque istituzione preesistente. Garantisce sicurezza senza polizia, esercita il controllo con discrezione, unisce le persone nell'abbraccio di una community, tenendole a distanza. È profondamente etico e combatte lo stato etilico. Ci sono milioni di amici che non hanno mai bevuto un bicchiere di vino insieme.
Non ha prigioni, ma le sue sentenze vengono rispettate nel nome del popolo condiviso, pena l'esclusione dalla community. Tutti sono parte dello stato social, e tutti si riconoscono perciò nel proprio aggiornamento di stato.
Sono ammesse più identità, pseudonimi, camuffamenti. Lo stato social è demo-creativo, nel senso che riconosce a tutti le più ampie possibilità di esprimere le varie sfaccettature della personalità. Non richiede mai estenuanti trafile per il comune disbrigo delle pratiche, ma si accontenta di un semplice “Accetto”.
Lo stato social si richiama alla tradizione della democrazia diretta e la valorizza con nuovi strumenti. Non più referendum con schede e urne, ma un comodo clic sulle parole “Mi piace”. Non contempla l'espressione “Non mi piace“, ma permette al dissenso di esprimersi sotto forma di post. Da qui l'espressione stato “post democratico”.
Premia la sintesi, la semplicità espressiva, le abbreviazioni e le faccine. Lo stato social non incoraggia i logorroici e i perdigiorno. Chiede velocità in cambio di efficienza. Aggiornamenti costanti migliorano le sue prestazioni che, detto per inciso, non gravano sulle casse pubbliche. Non impone tributi, piuttosto “con-tributi” (tributi condivisi) da pagare se e solo quando ci si rivolga a servizi specializzati. Vige dunque una forma di autotassazione dell'utente rinnovabile di volta in volta. Nessuna scelta è irreversibile nello stato social, tranne quella di farne parte.
Lo stato social siamo noi, affrancati da mali tradizionali, liberati da antiche paure: colma i vuoti di memoria con un archivio perenne, e sconfigge l'oblio; ci riserva continue sorprese, e sconfigge la noia. In ogni momento di vita social c'è una finestra pronta ad aprirsi a nostra insaputa e a spiazzarci con una nuova pubblicità. La riforma della scuola nello stato social si è ispirata a questo principio cardine: ci sono solo promozioni.
Nel nome del sociallismo.

Paolo Pasi